Capitolo 14
~ Luna ~
Nella vita nessuno può decidere per te cosa fare. Ma prendere delle decisioni, alcune difficili rispetto a tante altre, non è mai una passeggiata. Fa paura. Ti terrorizza il dovere scegliere, perché sai che facendolo inizierai a muovere i primi passi verso qualcosa, lo sai perché ci saranno delle conseguenze. E tu che hai sempre scelto con la testa, ti ritrovi a dovere esitare a causa del cuore e a fare tutto di pancia senza sapere cosa accadrà.
Ma ci sono volte in cui perdersi sembra inevitabile. Succede. Un giorno ti ritrovi senza controllo a dovere lottare per non sentire il cuore ribellarsi dalla morsa con cui l'hai sempre tenuto stretto.
Floppy abbaia a intervalli regolari facendomi riscuotere. Mi sollevo a metà busto e mantenendo gli occhi ben chiusi per non essere accecata dalla luce, controllo che non sia spaventato o non sia successo niente mentre dormivo.
Ritrovo il cucciolo di fianco al letto, scodinzola, abbaia, mi sta chiaramente facendo le feste. Sorrido e lo prendo in braccio. «Non dovresti farmi dormire? Sappi che apprezzo il tuo affetto. Dopotutto sei il primo a non sbattermi in faccia ogni mio difetto», affondo il naso sul suo pelo morbido e lui si scioglie in un brodo di giuggiole, smettendo di riempire la casa con i suoi versi.
C'è qualcosa che non quadra. Se Floppy si è svegliato...
Mi volto ripensando nell'immediato alla nottata appena passata. Dall'altra parte del letto però non c'è più nessuno.
I miei muscoli, anche se per poco, si rilassano. Il mio cuore però si contrae appena sbircio al piano di sotto. Toren si trova ai fornelli. Sta fischiettando, inconsapevole del mio sguardo.
È bello da morire.
Adesso, non so come comportarmi. Ci siamo avvicinati parecchio, ci siamo toccati e abbiamo dormito insieme, abbracciati. Quello che ho fatto, il modo in cui l'ho provocato desiderando di più...
Arrossisco così tanto da avere caldo. Scosto il lenzuolo di dosso e sgusciando fuori dal letto cerco i miei indumenti, ma non li trovo.
Che strano, li avevo lasciati sul pouf.
Prendo in braccio Floppy e scendo di sotto quasi di corsa, rischiando di capitombolare dalle scale. Sono pronta a dirgliene quattro per lo scherzo, ma non appena adagio il piede sull'ultimo gradino mi accorgo che in realtà sono impilati in ordine sulla poltrona. Me li ha lavati?
Inarco un sopracciglio e li indico quando si volta a guardarmi.
«Buongiorno anche a te», saluta con quel tono carico di freddezza, facendo scorrere i suoi occhi chiari, annuvolati, sul mio corpo.
«Non guardarmi così», lascio andare Floppy che saltella tra di noi, bisognoso di attenzioni.
«Per il bagno, sai la strada», indica con il pollice alle sue spalle.
Mi ci dirigo spedita, ma dimentico gli indumenti, e non avendo nessuna intenzione di tornare in cucina ed essere tentata, chiudo a chiave la porta avvicinandomi allo specchio ovale con le luci bianche disposte sulla trave di legno.
«Merda!», soffio agitandomi.
Porto le dita sull'enorme segno rosso sotto l'orecchio. «No», piagnucolo.
Apro il getto freddo dell'acqua del lavandino marmorizzato e lavo il viso continuando a imprecare e a riflettere su come fare per coprire ogni traccia della notte passata.
Non ero ubriaca. In realtà non mi è mai successo di eccedere con l'alcol, quindi nessuno ci crederebbe.
Sento due colpetti alla porta e per poco non urlo dallo spavento.
«Le uova ti piacciono?»
«Sì, ma le mangio solo a occhio di bue», farfuglio, continuando a guardare nervosa i succhiotti sulla pelle. «Lurido bastardo», sibilo.
