🌖 Capitolo 2 🌖
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La mattina seguente venni svegliata dall'insistente miagolio di Billy, il mio unico coinquilino e fedele compagno di vita.
Sbadigliai e sbloccai il telefono per controllare l'ora. Erano le otto in punto, decisamente troppo presto, soprattutto considerando il fatto che quel giorno mi toccava il turno pomeridiano.
«Abbi pietà Billy!» mi lamentai con la bocca ancora impastata dal sonno.
Il felino saltò sul letto, affondando le unghie nel tiepido piumone grigio, per poi cominciare a strusciarmisi addosso.
Dopo pochi istanti iniziò il suo canto ammaliante; fusa in grado di persuadere le volontà più ferree.
Gli sorrisi e accarezzai delicatamente la sua testolina pelosa.
«Va bene, ho capito. Hai vinto tu».
Ridacchiai e scesi dal letto concedendogli ciò che più desiderava; acqua limpida e croccantini di prima qualità acquistati a Girvan, una cittadina composta da circa seimilacinquecento abitanti, che distava all'incirca una decina di chilometri da Barr.
Con la macchina si impiegavano poco più di venti minuti per raggiungerla; si addizionavano dieci minuti per chi, come me, non ne possedeva alcuna e doveva accontentarsi dei trasporti pubblici.
Il negozio della signora Agnew era piccolo, e per trovare alimenti o prodotti particolari, tutti noi residenti eravamo costretti ad andare in città per fare rifornimento.
Billy si lanciò sulla ciotola, divorando in pochi secondi il suo pasto.
Il manto tricolore riluceva accarezzato dai raggi del sole mattutini.
Miagolò soddisfatto e mi guardò con i suoi occhi piccoli e affilati.
Mi chinai verso di lui e gli diedi un delicato buffetto.
Si stiracchiò, allungando la schiena e drizzando la coda, e io sorrisi nel vedere quanto era cresciuto nell'ultimo anno.
Mi imbattei in lui a una settimana esatta dal mio arrivo a Barr che era ancora un cucciolo di pochi mesi, abbandonato o perduto.
Lo notai mentre vagava da solo per i boschi, tra i sentieri dissestati, nascosto nella fitta vegetazione, mentre mi osservava con quei suoi occhietti vispi, di un giallo acceso.
Osservava me, così diversa dagli abitanti del villaggio che era abituato a scorgere.
Osservava me, vestita con orpelli che non appartenevano a una piccola comunità come quella di Barr e che tradivano la mia origine londinese.
Feci qualche passo più avanti e il gattino mi seguì, uscendo allo scoperto.
Qualche fogliolina gli si era incastrata nel folto pelo mentre le sue piccole zampette erano incrostate dall'umido terriccio.
Era composto da una mistura di chiazze marroni, arancioni e bianche, ed era un maschietto, cosa che mi stupì non poco.
I gatti tricolore erano per la maggioranza femmine: solo uno su tremila cuccioli di calico nasceva maschio a causa di una anomalia genetica.
Continuai a camminare e il cucciolo mi seguì.
Camminai ancora e ancora e il gattino curioso arrivò fino al limitare del bosco, per poi abbandonarlo per sempre.
Scelse la sicurezza di un tetto alla libera incertezza della natura.
Feci una rapida colazione e, da momento che ormai ero completamente vigile, cominciai a prepararmi per uscire, ma non prima di chiamare i miei genitori.
L'accordo tra di noi è che ci saremmo sentiti ogni mattina, tutti i giorni senza alcuna eccezione.
Sempre, rigorosamente.
Era il prezzo che gli dovevo per essermene andata via da loro.
«Quando torni?» mi chiedevano tutte le volte.
«Non saprei». Gli rispondevo. «Non oggi, non domani».
Anelavano il mio ritorno a Londra più di ogni altra cosa al mondo e ogni giorno che passava altro non faceva che attenuare le loro speranze.
Mi dispiaceva per loro, ma non potevo fare altrimenti.
Qui, a Barr, ero felice!
Misi ai piedi degli stivaletti e salutai il mio piccolo amico che mi rispose con un migolio contrariato.
«Non ti preoccupare Billy!» lo confortai. «Mi vado semplicemente a sgranchire le gambe. Torno fra un'ora esatta, promesso».
E con queste parole si acciambellò sul letto tornando a ronfare.
Presi quindi un lungo cappotto marrone e inserii le chiavi di casa nella toppa della porta, serrandola dall'esterno.
