Capitolo 24

~ Luna ~

Ho fatto il carico di giornate silenziose, di attimi tristi e solitudine. Ho sopportato a lungo senza mai lasciarmi schiacciare al suolo dal dolore. Ho fatto tutto ciò che era in mio potere per essere forte, per non cedere, per non vedere distrutta la mia anima.
Eppure continuo a ritrovarmi al punto di partenza. Come se stessi scontando una pena all'inferno per tutte le volte in cui questo cuore stanco ha incassato un altro duro colpo.
Posate d'argento, bicchieri di cristallo. Bottiglie del migliore champagne, del vino più pregiato. Aragoste, ostriche.
Poi ancora lanterne accese, drappi attorcigliati alle aste dei tendoni bianchi. Piante alte dalle foglie di un verde acceso.
Una lunga passerella all'entrata, con il tappeto rosso e le candele disposte sul sentiero. Poi ancora petali di rose sparpagliati ovunque.
I miei non hanno badato a spese. Più che una cena per festeggiare il loro anniversario di matrimonio, sembra un meeting di lavoro. Tanti sono i personaggi di spicco presenti e in giro per la villa. Molti dei quali non ho mai visto in vita mia.
Avrei fatto volentieri a meno di partecipare, in particolare dopo essere stata obbligata a indossare questo tubino rosa malva con un fiocco di tulle sulla spalla destra e i tacchi, che mi causano un dolore atroce ai piedi.
Sono passate due settimane e rischio di impazzire. Avevo dimenticato quanto fosse faticoso avere a che fare con la mia famiglia.
Inoltre, se dovrò continuare a essere seguita a ogni passo da una guardia di sicurezza, pronta a lanciarsi su di me per proteggermi, potrei seriamente valutare l'opzione di non tornare più.
Il mio telefono è sparito il mattino dopo avere avuto la discussione con Peter e non sono proprio riuscita a contattare in tempo nessuno, tantomeno a recuperarlo.
Non che abbia qualcuno con cui parlare dopo avere litigato e troncato i rapporti con Alissa.
L'unica persona con cui ho avuto a che fare per gran parte del tempo è stata Kellie.
Sospetto sia stato proprio mio fratello a metterla alle mie calcagna dopo averci spedite fuori da Santa Cruz, nella villa dei miei nonni, assenti per un viaggio in Europa.
Non so cosa sia successo. So solo che ho pensato tanto, forse troppo a Tor e mi è mancato. Avrei dovuto contattarlo quella notte stessa. Che stupida!
Mi piacerebbe vederlo. Avvicinarmi a lui quel tanto che basta da abbracciarlo senza più il terrore di spezzarmi tra le sue braccia.
In mezzo a questo sfarzo, a questa gente che non vede il mondo per quello che è davvero, mi chiedo se mi perdonerà mai, se ha pensato a me anche solo per un minuto o se è già passato oltre.
Sospiro guardando mesta il fondo della piscina. Qui non mi trovo a mio agio.
Lui mi farebbe sentire come se fossi esattamente dove dovrei essere.
In qualche modo mi fa da perno per tutte quelle volte in cui rischio di perdere l'equilibrio.
«Luna, tesoro», mio padre si avvicina con un uomo dalla folta barba bianca e un bastone da passeggio. Puzza di naftalina. «Morrigan lei è mia figlia Luna».
L'uomo mi rivolge uno sguardo languido, proprio come quello del resto degli invitati che mi sono stati presentati. Molti di loro vorrebbero farmi conoscere i loro figli.
Quando riesco a scappare dalla conversazione sul mio futuro e quello dell'azienda di mio padre, entro finalmente in cucina.
Appoggiata al ripiano marmorizzato, lancio corrucciata un'occhiata verso il giardino. Seguo mia madre, la quale continua a prendere piccole boccate d'aria per non iperventilare e a sorridere fintamente.
Un vassoio di tartine si trova proprio sotto il mio naso. Hanno un aspetto delizioso, ne prendo una mangiucchiandola del tutto assente.