«Se hai finito di imprecare possiamo fare colazione».
«Ho ancora due paroline da dirti alle spalle. Arrivo!»
Ridacchia mentre si allontana.
Gonfio il petto d'aria prima di lasciarla uscire e sgonfiarmi come un palloncino. «Okay Luna, niente panico. In borsa hai i trucchi. Il rossetto rosso e un po' di correttore dovrebbero coprire tutto», prendo la decisione più scontata e come una persona che sta per immolarsi esco dal bagno.
Tor se ne sta seduto sullo sgabello, di fronte al ripiano della cucina a isola. L'espressione imperturbabile.
Sono estasiata e turbata da ciò che riesce a provocarmi con così poco. Non importa se sta parlando o se sta in silenzio. Se si muove oppure è perfettamente immobile. Toren riesce a farmi sentire in costante pericolo e, al contempo, al sicuro.
So che è capace di lasciare la sua impronta. Forte. Distruttiva. Ma non voglio scappare. Non riesco più a farlo.
Ha apparecchiato per due e sul piatto accanto al suo c'è un toast con burro d'arachidi e marmellata di fichi e un altro con l'uovo fritto adagiato sopra del formaggio spalmabile.
Mi siedo accanto a lui, sollevo e avvicino alle labbra la tazza con il caffè nero con panna. Ne prendo un generoso sorso. «Non dovevi scomodarti», indico i piatti.
Mastica con gusto la sua abbondante dose di uova strapazzate e bacon croccante. In un piatto ha tagliato della frutta e di tanto in tanto prende qualche pezzo di anguria. «Mangia», si limita a ribattere.
Sospiro e lascio correre appena qualche istante prima di voltarmi verso di lui. «L'hai fatto di proposito, vero?»
Beve un sorso di caffè. «Fatto che cosa?»
Indico il mio collo, scosto anche lievemente il colletto della maglietta per mostrare il resto dei succhiotti.
Non ha la decenza di trattenersi. Una risatina rompe il silenzio e fa innalzare la mia temperatura corporea. «Ti stanno bene».
Odioso pezzo di merda!
Vorrei colpirlo con la forchetta. Mi limito ad azzannare con poca grazia il toast alla marmellata, che per inciso è delizioso. Lo faccio immaginando di staccargli la testa. «Sei proprio uno stronzo! Era questo il tuo piano sin dall'inizio. Ma certo, mettiamo nei guai Luna», parlo più con me stessa.
«In realtà non riflettevo, perché ero concentrato a darti piacere e a lasciarmi toccare dalle tue abili dita. Sei brava, a proposito. Hai guardato qualche filmato?»
Avvampo e per poco non mi strozzo. «Potresti renderlo meno imbarazzante?»
«Non userò altre parole solo per non farti arrossire. La verità è che ci stavamo divertendo e hai lasciato che ti baciassi il collo. Non è colpa mia se hai la pelle tanto delicata. Non capisco quale sia il problema».
Metto il broncio e lui si muove sullo sgabello. «Come li spiego questi? Sono andata a parlare con Toren Connor e lui mi ha dato le sue chiavi di casa per dormirci, e io ho accettato perché ne avevo bisogno. Oh, già, dimenticavo, ci siamo anche toccati e lui mi ha marchiata. Direi che potrebbe andare come spiegazione», metto in bocca l'ultimo pezzo di toast, quello salato, sporcandomi il mento con il tuorlo.
Tor, prima che possa farlo, mi afferra per la nuca facendomi esporre il viso. Con il pollice raccoglie la patina liquida, la porta in bocca succhiando il polpastrello. Senza darmi tempo, si sporge e mi lecca il mento, sfiorando con la punta della lingua il mio labbro inferiore.
Trattengo il fiato e ho le gambe che sembrano fatte di gelatina. Soprattutto quando solleva i suoi incredibili occhi nei miei. «Non devi dare nessuna spiegazione. È la tua vita, la tua intimità e il tuo divertimento. Non dirmi che, oltre al fastidio, non hai sentito l'eccitazione per quei segni perché non ci credo».