Abitavo in una piccolissima casetta composta solamente da tre locali: un piccolo bagno con mattonelle in ceramica, una camera da letto e un soggiorno con angolo cottura a vista.
Temi principali della casa erano una vecchia carta da parati floreale, che tendeva a staccarsi continuamente dalla parete, e un impianto elettrico difettoso che mi forzava a sostituire le lampadine almeno una volta al mese.
Era un'abitazione modesta, rustica, piena di problemi, ma la adoravo.
L'area fresca mi riempì i polmoni e scompigliò leggermente i miei capelli rossicci raccolti in una coda alta.
Imboccai la via che passava davanti alla scuola elementare di Barr e vidi sfrecciare qualche bambino ritardatario verso il grande cancello di ferro.
«Buongiorno, bambini!» li salutai allegra.
«Salve, signorina Victoria» risposero ridacchiando gli studenti, mentre il bidello li sgridava inseguendoli con una scopa.
Salutai successivamente qualche altro giovane residente che si affrettava a lavoro, le vecchine che potavano le loro floride aiuole e Frank, il postino di Barr.
«Buongiorno, Victoria».
Mi salutavano tutti.
Era passato già un anno, eppure non mi ero ancora abituata a tutta quella cordialità di primo mattino.
Qui, a Barr, erano tutti sorridenti e gentili, diversamente da Londra, dove chiunque ti spintonava con prepotenza pur di farsi largo tra il marciapiede.
Girai l'angolo ritrovandomi nella via che portava verso il negozio d'alimentari e notai subito qualcosa di estremamente insolito.
Un capannello di persone era riverso per strada e stava accerchiando proprio il negozio della signora Agnew.
Mi gettai in mezzo al piccolo manipolo di persone curiosa e vidi la signora Agnew, proprio al centro di esso mentre discuteva animatamente di qualcosa.
«... e poi io e Victoria ci guardammo disorientate. Ma poi, il giovine sorrise e ci porse il suo dinaro. E poi... » la signora Agnew si ammutolì quando mi scorse tra la piccola folla.
«Victoria!» latrò. Gli occhi le brillavano.
«Vieni, vieni Victoria, stavo giusto raccontando agli altri del nostro strano incontro di ieri sera».
Gli "altri", altri non erano che la signora Hislop, i signori Caldwell, il signor McCracken e Susan Rankine, una mia coetanea.
«Questi giovani d'oggi sono veramente degli scostumati» gracchiò la signora Hislop, una vecchina gracile e aggrinzita che assomigliava a un albero secco. «Se ci fossi stata io non l'avrebbe mai passata liscia, quel lestofante».
Inclinai la testa confusa.
«Pensavo che aveste già spettegolato ieri sera della nostra piccola disavventura signora Agnew. Perché ne state ancora parlando?»
«Oh, al contrario Victoria...» quasi sussurrò.
«In realtà ho occasione di parlarne solo adesso, visto che prima dovevano finire di raccontare gli altri».
«Esatto! E si sbrighi signora Agnew, che qua deve ancora arrivare il mio turno», tuonò il signor McCracken arricciando le foltissime sopracciglia bianche.
Il signor McCracken era un vecchio e burbero pescatore in pensione che ogni tanto continuava a pescare proprio in onore dei gran bei vecchi tempi.
Aveva spesso diverbi accessi con vari membri della comunità, soprattutto con la signora Agnew.
Quei due battibeccavano come cane e gatto ma, per quanto fosse estremamente cocciuto, alla fine la signora Agnew provava nei confronti del signor McCracken un profondo affetto maturato in anni e anni di conoscenza.
«Il vostro turno? Il vostro turno di parlare di cosa?» chiesi confusa.
«Di quel marmocchio maleducato, ovviamente» rispose il signor McCracken infastidito.
Collegai quindi i punti.
«Intende il ragazzo con cui abbiamo avuto a che fare io e la signora Agnew ieri sera?» tutte e sei le teste annuirono concitate.
«E tutti voi avete avuto a che fare con lui?».
Un altro cenno di assenso.
«Ha ringhiato ad Angelica!» piagnucolò Susan Rankine.
Susan era una ragazza bassina, con grandi occhiali da vista e una miriade di lentiggini che la rendevano simpatica a vista.
Aveva la mia stessa età, ventiquattro anni, e per me era la cosa più simile a un'amica che avessi in tutta Barr.
Susan aveva un carattere pacato e mite, e proprio per questa sua caratteristica era più che piacevole passare del tempo con lei.
