Capitolo 1
~ Toren ~
Quando hai vissuto abbastanza momenti orribili e difficili nella tua vita, il massimo a cui puoi ambire è un po' di pace.
Non vuoi nient'altro. Non ti serve.
Ma quando sei tormentato dalle ombre, una parte di te non saprà mai che cos'è luce.
Sarò pure fatto male. Eppure sono io. Un riflesso di ogni sogno infranto. La traccia evidente di ogni rinuncia.
Non ho idea di come i miei amici siano riusciti a trascinarmi in mezzo a questo inferno chiamato festa. Nell'ultimo periodo sono stato bravo a declinare ogni invito usando qualsiasi scusa.
Sono pochi i luoghi in cui mi piace andare o in cui mi sento a mio agio. Il falò di fine primavera, non è di certo uno di questi.
Per l'occasione, in questa cittadina della California, tutti sembrano impazzire e arrivano fiumane di persone a riempire i locali, le spiagge, i boschetti.
A partire dalle ore che anticipano il tramonto, si accendono falò ovunque e la musica fa da colonna sonora al tramonto.
Il fuoco che osservo, uno dei tanti sparsi lungo il boschetto e la spiaggia, viene alimentato lanciandoci dentro qualcosa. Che sia un biglietto, un regalo da dimenticare, un vecchio ricordo da non volere tenere. Una strana usanza per chi ha bisogno di ripartire da zero.
Una ragazza, non ho la più pallida idea di chi sia, mora, sguardo da predatrice e forme generose nei punti giusti, con un costume striminzito verde oliva addosso, continua a starmi con il fiato sul collo.
All'inizio mi ha solo sfiorato il braccio ammiccando e sorridendo con malizia. Adesso che la festa sembra nel pieno del suo svolgimento, si è avvicinata ulteriormente e sta premendo le labbra contro il mio orecchio. Un gesto che dovrebbe farmi eccitare, ma che a causa del pessimo umore che mi ritrovo, mi provoca un profondo senso di fastidio.
Mi sto trattenendo dal cacciarla e farla sentire inadeguata davanti a tutti. Cosa che non mi risolleverebbe il morale e sarebbe solo un altro spettacolo divertente per la gente da parte di Toren Connor.
«Sai, ho saputo che sei un animale da festa e uno sotto le lenzuola. Mi piacerebbe confermarlo».
La scosto lievemente per poterla guardare in faccia.
Non l'ho mai vista ed è sexy, indubbiamente; anche se un po' troppo truccata per i miei gusti.
Ma belle lo sono anche tutte le altre ragazze presenti e in attesa di un cenno o una briciola di attenzione da parte di qualcuno. Non solo da parte mia.
Sono sicuro che questa ragazza farebbe qualsiasi cosa se solo glielo chiedessi. Ma non voglio niente da lei. E poi, chi cazzo ha avuto la brillante idea di mandarla da me?
«Da chi?», domando curioso, vagando con lo sguardo in cerca del traditore. Pronto a fargliela pagare.
«Uhm», osserva intorno leccando le labbra carnose. Con il mento segnala qualcuno. «Da quello lì».
Seguo la sua indicazione e...
«Oh cazzo!», la respingo, sentendo a stento l'insulto che mi lancia.
A grandi passi mi avvicino al mio amico Jonny D Bennet, detto JonD dagli amici, sul punto di annegare.
Quando lo rimetto giù, insieme agli altri che lo reggono mentre da un tubo ingurgita birra, sputa all'incirca un litro di liquido misto a schiuma e urla come un leone, spingendo quelli intorno a sé a fare lo stesso.
Siamo atterrati sul pianeta delle scimmie o cosa?
Ride come un emerito coglione, le guance lievemente arrossate. «Hai visto, T? Sapevo che saresti venuto e avresti provato a divertirti», mi afferra per le guance strizzandole. «Ma dovresti togliere quel muso lungo del cazzo se vuoi rimorchiare. Ho visto giusto due o tre ragazze che farebbero al caso tuo. Credo di avertene mandata più di una», lascia la presa.
Arriccio le labbra massaggiandomi la guancia dolorante. «Quindi hai detto tu a quella ragazza che ci sarei stato?»
Ride tappando la bocca con la mano, nel tentativo di fingere di non sapere niente.
