Capitolo 33
~ Luna ~
4 mesi dopo...
L'aria gelida pizzica le mie guance mentre mi appresto a scendere i gradini universitari, diretta al mio appartamento.
Il cielo grigio minaccia pioggia. Odio guidare con questo tempo. Soprattutto quando per strada c'è quel lieve strato di ghiaccio. Ma oggi mi sento carica, un altro esame è andato. Sono sollevata perché posso pensare serenamente al Natale e iniziare a fare programmi per il nuovo anno.
In parte ho una lista di cose da fare per recuperare tutto il tempo perso dietro alla mia famiglia. Sto iniziando a vivere adesso. All'inizio mi sono sentita disorientata, questo perché non ero io a gestire la mia vita. Ma con mio padre in carcere, mia madre in viaggio per riprendersi, in compagnia dei miei nonni, ancora attoniti per l'accaduto, sto cominciando a sentirmi un po' più libera. Con mio fratello Peter, piano piano stiamo ricostruendo il nostro rapporto di fiducia, cosa non facile.
Guido con prudenza fino al mio appartamento. Per strada mi fermo nel piccolo negozio di alimentari a comprare quello che serve, perché durante la sessione degli esami ho terminato ogni genere di scorta in casa. Faccio anche un salto in libreria per qualche nuovo romanzo.
Entro in casa con l'obiettivo di fiondarmi subito in bagno, dentro la vasca che riempirò generosamente di schiuma, per potermi rilassare in compagnia di un calice di vino e un libro. Il tutto avvolta dal profumo delle candele.
Sto pregustando il momento mentre tolgo il cappotto, ma ogni mia fantasia si arresta non appena una piccola palla pelosa bianca mi sfreccia tra le gambe e poi mi saltella addosso festosa.
Il mio cuore prende a battere con vigore. Mi abbasso, saluto Floppy prima di sollevare lo sguardo e sorridere ampiamente, emettendo uno strillo abbastanza acuto persino per le mie stesse orecchie, alla persona che è appena spuntata dal soggiorno.
«Ciao», mi saluta Tor. «Spero di non disturbare».
Gli salto praticamente addosso, cingendogli le braccia intorno al collo.
Dio, è bellissimo averlo qui.
«Ciao».
«Ti sono mancato?»
«Neanche un po'», replico affondando il viso nell'incavo del suo collo, baciando sotto l'orecchio e annusando la sua pelle come una tossica.
Tor emette una breve risata. Le sue braccia mi stringono a sé e la consapevolezza di essere di nuovo intera, fa sciogliere ogni tensione accumulata in queste settimane di distanza.
«Ah no?»
«No», lo guardo e sorrido, anzi ridacchio perché prova a mordermi e non riesco a scansarmi in tempo. «Peccato, perché tu mi sei mancata, parecchio. Non pensavo di ammetterlo, ma è successo. Quando non ci sei non c'è solo uno spazio vuoto. Quando te ne vai ti porti via anche un pezzo di me. Come se mi mancasse il respiro. I ragazzi mi hanno praticamente fatto i bagagli e spedito qui quasi a calci nel sedere».
Le guance prendono fuoco, il corpo intero brucia e si scioglie. Tor sta imparando ad aprirsi, ad essere meno scontroso, ad accettare l'amore che gli viene offerto. Sta imparando ad esprimere i propri sentimenti e a non vergognarsene.
Sono orgogliosa del lavoro che ha fatto su se stesso e che continua a fare mettendosi sempre in gioco, accettando nuove sfide. E non solo. Da un paio di settimane ha permesso a Chester di contattarlo, di vedersi a cena e di instaurare un rapporto padre-figlio che gli era stato negato da Ben; attualmente rifugiato in una comunità per disintossicarsi dall'alcol e riprendersi dal divorzio con Siria, finalmente libera.
All'inizio Tor era talmente a disagio da volermi accanto. Adesso, lo vedo più sicuro, meno pronto all'attacco, propenso ad avere più di una persona nel suo mondo.
Affondo le dita tra i suoi capelli scuri scostandoglieli dal viso e sporgendomi, mantenendomi in equilibrio precario sulle punte dei piedi, sfioro le sue labbra morbide.
«Sono contenta». Inizialmente saltello sul posto, poi mi stringo forte a lui. «È bello averti finalmente qui».
«Mi aspettavi?»
Affondo il viso sul suo petto, strofinandomi su di lui. «Aspettarti è riduttivo, Tor. Non sai quanto ho sognato questo momento. È stata dura stare qui da sola, sentirti nelle ore di pausa per meno di due minuti o crollare davanti alla videocamera mentre parlavamo di notte», ammetto corrucciata. «Mi sono sentita una pessima fidanzata».
