Capitolo 1
King's Cross
L'estate è sicuramente il periodo preferito da molti studenti. Che c'è di meglio del sole, delle vacanze, del poltrire all'ombra senza fare niente, dei libri scolastici che giacciono in fondo al baule e restano lì fino a che non ti rendi conto, da bravo alunno modello, che non hai ancora fatto uno straccio di compito, e perciò, ti riduci gli ultimi giorni di agosto a scrivere ventiquattro temi, studiare interi capitoli e fare esercizi di cui, principalmente, non hai capito niente che quindi ti ritroverai a copiare di fretta e furia, la mattina in Sala Grande?
Ecco, questa è l'esatta rappresentazione di vacanza estiva che può essere stata svolta da uno studente completamente a caso, facciamo Potter, ad esempio, perciò, giustamente, grazie alle regole che rendono accettabile l'universo, secondo le quali: qualsiasi cosa Potter fa, è assolutamente sbagliata, la mia estate è stata l'opposto.
Respiro profondamente, spingendo il carrello oltre il muro tra i binari nove e dieci, dopo aver salutato i mei genitori che, essendo babbani, non possono seguirmi. La spilla da Caposcuola luccica vistosa sulla mia maglia, come segno della mia potente autorità - di cui non farò mai uso improprio, al contrario di quello sciagurato di Remus che, con molta probabilità avrà ricevuto la mia stessa spilla, e non farà altro che coprire le malefatte dei suoi amici dalla mattina alla sera - e che non ho intenzione di togliere, nonostante io non stia indossando la divisa.
«Lily!» le mie capacità respiratorie vengono compromesse da un'improvviso abbraccio stritolante, non appena faccio un solo passo in avanti verso la locomotiva scarlatta. Una potente ondata di profumo al gelsomino, colpisce il mio setto nasale, letteralmente, quando i capelli castani di Alice mi frustano la faccia. «Mi sei mancata» sto soffocando, sono sicura che se non allenta almeno un po' la presa, morirò. Apro la bocca per replicare con un caloroso e agonizzante "anche tu" ma lei mi precede con la velocità di un razzo e mi afferra per le spalle «Ho una marea di cose da raccontarti, inizierei subito, se non ti dispiace, ma è ovvio che non ti dispiace. Sapevi che Black ha lasciato anche casa dei Potter per andare a vivere da solo? Magnifico»
«Alice, amore, forse dovresti...»
«Frank» la mia migliore amica dice Frank, con lo stesso tono con cui pronuncerebbe una parolaccia particolarmente scabrosa e Frank - cha ha sviluppato un notevole senso di sopravvivenza durante gli ultimi quattro anni in cui è stato fidanzato con lei - tace.
Riesco a districarmi dalla presa della Prewett, sfruttando il suo momentaneo attimo di distrazione e arretro di un passo, ruotando il carrello in modo che si trovi perfettamente in mezzo tra me e Alice «Ciao Frank» sorrido «passato buone vacanze?»
«Si Lily, grandiose, e t-»
«Prestatemi attenzione, per favore» sbotta Alice, agguantando la mano del suo fidanzato. Scorgo nei sui occhi nocciola la stessa scintilla inquietante che ha quando muore dalla voglia di raccontarci qualcosa. Inizia a camminare verso l'Hogwarts Express. Mi affretto a seguirla, facendomi largo tra la folla di studenti a suon di gomitate e carrellate. «Parliamo di Black» esclama, una volta raggiunto un punto strategicamente favorevole.
Non mi piace parlare di Black, è un dato di fatto, anzi, penso che sia più corretto dire che non mi piace Black in generale. Ha sempre quel sorriso sghembo incredibilmente fastidioso, e quelle poche volte in cui non parla, i suoi occhi lo fanno per lui, e non dicono cose carine, come ci si potrebbe aspettare da un paio di occhi belli come i suoi, no, le iridi grigie di Sirius ti prendono in giro, ridono di te, e hanno costantemente quel barlume di chi è consapevole di essere sempre un gradino più in alto degli altri. Ma cosa più importante, Black significa Potter, e non c'è persona su questo pianeta, e forse anche in universi alieni, che io detesti più di Potter.
Già il fatto che Potter sia Potter - un pallone gonfiato con capelli ridicoli e stupidi occhiali rotondi che lo fanno sembrare intelligente, per non parlare del fatto che è un egocentrico che ha puntualmente la battuta pronta e ride sempre, anche quando non c'è un bel niente da ridere - è un pretesto per odiarlo. Ma l'episodio che ha spinto la mia sopportazione nei suoi confronti al limite è che se non fosse stato per lui, adesso avrei ancora il mio migliore amico. Però quel pomeriggio, dopo i G.U.F.O di Difesa Contro Le Arti Oscure, Black si annoiava e Potter ha pensato bene che appendere a testa in giù e smutandare Severus, fosse un'attività abbastanza divertente per sollevare il morale di Black.