Se c'è una cosa che JonD non sa fare: è dire bugie. Ci prova. Ma non ne è capace.
«Forse», mi guarda mettendosi sull'attenti, nonostante non stia più in piedi e barcolli, quando comprende che non sono in vena. «Sì, l'ho fatto».
«E perché mai?»
Mi spinge. Non mi muovo di un passo e si acciglia. «Andiamo, amico. Da quant'è che non fai divertire l'uccello? Pensavo ti sarebbe piaciuta. È il tuo tipo».
JonD, durante qualsiasi festa, ha il grado di attenzione di un canarino. Pensa solo a divertirsi ignorando tutto il resto.
Stringo il pugno in vita, prima di poterglielo scaricare in faccia. «Non interferire più, intesi? So scegliermi da solo con chi scopare».
Lascia cadere mollemente le braccia come se lo avessi deluso. «Perché fai il guastafeste? A breve inizierà l'estate e abbiamo bisogno di divertirci un po'. È stato un inverno pesante. Non ricordi cosa avevamo detto?», lecca le labbra, arrotolando una canna nel bel mezzo della calca.
Un altro particolare che lo contraddistingue?
Se ne frega delle regole. È insubordinato, sfacciato e fa tutto quello che gli passa per la testa. Anche scoparsi la madre di un compagno o l'insegnante dentro uno sgabuzzino, mentre la classe attende il suo arrivo.
Le piacciono quelle mature. Questa è sempre stata la sua unica giustificazione.
JonD non ha paura di niente ed è incredibilmente testardo. Se ha un obiettivo, lo raggiunge.
Quando non è impegnato a fare il pagliaccio, la sua intelligenza è fuori dal normale. È altruista e una persona da ammirare.
«E se io non volessi divertirmi proprio con quella gatta morta, ma volessi qualcos'altro stasera? Non spetta a me decidere?»
Accende lo spinello, aspira e caccia fuori una nuvola, investendo la mia faccia di proposito. «Vorrà dire che ne sceglieremo una migliore», ridacchia di fronte alla mia occhiataccia. «Ti stai comportando da isterico».
Passo la mano tra i capelli.
«Ehi, che succede?»
Rio, un altro nostro amico, pelle color caffellatte, alto più di un metro e ottanta, sorriso da "strappa mutandine". Ci raggiunge con la camicia hawaiana verde mela aperta e l'espressione di chi ci ha appena dato dentro dietro una palma. Infatti tira su la cerniera dei jeans con nonchalance e attende una mia risposta aggiustando la corta chioma scura.
«Diglielo tu a questo guastafeste che deve divertirsi ogni tanto. Cazzo, ha sempre la luna storta ultimamente».
Rio inarca un sopracciglio. «È già tanto che sia venuto qui. Non torturarlo».
«Grazie! Almeno tu ascolti quando non sei impegnato a farti fare un servizietto da qualcuno. Che fine ha fatto Summer? Con lei non esce mai il peggio di te».
Mi punta i suoi occhi incredibilmente chiari contro con rimprovero. «Andiamo a discuterne altrove», mi trascina verso uno dei tavoli dove prendiamo una birra a testa.
«Che è successo?», indaga.
Sono grato del fatto che non abbia preso la mia espressione come un gioco.
Rio, a differenza di JonD, anche quando è su di giri, è un buon ascoltatore e osservatore. Non gli sfugge niente. È perspicace e intuitivo.
Quando non è impegnato a scomparsi qualcuno, è capace di dare buoni consigli. E, be', di essere l'amico migliore che tutti vorrebbero al proprio fianco.
Senza nulla togliere a JonD, ma in momenti come questo, lo preferisco.
«Di nuovo quel bastardo? Che ha fatto?»
Accendo una sigaretta andandomi a sedere in disparte, con la schiena appoggiata a un tronco. «L'ha fatto di nuovo».
Spalanca i suoi occhi grandi, poi indurisce i lineamenti chiudendo il pugno. «No, non ci credo. Che figlio di puttana!»
«Ti ha lasciato di nuovo al verde?»
«Già», ribatto mesto e bevendo un sorso osservo le fiamme.
Al contrario della gente non posso buttarci dentro niente. Forse un giorno troverò il coraggio di farlo. Brucerò e seppellirò il passato che quando torna oscura e ammorba il presente.
«Cosa pensi di fare?»