Ho avuto lo stomaco chiuso, ho mangiato poco, spiluccato ogni piatto che Kellie mi ha messo davanti, e l'insonnia più e più volte è tornata spingendomi a stare male internamente.
«Ti nascondi da qualcuno?»
La voce roca, profonda di un uomo giunge alle mie spalle.
So a chi appartiene ancora prima di voltarmi e affrontarlo.
Tra gli invitati c'è Chester Connor, zio di Toren, con cui non avevo ancora avuto modo di scambiare qualche parola.
Sorrido sorpresa di vederlo qui dentro e non impegnato a parlare con qualcuno. È uno degli invitati più chiacchierati e ricercati.
«Risponderò di sì solo se non andrai a spiattellarlo a qualcuno. Soprattutto a mia madre. Potrebbe crollare definitivamente».
Chester è un uomo elegante. Indossa un abito Armani. Ha una corporatura slanciata, le spalle grandi e i capelli corvini sono pettinati elegantemente all'indietro.
Trasuda potenza da ogni poro. Quel tipo di potere che destabilizza qualsiasi persona si trovi nel raggio di qualche metro.
Se non sapessi già del grado di parentela, lo assocerei comunque a Toren. I due hanno persino lo stesso tono di voce. Forse è per questo che sto avendo i brividi da quando mi ha rivolto la parola.
E mi rendo conto che lui è in ogni parola che non sono riuscita a dire per paura di essere fraintesa. In tutti i baci che non ho saputo dare. In ogni notte in cui non sono riuscita a dormire.
Ha un sapore amaro questa distanza. Questa solitudine.
I giorni scorrono lenti e sembrano tutti uguali, incolori. Ma mi è stato utile. Ho capito che incontrarlo era ciò che mi serviva per imparare ad amare ed essere forte abbastanza da potere lasciare la presa. Solo che è sempre più difficile non rischiare del tutto il cuore.
«Anch'io mi sto nascondendo, da tuo padre. C'è spazio per me? Che cosa abbiamo di buono qui?»
Gli faccio cenno di accomodarsi. Lui gira intorno all'isola, trascinando con sé la traccia della colonia e di un lieve profumo delicato di arancia.
Non è affatto come lo descrive la gente. Sembra affabile e gentile.
Gli offro una tartina.
Chester adagia il calice sul ripiano e assaggia senza tante cerimonie.
Apprezzo questa sua naturalezza. Non c'è niente di artefatto in lui.
«Ho saputo che ti sei avvicinata a mio nipote nell'ultimo periodo».
Non mi aspettavo fosse diretto come lui. Mi irrigidisco. «Come hai fatto a saperlo?», deglutisco a fatica.
Mastica lentamente. I suoi occhi grigi mi si schiantano addosso e per un momento mi sento disorientata.
«Non fare niente se non vuoi che si sappia. Allora, che ha combinato?»
Pulisco gli angoli della bocca. Mi sento in diritto di difenderlo. Tor non è come credono. «Chi dice che abbia fatto qualcosa di sbagliato?»
Prende un sorso di vino soppesando le parole. «Lo conosco, Luna. Mio nipote non è un santo. Commette errori perché è impulsivo e poi non sa come chiedere scusa. O meglio, lo sa, ma si ostina a fingere che non gli importa. Per rispondere alla tua domanda inespressa, ho notato dal tuo sguardo che qualcosa non va con lui».
«Non ha fatto niente. È impulsivo, vero, ma ha un gran cuore e lo tiene ben nascosto».
Mi sorride e non capisco. Devo apparire confusa perché mi dà una spiegazione. «Stavo solo cercando di capire se potevo fidarmi di te. Penso tu sappia che non sono poi così ben visto da queste parti. Chiunque potrebbe essere una spia», dice paranoico.
Mi sgonfio come un palloncino. «Bel modo di testare la fiducia. A ogni modo non uscirà niente da questa bocca».
«Usa quello che fa male e avrai vinto», mi suggerisce con un sorriso cortese. «Sono felice che Tor abbia qualcuno disposto a difenderlo e che vada oltre le apparenze».
Arrossisco. «Noi non siamo...»
«Davvero?», passa la mano sul filo di barba.
