Capitolo 16
~ Luna ~
Ci sono emozioni che ti raggiungono senza preavviso, ti rendono vulnerabile. Ti lasciano inerme o ti spezzano nel profondo. Sensazioni che ti si attaccano sulla pelle contro il tuo volere. Puoi sfregarle ma rimangono lì, in superficie come cicatrici rimarginate, e dentro come un fuoco sotto la cenere.
Dentro l'abitacolo non vola una mosca mentre osserviamo la città dall'alto.
È la seconda volta che veniamo in questo posto insieme. Il fatto che sia il mio angolo preferito, il nascondiglio per tutte le volte in cui ho avuto bisogno di stare sola, non lo rende meno attraente e sicuro del solito con lui accanto.
Mi sta piacendo la sensazione che mi si imprime nel petto. Ma c'è qualcosa di amaro in questa situazione. Qualcosa di sbagliato. Un po' come una tessera posizionata nella parte sbagliata di un puzzle.
«Sei pensieroso», constato, incapace di non dare voce ai miei dubbi. «E c'è troppo silenzio tra di noi. Perché sei qui con me quando è evidente che vorresti essere altrove?»
Si volta come un automa. Tiene il braccio sul finestrino aperto, una sigaretta tra le dita che ha appena portato alle labbra per aspirare una boccata di fumo e quel ciuffo ribelle sulla fronte ad attrarmi.
Toren sembra rivestito di acciaio. Possiede una forza incontrollata e una bellezza fuori dall'ordinario. Ma io vedo attraverso quell'armatura che ha costruito con strafottenza il suo mondo pieno di macerie e sogni infranti. Vedo lui per quello che è davvero e mi piace. Non posso negarlo.
«Sei tu che mi hai chiesto di fare un giro e sei voluta venire fin qui».
Giocherello con una ciocca di capelli. «Ho solo... bisogno di questo», indico la notte, le stelle, la spiaggia in lontananza, le luci e i miei occhi si spostano inevitabilmente su di lui.
«Ma se non hai voglia di stare qui, forse è meglio che mi accompagni a casa. Non voglio farti perdere tempo».
È difficile sostenere il suo sguardo. Quell'espressione di perenne tensione sul suo viso, la postura rigida e le poche emozioni ad attraversare le sue bellissime iridi.
Non voglio che abbia così tanto potere su di me, perché prima o poi ci allontaneremo e chi ne pagherà le conseguenze sarò solo io.
Eppure continuo a sfidarlo. A premere nei punti giusti.
«Credi davvero che avrei passato il resto della serata con te senza battere ciglio una sola volta? Ti sei illusa a tal punto?», spegne la sigaretta come se stesse schiacciando un insetto e si volta, più che pronto a farmi sentire una ragazzina solo per avergli chiesto di portarmi qui, invece che metterci a dormire. «Non sono il tuo burattino».
«Non è quello che credo. Ma se non ti andava, perché hai accettato la mia proposta?»
Ho bisogno di una sua risposta. Ma so già che mi deluderà, perché non lo fa mai. È sempre evasivo.
L'atmosfera rilassata in un attimo cambia. Cerco di calmare il respiro. Sono bastate poche parole a farmi a pezzi. Non oso immaginare come sarebbe uno scontro acceso con lui. In qualche modo riesce a sciogliere come fuoco qualsiasi cosa ne entri in contatto.
«Cristo, Miele, davvero non ti sei accorta che avrei fatto di tutto pur di non vederti sdraiata sola nel mio letto? Pensi che non abbia notato come sei scappata dopo esserti eccitata sotto il mio tocco durante il film? O come mi hai guardato quando mi sono fatto vicino in cucina?», mi sovrasta puntandomi addosso i suoi occhi dal colore sempre più freddo, quello di un inverno che mi sta per investire. «Sono pur sempre un uomo e ho dei limiti anch'io. Il mio non è un capriccio, voglio che tu lo sappia, ma dovresti smettere di inviare messaggi confusi».