«Trovare quei soldi ormai è pressoché impossibile. Li avrà già spesi o nascosti chissà dove».
Storce le labbra disgustato.
JonD si siede accanto e mi ritrovo nel mezzo. Tira su con il naso un paio di volte. Ha ascoltato la conversazione senza intervenire. «Erano un bel po' di soldi se stai reagendo così. Vuoi una mano?», chiede infine.
«Dovrei vendere un pezzo proprio domani. Stavolta però eviterò di versare i soldi direttamente sul mio conto. E forse è arrivato anche il momento di passare dalla banca per fare quattro chiacchiere con il direttore».
La sua espressione è sbalordita. «Venderai la moto? Quella che hai impiegato mesi per mettere in sesto? Farai così tutte le volte che verrai derubato da quello stronzo?», gesticola annaspando, non accettando la mia decisione.
«È quello che farò se voglio arrivare a fine mese senza sentirmi sull'orlo di un precipizio. Si chiama sopravvivenza, JonD. Non ho di certo un padre ricco come il tuo, che per acuire il senso di colpa o tapparti la bocca, perché potresti rivelare le sue scopate extra con le segretarie, nonostante tu sia adulto abbastanza, paga qualsiasi tua stronzata quando hai bisogno».
«Vuole farsi perdonare per avere tradito mia madre e io non gli dico di no quando sono in difficoltà. E lavoro anche da te, non solo nella sua azienda, in questo modo ho il mio piano B. Quindi non giudicarmi», ribatte mettendosi comodo, affatto offeso.
«Se posso darti un consiglio, dovresti spezzare le gambe a quel grandissimo bastardo».
Rio preme una mano sulla mia spalla. «Per una volta sono d'accordo con lui. Se vuoi possiamo farlo nero quel viscido pezzo di merda».
So che lo farebbero. Gioco con lo Zippo. «Non voglio che ci vada di mezzo mia madre o che vi venga a cercare mentre è ubriaco».
JonD passa le mani tra i capelli dalle sfumature bionde, arruffandoli. «Non ho mai capito perché quella brava donna di tua madre viva ancora come se niente fosse con quel porco».
Infilo lo Zippo nella tasca interna del giubbotto di pelle. «Già, nemmeno io. Ma è lei a volerlo. Solo che non sarò ancora io a pagare i suoi danni. Sono stufo».
Beviamo silenziosamente.
«Porca puttana!», esclama all'improvviso, senza filtri e senza trattenersi dall'agitarsi, JonD.
Seguiamo il suo sguardo puntato verso la calca.
La gola mi si secca. Ed è come se tutto ciò che stavo cercando di lasciarmi alle spalle, riaffiorasse. Come se la marea fosse appena tornata trascinando i detriti affilati del passato.
Mi ci sto impigliando a ogni respiro, a ogni battito mancato.
Deglutisco a fatica ricacciando in un angolo lontano la sensazione che sta trascinando fuori, a forza, vecchie immagini.
Credevo di essere stato in grado di metterle da parte, evidentemente mi sbagliavo.
Per fortuna non incrocio gli occhi verdi di Luna Maddox. Una vera principessina al confronto di tutti questi reietti. Fisico da modella, capelli sulle spalle dal colore naturale con qualche ciocca fucsia e la capacità di oscurare chiunque gli stia intorno senza che se ne accorga.
Peccato non sia mai stata socievole. Piuttosto una "nerd" chiusa in se stessa e diffidente.
Le mie due sorelle sono sempre state l'opposto. Un vero generatore di problemi.
Luna se ne sta in compagnia della sua storica amica: Alissa Spencer. Un'altra pecora nera della nostra società.
Si scolano uno shottino a testa servito, ovviamente, da Declan Wells. Il cane fedele del fratello di Luna.
«Da quanto non tornava da queste parti?»
«Da quando se ne è andata a studiare all'università con quella sanguisuga dell'amica», ribatte a denti stretti JonD, guardando come un rapace quest'ultima.
Capelli ramati, occhi nocciola chiari, occhiali dalla montatura spessa e allungata. Una parlantina da scaricatore di porto. O almeno era così un tempo, quando si indispettiva e voleva ribellarsi. Adesso sembra più snob, con quell'aria arrogante e divertita sul viso.