Tor sa essere molto diretto quando parla. Non ha filtri e non mi dispiace. Se non mi mettesse addosso uno strano formicolio potrei persino accettarlo.
«Lo noteranno».
«Scopano tutti. E poi ripeto: non devi nessuna giustificazione».
Le sue labbra, si fanno pericolosamente vicine al mio orecchio. Il suo caldo respiro scaglia una lunga e deliziosa fitta di piacere sul mio basso ventre. Un brivido mi scivola giù per la schiena e qualcosa di tiepido mi si avviluppa dentro.
Non mi ha ancora baciata e c'è una minuscola parte di me che vorrebbe assaporare quelle dannate labbra perfette.
Decido di non muovermi, ma lui è come un innesco. Una volta accesa la miccia, non puoi evitare l'esplosione.
Le sue mani avanzano avide lungo la mia vita e si spostano verso le natiche. Mi avvicina a sé facendomi ritrovare in piedi, tra le sue gambe.
Con un automatismo che ha dell'incredibile, allaccio le braccia intorno al suo collo.
È strano. Fottutamente illogico e illegale quello che sto facendo. Perché avevo imposto a me stessa di non avvicinarmi a lui.
Mi sento ubriaca dal suo odore che inizia a impregnare i miei sensi e stordita dalla sua bellezza. Così virile, tanto diabolica e quasi impossibile da immortalare in un quadro.
Continua a sfiorarmi la pelle sotto l'orecchio, e quando traballante faccio un passo in avanti, bacia debolmente il succhiotto più evidente. «Non avere paura dei segni che ti hanno fatto sentire viva, Miele».
Deglutisco a fatica, cercando di non abbassare del tutto le difese. Tor è solo un rischio.
Le sue dita premono e spingono sulla mia schiena. Si solleva e quando fa pressione sulle mie natiche, mi ritrovo a contatto con la sua erezione, che dentro i boxer è più che evidente.
Mi piacerebbe divincolarmi, respingerlo, provocargli un po' di quel fastidio che lui riesce a lasciarmi addosso con le sue risposte, con quel tono carico di arroganza, con i suoi occhi capaci di catturarmi in una rete a prova di fuga. Ma lui non mi lascia andare. Mi tiene ancora un po' con sé. Vorrei che questo istante non finisse.
Inspira di scatto. «Adesso rivestiti o ti porterò di sopra e non sarò un santo con il tuo corpo. E per la cronaca tu mi hai graffiato come una gatta. Siamo pari».
Un risolino mi esce immediato. Lo interrompo mordendomi il labbro, pur sapendo l'effetto che sortisce in lui. «Sai che era la prima e l'ultima notte?»
Annuisce. Cambia nuovamente espressione e questo mi fa infuriare. Vorrei scuoterlo e capire perché sia tanto freddo. Come faccia ad accettare tutto senza preoccuparsi del domani.
«Io ho fatto quello che volevo».
Mi allontano traballante, recupero i miei indumenti abbracciandoli. «Per quel che vale, anche io».
Non noto la sua espressione mentre mi chiudo nel bagno e mi cambio cercando di non guardare i segni, di non coprirli come avevo deciso prima di tutto il discorso fatto insieme a Tor.
Se da una parte ha ragione, perché ci sono di mezzo le mie esperienze e le mie emozioni, dall'altra non capisce che vivo in un ambiente dove tutti continuano a guardarmi sotto una lente di ingrandimento. Pertanto mi è impossibile fare quello che voglio. La mia vita non sarà mai come la sua. Avrò sempre una catena intorno alla caviglia pronta a trascinarmi indietro.
***
Quando entro in casa faccio del mio meglio per non farmi beccare dai miei genitori. In particolare da mio padre, che ha sempre avuto la tendenza di alzarsi presto per la sua ora di meditazione e palestra. Salgo nella mia stanza e mi fiondo dentro la doccia cercando di lasciare scorrere ogni singola sensazione che Tor è riuscito a schiaffeggiarmi dentro.