Confermo un po' imbarazzata. «Non stiamo insieme. Dubito che la mia famiglia lo permetterebbe o che lui sarebbe disposto a rischiare per una come me».
Beve e annuisce come se comprendesse il senso delle mie parole. «Fossi in te non rinuncerei a ciò che mi fa stare bene».
«Lo dici come se avessi rinunciato a qualcosa di importante».
Rimango spiazzata mentre si allontana senza darmi una risposta. Ma ho notato il modo in cui i suoi occhi si sono un po' incupiti.
Peter entra in cucina nel medesimo istante in cui Chester raggiunge una donna in tailleur che ha richiamato la sua attenzione. «Che ci facevi qui dentro con Chester Connor? Sai chi è? Dovresti stare insieme a nostra madre. Non vedi che è disorientata?»
Da quella notte non riesco a guardarlo in faccia. Dentro di me si risveglia quell'istinto incontrollabile di farlo a pezzi con le parole.
«No, è divertente quando inizia a ridere senza motivo e papà è costretto a inventarsi una scusa per trascinarla via dalla festa», replico con un sorrisetto malefico. «Ha già ingoiato una manciata di pillole e bevuto qualche bicchiere in più. Sai come funziona su di lei».
Peter contrae la mascella. «Cosa stai facendo?», sibila sorridendo a due ospiti quando ci passano davanti.
Prendo il suo calice e bevo un sorso. «Mi assicuro che la serata sia meno deprimente, dato che devo restare qui. Peccato, non hai organizzato un altro viaggio improvviso dai nonni questo weekend, mi sarebbe piaciuto stare lontana da voi e non dovermi sorbire questi teatrini».
Mi sottrae il bicchiere dalle labbra. «Non sei prigioniera e dovresti comportarti da adulta. Ho convinto papà a mandarti dai nonni perché ne avevi bisogno. Non eri più lucida».
«Stai dicendo che sono stata traviata solo perché sei geloso? Ti ascolti quando parli? Hai esagerato e continui a non capire che mi devi delle scuse e devi ridarmi il mio cellulare», provo a fare un passo avanti e lui mi ferma afferrandomi per il braccio.
«Luna...»
«Non so la ragione del tuo ritorno, tantomeno il perché tu sia tanto spaventato da tenermi incatenata. Sei andato fuori di testa sottraendomi il cellulare e mandandomi come un pacco in un altro posto. Mi hai isolata credendo che sarei tornata e mi sarei comportata da bambola proprio come nostra madre. Ma ti sei sbagliato. Io non sono lei», divincolandomi mi sposto in giardino proprio mentre compare Alissa, in abito giallo canarino, accompagnata da Declan.
«Perfetto», dico ad alta voce. «Ci mancavano solo loro per completare il triangolo. C'era da aspettarselo».
Peter mi sente e mi punta addosso quei suoi occhi carichi di rimprovero. «Cerca di essere educata con i nostri invitati, sorellina», sorride ad Alissa e Declan.
Vago in cerca di un appiglio, ma non ne trovo e allora non mi resta che rimanere ferma, lasciando che i due ci raggiungano.
Alissa mi rivolge un cenno con la testa, i suoi occhi castani scrutano intorno e sorride a un paio di persone.
I suoi genitori sono a pochi metri dal buffet e sembrano divertiti.
Deduco non abbia ancora detto loro che non siamo più in buoni rapporti. Scommetto che l'ha fatto solo per riuscire a organizzare quella dannata festa per l'inaugurazione del pontile.
Declan saluta Peter e i due si lanciano in una conversazione su una recente partita.
Un cameriere passa e porge loro dei calici.
«A questa serata e all'amicizia», pronuncia mio fratello.
Non riesco a frenare il commento: «Stai abusando di una parola importante. Attento fratellone, le pugnalate arrivano quasi sempre dai cosiddetti amici. E le persone che hai davanti non lo sono», mi allontano di un passo sotto lo sguardo nervoso dei nostri genitori.
Alissa digrigna i denti. «Vuoi proprio farlo qui davanti a tutti?»