Nega scrollando la testa. «Non lo sei, piccola. Anch'io mi sono sentito pessimo. Avrei dovuto abbandonare tutto e venire qui a darti il mio sostegno. Ma dovevamo entrambi portare a compimento ogni obiettivo e impegno preso. Nel tuo caso dovevi studiare e io lavorare a molte cose contemporaneamente», parla in fretta cercando di giustificare entrambi. «Allora? Com'è andata oggi?»
«Ho superato l'esame a pieni voti».
«Non ne avevo dubbi! Congratulazioni, piccola».
Ci guardiamo per un po'. Lui mi fa indietreggiare verso la parete. «Adesso fatti abbracciare e divorare. Cazzo, mi ha fatto impazzire non sentire il tuo profumo per così tanto», divora il mio collo con baci indecenti che mi provocano dei gemiti incontrollati. Li libero senza pudore e senza preoccuparmi di quello che potrebbero pensare i vicini.
Tor prosegue verso la mia bocca. Mi aggrappo a lui stringendo le cosce sui suoi fianchi quando con una lieve spinta mi solleva.
Emette un grugnito e le sue mani mi accarezzano la pelle sotto il maglione color vinaccia, strappandomi altri versi e surriscaldando ogni parte che tocca in modo rude e sensuale.
«Stavo pensando di prepararti una sorpresa. Non ho fatto in tempo, dato che mi hai fregato sul tempo tornando a casa».
«Perché non prepariamo tutto insieme? È più divertente».
Ci spostiamo nel bagno dopo avere lasciato Floppy nel suo adorabile e spazioso box, in un'ampia zona del mio soggiorno.
Mi sembrava giusto che anche lui avesse la sua piccola camera in casa mia. Ormai lo amo come se fosse un figlio e credo che lui provi lo stesso, perché quando stiamo insieme ci divertiamo un mondo. Floppy non è solo un cucciolo. Ha fatto da cuscinetto antiurto a Tor per tanti mesi da quando è entrato nella sua vita. Lo ha salvato dall'assenza di affetto tenendolo ancorato ai sentimenti prima che potesse diventare quella parte oscura di se stesso che tanto odia.
Tor mi lascia passare e non appena varco la soglia del bagno e mi rendo conto di ciò che ho davanti, porto la mano alla bocca. «Tor...», sussurro.
Gratta la nuca impacciato. «Volevo farti sapere che anche se la distanza mette a dura prova il nostro rapporto, io sarò sempre disposto a fare qualsiasi sacrificio. Devi solo dirmi cosa vuoi e io lo farò per te».
Ancora una volta lo abbraccio mentre l'emozione nel vedere i petali di rosa sparsi sul pavimento, le candele accese sulle superfici, la schiuma bianca nella vasca già riempita d'acqua calda, mi attraversa facendomi piangere.
Tor si accorge dei miei occhi lucidi e delle lacrime e passa i polpastrelli sotto le mie palpebre inferiori asciugandole.
«Ehi, che succede?», cerca di capire.
Tiro su con il naso. «Niente. È solo bellissimo quello che hai fatto per me. Io non so davvero come ringraziarti», premo le labbra sulle sue lasciandomi spogliare.
Sfilo il suo maglione nero e passo alla lampo dei pantaloni senza essere precipitosa, prendendomi il mio tempo.
Tor emette un flebile gemito, incapace di trattenersi oltre, mi carica in spalla e tra le mie risate, ancora in parte vestiti, ci ritroviamo in mezzo a bolle e acqua calda.
Mi disfo dell'intimo di fronte al suo sguardo intenso e quando lui fa lo stesso avvicinandomi a sé, non posso che sistemarmi su di lui e afferrargli il viso.
«Dato che sei qui, mi aiuterai a fare l'albero di Natale?»
Corruga la fronte, nascondendo quel sorriso per non suggerirmi di avere già vinto. Ed è questo che mi piace di lui. Non mi accontenta perché deve. Lo fa perché vuole. E, allo stesso tempo, preferisce punzecchiarmi.
«Scordalo!»
Metto il finto broncio. «Posso essere convincente. Non sfidarmi», gioco con l'aureola del suo capezzolo. Non riesco però a contenermi, a restare seria e infine ridacchio. Lui, in risposta, sporgendosi prova a mordermi il collo, quella porzione di pelle sensibile sotto l'orecchio. Il tutto mentre le sue mani sfregano sulle mie cosce.