Mi insapono e ogni volta che sfioro i lividi sul collo e sulle clavicole, sussulto, ma un sorriso spunta inevitabile sulle mie labbra e chiudo gli occhi lasciando abbattere sulla mia testa la cascata calda.
Dopo avere coperto i segni, mi siedo in giardino a leggere uno dei romanzi che ho portato con me per queste vacanze. Ho bisogno di schiarire i pensieri, di non immaginarmi ancora teneramente avvolta da quelle forti braccia.
Il telefono vibra sul tavolo basso da caffè dove Kellie ha da poco adagiato un vassoio con degli stuzzichini, perché mi ha vista sciupata.
Mangiucchio leggendo il messaggio appena arrivato.
Terminator la minaccia: "Hai coperto i miei segni?"
Luna: "Tu che dici?"
Terminator la minaccia: "Sappi che non approvo. Ti facevo più coraggiosa. Erano dannatamente arrapanti."
Luna: "Ed erano un marchio di cui avresti potuto vantarti. Non osare parlare di coraggio con me. So quando una battaglia non vale la pena vincerla."
Terminator la minaccia: "Hai solo paura."
I suoi messaggi arrivano a raffica e la cosa mi sorprende. Non dovrebbe essere al lavoro?
Luna: "Se sei sotto un'auto non voglio essere la ragione della tua morte."
Terminator la minaccia: "Potrei essere sotto di te e morirei divinamente."
Ridacchio, non aspettandomi una simile risposta da manuale e quella faccina ammiccante che continua a inviare per provocarmi.
Luna: "Qualcuno ti ha mai detto che potresti avere un problema?"
Terminator la minaccia: "Solo perché mi piace parlare di sesso senza inibizioni, non significa che io abbia una rotella fuori posto. Magari sei tu quella strana?"
Luna: "Colpo basso."
Terminator la minaccia: "Mi stai dicendo che ho messo il dito nella piaga?"
«Signorina, c'è Alissa», mi interrompe Kellie, mettendosi da parte per fare passare quest'ultima.
Forse avrei dovuto avvertirla che non volevo visite. Ma ormai è tardi.
Metto sul tavolo il telefono, il libro, un po' di orgoglio e risentimento, seguendo con lo sguardo Alissa, la quale prende posto sul divano davanti al mio, con nonchalance e senza nessuna traccia di dispiacere per il comportamento avuto.
«Dimmi che c'è del succo dentro questa bella caraffa colorata», solleva gli occhiali da sole sulla testa, servendosi.
Ha tanto l'espressione di chi ha avuto una pessima nottata. Evito di pensare alla mia proprio ora. Non posso abbassare le difese.
«Perché è come se ti avessero appena investita?», indago. Non l'ho mai vista così in disordine e struccata.
Beve avidamente emettendo dei mugolii. Appena svuota il bicchiere prende il mio ancora in parte pieno. «Perché le gemelle, sai quelle che somigliano a delle Barbie? Mi hanno invitata a fare un giro con loro, e dal fare acquisti siamo finite a un'altra festa ieri sera dove c'erano fiumi d'alcol e ragazzi. Non ho dormito e ho ballato così tanto da rischiare di slogarmi le caviglie», brontola guardandosi intorno con uno sbadiglio e stendendo le gambe fino ad appoggiarle sul tavolo. «Tu invece, dove avevi il cellulare? Ho provato a chiamarti ma scattava la segreteria».
«Da quando sono qui ho dormito male e poco. Avevo bisogno di recuperare le energie».
Gli occhi attenti di Alissa si soffermano sul mio viso, poi scendono lenti lungo il mio collo ed è come se riuscisse a vedere ogni bugia che le sto rifilando. Se si accorge dei succhiotti nascosti, non dice niente.
«Perché sei qui?», indago.
«Sono venuta a controllare che fossi viva. Secondo te? Ho bisogno di sapere che ci sarai domani alla festa».
«Da quando sei così interessata alle feste? Che fine ha fatto il tuo interesse per JonD?», scatto senza nemmeno riflettere.