Peccato solo che frequentasse l'università di Glasgow, e che quindi la sua presenza in villaggio fosse costantemente interrotta da lunghi periodi di assenza durante i quali scompariva per poter frequentare i suoi corsi di studio.
Angelica era invece il levriero di Susan.
Il suo nome rispecchiava a pieno il suo carattere: una cagnolina tranquillissima, proprio come la sua padrona.
Strabuzzai gli occhi incredula.
«Ha ringhiato contro Angelica?»
«Proprio così! La stavo portando a spasso come tutte le sere che sono qui e improvvisamente l'ho visto.» iniziò a raccontare Susan.
«Sembrava alquanto minaccioso, tutto bagnato e con i vestiti strappati, quindi mi sono impaurita. Angelica deve aver capito che qualcosa non andava e che non mi sentivo a mio agio. La conoscete tutti, di solito non abbaia mai la mia Angelica, eppure questa volta l'ha fatto, probabilmente per difendermi. Come risposta quell'uomo le ha ringhiato contro».
Cercai di immaginare la scena. In mesi e mesi di permanenza a Barr non avevo sentito abbaiare quella cagnolina nemmeno una volta.
«Quando le ha ringhiato contro la mia povera Angelica si è spaventata tantissimo ed è tornata a casa con la coda tra le gambe. È stato così tanto maleducato. È vero Angelica è stata la prima ad abbaiare, ma lui è stato molto più cattivo». Concluse quasi singhiozzando.
«Mi dispiace tantissimo Susan! Angelica non meritava di certo questo trattamento» la compatii mettendomi nei suoi panni.
Se qualcuno si fosse azzardato a comportarsi in maniera così rozza con il mio gatto non sarebbe rimasto impunito.
«Anche con la signora Hislop si è comportato da zoticone» ricordò la signora Agnew.
«Che cosa è successo?» chiesi rivolgendomi alla suddetta interessata.
«È successo che non ci sono più i giovanotti bene educati di un tempo!»
Rispose acidula.
«Qualche giorno fa ho intravisto anche io questo signorino irrispettoso. Stavo camminando sulla via principale quando all'improvviso si è slacciato il mio braccialetto d'argento preferito. Sapete tutti benissimo come la mia schiena non sia delle migliori. C'eravamo solo io e quel giovanotto in mezzo alla strada quindi gli ho chiesto se poteva gentilmente raccogliermelo, ma mi ha completamente ignorata passandomi davanti senza neanche guardare indietro».
«Uno zoticone!» Ripetè la signora Agnew. «È veramente uno zoticone».
Portai una mano alla bocca e la coprii scandalizzata dall'indifferenza mostrata nei confronti di una povera vecchina.
Alla storia si aggiunsero poi i coniugi Caldweel che raccontarono di come, all'incirca una settimana prima, avessero avuto a che fare con un giovane uomo corrispondente alle nostre descrizioni.
L'uomo aveva completamente saccheggiato il reparto carne di un supermercato di Girvan, lasciando gli altri clienti del supermercato a bocca asciutta che non poterono fare molto altro oltre che lamentarsi.
Anche questa volta il giovane uomo venne ritratto come un individuo del tutto indifferente nei confronti altrui.
La signora Agnew finì di narrare l'aneddoto che ci vedeva entrambe protagoniste e passò finalmente il testimone al signor McCracken che smaniava dalla voglia di aggiungere un altro demerito alla condotta del giovane.
Il signor McCracken si trovava al centro di uno dei piccoli loch ubicati nelle vicinanze di Barr per pescare quando vide tuffarsi in lontananza il giovane scostante con ancora tutti i vestiti addosso.
L'uomo iniziò poi a nuotare con un vigore talmente eccezionale da spaventare tutti i pesci che il signor McCracken aveva intenzione di catturare e del tutto inutili furono le sue sue grida infuriate.
«Secondo te chi è, Victoria?» mi chiese Susan, agitata da tutti quei racconti.
«Non ne ho la più pallida idea, ma se si è veramente comportato così con tutti voi, spero che se ne vada via il prima possibile».
Lo ammetto.
Ci rimasi male.
Quel giovane uomo non mi aveva trasmesso affatto sensazioni negative, ma non potevo ignorare così quei comportamenti così vili.
Quel ragazzo mi stava decisamente antipatico.
«Ad ogni modo, non ti preoccupare. È sicuramente un turista, quindi sloggerà presto».
«Ne sei certa?».
No. In realtà non lo ero, ma sul fatto che fosse straniero ci avrei scommesso.