Muovo un po' i fianchi e le sue pupille si dilatano impercettibilmente. Le sue bellissime iridi fredde invece si appannano di desiderio e l'aria intorno si elettrizza.
«Vuoi davvero rischiare usando questa tattica con me, Miele?»
Chiudo gli occhi lasciandomi attraversare dal piacere. La sua mano si ferma alla base della mia schiena. Preme le dita risalendo verso la nuca. Con l'altra mano, posizionata sul mio sesso, comincia a lasciare pigri tocchi che si riverberano fino al mio clitoride.
«Mi sembra ovvio, Terminator», gemo sommessamente.
Ghigna e mi fa posizionare meglio su di lui, stringendomi il sedere. «Uhm, perché non mi dici che cosa vuoi?»
Al passaggio della mia mano sul suo petto, giù fino al ventre, risucchia l'aria in pancia e questa reazione mi fa sorridere maliziosamente. Mordo il labbro inferiore e sollevo lo sguardo avanzando di più con la mano.
Tor impugna la sua erezione strofinandola tra le mie pareti. «Vuoi questo?»
Il sapore della sua bocca, la sensazione della sua pelle calda sulla mia, la dolcezza del suo sguardo, la brama... è da una vita che lo desidero. Adesso che succede. Adesso che riesco a sentire la pressione delle sue labbra sulle mie, sono incredula, intrappolata in un sogno bellissimo. Unico. Mio. Solo mio.
Ma quando torna a toccarmi, comprendo che è tutto vero. Che lui è vero. Allora mi lascio andare, depongo le mie armi, lascio cadere ogni scudo permettendogli di entrare, di abbracciare la mia anima.
I nostri corpi si scaldano. Le nostre bocche continuano a giocare e a muoversi.
Ci baciamo come due che stanno per affrontare un lungo viaggio e non si vedranno per tanto tempo. Ci tocchiamo come se dovessimo imprimere sotto i polpastrelli la consistenza di questo nostro folle amore.
Ansimo contro la sua bocca e lui mi abbassa venendomi in contro con un movimento rapido del bacino. Arriva così a fondo, che urlo e mi aggrappo al bordo della vasca per non perdere l'equilibrio. Inarco la schiena e lui mi tira giù a ogni spinta, più forte della precedente. Allora lo tocco, stringo i polpastrelli sulla sua pelle e quando mi avvolge con le braccia intorno al busto, soffiando sulla mia spalla il suo affanno, un forte orgasmo mi raggiunge e non posso contenerlo.
Graffio le sue spalle lasciandovi sopra la forma delle mie unghie e allargo le cosce. Voglio di più e voglio che sia con lui.
«Tor...»
«Luna», replica con voce che graffia i miei sensi.
L'orgasmo mi squassa, ma continuo a muovermi fino a quando non mi stringe per i fianchi e si perde anche lui, riempiendomi della sua essenza.
«Che cazzo mi hai fatto?», mugugna baciandomi con impeto. «Non te ne accorgi, Luna. Tu mi stai ammazzando ancora e ancora. Lo stai facendo con le tue risate, con i tuoi sguardi, con quei suoni eccitanti che lasci sfuggire quando la voglia ti prende e tu non sai resisterle».
Le sue parole sono più forti di un ti amo. Sono l'essenza del suo sentimento così profondo da avvilupparsi come radici dentro di me.
In camera, dopo avere fatto una doccia e avere evitato di toccarci come due incapaci di frenare i propri impulsi, ci sdraiamo sotto le coperte calde ed io mi lascio subito abbracciare da dietro.
Accarezzo il suo braccio, gioco con i tatuaggi. Tor imprime un bacio sulla mia spalla. «Che c'è?»
Mi volto, mi incastra subito sotto il suo peso. Ed è eccitante averlo su di me dopo esserci consumati nella vasca.
Sollevo le ginocchia facendo un po' di pressione sui suoi fianchi. «C'è che non mi sembra vero. C'è che mi fai bene. So di ripetere un concetto abusato da chiunque ma... Tu mi fai bene al cuore, all'anima, alla mia vita. Sei mio e...», arrossisco violentemente.
Tor abbassa il viso attento e in attesa; sotto i polpastrelli sento lo scalpitio del suo cuore. «Eh?»
«Ti amo».
So che è ancora presto per lui. Non gli ho mai messo fretta. Mi sta bene anche così, perché anche se non lo dice, me lo dimostra costantemente. Ma voglio che sappia che è il mio tutto.
***
Mi risveglio sola. Mi sollevo indolenzita dal letto e sbadigliando mi dirigo in soggiorno.