Rimira le unghie laccate di smalto fucsia fluo. «Pensavi davvero che mi sarei avvicinata a lui?», emette un verso simile a una risatina disgustata. «Quanto sei ingenua, Luna. Ho capito che non gli è passata e volevo divertirmi un po' con lui».
E se Summer avesse ragione?
Scuoto la testa. No, impossibile. La mia amica non è così cattiva come pensano. Deve esserci una ragione se ha questo atteggiamento.
«Che c'è?», aggiunge facendosi attenta. «Aspetta, non dirmi che davvero pensavi...»
Nego. «Non pensavo a niente. Hai sbagliato con lui e dovresti smettere di stuzzicarlo. Non puoi giocare in questo modo con le persone».
Sentendosi giudicata dal mio tono aspro, sfodera un'espressione da stronza mettendosi dritta con la schiena. «A differenza di molti altri, JonD Bennet è un buon partito. Sai bene che in molte vorrebbero accaparrarselo. La mia famiglia sta iniziando a farmi pressioni. Così ci ho provato, ma non ho nessun interesse per lui e preferirei un idiota al mio fianco, almeno posso manipolarlo».
«JonD non è un animale da fiera, Ali».
«Luna, non è il momento per queste paternali. Ho altro a cui pensare. I miei finalmente mi hanno dato l'occasione per potermi mettere in mostra. Ho carta bianca per organizzare la festa di inaugurazione del nuovo molo. Non posso rovinare la mia reputazione. Lo capisci vero?»
«In realtà no», le strappo il bicchiere dalle mani picchiandolo sulla superficie del tavolo basso. «Adesso ti fai problemi e giudichi le persone dal conto in banca? Pensi che la gente vedendoti con loro, ti...»
«Solo perché non accetti la vita che i tuoi ti stanno offrendo, non significa che io debba fare lo stesso. Questa festa mi permetterà di conoscere potenziali fidanzati. E se devo tenermi alla larga da quei tre per ottenere quello che mi serve, lo farò».
La sto odiando. Odio la sua superficialità. Odio questa sua morbosa ricerca della perfezione. E ancora di più odio me stessa. Mi dà la nausea il fatto che le voglio così bene da non riuscire a ferirla come lei sta facendo con me.
«Non dicevi così all'Ice Ocean. Cosa è cambiato?», la osservo e non mi serve la sua risposta per capire. Alissa è un libro aperto su certe cose. «Li stavi studiando, ma certo», scuoto la testa disgustata.
«Stavo solo cercando di divertirmi, Luna. Un po' come hai fatto tu. Ma la differenza è che io sto scegliendo la compagnia giusta», ribatte con un tono che mi fa venire voglia di buttarla fuori a calci.
Porta i capelli dietro la spalla con un gesto calcolato e con un sorrisetto afferma: «Come stavo dicendo, sto organizzando la festa per l'inaugurazione. Ho chiesto alle ragazze di partecipare ai preparativi. Tu eri già sulla mia lista».
Che strano, non mi ha nemmeno avvisata.
«Ah, ma davvero? E quando mi avresti avvisata?»
«Te lo sto dicendo adesso. Tu hai buon gusto e mi servi per fare bella figura».
«Scordatelo, stronza opportunista!», ce l'ho sulla punta della lingua, ma rimango a fissarla incredula, con una spaccatura sul cuore che inizia ad aprirsi e a sanguinare.
«Avevo pensato di noleggiare uno degli yacht più grandi del posto e fare lì il rinfresco», aggiunge imperterrita.
«Vedo che hai tutto ben delineato. Io non servirò a molto».
Prende il telefono dalla borsa Chanel rosa. «Sai che riesco a organizzare feste strepitose quando ho la carta di papà», ammicca. «Ma se sanno che ci sei tu al mio fianco sarà più facile per loro darmi fiducia».
Certo, io sono sempre stata il suo fottuto Jolly.
Alissa vuole l'auto per i diciotto anni pur non avendo mai preso la patente? Se guida Luna per portarla dove vuole, perché non comprargliela.