È risaputo persino qui a Main Beach, che io e Luna non siamo mai stati amici. Apparteniamo a due generazioni diverse avendo quasi sette anni di differenza, a due mondi che non potrebbero nemmeno collidere tra loro.
Alissa le tende la mano trascinandola in mezzo alla folla per ballare. Cominciano a muoversi senza inibizioni, al ritmo della musica.
«Un momento, co-cosa?»
«Questa non me l'aspettavo», tracanno il resto della birra, non riuscendo a smettere di guardarla ondeggiare e sorridere a suo agio.
Rio e JonD hanno la testa inclinata e la bocca aperta. Sembrano due cani in attesa del comando per prendere una fetta di carne. Pavlov sarebbe felice di sapere che il suo esperimento funziona ancora nel XXI secolo.
«Da quando è così audace?»
«Da quando qualcuno gli avrà fatto assaggiare il suo fungo allucinogeno».
I due si guardano e scoppiano a ridere come due adolescenti.
Non cresceranno mai!
«Ehi, che ne dici di andare a salutare e vedere se si ricorda ancora di noi?»
«Non dire sciocchezze, JonD. Sai bene che Tor non può. E poi certo che si ricorda. Abbiamo fatto venire gli incubi a quelle due».
«Non abbiamo mai fatto quello per cui tutti ci accusano. Ma sono passati anni e guardate come fanno la fila quegli idioti che prima si tenevano alla larga da loro», indica la sfilza di ragazzi impegnati a invitarle a ballare.
Sollevo l'angolo del labbro. «Vuoi fare la fila insieme a loro? Accomodati pure, sfigato. Suo fratello o quel meschino di Declan non aspettano altro».
Tracanna la sua birra e poi rutta in maniera prolungata. «Non devo mica sposarla. Una botta e via. Secondo me lei ci starebbe».
«JonD, frena l'entusiasmo. Una come lei non guarderà mai uno come te. Nonostante tu sia indiscutibilmente bello e ricco. Noi qui stiamo parlando di Luna Maddox. La stramboide timida che evitava chiunque! È troppo fragile per quelli come noi».
Rio lecca le labbra carnose riflettendo su qualcosa con una mano sul mento. «Dici? Ma se ti guardava con quei suoi occhioni e arrossiva ogni volta che ti aveva davanti. Come hai fatto a non cadere ai suoi piedi per me resta tuttora un mistero».
Sbuffo. «Era una ragazzina che seguiva ovunque il fratello per ricevere attenzioni».
«E adesso dove sta suo fratello? Non è nei paraggi. Ho sentito che sta diventando importante sul campo di football. Sicuro di odiarla ancora e di non volere provarci con lei?»
Rio beve un sorso di birra in attesa. Mentalmente lo sto ringraziando per non avere preso l'altro discorso; proprio quello riguardante il fratello.
«Nah», rispondo. «Non vale il mio tempo».
«Scommetto che tra meno di un mese te la sarai già scopata».
JonD picchia il pugno sul suo. «Fine estate e i due faranno pace e lei lo guarderà ancora in quel modo facendolo cedere».
Mi volto verso i due. «Vi rendete conto che è una follia?»
Non che mi dispiacerebbe portarmela a letto. L'ho sempre trovata bella, pur negandolo apertamente, vista la differenza d'età e altri fattori. Ma sarebbe troppo persino per me usarla per l'estate e poi tornarmene alla mia vita come se niente fosse. Sono abbastanza adulto da sapere riconoscere certi confini invalicabili. Inoltre, attualmente, ho troppi problemi per aggiungerne altri alla lunga lista.
JonD si stringe nelle spalle. «Ti ha guardato per tre secondi netti in modo strano».
«Potrebbe volermi ammazzare».
Ridono. «Probabile. Ma non era quello sguardo. Ricordi quando l'hai fatta cadere in piscina e tutti le hanno visto le tette perché non portava il costume sotto e il prendisole era bianco e ormai trasparente? Ecco, quella volta avrebbe voluto ammazzarti. E se solo suo fratello non fosse intervenuto, tu non staresti qui a ricordare quel giorno».
«In realtà non l'ho spinta. È solo caduta a causa di Foxy, ubriaca e gelosa. Io stavo tentando di farla uscire dalla piscina e di spiegare all'altra che c'era stato un malinteso», ringhio. «Ovviamente non mi ha mai creduto nessuno».