Le sorrido raddrizzando le spalle. «Perché? Così puoi continuare a fingere di essere mia amica per trarne vantaggio? Non hai ancora detto ai tuoi genitori cosa hai fatto?»
Sentendomi, ci raggiungono chiedendo una spiegazione.
Alissa, le guance paonazze, scuote la testa per fermarmi.
«Vostra figlia mi ha sempre usata e non siamo più amiche, quindi se proprio volete permetterle di fare qualsiasi cosa, vi toccherà assicurarvi che non sia circondata dalle persone che per anni ci hanno derise. Ah, già, dimenticavo, Alissa era una di loro. Era d'accordo quando mi picchiavano dentro uno spogliatoio».
«Che cosa?»
«Sorellina, smettila!», sibila Peter schiarendo la voce. «Non è il momento».
Lo guardo come se fosse un parassita. «Non è il momento neanche di dire che sei vicino a un ragazzo che ha tentato di drogarmi a una festa e mi ha messo le mani addosso di recente? Bene, allora ho finito».
Quando Peter si avvicina, pronto a fermarmi, mentre i genitori di Alissa cominciano a tempestarla di domande e i miei a sedare gli animi spostando l'attenzione di tutti altrove, qualcuno mi si piazza davanti costringendolo a retrocedere.
«Signorina Maddox, speravo di parlarle. So di interromperla ma ho una proposta per lei».
Chester Connor mi sorride e il mio cuore si accartoccia.
«Volentieri».
Ci allontaniamo per sederci a un tavolo abbastanza isolato. Mio padre ci scruta da lontano nascondendosi dietro un sorriso e un calice.
«Non mi serve una guardia del corpo. Ne ho già un paio», nascondo le mani che tremano.
«Credi che non lo sappia? Ho solo evitato che tuo fratello perdesse il suo naturale autocontrollo. Sai, ho un ricordo nitido dell'ultima volta».
Mi faccio subito attenta. «Hai visto...»
«Sono andato a recuperare mio nipote quella notte e credimi, tuo fratello non ha imparato proprio niente», lo guarda con sdegno. Aggiusta la giacca dell'abito e i polsini.
Non so ancora la ragione di quel litigio.
«Di recente hai incontrato Tor?», non resisto all'impulso. Devo sapere.
Gioca facendo oscillare il liquido rosso dentro il calice. «Non passo molto tempo da queste parti. Ma quando riesco, i miei nipoti sono una priorità. Non posso dire lo stesso di Ben. Mio fratello non sopporta la mia presenza in casa sua. Tornando alla tua domanda, sì, sono stato a cena con lui».
«E come sta?», chiedo con agitazione evidente.
Chester soppesa il mio sguardo. «Come uno che è stato lasciato all'improvviso da solo e ha dovuto proteggersi di nuovo».
Corrugo la fronte. «Credo ci sia stato un malinteso. Peter ha convinto i miei a mandarmi dai miei nonni, che per inciso non erano neanche in casa. Non avevo dietro il mio cellulare, non potevo nemmeno muovermi a causa delle guardie. Non so a memoria i numeri e non sono riuscita a mettermi in alcun modo in contatto con lui per spiegarglielo», racconto per la prima volta a qualcuno.
Annuisce. Beve un sorso scandagliando il giardino. «Hai bisogno di aiuto, Luna», picchietta l'indice sulle labbra.
Il mio cuore si ribella. «Che cosa intendi?»
«Che devi uscire da qui. Tuo padre è un odioso idiota del cazzo e tuo fratello una grossa spina nel fianco».
«Come faccio a uscire da qui? Peter continua a seguirmi come un segugio».
Sorride e mi manca il fiato.
Sono identici.
«Troveremo una soluzione a questo. Ma io intendo che hai bisogno di allontanarti dalla tua famiglia per molto più tempo. Prima avrebbero dovuto sbattere fuori gli Spencer e i Wells, soprattutto difenderti, non farti passare per isterica».
«E tu... hai intenzione di aiutarmi?»
«Farò il possibile. Ho capito perché mio nipote tiene molto a te».