Lo odio. Lo odio perché ha messo fine ad un rapporto di amicizia che era si era già sgretolato da tempo. Lo odio perché ha trasformato il "no, quando si è nati babbani non è diverso" in "non ho bisogno dell'aiuto di una lurida sanguemarcio." Lo odio perché infondo mi ha aperto gli occhi, nel peggiore dei modi, ma l'ha fatto. E lo odio perché alla fine non lo odio davvero.
Prima il disgusto, poi l'indifferenza più totale mi colpiscono in pieno, quando sollevo lo sguardo e incontro quello nero, freddo, tagliente, quello che riconoscerei ovunque anche tra centinai di occhi, di Severus. Ci guardiamo, solo pochi istanti, è a suo agio mentre si trova circondato dai suoi nuovi amici: i Mangiamorte, è così che si fanno chiamare. Mi ripeto che lui ha fatto la sua scelta, io la mia, e che prima o poi smetterà di fare male.
«Ragazze, se non vi dispiace vado a salutare il nostro nuovo Caposcuola» Frank urla per sovrastare il vociare rumoroso degli altri studenti. Giro la testa di scatto ed evito gli occhi di Piton che sono ancora posati con insistenza su di me.
«Parli di Remus, giusto?» chiedo.
Frank sghignazza, e il modo in cui lo fa non è affatto rassicurante.
***
«Guarda la mia spilla Moony!»
Abbasso lo sguardo sulla maglietta sgualcita di James, per le ventesima volta in tre minuti, e osservo con scarso entusiasmo la sua spilla da Caposcuola «La vedo Prongs»
«Brilla!»
Il limite della pazienza di Sirius, è stato appena superato. È facile capire che da qui a pochi secondi, dirà qualcosa di molto volgare che farà accapponare la pelle ai primini da cui siamo circondati. Il primo segnale è uno sbuffo, più una specie di ululato sommesso in realtà, poi la sua mano che si serra attorno al colletto della maglia di James e infine, i suoi occhi che si socchiudono minacciosamente. «Se non la smetti di gongolare, quella C finirà su per il tuo-»
Tossico forte. «Sirius»
«Fammi finire Moony, dicevo, finirà su per il tuo-»
«Sirius» ripeto, sta volta con più convinzione e autorevolezza ammiccando con la testa alla P appuntata sulla mia t-shirt. Sono un Prefetto, è così che può essere interpretato il mio gesto, e comando io. Ma tutti qui, persino la ragazzina che fissa intensamente le chiappe di Pad, sappiamo che non è vero. Se fosse così, non lascerei mai che Sirius mi rubi di nascosto e poi indossi la mia maglia dei Beatles, come invece sta facendo adesso. «Non voglio che tu finisca la frase. Siamo circondati da bambini del primo anno»
«Anche loro hanno il diritto di sapere dove andrà a finire la spilla di James, se lui non la smette di esibirla. Vero Wormtail?»
Peter ingoia rumorosamente il suo zuccotto e annuisce poco convinto. «Mhm Mhm»
«Visto Remus? Anche Peter mi da ragione, quindi...»
«Inizierò ad urlare» lo avverto, pacato «Dirò a tutti che da ubriaco ti sei messo il rossetto di Mary McDonald e hai baciato il quadro della Signora Grassa. È quello che vuoi, Sirius?»
Ringhia «Okay, non racconterò ai bambini che la spilla di James finirà nel suo sedere»
Sospiro esasperato, spostando lo sguardo su James in cerca di un supporto, visto che tra l'altro sto impedendo che nella testa dei primini si crei un'immagine raccapricciante di lui e Sirius, che però non arriva. Lo trovo a fissare un punto alle mie spalle con un sorriso birbante e una mano tra i capelli. Non ho neanche bisogno di voltarmi per capire chi sta arrivando.
«Ehi Evans!»
***
Nessuna risposta. Forse con tutti quei capelli ridicolmente rossi a tapparle le orecchie, non mi ha sentito. «Ho detto: Ehi Evans!» ripeto, e nel mentre mi sporgo verso di lei, giusto per controllare che la mia cotta sia ancora lì.