Non sono stata capace di nascondere la verità. Il suo tocco mi è piaciuto talmente tanto da sopraffarmi. Ma non sono nemmeno capace di spiegargli che non sono scappata per rifiutarlo, bensì per calmare le pulsazioni, il calore a inondarmi la mente appannata; pronta a spingermi a commettere qualche grosso errore.
So che in parte questo lui lo sa già. Il suo commento è volto solo a darmi un avvertimento.
Si sporge dal sedile e mi volta verso di sé tenendomi il viso con una mano.
Il suo tocco è una piccola ustione sulla pelle. «Mi resisti. Sarà divertente fare crollare ogni muro che stai cercando di costruire», sibila talmente vicino alla mia bocca che se mi sporgessi potrei finalmente toccare la sua e porre fine a questo supplizio.
Colta alla sprovvista dalla voglia e dalla sua vicinanza, appoggio il palmo sulla sua maglietta bianca e lo respingo.
Non mi sfugge il suo accenno di sorriso.
È un predatore nato. Che cosa mi aspettavo, di nascere Bambi e morire lupo cattivo? Per lui sarò sempre una vittima sacrificale. Non riuscirò mai a scamparla.
Il mio corpo per una strana ragione è come se avesse atteso Tor per troppo tempo e adesso stesse cedendo.
La cosa mi fa inorridire. Non ho mai avuto bisogno di nessuno nella mia vita. Me la sono cavata benissimo da sola. Il fatto che per lui potrei fare un'eccezione limita il mio giudizio.
Scosto la sua mano ancora ben salda sulla mia guancia. «Non sono un gioco».
Lecca le labbra sfoderando quel sorriso da clown. Mi si strizza lo stomaco e mi agito sul sedile, elettrizzata al pensiero che possa mordermi o persino possedermi.
«Non lo sei. Ma è divertente comunque prenderti un po' in giro, stuzzicarti o farti incazzare», mi sussurra all'orecchio.
«Quello che stiamo facendo non ha alcun senso», mi ritrovo a dire dopo un breve istante in cui lui diventa sempre più attraente. «Ci esploderà tutto in faccia non appena qualcuno dei nostri amici noterà qualcosa di diverso o le bugie affioreranno in superficie», parlo in fretta per non farmi interrompere, con lo sguardo rivolto alle luci accese in questa notte solitaria.
Tor si mette comodo sul sedile dopo averlo tirato indietro, le braccia conserte, la testa leggermente inclinata e gli occhi chiusi. La sua mano si solleva, stringe il dorso del naso. Continua a prendere boccate d'aria e a non replicare.
«Dovrei sbarazzarmi subito di te, Maddox. Abbiamo superato la linea di confine».
Le sue parole, anche se sono sincere, mi feriscono comunque. Davvero mi aspettavo che negasse o lottasse un minimo per me? È così difficile tenerci a Luna Maddox?
«Bene. Fa' pure. Sbarazzati di me anche adesso. Non starò di certo qui a farmi insultare o a supplicarti. Anche se non capisco nemmeno perché tu stia facendo lo stronzo», prendo fiato. «Fallo, forza. Così la finiamo qua».
Una risatina cupa riempie l'abitacolo. Il sangue mi arriva al cervello e vorrei soltanto prenderlo a schiaffi.
«Tu non andrai da nessuna parte».
Aggrotto la fronte. «Davvero?»
Si rilassa accendendosi un'altra sigaretta, quella elettronica.
È nervoso? Quando lo è tende a sfogare tutto con il fumo?
«Mi sembra ovvio. Ti ho invitato per una pizza».
«L'abbiamo già mangiata. Quella parte di serata è rientrata tra le migliori della mia vita. E prima ancora c'è stato il momento in cui hai fatto felici i Jenkins, mostrando uno scorcio di umanità in te. Quindi adesso non tentare di rovinarla facendomi digerire male».