I miei occhi si riempiono di lacrime. Sono così emozionata e sorpresa da sentire il labbro tremare. Per anni nessuno si è fatto avanti, nessuno mi ha teso una mano. «Grazie».
Si solleva. «Adesso fammi ammaliare un altro po' questa folla. A tuo padre non fa piacere non trovarsi al centro dell'attenzione. A fine serata ricordati di reggermi il gioco. Per il resto, prova a divertirti», mi indica qualcosa o per meglio dire qualcuno.
Sulla soglia, un po' impacciata, con un tubino color oro, i capelli mossi legati con cura, si ferma Summer.
Chester mi fa l'occhiolino raggiungendo mio padre con un ampio sorriso perfido. Io mi sposto verso Summer.
«Ciao, non pensavo saresti venuta quando ti ho mandato l'invito».
«È difficile ignorare una busta tanto graziosa quando arriva», sorride prendendomi subito a braccetto. «Ed è bello vederti. Ho saputo che hai avuto dei problemi. Mi dispiace».
Le sorrido. Per la prima volta in così tanti giorni, ritrovo la forza per farlo.
Ho invitato anche Toren, Rio e JonD ma non hanno risposto e non si sono presentati. In parte capisco la ragione. Ma non volevo si sentissero esclusi, dato che ho invitato anche Summer.
«Sei splendida», mi complimento con lei facendole fare un ampio giro su se stessa.
Ridacchia. «Anche tu. Prendiamo da bere e parliamo un po', ti va?»
Ci dirigiamo verso il tavolo delle bevande. Prendiamo un calice di champagne e siamo pronte a spostarci in disparte.
«Chi lo avrebbe detto che avresti trovato una nuova amica tanto presto». Alissa si versa del punch assumendo una posa da snob. La mano sul fianco e un sorriso da arpia. Non ha gradito quello che le ho fatto prima. «Sfigata come te».
Il sangue mi ribolle dentro ma ci pensa Summer a reagire, evitando che io le versi addosso il contenuto del mio bicchiere. «Da quello che mi risulta qui l'unica sfigata sei proprio tu. Dove stanno le tue nuove amiche? Ah già, avevano impegni più urgenti stasera. Luna, andiamo?»
Seguo Summer in direzione del portico. «Scusami, non la sopporto».
«Come facevi a sapere delle sue nuove amiche?»
«La gente parla in questo posto. Ho lavorato un paio di volte in un piccolo chiosco e non sai quante cose sono riuscita a sapere».
Bevo un sorso. «Puoi dirmi come sta?»
«Il solito brontolone. Adesso un po' più cupo e silenzioso del solito. Gli manchi».
«Anche lui», sospiro.
Arrossisco non appena mi rendo conto di quello che ho appena rivelato. Schiarisco la voce. «Ehm, mi manca parlare con lui».
Mi molla una spallata affettuosa. «Con me non devi mentire».
«È solo... complicato», scuoto la testa.
«Che ne dici di andare ai falò in spiaggia dopo?», propone. «Sono sicura che lo incontrerai lì e potrai parlare con lui».
«Accetto. Spero tanto di vederlo».
«Adesso però dobbiamo dare il nostro contributo a questa festa», sorride radiosa trascinandomi verso il fondo del giardino dove un DJ sta animando la serata.
Summer, con scioltezza, richiede al ragazzo una canzone, poi mi spinge in mezzo alla gente.

***

È quasi mezzanotte quando Chester si avvia alla porta principale. Molti degli invitati stanno già andando via.
«Grazie per essere venuto», gli sta dicendo mio padre.
Sono vicina a loro, Summer si trova al mio fianco; una presenza gradita in questa serata che sarebbe stata alquanto disastrosa.
«È stato un piacere».
Chester non tenta nemmeno di apparire sincero adesso. Anzi, sembra piuttosto sollevato che sia tutto finito.
Tra i Maddox e i Connor non corre buon sangue. Come siano riusciti a stare nello stesso ambiente per me è un mistero. Proprio come lo è il fatto che mio padre sia stato tanto amichevole. Cosa c'è sotto?