Ogni singola cosa lei l'ha ottenuta semplicemente facendo il mio nome.
Sono una garanzia. La patetica amica con la testa sulle spalle che i suoi non fanno altro che lodare. Alissa non l'ha mai sopportato, ma ciò non l'ha fermata e ha continuato ad usarmi.
Controllo distratta il mio cellulare.
Terminator la minaccia: "Quindi quando ho ragione non rispondi più? Maturo da parte tua."
Luna: "Scusa, al momento sono con Alissa."
Terminator la minaccia: "Provo a indovinare? Ha fatto qualcosa alle tue spalle?"
Luna: "Già. A breve mi farà venire un esaurimento nervoso e ho solo del succo di frutta con cui annegarla."
Luna: "Ps: Per la cronaca può darsi che sia io quella pudica tra i due, ma devi darti una regolata."
Terminator la minaccia: "Che ne dici se affrontiamo il discorso a cena?"
Sollevo lo sguardo e Alissa è ancora impegnata. Digita freneticamente sulla tastiera e ricevere messaggi a raffica sul gruppo che ha creato.
Luna: "Solo se posso offrire io e se mangiamo una pizza."
Terminator la minaccia: "E io che volevo portarti in uno di quei ristoranti in cui prima di sederti ti spolverano la sedia."
Sorrido mordendomi subito il labbro per non rischiare di essere beccata da Alissa.
Luna: "Non fa per me."
Terminator la minaccia: "Passo a prenderti alle 20:00 in punto. Sgattaiola dal retro, mi raccomando, o qualcuno mi vedrà rapirti."
Stringo le gambe. Il mio cuore sta facendo folli capriole in questo frangente. Sta succedendo davvero?
Luna: "Se mi rapisci per circa quarantotto ore potrei anche uscire dalla porta principale e rischiare la mia reputazione."
Terminator la minaccia: "Da cosa stai cercando di scappare? Se è un favore, voglio qualcosa in cambio."
Luna: "Da una festa, dall'organizzazione di un evento e da tutto ciò che mi circonda."
Alissa schiarisce la voce interrompendomi. «Con chi scambi messaggi? Sei distratta».
«Con una collega di corso», mento.
Per fortuna non abbiamo le stesse lezioni a Berkeley.
«Che ne dici di andare a pranzare da Joy's, poi tornare e prepararci».
«Prepararci per cosa?»
«I genitori di Declan non ci sono, ma gli hanno permesso di organizzare una cena. Non hai letto il messaggio e ricevuto l'invito?»
Non appena pronuncia quel nome mi irrigidisco. «Io non posso. Devo vedere i miei nonni», declino in fretta, inventando la prima scusa che mi viene in mente.
«Non pensavo fossero venuti per le vacanze».
«Nemmeno io. Arriveranno giusto questo pomeriggio, ma rimarranno solo un paio di giorni e sai com'è mia nonna», alzo gli occhi al cielo in maniera teatrale.
Alissa, dapprima irrigidita e sospettosa, adesso rilassa le spalle. «Minacceranno di tagliare i vostri fondi se non vi presentate. Peccato, avrei voluto che ci fossi», piagnucola. «Adesso devo andare», si solleva e dopo avermi dato un bacio sulla guancia fa un paio di passi. «Luna», si ferma, si volta. «Scegli bene da che parte stare», si allontana sculettando.
Un paio di minuti dopo sento l'auto che l'ha accompagnata qui che parte sfrecciando dal viale alberato della mia villa.
Non piango, non merita le mie lacrime. Ma sono così arrabbiata, così delusa da non riuscire a vedere più niente.
L'unica cosa a tenermi ancorata al presente e il suono delicato delle onde in lontananza.
Prometto a me stessa che lei non riuscirà mai a spezzarmi. Che sarò io quella a distruggerla prima o poi.
Inspiro in maniera forzata, rendendomi conto di averla appena scampata. Ma la parte peggiore sarà affrontare Toren Connor.
🌻
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