Manda fuori il fumo dalle narici. Due colonnine bianche si uniscono e l'odore del liquido vanigliato riempie l'abitacolo.
«La serata non è ancora finita», la mano vaga verso il retro del sedile e da una busta di carta mi porge una scatolina dove all'interno, ben confezionato, trovo un cupcake al gusto vaniglia e lamponi.
Rimane in attesa di una mia reazione e curioso di conoscere quello che penso.
«Per tutto questo tempo hai avuto questa delizia con te e non l'hai presa? Che cosa aspettavi esattamente, che avessi un calo improvviso di zuccheri e minacciassi di darti un morso?», tiro fuori dal sacchetto trasparente la scatolina, sollevo il coperchio e l'odore invade subito le mie narici. «Hai continuato a fare voto del silenzio nonostante i miei deliri e adesso lanci il tuo asso nella manica per tapparmi la bocca? Incredibile!», nascondo un sorriso, sorpresa e un po' euforica.
«Se volevi che ti tappassi la bocca, bastava chiedere».
Inarco un sopracciglio. «Sei un bugiardo, un manipolatore e un coglione!»
Caccia in bocca un pezzo del suo cupcake gusto classico. «Probabile. Ma il sottoscritto, il "coglione"», inizia imitando la mia voce, «ti ha regalato la serata migliore della tua vita. Mi dispiace ma non puoi rimangiarti quello che hai detto».
Ho le guance ormai di un bel bordeaux mentre cerco una risposta intelligente da dare. Ma ha ragione e con aria sconfitta ammetto a lui e anche a me stessa di avere trovato un degno avversario.
«Quindi adesso che cosa c'è nella tua lista? Hai già spuntato tortura con il silenzio, pizza e dolce a sorpresa».
Appoggia la scatolina vuota sul cruscotto. Pulisce le dita e gli angoli delle labbra prendendosi tutto il tempo per rispondere. «Vuoi davvero saperlo? Non rischi di arrossire come una bacchettona?»
Inutile dire che avvampo ancora di più, suscitando in lui una grossa risata.
Quel suono... è un maledetto sortilegio.
«Adesso mi piacerebbe tornare a casa e dormire. Vedi, c'è questa ragazza che mi ha chiesto aiuto per la sua auto e gliela sto rimontando, pur avendo tantissimo altro lavoro in arretrato. Sono giornate in cui uso ogni energia come un matto e tutto quello che vorrei è stendermi e rilassarmi. Ma non voglio farlo da solo. Quindi mi dispiace ma sarò costretto a rapirla».
Lo dice con una calma degna di un assassino e il mio cuore sussulta sullo sterno come un moscerino incapace di non essere attratto dalla luce e di andare a sbattere contro qualsiasi superficie pur di arrivarci. Vorrei mettermi a urlare e poi ridere, liberare questo tremendo formicolio che si è depositato sul basso ventre. «Toren Connor sta chiedendo a Luna Maddox di dormire nel suo letto?», lo stuzzico.
Non si scompone. So per certa il fastidio che gli sto provocando nel pronunciare i nostri cognomi. Due fazioni che non troveranno mai un punto di unione.
«No, Luna Maddox dormirà nel letto di Toren Connor senza obiezioni», avvia il pick-up.
Lo fermo adagiando la mano sulla sua. Ignoriamo entrambi quello che abbiamo appena sentito. Ogni tocco è una scossa che arriva dritta all'anima.
«Vuoi che dorma nel tuo letto?»
Fissa davanti a sé. È incredibile il modo in cui non filtri niente dal suo sguardo o dalla postura. Inizia persino a essere frustrante.
«Con me», aggiunge e chiudendosi nel suo mondo, fa marcia indietro e torniamo verso la sua villetta.
«Perché non hai ancora arredato del tutto la tua casetta?», domando impacciata per riempire il silenzio.
«Mi piace così com'è», ribatte laconico.
«Essenziale?»