«Ciao Remus» esclama lei con un sorriso gentile. Uno dei quelli che non rivolgerà mai a me, perché l'universo è un grande pezzente ed ha deciso così. «Ti trovo più alto»
Sbuffo, ma non mi da assolutamente fastidio il fatto che quella carota ambulante per cui ho perso la testa non mi consideri, ma anzi, trovi il mio amico Remus più alto. A me non l'ha detto, eppure sono sicuro di essere cresciuto. Fanculo.
«Anche tu sei più alto James» mi rassicura Frank, squadrandomi eloquentemente da capo a piedi, con un sorrisino. Faccio per puntualizzare che io, il Capitano-Caposcuola-JP, non ho affatto bisogno di essere rassicurato dal mio portiere. Soprattutto se il portiere in questione ha messo su almeno cinque chili durante le vacanze, infrangendo così la regola numero due della squadra.
«Frankie» inizio, sfoggiando il tono più autorevole del mio repertorio. Poi un uragano dai lunghi capelli neri mi piomba addosso all'improvviso, mandandomi a sbattere contro Sirius, e tutto il sommo potere che mi aleggiava attorno si dissolve nel nulla.
«Capitano, Jamie, mi è mancata la tua voce fastidiosa!»
Il mio migliore amico sghignazza, e lo so perché riesco a percepire il suo petto abbassarsi e alzarsi ritmicamente contro la mia schiena. «Meadowes» dice, ed io ho la conferma che la ragazza attaccata al mio busto non è altro che Dorcas, intenta soffocarmi con un abbraccio come segno di saluto. Perché è questo che le persone educate fanno: salutano. E ci tengo a farlo presente ad Evans, aprendo la bocca e facendo per dare aria ai pensieri, quando Sirius si stanca e mi spinge lontano da lui con un gesto annoiato.
«Ehi Black» ora riesco di nuovo a respirare. «Hai le sopracciglia viola, lo sapevi?»
Dorcas lancia la bomba e Sirius sogghigna rilassato, con le mani nelle tasche e una piuma di zucchero in bilico tra le labbra. Chiaramente non lo sapeva, perché mi sono premurato di fare un incantesimo a tutti gli specchi del suo appartamento, ma non lo da a vedere. «Va molto di moda tra i Babbani» scrolla le spalle, e nel mentre rifila un'occhiata molto significativa a noi Malandrini.
Ho ancora la bocca semi aperta, pronta ad esprimere tutto il mio disappunto. Però, a quanto pare, Merlino ce l'ha con me, e perciò non appena provo a sottolineare il fatto che la mia voce non è per niente fastidiosa, Elaine Foster - la ragazza del sesto anno compagna di dormitorio della mia battitrice, a cui una volta, per trenta galeoni, ho dato ripetizioni di Trasfigurazione - le afferra un braccio e la trascina via. Lasciandomi a fissare indignato la schiena di Dorcas.
«Il gatto ti ha mangiato la lingua Evans?» ritento.
Remus, Sirius e Peter stanno avendo una silenziosa battaglia alle mie spalle, ma decido di ignorarli perché ho cose più importanti da verificare. Setaccio minuziosamente il viso di Evans, alla ricerca di un qualche segnale che mi informi che, finalmente, sono guarito da quella malattia impronunciabile che inizia per A, ma niente. Il cuore mi batte forte, e la scritta "dannatamente bella" continua a lampeggiarmi in testa.
Lei non sposta lo sguardo dal muro di mattoni alle mie spalle ed io inizio seriamente ad essere preso dal panico. Che il mio migliore amico mi abbia fatto ingerire una pozione dell'invisibilità? Forse il biscotto che mi ha ceduto questa mattina a colazione non era un semplice gesto d'amore fraterno, ma un piano malvagio per evitare che Evans si accorga della mia presenza.
Adesso tutto ha più senso.
«Evans?» borbotto flebile, scombussolandomi i capelli.
Ma poi lei dice «Potter» e tutti i miei muscoli si rilassano in un secondo. «Ti sto ignorando, se non l'avessi capito. Ora che so che sai che ti sto ignorando, torno a fingere che tu sia stato cancellato dalla faccia della terra»
«Non puoi ignorarmi. Nessuno può farlo, sopratutto tu...» lascio la frase in sospeso, giusto per dare alla conversazione quel pizzico di suspence che rende tutto più interessante, e solo quando lei si decide a piantarmi gli occhi in faccia - così verdi, così grandi, così luminosi e... oh Merlino aiutami - mi decido a schiarirmi la voce con fare autoritario, ed ammicco alla spilla sulla mia t-shirt. «Sono il tuo attraente collega Caposcuola»
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