Mi fermo immediatamente per lo spettacolo che mi si apre davanti agli occhi.
Trovo Tor impegnato a sistemare le ultime palline dell'albero posto di fianco al camino, proprio di fronte a una delle alte vetrate. Floppy ne rincorre una di pezza facendola rimbalzare sul pavimento per portarmela e lasciarla ai miei piedi.
Non appena mi vede, l'uomo più incredibile che io abbia mai conosciuto, mi sorride. Facendo un passo avanti, raggiungendomi, mi prende per mano. «Manca qualcosa», mi passa la stella e sollevandomi per i fianchi mi aiuta a inserirla sulla punta del nostro albero.
Un passo indietro e mi abbraccia facendo aderire la mia schiena al suo petto nudo. Preme la guancia sulla mia guardando la sua opera. «Che te ne pare?»
Osservo le luci, le palline rosse e oro, i nastri. Floppy che sembra guardarci con curiosità. Mi volto. Gli occhi pieni di lacrime che a stento ricaccio indietro. «Sai, per essere uno che odia tante ricorrenze, che brontola di continuo e si rifiuta di comportarsi da umano, quando ti impegni sei il migliore».
Sorride rilassando le spalle e io mi beo di ogni singolo momento che passiamo insieme.
«Luna, io...»
Annuso l'aria. «Perché la mia cucina odora di biscotti appena sfornati?»
Fa un passo indietro trascinandomi con sé. «Perché ne ho preparati un paio mentre dormivi».
Metto il broncio. «Senza di me? Potevi svegliarmi. Sei davvero uno stronzo dispettoso!»
«C'è ancora una teglia da infornare. E per la cronaca: eri troppo stanca e dormivi così profondamente da non avere avuto il coraggio di svegliarti».
«Quando non ci sei non dormo così comoda», ammetto. Nascondo il sorriso e lo precedo a testa alta per vedere cosa ha combinato.
La cucina non è un campo di battaglia come mi aspettavo. È tutto in ordine. «Potrei abituarmi».
Mi sculaccia e mi solleva sul ripiano libero, posizionandosi tra le mie gambe senza darmi il tempo di reazione. Poi mi prende il viso tra le mani e mi bacia con trasporto, insinuando la lingua nella mia bocca per avere di più di un semplice bacio.
«Chiudi gli occhi e non aprirli».
Anche se insicura lo faccio. Attendo.
«Apri la bocca», ordina.
«Se mi fai uno scherzo preparati alla vendetta».
Ride. «Non fare storie. Adesso apri la bocca».
Mi fa assaggiare un pezzo di biscotto e attende la mia reazione. Sbircio e sembra eccitato come un bambino. «Uhm... non eri un meccanico?»
Mi abbraccia assaggiando anche lui il biscotto quando lo imbocco. «Sono tante cose. Devi solo scegliere».
Lo spingo giocosamente e poi lo riprendo schioccandogli un bacio a fior di labbra, trattenendo il suo viso tra i miei palmi. «Tor?»
«Uhm?»
«Rimani?»
«Per quanto?»
«Partiamo da sempre?»
***
~ Toren ~
Come faccio a esprimere quello che sento senza sembrare un emerito cretino?
Lei è stata sincera, è riuscita ad aprirsi. E io? Io continuo a bloccarmi sul più bello perché non voglio sembrare melenso o poco convinto. Forse perché quello che sento per lei è talmente forte da non riuscire a controllarlo, a spiegarlo.
«Tor?»
Ritorno da lei. Mi fissa, in attesa di una risposta sensata, senza tentennamenti.
Premo la fronte sulla sua. «Dove cazzo vuoi che vada senza di te?»
L'avvicino e le sue gambe stringono la presa sui miei fianchi. Non so se l'abbia fatto con malizia o dopo avere notato la sporgenza tra le mie gambe, sotto lo strato dei boxer che indosso.
Adagio il palmo sul suo fondoschiena e con una lieve pressione la faccio scivolare verso il bordo, a contatto con il cavallo dei miei boxer.
Ha indossato la mia camicia ed è così sensuale da mandare in visibilio le mie coronarie. Prima quando mi sono voltato e l'ho vista, per poco non sono svenuto dall'emozione che mi si è schiantata addosso.
Le sue pupille si dilatano e stringe le braccia sulle mie spalle giocando con le mie labbra.
Stanco e arcistufo di respingere sempre tutto quello che desidero, mi sto lasciando trascinare da quello che provo e da lei.