«Qualcosa del genere».
Sospiro e intuendo di non poter fare di meglio per intavolare una conversazione rimango zitta per il resto del tragitto.
***
Floppy mi salta addosso non appena varco la soglia. I miei occhi però sono assorbiti da Toren che mi guarda con malizia e una minuscola scintilla di desiderio.
Non so cosa abbia in mente. So che non posso lasciargli prendere il pieno controllo.
Facendo un passo avanti copre interamente la mia visuale. Mi schiaccia contro la porta e sfiora con la punta del naso il mio. «È un sì?»
La tensione si ingloba nell'aria riverberandosi fra noi così potente, che mi sembra quasi di sentirne il frastuono nel petto.
Quest'uomo non è solo oscurità, è un fuoco, vento che solletica la mia pelle.
L'attrazione mi spinge ad avvicinarmi, a toccarlo. Il suo corpo è sodo, un muro dietro il quale proteggersi, e io ne voglio ancora.
«Quale era la domanda?», mi agito dentro. Non riesco a pensare lucidamente se mi guarda così.
Mi accarezza la guancia con un dito. «Dormi con me».
«Pensavo di essere la tua schiavetta. Mi hai anche rapita e non ho altre opzioni di fuga».
In casa c'è un buonissimo odore di ammorbidente al narciso. I miei occhi non avevano notato i panni stesi all'angolo. Che strano...
Tor, volge lo sguardo nella stessa direzione e un attimo dopo la voce cristallina e festosa di qualcuno ci raggiunge dal bagno.
«Non ti dispiace se ho usato la chiave di scorta che tieni da...»
«Hannie?», Tor soppesa lo sguardo della sorella dopo avermi liberata. Non nasconde minimamente il fastidio per questa intromissione, tantomeno l'erezione evidente.
«Quante volte devo ripetere che qui dentro non voglio nessuno di voi? E quante volte devo dire a nostra madre di tenere le chiavi al sicuro e di usarle solo in caso di emergenza? Questa è invasione della privacy!»
Gli occhi dolci e agitati come maree della sorella di Tor si spostano alle spalle di quest'ultimo, puntando come tizzoni su di me. «Ah, ma una Maddox può? Wow, che coerenza, fratellino, lasciatelo dire. Senza offesa, Luna, ma mio fratello ha un concetto tutto suo del mondo e della privacy».
Mi irrigidisco maggiormente e sentendomi di troppo balbetto: «Forse è meglio che vada», metto giù Floppy, il quale mi è saltato addosso quasi come se avesse percepito il pericolo e volesse proteggermi.
«No, rimani. Mia sorella stava solo invadendo un po' il mio spazio per scoprire qualcosa da riferire a nostra madre. Non è così? Questa volta per quale ragione ti ha mandata qui?»
Hannie asciuga ancora le dita su un piccolo tovagliolo di carta e fissa il fratello con aria colpevole. È bella quasi quanto lo è lui. I due però non si somigliano. Hannie ha i capelli biondi schiariti dai raggi del sole, è bassa e ha gli occhi castani di Ben.
Solleva una spalla guardandosi le unghie laccate di rosso. «Sai com'è fatta la mamma. È solo preoccupata per te. Ma vedo che non stai morendo di solitudine e non ti stai distruggendo per quello stronzo di Ben. Almeno posso rassicurarla su questo. Un po' meno per le scopate».
Mi avvicino alla porta, lievemente offesa.
Tor mi raggiunge appoggiandosi con la schiena alla superficie, impedendomi di uscire. Continua a fissare in modo strano sua sorella e un senso di pericolo si fa strada dentro di me.
«Puoi sempre dirle che mi hai trovato in compagnia. Ma non puoi dirle di Luna. E risparmiami la storia delle protezioni. Non sei un esempio da seguire».
