Capitolo 8

15 settembre

«Non fatelo» ci ammonisce Remus, ma ormai è troppo tardi, perché nella mia bocca ci sono già tre alette di pollo e sono piuttosto sicuro che ce ne entri anche una quarta o una quinta, perché no. «Non è un comportamento maturo» continua stizzito fissandomi, e so per certo che non dovrebbe guardare me, visto che Sirius ha una cospicua dose di salsa barbecue che gli cola lungo il mento e perciò è lui il più imbarazzante tra i due. «Idioti» termina scuotendo la testa in un chiaro segno di dissenso. Poi il pollo vola fuori dalla mia bocca e la bacchetta nella mano di Moony smette di muoversi.

«Remus!» sbotta Sirius, con in mento gocciolante. «Non puoi interrompere così una gara, è contro le regole, soprattutto se sto vincendo io!»

Chiaramente sta mentendo, ma immagino che farlo lo faccia sentire meglio e non un completo perdente con una bocca poco spaziosa.

«Invece posso e lo faccio» replica Moony, versandosi del succo di zucca nel bicchiere e smettendo di rivolgerci la parola. Peter d'altronde sorride soddisfatto, perché almeno adesso può riempirsi il piatto di pollo senza intaccare la nostra sfida ed essere punito.

«Bene» esclamo solenne, gli occhi fissi in quelli grigi del mio migliore amico. «Allora la risolveremo alla vecchia manie-»

«Cavillo?» giro la testa per poter osservare l'individuo che mi ha appena interrotto, e mi ritrovo a poca distanza dal naso Lovegood, con un boa di piume blu elettrico attorno al collo che sfoggia con nonchalance come se fosse una normale, ma soprattutto sobria, cravatta scolastica. Assottiglio lo sguardo con la bocca già aperta e pronta a dare aria ai miei pensieri, quando Remus tossisce in una perfetta dimostrazione delle sue capacità recitative, ed io capisco, perché forse Moony ha ragione e Lovegood non ha bisogno che io gli faccia notare che quello che indossa è chiaramente un indumento da donna.

«Cosa?» domando confuso, analizzando lo strambo giornale colorato che mi sta porgendo.

«Il Cavillo» insiste, mentre i lunghi capelli biondi gli sfiorano disordinatamente le spalle. «L'ho scritto io, Pandora dice che un giorno tutti i maghi faranno la fila per comprarlo»

«Beh... grazie»

«Sono tre galeoni»

***

«Sai, Remus» Lily fissa fuori dalla finestra della biblioteca, tenendo il naso appiccicato al vetro freddo. Nella sua voce c'è una nota esterrefatta, così nonostante il libro che mi nasconde la faccia, sollevo la testa e aspetto che continui a parlare. «Credo di essere impazzita»

Questo è proprio quel genere di rivelazione che ti lascia spiazzato. Sia perché ancora non ho finito di leggere il capitolo, e un bravo lettore lo sa che prima di fare qualsiasi cosa‌‌ il capitolo deve essere terminato, e perché se anche Lily Evans inizia a sospettare della perdita delle sue facoltà mentali, la fine è vicina.

«Perché lo credi?» domando pacato, chiedendomi se sia il caso di tirare fuori la mia cioccolata di scorta. La spilla da Prefetto appiccicata al mio maglione però, mi suggerisce di aspettare perché nonostante l'orario della Ronda sia vicino, la giornata è ancora lunga, e conoscendo i mei amici potrebbe succedere qualcosa di ancora più grave che meriterebbe maggiormente l'utilizzo della mia cioccolata.

«Ho appena visto un cervo incornare un cane nero, vicino alla foresta»

«Oh» gratto involontariamente la cicatrice che ho sul viso «insolito»

***

«Potter» lo richiamo perplessa, perché non è umanamente possibile che abbia già finito di perlustrare tutto il primo piano.

«Si Evans?» chiede, mollemente poggiato con le spalle alla parete e quei dannati capelli dritti sulla testa in modo ridicolo. Mi guarda, il riflesso delle torce ad illuminare le lenti dei suoi occhiali ed il tipico sorriso sornione sulle labbra, come se la sua presenza qui, nei pressi della Torre di Astronomia, fosse del tutto normale ed appropriata, quando invece dovrebbe trovarsi svariate scale magiche e piani più in basso.

«Cosa stai facendo?» assottiglio lo sguardo per fargli intuire che deve rispondermi in maniera soddisfacente e non con una delle sue solite frasi vaghe ed enigmatiche.

«Adempio ai miei doveri di Caposcuola, non è ovvio?»

«No» taglio corto, piuttosto infastidita ma al tempo stesso accigliata, perché la camicia bianca di Potter si sta lentamente inzuppando di sangue all'altezza della spalla, ed io vorrei davvero vederlo cadere a terra in una macchia viscosa e rossastra, ma questo non è né il momento né il luogo, siccome devo essere io la causa del suo dissanguamento e non una stupidaggine qualunque. Perciò decido che la cosa più saggia al momento è farglielo notare. «Stai sanguinando»

I suoi occhi saettano veloci verso il punto che le mie orbite fissano da svariati secondi, ma non sembra affatto preoccupato, anzi, leggo nel nocciola delle sue iridi un pacato accenno di esasperazione. «Non è niente, è stato il gatto» replica.