Prima della festa i due hanno avuto modo di parlare nell'ufficio al piano di sopra. Non sono riuscita a origliare la conversazione apparentemente accesa, ma doveva essere qualcosa di importante.
«Ci incontreremo ancora», dice falsamente mio padre.
C'è una sorta di scambio non verbale tra i due.
Chester distoglie lo sguardo ignorandolo, per voltarsi e sorridermi come una belva che sa di avere appena fottuto la sua preda. «È stato un piacere chiacchierare con te, Luna. Se cambierai idea, la mia azienda sarà a tua completa disposizione per uno stage retribuito».
Papà per poco non si strozza con la sua stessa saliva. Liscia la cravatta arrossendo.
Nascondo un sorriso e stringo la mano tesa di Chester, reggendo il suo gioco.
È questo il suo piano di fuga?
«Prima dovrò laurearmi. Ma potrei vagliare la proposta. Sarebbe istruttivo lavorare per la sua azienda», uso un tono formale. «È una tra le più importanti e competitive. Potrebbe essere un buon trampolino di lancio per me».
«Riflettici e fammi sapere. Tuo padre potrebbe avere una degna avversaria un giorno e tu un maestro formidabile, che sarei io», divertito, molla una pacca sulla spalla proprio a quest'ultimo. «Hai una figlia davvero meravigliosa. Fossi in te sarei orgoglioso», mi strizza l'occhio di nascosto e si allontana.
Papà lo guarda senza parole. Passa un momento ed è tornato il solito Ector Maddox. «Una proposta per uno stage da Connor, eh?», non nasconde il risentimento.
«Sarebbe qualcosa da aggiungere al mio curriculum. Non voglio essere etichettata come una figlia di papà quando inizierò a lavorare», ribatto serafica. «Tra poco esco. Io e Summer andiamo a vedere i falò».
Esita, vorrebbe aggiungere qualcosa, poi annuisce. «Fa' attenzione», mi si avvicina in modo tale che Summer non senta: «Faremo due chiacchiere domani».
Mi allontano il più in fretta possibile da lui e da mia madre, quasi del tutto andata.

***

Raggiunta la spiaggia fremo dalla voglia di vederlo. Basterebbe un solo minuto per sedare la mia anima. Non chiedo altro.
«Tuo padre ti darà del filo da torcere, non è vero?»
Ce ne stiamo sedute. Davanti a noi un minuscolo falò appena acceso. L'aria è calda, piacevole sulla pelle. Di tanto in tanto raggiunge le mie narici anche l'odore della sua crema al cocco.
«Riuscirò a tenergli testa. Era solo sorpreso e lui non ama essere colto alla sprovvista. Inoltre penso che Chester mi stesse solo usando. Non voleva davvero offrirmi uno stage nella sua azienda».
Mi passa una bevanda gassata. La stappo, brindiamo e ne prendo subito un sorso.
«Cosa te lo fa pensare?»
«Il modo in cui si guardavano. Non sono mai stati insieme in una stanza senza litigare».
«Magari le cose tra loro sono cambiate».
Amo che sia tanto positiva e veda sempre il bicchiere mezzo pieno.
«Non so, qualcosa non mi torna. Chester mi aveva chiesto di reggergli il gioco».
Summer sposta lo sguardo, ma dalla sua smorfia comprendo che qualcosa alle nostre spalle non è di suo gradimento.
Alissa, Declan, Peter, le due gemelle e i ragazzi della squadra, persino Foxy, stanno riempiendo la spiaggia, facendo allontanare i presenti dalla zona degli alcolici.
Sbuffo alzando gli occhi al cielo, giocando con la carta della bottiglia. «Li avrò sempre fra i piedi?»
«Per fortuna ci sono loro», Summer indica qualcun altro in arrivo.
Tor, Rio e JonD, si mescolano al gruppo numeroso e chiassoso che era già in spiaggia.
È evidente sin da subito lo schieramento. Ed è altrettanto evidente l'attenzione di mio fratello rivolta al suo nemico.
Il mio cuore palpita in maniera scostante. I miei occhi bruciano. La mia pelle sfrigola lievemente, pizzicata dalla vista dell'uomo a cui tengo.