Qualcosa si è risvegliato dentro di me, qualcosa di indomabile che mi spinge a chiedere più di un semplice bacio.
Prendo il suo labbro inferiore tra i denti, non esercito molta pressione, ma le sue mani sono già sul mio viso e a poco a poco scendono sul mio corpo.
Mi sporgo di più verso di lei e con la lingua le accarezzo il contorno del labbro, strappandole un gemito quando mi insinuo nella sua bocca spingendo sui suoi denti per potere avere accesso e potermi divertire con la sua lingua.
La mano aperta alla base della sua schiena, che inarca alla minima pressione. Assaporo ogni suo verso finché non mi avvicina, rilassando il suo corpo contro il mio.
Non riesco a fermarmi. Sono un tossico in cerca di adrenalina.
Le sollevo la testa per guardarla negli occhi. Ma la mia è una mossa stupida perché davanti a me ho tutto. Ogni mio desiderio. Ogni mio pensiero. Il mio futuro. La mia certezza.
Avverto qualcosa in fondo alla gola. Il cuore batte simile a un martello pneumatico. «Miele... io so di non meritare tanto, ma...»
Come se avesse intuito di cosa è fatto il nodo che non riesce a sciogliersi per farmi parlare, si protende in avanti e il bacio successivo guida entrambi in un'altra dimensione. Allenta ogni pressione.
«Hai fatto l'albero e i biscotti. Adesso tocca a me?»
Fingo di riflettere poi la sollevo per le gambe e caricandola in spalla la porto in camera deponendola sul letto, prima di sdraiarmi accanto a lei. Non voglio che prenda freddo.
«Ricordi come eravamo prima?», domanda di punto in bianco.
«Impacciati?»
Fa una smorfia e mi accarezza il petto fino ad affondare le dita nella nuca. «Già, ma eravamo molto complici. Mi piaceva come mi appoggiavi. Non avevo amici, mi sentivo sola e tu eri l'unico a vedermi».
«Solo quando volevi che ti coprissi le spalle con i tuoi genitori».
Ride facendo una faccia buffa. «Non è vero».
Sentire il suono della sua risata innesca tutta la voglia che ho di perdermi in lei.
Sono succube di un desiderio malato, mi rendo conto. Ma non ne posso fare a meno.
«Sì che lo è! Mi usavi per nascondere le tue marachelle. Dalla mia bocca non ne è mai uscito niente».
Sfiora le mie labbra con la punta delle dita. «Mi sei sempre piaciuto».
«Lo sapevo», esulto.
«A volte pensavo di dirtelo, ma continuavo a rinviare il momento per paura che mi prendessi in giro o che mi rifiutassi di fronte a mio fratello. Ero... insicura, impacciata e avevo una paura matta. Non eri di certo uno stinco di santo tu all'epoca».
Sento le guance pizzicare. Non mi dispiace avere avuto le mie esperienze. Mi piacerebbe però tornare indietro e passare più tempo insieme a lei. Rischiare per potermela vivere di più.
«No. Ero un coglione borioso. Ma ti guardavo di nascosto. Tuo fratello una volta se ne è accorto e da quel giorno ho dovuto fare molta più attenzione. In qualche modo eri il mio segreto. Il mio desiderio proibito».
I suoi occhi... così verdi, così accesi, si appannano. Scavano un'altra voragine senza permesso. Mi guarda dentro, strappa ogni errore del passato come fiori appassiti. Mi si avvicina e io non la rifiuto, non l'allontano più, perché averla vicina è un regalo che non credevo di potere ricevere dalla vita.
Mi abbasso e la bacio come avrei tanto voluto fare da sempre.
«Sognavo il nostro bacio. Mai però avrei potuto immaginare ogni sensazione che sto percependo in questo momento. È come tornare al sicuro».
«Tor?»
Amo quando mi chiama per nome e con quel tono sommesso. Glielo farei ripetere di continuo.
«Sì?»
«Adesso mi dici come ti senti?»
Non ho bisogno di riflettere per darle una risposta. «Accanto a te mi sento come quando sai che qualcosa ti farà male, ma non te ne frega niente se ti spezzerà il cuore, se ti farà uscire di testa o se non ti farà dormire la notte. In questo istante, potrei morire e sarei felice. Già, lo sarei, perché sto sentendo ogni singolo battito del mio cuore animato dalla sola cosa che probabilmente mi sta tenendo in vita».
La guardo da sotto le ciglia. «Mi sento vivo. Non più un sopravvissuto. Sono qui, proprio dove dovevo essere. Insieme a te. Ti amo».
♥️🎄
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