«Tu non hai un gatto»

«Si invece» dice, ed io non lo contraddico, perché effettivamente sono poche le cose che so riguardanti la sua vita al di fuori del castello. «Solo che non si trova ad Hogwarts»

«E dov'è?»

«A casa, con i mei genitori»

Lo trovo ambiguo, visto che fino a prova contraria gli animali sanno fare poche cose, e teletrasportarsi non è tra quelle. «E come ha fatto a graffiarti?»

«Non ho mai detto che fosse stato il mio gatto»

Sbuffo, le mani che corrono a piazzarsi sui fianchi e le labbra premute tra di loro. «Bene, allora smettila di sporcare il mio pavimento» gli impongo solenne, anche se non mi capacito di perché l'abbia detto, visto che sono consapevole che entrambi sappiamo di quanto siano spropositate le dimensioni della stupidaggine che ha appena lasciato la mia gola. Infatti, quando lo vedo aprire la bocca per parlare, so già che controbatterà con qualcosa di giusto ed ovvio. Quindi obbligo il cervello a cercare subito una nuova risposta intelligente.

«Non è tuo, Evans, ed in quanto bene comune posso farci quello che voglio, perderci sangue sopra compreso»

«Questo è il piano della mia Ronda» sbotto con convinzione, perché essere sicuri di ciò che si sta dicendo è la chiave per avere sempre ragione. «Perciò di conseguenza tutto quello che si trova qui è temporaneamente mio»

Ed ecco il ghigno. «Se volevi che diventassi una tua proprietà bastava chiedere»

«Piantala di dire sciocchezze» lo rimprovero dura, e lui scuote la testa divertito.

La verità è che non ho la più pallida idea di cosa mi prende. Elaborare periodi logici astuti e perfetti è ciò che mi riesce meglio, ma adesso, mentre guardo quel sangue che cola fastidioso lungo il suo busto, non riesco proprio a concentrarmi.

***

Premo del ghiaccio sullo stomaco, esattamente dove si sta formando un grosso livido violaceo che spicca in modo esagerato sulla mia pelle bianca. E lo so perché lo sto guardando proprio in questo momento: la maglia dei Rolling Stones giace abbandonata sul pavimento, così come tanti altri oggetti che non ho voglia di identificare. È migliorato, Prongs, con gli attacchi a sorpresa. Prima quando correva assomigliava ad un ippopotamo in sovrappeso, mentre adesso ho i segni del suo stupido palco di corna addosso.

Peter canticchia nella doccia, ed io devo ammettere che ho sperato più volte che scivolasse e sbattesse la testa, perché è davvero una campana e non azzecca neanche le parole esatte della canzone. D'altro canto ho anche saggiamente ritenuto che sperare di infliggergli con il pensiero un possibile trauma cranico, non avrebbe fatto di me una brava persona, perciò ho acceso la radio sperando che le note di Sympathy for the Devil avrebbero alleviato i miei istinti omicidi, o almeno coperto il suono della sua voce.

Osservo il soffitto profondamente annoiato, steso a pancia in su sul baldacchino di James, con i piedi poggiati sui suoi cuscini e le gambe ancora infilate nei jeans strappati alle ginocchia, che si muovono ritmicamente.

Due colpi secchi alla porta catturano la mia attenzione, ed io spero vivamente che sia qualcosa di solo vagamente in grado di stuzzicare il suo interesse, perché anche se Remus ed i suoi libri di tante parole sostengono che non si può biologicamente morire di noia, io sento che il mio cuore potrebbe smettere di battere da un momento all'altro, se continuo a non fare niente.

«Black» una figura dai capelli castani irrompe nella stanza, senza che io gli abbia detto esplicitamente di farlo, o almeno non lo ricordo. «Abbassa questa dannata musica, ci hai rovinato l'atmosfera!» si osserva attorno con curiosità, perché immagino che entrare nella camera dei Malandrini sia il sogno di molti, prima di poggiare lo sguardo su di me ed inarcare le sopracciglia con scetticismo, come se mi stesse accusando non verbalmente di essere mezzo nudo, quando fino a prova contraria mi trovo nella mia stanza e posso indossare o non indossare, ciò che voglio.

«Solo per te, Prewett» replico, rispondendo alla sua occhiata con altrettanto scetticismo, ed un sorriso canzonatorio sul volto, perché d'altronde quei capelli arruffati la raccontano lunga.