Dio, è bellissimo. Nessuno potrà mai competere con lui.
Passiamo l'ora successiva a chiacchierare con Summer e alcune ragazze. A noi si unisce anche Hannie, la quale all'inizio mi affibbia tutta la colpa per il malumore del fratello, poi però cerca di farmi divertire.
A un certo punto della serata, le due mi fanno cenno di raggiungere il resto del gruppo.
«Okay, basta così. Voi due avete bisogno di parlare», Hannie mi tira in piedi.
Incerta faccio un passo avanti. Forse non sono ancora pronta, ho resistito obbligando me stessa ad aspettare perché per tutto il tempo ho avuto paura della sua reazione. Forse sto solo esagerando.
Tor gira subito la testa, smette di ridere e il suo volto muta espressione.
Rimango spiazzata e immobile di fronte a lui. Ogni singola certezza avuta sino a questo momento vacilla e poi si spezza.
«Possiamo parlare?»
«Non ho tempo».
«Davvero? Perché a me sembra...»
«Va' a farti un giro con i tuoi amici e stammi lontano».
Sento il calore defluire dalle mie membra. Com'è possibile che tutto quello che c'è stato sia stato spazzato via in così poco tempo?
Sapevo che avrebbe frainteso tutto. Eppure mi aspettavo qualcosa di diverso da parte sua. Non questo vento gelido che elettrizza immediatamente l'aria.
«Tor...»
«Che succede? Non era quello che volevi sin dall'inizio? Tu sei una principessa e io il povero che non potrà mai essere alla tua altezza».
Ogni sua parola è una fucilata. Ma c'è qualcosa dietro l'espressione glaciale che ho di fronte.
Ho la pelle d'oca. Mi abbraccio, mi proteggo, eppure non smetto di fissarlo negli occhi.
Non sta dosando le parole. Si sta comportando da idiota davanti a tutti. Mi sta facendo sentire come si è sentito lui: rifiutato.
Adesso mi è tutto chiaro.
«Se mi lasciassi spiegare magari non mi tratteresti così».
«Chiudiamola qui, non vorrei metterti in imbarazzo principessina. Non dopo quello che è successo tra noi».
«Stai solo mentendo».
«Davvero?»
«Che cosa succede?»
Declan si è avvicinato. Prova a toccarmi. Mi irrigidisco e mi scanso. «Niente che ti riguarda», replico sprezzante. «Non sono affari tuoi».
«Niente? Perché continui a parlare con questo bastardo?», biascica indicandolo.
«Dec!»
«No, fa' parlare il maniaco. Sono curioso di sapere perché si è avvicinato», Tor si mette a braccia conserte, solleva il mento e si prepara all'attacco.
Declan è chiaramente ubriaco. Anche se la musica continua a pompare dalle casse, la folla sembra essersi compattata e tutti gli occhi adesso sono su di noi.
«Come mi hai chiamato?»
Declan prova a fare un passo nella sua direzione con espressione adirata. Ma ci sono io davanti e le mie mani si posano sul suo petto. Lo spingo, barcolla all'indietro. «Dec, smettila».
«Tu sta' al tuo posto!», sbraita strattonandomi e inducendomi a farmi da parte. «Con te parlerò a breve!»
«Ehi, toglile le mani di dosso!», gli urla qualcuno per difendermi. Qualcun altro emette un verso di sorpresa, poi si sentono degli insulti.
Summer vuole raggiungermi, ma Rio la tira indietro, facendole scudo con il suo corpo. Anche Hannie ci prova, ma JonD le fa cambiare idea.
«Sono anni che ho voglia di spaccarti la faccia. Un motivo in più è il fatto che ronzi intorno alla mia futura fidanzata».
«Non le ronzo intorno. Ho già avuto da lei quello che mi serviva», replica Tor con un sorriso sbilenco. «E da quello che mi risulta, cosa che a quanto pare non ti è ancora entrata in testa, lei non ti vuole».
Una coltellata avrebbe fatto meno male.
Peter, dopo essersi fatto strada, mi afferra per un polso portandomi a distanza.