Hannie passa il suo sguardo critico da me a lui. «Sai bene che ti direbbe che è insensato quello che stai facendo», recupera la borsa lasciando la chiave sul ripiano della cucina. «Sono passata per lasciarti questa. Ben poteva trovarla e venire qui a fare chissà cosa. Trova un altro nascondiglio. Ah, mi annoiavo, così mi sono permessa di fare il bucato e di prepararti qualcosa da mangiare dato che non c'eri e dovevo aspettarti. Ad ogni modo visto che ho interrotto qualcosa me ne vado», mi sorride e avvicinandosi, mentre Tor si fa da parte, mi abbraccia. «Anche se non sembra, sono felice di vederti. Sei molto bella. Passate una buona serata e fate attenzione».
Stupita la guardo allontanarsi e quando Tor chiude la porta inserendo la sicura, mando fuori un respiro, accorgendomi solo adesso di averlo trattenuto per gran parte del tempo.
Passa la mano tra i capelli e brontolando qualcosa sale a grandi passi al piano di sopra, tallonato da Floppy.
Quando arriva sul soppalco fa avanti e indietro un paio di volte, poi sporgendosi dalla balconata, finalmente ha qualcosa da dire: «Sali».
Lo raggiungo inquieta. «Tua sorella dirà qualcosa a qualcuno?», domando quando mi lancia un cuscino per toglierlo dal letto.
«Risparmierà a mia madre il dettaglio di averti vista con me».
Nota che sono ancora irrigidita e mi lancia un altro cuscino, in faccia. Ha una mira infallibile.
Quando avevo circa sette anni, mi piaceva andare alle partite di mio fratello, ma solo per vedere lui giocare. Era davvero mostruosamente bravo.
A volte penso che i guai siano iniziati proprio a causa di questo. Ho fatto ingelosire mio fratello che da sempre al primo posto, si è ritrovato declassato dal suo migliore amico e a ricevere una medaglia d'argento da sua sorella.
Tor schiocca le dita. Si è fatto vicino.
Mi riscuoto e trattenendo a stento un verso, per scaricare la potenza del brivido che mi si è appena abbattuto addosso, mi allontano da lui.
Prendo un paio di respiri prima di voltarmi. Si sta spogliando. Ancora una volta sono sopraffatta da ogni sua azione. Così tanto da chiedermi che cosa ci faccio qui. Mi sento un'intrusa.
Si lancia sul letto e batte la mano accanto a sé. «Avanti, non pensarci troppo. Hannie è brava in tante cose, soprattutto a mantenere i segreti. Ha usato quelle parole solo perché non si fida di me. Non per te».
Conosco Hannie. Non ha una bella reputazione alle spalle e nemmeno lui.
Tor, pur essendo più piccolo, ha sempre difeso le sue sorelle. Hanno un legame invidiabile. Nonostante ciò, non mi fido.
«Quindi adesso dovrei spogliarmi davanti a te e ringraziarti dormendo al tuo fianco?»
Sorride in quel modo perverso che mi fa formicolare e arricciare le dita dei piedi. Si lascia cadere all'indietro portando le braccia dietro la nuca.
Sa esattamente il ruolo che incarna e gli piace. Lo fa eccitare spingermi oltre quel limite autoimposto.
Mi fa anche incazzare, perché sono così attratta da non riuscire a distogliere lo sguardo dai suoi muscoli scolpiti.
Persino quelli apparentemente nascosti, sono un qualcosa di pericoloso per la mia concentrazione. Ho bisogno di toccarlo e sentire sotto i polpastrelli la solidità del suo corpo.
Il suo tono roco mi coglie impreparata quando dice: «Puoi sempre fare altro per ringraziarmi. Ma per questa notte mi accontenterò di averti accanto», ribatte con una nota acida. «Puoi usare una mia maglietta», aggiunge e spegnendo la luce dal suo lato del letto chiude gli occhi.
Mordicchio il labbro valutando la situazione. Poi decido di smetterla di fare la cagasotto. Tanto ormai sono qui. Sono stata beccata. Che cosa potrebbe andare peggio di così?