I due non ascoltano, rivangando altri eventi del passato.
Luna che mi vede per strada e svolta talmente veloce sui pattini da provocare quasi un incidente al signor Dawson. Luna che si trova al cinema con delle ragazzine e la sua amica, mi vede insieme al fratello e non smette un secondo di controllare le porte di emergenza. Luna che mi guarda storto a una festa dopo essere caduta in piscina. Luna che mi ignora.
Non c'è mai stata chimica. Anche se, in realtà, penso ci sia sempre stato qualcosa di contorto tra di noi. Difficile da spiegare. Lei è sempre stata indecifrabile e io ho fatto in modo che non si avvicinasse mai così tanto o abbastanza da vedere veramente quello che sono.
Ricordo però che tutte le volte in cui mi convincevo che lei per me provasse solo un odio profondo, ingiustificato, quando mi guardava anche solo per un secondo, quei pensieri svanivano lasciando il posto a tutt'altro. Una confusione che non se ne è mai andata, a quanto pare.
Dovremmo considerarci nemici?
«Potresti farla innamorare e poi lasciarla».
«No. Non lo farò. Smettetela!»
Sbuffano. «La odi proprio!»
«Io non...»
«Miele, vieni un attimo qui», esclama a gran voce JonD, attirando la sua attenzione e quella di un numeroso gruppo di ragazzi. Compreso Declan, al momento bloccato dai suoi amici per poter intervenire.
Luna dapprima si irrigidisce, poi si volta e si avvicina impacciata. JonD ghigna mollandomi una gomitata. «Inizia il divertimento», cantilena, nascondendosi dietro il bicchiere, rischiando con il movimento di versare parte del liquido su di me.
Gli mollo un cazzotto sul braccio per ammonirlo. «Qualunque cosa tu abbia in mente, non farla. Non rovinarle la serata», ringhio annoiato.
Luna fa qualche passo verso il nostro gruppo, tallonata da Alissa. «Ehm, ciao?», saluta esitante, non comprendendo perché sia davanti a noi. È evidente che vorrebbe trovarsi altrove.
«Allora ti ricordi di noi».
«Certo», replica stranita. «JonD e Rio, giusto?», li indica, ignorandomi forse di proposito.
«E Tor», interviene Rio facendo cenno con un dito puntato su di me. «Ti ricordi anche di lui?»
Lei esita. «Tor...en», pronuncia il mio nome come se dovesse inciderlo da qualche parte.
La sensazione che mi si conficca dentro è deleteria e mi fa venire voglia di fare cose che non avrei mai immaginato di voler fare con quella sua bocca.
«Hai già bevuto qualcosa, Miele?»
«Non chiamarla così! Sai bene che odia quel soprannome che il tuo amico gli ha incollato addosso quando aveva appena tredici anni. Dio, non sei cambiato per niente. Mentre tu Tor, sei più adulto e anche sexy, complimenti».
«Neanche tu sei cambiata o cresciuta. Sei ancora permalosa quanto un topolino isterico. Che c'è, la città ti ha dato alla testa? Sembri avere una scopa nel culo!»
«Quella era tua madre prima di metterti al mondo».
Tutti ridono. Luna storce lievemente le labbra e guardandosi intorno a disagio, intuendo di essere solo una pedina di un gioco, si allontana dicendo ad Alissa: «Io vado, non voglio problemi e non ne vale la pena».
Rio si sporge: «Stai perdendo la scommessa in partenza. La lasci andare così?», sussurra.
Lo guardo storto. «Non ho mai detto che avrei accettato», sollevandomi vado a prendermi un'altra birra.
Vicino al fuoco, osservo Luna e Alissa allontanarsi verso la spiaggia. Siedono vicine. Dapprima discutono animatamente, poi Alissa dice qualcosa e scoppiano a ridere divertite.
Bevo un lungo sorso.
JonD mette un braccio sulle mie spalle. «Amico, non puoi negare che ti è sempre piaciuta».
Scaccio via il suo gesto. «Quanta erba hai fumato oggi per sparare tutte queste stronzate?»
Ride rivolgendosi a Rio. «Non è bella?»
«Oh sì, me la scoperei seduta stante. Ma non si toccano le ragazze puntate dagli amici».