Lo strattono. «Che diavolo fai?»
«Era questo il tuo piano sin dall'inizio?»
«Di cosa stai parlando?», domando confusa.
«Sei venuta in spiaggia per vederlo e metterci in ridicolo un'altra volta?»
I miei occhi si posano su Tor, ma non c'è traccia di emozioni sul suo volto. Sta solo tenendo a bada Declan, sul punto di colpirlo.
Indietreggio di un passo. Peter apre la bocca per dire qualcos'altro, ma la folla esplode in una serie di esclamazioni.
Il primo colpo è partito da Declan per qualcosa che Tor ha detto su di lui. Quest'ultimo non si è ancora mosso. Gira solo il viso, sputa sangue all'angolo e nei suoi occhi leggo la furia. «Questo non dovevi farlo».
«Sei solo un figlio di puttana! Tua madre se la fa ancora...»
Peter interviene prima che possa farlo a pezzi, ma Tor non lo vede nemmeno. Lo spinge come se fosse una piuma e con un pugno solo mette al tappeto Declan tappandogli la bocca.
«Qualcun altro vuole farsi avanti?», ringhia girando intorno. I suoi occhi si posano su Peter. «Ne ho abbastanza di voi. Prendete questa feccia e andatevene dal nostro territorio o vi farete male», minaccia.
Mio fratello, con sorprendente autocontrollo, cogliendo forse l'avvertimento nel tono di Tor, fa un cenno ai suoi amici, i quali sollevano Declan e lo portano via dalla spiaggia.
Corro subito dietro a Tor.
«L'hai fatto perché volevi fare sapere a tutti che sei forte?»
«No! L'ho fatto perché sono stanco! Adesso vattene».
«Perché continui a fingere di non tenerci?»
«Io non provo niente per te», mi urla addosso. Lo fa con l'intenzione di annientarmi. «Lo vuoi capire?»
«È la verità o stai ancora mentendo? Perché è facile...»
«È facile quando non ci tieni», m'interrompe.
Odio la sua risposta secca. Odio il suo tono. Odio quell'espressione ferma e fredda. Odio il suo distacco. E ancora di più: odio me stessa per non essere riuscita a raggiungerlo. Per non avere scalfito il suo cuore.
C'è così tanto vuoto in lui. Così tanta rabbia.
«No, ti sbagli. Non lo è. Tutti teniamo a qualcosa o a qualcuno. A volte lo nascondiamo».
«Non io. E credimi, è più facile. Perché se non ci tieni, non hai niente da perdere. Se non ci tieni, non soffre nessuno», si allontana lasciandomi al centro della folla.
Non so dire cosa sia più umiliante. So solo che il mio cuore si è fermato e adesso mi toccherà raccogliere ogni pezzo senza più riuscire a rimetterlo in sesto.
«Luna...», JonD si fa vicino, chiaramente dispiaciuto.
Le lacrime affiorano. «Non ora». Distolgo lo sguardo e scappo via.
Corro per tanto tempo fino a non avere più fiato. Fino a perdermi. A ritrovarmi in un posto silenzioso, buio, pieno di sassi aguzzi. Inciampo, cado, mi rialzo frastornata e continuo.
Fisso a stento la ferita sul ginocchio, ma non c'è più dolore adesso. C'è rabbia. Forte. Incontrollata. Disperata. Tenta di controllarmi. La lascio bollire ancora, la tengo nascosta sotto la superficie. Non posso permettere che esploda. Non ora.
Cammino a piedi nudi per la mia strada. La sabbia sotto, le onde a raggiungere la riva in un via vai lento a fare da colonna sonora ai miei battiti sconnessi, al mio respiro corto. Me ne sto andando. Mi sto allontanando dall'ennesima delusione, dal colpo inflitto a questo cuore stanco. L'amore è una morte invisibile che ti attacca senza preavviso e ti uccide lentamente.
Mi rendo conto che è troppo tardi. Non posso più proteggere il mio cuore da altre delusioni. Posso solo accettare di averne affidato un pezzo, un angolo, per intero alla persona sbagliata.

💔

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