Spengo l'altra luce, abituandomi in fretta a quella pallida della luna che filtra dalla finestra posta sulle nostre teste. Mi spoglio lentamente e per fargli un dispetto, adagio la sua maglietta sul comodino e mi sdraio, in intimo.
Non sarà la cosa più intelligente da fare, me ne rendo conto. Eppure c'è una piccola parte di me che ha bisogno di provare questa assurdità.
Tiro il lenzuolo fin sotto il mento e quando mi volto sussulto. Tor mi fissa negli occhi a lungo. Più che attratta mi avvicino a lui.
Anche se siamo quasi in estate, qui dentro sembra che non sia ancora arrivata la primavera. Sto rabbrividendo ormai da qualche secondo e non capisco se sia per questo o a causa sua. Mi manda in confusione.
«Nessuno ci giudicherà, perché qui dentro siamo solo io e te».
Strappo una pellicina dal dito. Il dolore lo sento appena, viene sostituito da qualcosa di peggio: attrazione.
Ci muoviamo all'unisono. Mentre afferra la mia nuca, io salgo a cavalcioni su di lui. Quando affonda la faccia sul mio collo, sto già muovendo i fianchi in riflesso.
«Mi fai impazzire, Miele».
Ansimo e mi sfrego con più urgenza sulla sua erezione, facendolo fremere.
Sento le sue dita premere e lasciare la loro impronta. Si spostano sulle mie natiche avvicinandomi a sé. La mia bocca si ritrova vicinissima alla sua ma non ci baciamo. Si è come creato una sorta di patto su questo. Come se facendolo si spezzerebbe la magia che ci circonda.
Avviluppo il suo collo con le braccia.
«Ti fidi di me?»
«Definisci quanto dovrei fidarmi».
Morde la mia spalla e ridacchio non avvertendo più il peso del reggiseno appena sganciato. Trattengo il fiato quando le sue dita in maniera abile fanno scivolare giù lentamente anche le spalline.
Mi ammira come un artista che adora la sua scultura. Le sue dita mi sfiorano il seno ormai in balia del suo sguardo e del tuo tocco. Tiro indietro la testa e trattengo l'aria in pancia.
«Così tanto da restare nudi senza scopare», deglutisce. «Dormi con me, pelle contro pelle. So che ti sto chiedendo tanto, ma provaci».
Devo sembrargli spaventata perché mi afferra il mento. «Avrai sempre la mia maglietta sul comodino e ho davvero bisogno di dormire».
Porto la sua mano sui miei slip e lui baciandomi il collo mi fa scivolare sotto il suo peso, solleva le mie ginocchia ritrovandosi inginocchiato tra le mie cosce e mi sfila il tessuto di dosso in maniera così sensuale da poter quasi svenire.
«Hai la pelle sensibilissima», sussurra. Le sue dita navigano sul bacino poi giù e infine mi stuzzicano senza esitazione.
Ogni mia terminazione nervosa scatta sull'attenti. Divarico le gambe e gemo tirando verso il basso i suoi boxer.
Lo faccio con così tanto impeto da costringerlo a schiacciarmisi addosso.
Avverto la punta del suo membro eretto tra le pieghe della mia intimità ed entrambi soffochiamo un gemito.
Sollevo sfrontata le ginocchia e sorride strofinandosi e toccandomi il clitoride così tanto da farmi quasi venire.
«Terrò a mente che non conviene stuzzicarti. Adesso farò il bravo». Con enorme sforzo, smette di muoversi, si sdraia su un fianco e facendomi voltare, in modo tale da avere la schiena premuta sul suo petto ampio, mi abbraccia.
Bacia piano dalla spalla alla porzione di pelle sotto l'orecchio e non so dire se per la stanchezza, se per le endorfine. So solo che mi sembra così facile lasciare che il suo corpo mi protegga e la morbidezza dei cuscini ci accompagni verso un sonno profondo.
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