Li guardo entrambi con rimprovero. «Siete due idioti e dovreste comportarvi da adulti, non da adolescenti arrapati. Cristo, potrebbe essere vostra sorella», torno verso la calca e raggiungo il punto del parcheggio in cui ho lasciato la mia moto. Ne ho abbastanza.
«Dove pensi di andare?», Rio mi rincorre. Ha il fiato corto quando mi raggiunge.
«Vado a farmi un giro».
«Stai andando da Foxy? Sai il perché a JonD non piace che ti porti a letto sua cugina».
«A lui ci penso io. Non so se te ne sei accorto ma Alissa è il suo punto debole. Da quando l'ha rifiutato a quella festa davanti a tutti, non aspetta altro che vendicarsi. Ecco perché l'ha trattata in quel modo».
Notandolo come un pesce fuor d'acqua, gli sorrido, consapevole di poter sembrare uno squalo. «Che c'è? Non dirmi che avevi rimosso il dettaglio», lo stuzzico.
Rio si guarda alle spalle. «Cazzo, è vero!»
Do un po' di gas alla moto. «Non divertirti troppo a punzecchiarlo. E niente idee folli senza di me», mi allontano lasciandolo di stucco nel parcheggio affollato.
Percorro qualche isolato facendomi un giro tra i quartieri e infine me ne ritorno a casa.
Floppy, un cagnolino bianco dalle guance paffute piene di peli che ho trovato dentro un sacco dell'immondizia, mi sta già aspettando dietro la porta. Uggiola in attesa che apra e lo faccia scorrazzare libero. Adora il giardino, i fiori e rotolarsi sui tappeti.
«Toren, sei tu?»
«Buona sera signor Jenkins», alzo la mano spostandomi sotto il fascio di luce del lampione per farmi vedere, prima che possa prendere il fucile e spararmi.
Ammicca un momento pulendosi gli occhiali. «Che cosa ci fai ancora in giro a quest'ora, mascalzone?», mi rimprovera. «Eri a quella festa, vero?»
«Tu cosa ci fai ancora fuori?»
Ridacchia con quel suono graffiato e tossicchia, da buon fumatore incallito. «Mi godevo le stelle, figliolo. E una buona tazza di caffè corretto».
«Se non vai a letto le stelle le vedrai domattina, quando sono sicuro che la signora Jenkins ti butterà giù dal letto».
Sputacchia e si solleva facendo cigolare la sedia. «Merda, lo dimentico sempre che quella strega mi comanda a bacchetta. Vado, prima che domani mi metta a fare qualcosa che non voglio per il suo fottuto giardino».
Rido. «Buona notte».
«Notte, figliolo».
Lascio uscire Floppy ed entro in casa. Appendo il giubbotto di pelle all'attaccapanni sistemato all'entrata e mi sposto in cucina. Apro il frigo prendendo una birra e vado a sedermi sul retro, in giardino.
Accendo una sigaretta e giocando con lo Zippo, osservo il cielo limpido, pieno di stelle.
È appena arrivato un messaggio vocale. Pesco il telefono dalla tasca dei jeans e lo ascolto.
«Sei un cazzone! È arrivata Foxy, quindi non sei con lei. Te ne sei andato a casa come un vecchio, sul serio?», biascica Rio. «Stai forse scappando da Luna?»
Tiro indietro la testa e sospiro lasciando uscire la nuvola bianca di fumo.
Di seguito mi arriva un altro vocale, stavolta di JonD. È arrabbiato.
«Hai detto tu in giro che mi piace Alissa? Sappi che non appena ti avrò davanti ti farò nero, mi hai sentito? E per la cronaca non me la farei neanche sotto tortura. Ah, visto che voglio infierire, Luna è vicino a Declan. Faresti meglio a segnare il territorio finché sei in tempo, perché ha tutta l'aria di volersela portare a letto. Suo fratello approverebbe, tu meno. Baci, bastardo!»
Stringo il telefono, richiamo Floppy e rientro in casa sbattendo la porta.
Mi butto sul letto, dopo essere salito sul soppalco ed essermi spogliato.
Rifletto un momento di troppo.
Sapendo già di non riuscire a tirarmi indietro, di avere bruciato ogni buona intenzione iniziale, digrigno i denti e prendo una decisione.
«Vediamo come se la cava Declan ad essere sempre secondo».
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