La testa di Frank sbuca dalla porta. «Sirius, smettila di provarci con Alice, la mia, e nota bene l'aggettivo possessivo, ragazza»

«Frankie, se ci stessi provando, cosa che non sto facendo, tu non avresti alcuna speranza di riaverla indietro»

«Rydych chi'n cachu, Sirius»

***

Evans mi si avvicina cautamente, con gli occhi ridotti a due fessure e le labbra leggermente socchiuse, come se avesse davanti una rara specie di animale sconosciuto e non un normale esemplare di James Potter - insomma si, posso trasformarmi in un cervo, ma al momento sono piuttosto sicuro di essere nella mia brillante e bellissima forma umana. E poi mangio solo erba e foglie, non ha niente da temere. Non che l'idea di divorarla mi sia mai passata per la testa, baciarla, magari, ma nient'altro. Ed anche in questo caso può stare tranquilla, perché so che se provassi anche solo a protendermi verso di lei, mi ritroverei scaraventato giù dalla finestra della torre. È di Sirius, quel dannato cane pulcioso, che dovrebbe aver paura: mi ha morso ed adesso mi sto dissanguando.

«Fammi controllare la spalla» esclama Evans, con la voce autoritaria che la caratterizza.

Sorrido «Ti preoccupi per me?»

Qualcosa di molto simile ad una risata ed uno sbuffo lascia le sue labbra. «Potter, siamo colleghi, ed anche se mi duole ammetterlo, se tu morissi la Mcgrannitt correrebbe ad accusarmi di omicidio premeditato»

«Immagino che ti sentiresti offesa se non lo facesse»

Evans ha ormai quasi del tutto azzerato la distanza tra i nostri corpi. Riesco ad intravedere le varie sfumature di rosso tra i suoi capelli, anche se ci troviamo lontano dalle fiaccole. La sua mano bianca si posa con decisione sul colletto della mia camicia, prima che lo tiri lateralmente per poter osservare la ferita. «Immagini bene» dice, ed io non ho la più pallida idea di cosa fare, perché lei è così vicina come non lo è mai stata, e non voglio rovinare il momento.

La osservo in silenzio impugnare la bacchetta, con il cuore che scalpita veloce nel petto ed il suo profumo proprio sotto al naso. Non le dico che non è niente, solo uno stupido morsetto, e che se mi guardasse la schiena troverebbe decisamente di peggio: la luna piena è passata da poco, ed i segni lasciati dalla foresta sono ancora ben visibili. Non le dico neanche che è bellissima con quello sguardo concentrato, mentre mi cura la ferita, perché sarebbe inappropriato e lei se ne andrebbe. Ed io voglio che questo momento duri il più a lungo possibile.

***

«Buonanotte Mary» esalo in un sospiro affaticato, allentando il nodo alla cravatta. Gli occhi, d'altro canto, scrutano con falsa vivacità - non posso mostrarmi troppo stanco per paura che si insospettisca, abbiamo solo camminato dopo tutto - i capelli biondi che ondeggiano quando lei balza sulle scale, come se fare la Ronda non le portasse affatto via energia ed avesse tutta la forza del mondo.

«'Notte Remus» mi sorride, guardandomi dall'alto della scalinata che porta ai dormitori femminili. «Ci vediamo domani a lezione»

Prendo la direzione opposta, deciso a buttarmi subito sotto le coperte, ma quando il mio piede si posa sul pianerottolo, mi rendo conto che desiderare così sfacciatamente in un po' di pace non è stata affatto una mossa astuta, siccome mi sono solo illuso: la musica rimbomba ad alto volume per tutto il corridoio, e non ho dubbi sul fatto che provenga dalla mia stanza, lo so e basta, perché se c'è qualcuno in grado di disturbare la quiete pubblica nonostante esistano gli incantesimi silenziatori, quello è sicuramente un Malandrino. E poi perché sento la voce squillante di Sirius anche da qui.

«Peter, Pete, esci dal bagno, vieni anche tu a dire a Frank che se continua ad usare la posizione del missionario, Alice lo mollerà!»

«Non posso uscire, sono nudo!»

Chiudo gli occhi esasperato, evocando la calma che è l'unica cosa, oltre ad una bella dormita, di cui ho bisogno al momento, e mi preparo‌ mentalmente anche se non sarò mai pronto a vedere, di nuovo, Wormtail senza mutande.

«Frank, amore, non ti lascerò mai, ma ti prego, proviamo qualcosa di nuo-»

«Per Merlino‌, perché ogni volta la conversazione ricade su questo argomento?» sbotta, rosso in viso, con una spalla poggiata allo stipite della porta. «Ciao Remus» colgo nel suo saluto una lieve ma anche molto marcata supplica, che mi prega di salvarlo. Ed io lo faccio, siccome ho un cuore grande, non perché il letto mi sta chiamando e le palpebre mi si chiudono, affatto.

«Ciao ragazzi» metto piede in camera, spingendo strategicamente fuori sia Alice che Frank, facendolo passare per un pacato gesto amichevole. «Sirius, non ti immischiare più nella loro vita sessuale, per favore. E voi non chiedetegli altri consigli, vi rinfaccerà già questo per sempre. Buonanotte»

Chiudo la porta con una manata, e per un attimo giuro di aver sentito il naso di Frank spiaccicarsi contro il legno.

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