Del resto, non sapeva come utilizzare i nostri soldi, quindi inglese non poteva certo essere.
Era sicuramente un europeo, ma non avrei saputo individuare correttamente da che stato provenisse.
«E se fosse un ladro, o un criminale?» ipotizzò Susan. «Avete visto come è vestito?».
«Oh no, sarebbe terribile».
La signora Agnew si strinse alla signora Hislop.
«Se fosse un malvivente gli darei un bel cazzotto sul muso». Tuonò il signor McCracken agitando il pugno in aria.
«Ma che cosa vuoi fare tu, brutto ubriacone da quattro soldi», gracchiò la signora Hislop.
«Che cosa hai detto?».
«Ragazzi. Ragazzi, per favore!» mi intromisi per evitare l'ennesima litigata tra vecchi.
«Stiamo correndo un po' troppo forse, non vi pare? È vero, questo ragazzo è un borioso antipatico, ma non possiamo accusare di reati così gravi il primo maleducato che passa. E poi, del resto, che cosa ci importa di lui? Non è che rimarrà qui per sempre».
Oh. Come mi sbagliavo.
«Mah!» sbuffò il signor McCracken. «Vedremo».
Restai a chiacchierare con loro per un altro po', fino a quando non decidi di rincasare. Salutai i sei storici abitanti di Barr che nel frattempo avevano iniziato a discutere nuovamente, animatamente e mi precipitai da Billy.
Passai le ore antecedenti al mio turno in negozio a giocare con lui e a guardare il telegiornale, e quando arrivò per me il momento di effettuare il cambio con la signora Agnew uscii di casa malvolentieri.
«Dio, oggi non mi va proprio», mormorai svogliata mentre mi dirigevo a lavoro.
Passai le ore in negozio con pigrizia, aiutata solo dalle chiacchiere di qualche vecchietto smanioso di aggiornarmi sulla sua vita.
Appena scoccarono le 19:00, chiusi il negozio frettolosa, desiderosa di rilassarmi sotto il getto della doccia, ma non appena mi voltai mi immobilizzai di colpo.
Il principale pettegolezzo della giornata era lì, proprio davanti ai miei occhi, di fronte al negozio d'alimentari.
Lo vidi ai margini della strada, parzialmente illuminato dalla luce di un lampione, mentre rosicchiava una delle nostre mele, mie e della signora Agnew.
La sua imponente ombra era proiettata lungo tutto il marciapiede che risultava così essere completamente oscurato.
Immerso nel buio aveva un'aria del tutto minacciosa.
Finì il suo spuntino notturno e gettò il torsolo per terra, fra i fili d'erba.
Le parole della signora Hislop, dei coniugi Caldwell, di Susan e del signor McCracken mi risuonarono nella testa.
Gli occhi dello straniero si posarono sulla mia figura esile.
Mi squadrò per un breve attimo e poi mi sorrise, riconoscendomi come la ragazza di ieri.
«Buonasera» lo salutai calma e rispettosa, decisa ad essere cordiale con lui, nonostante non lo meritasse affatto.
Il suo sorriso, però, lo ammisi, mi disorientava.
Sembrava troppo sincero.
«Buonasera, signorina Victoria!» mi rispose lui e io impallidii.
Aveva appena pronunciato il mio nome?
Sgranai gli occhi e iniziai a entrare nel panico.
Perché sapeva il mio nome?
Deglutii rumorosamente, e il ragazzo notò il mio corpo iniziare a tremare.
La sua espressione si fece confusa, non capendo il perché di quella mia strana ed improvvisa reazione.
Lo vidi protrarsi in avanti e, a quella vista, il mio corpo si mosse da solo come attraversato da una scarica elettrica ed iniziai a correre.
Come diavolo faceva a sapere il mio nome?
Sentii le lacrime iniziare a scendere copiose, mentre mi allontanavo da lui.
Corsi.
Corsi lasciandomi alle spalle il giovane uomo che ancora mi fissava con quei suoi strani occhi marroni dai riflessi arancioni.
Corsi lasciandomi alle spalle quell'uomo terrificante con cui, lo decisi in quell'istante, non volevo avere nulla a che fare.
Angolo dell'Autrice:
Ciao a tutti miei cari lettori. Ecco a voi, dopo una settimana di attesa, il secondo capitolo di "Moon Night: Novilunium"!
Spero che il capitolo vi piaccia e che la storia risulti accattivante almeno un minimo.
Ho deciso di condividere con voi ogni tanto alcune piccole curiosità sulla storia a fine capitolo, come una sorta di bonus.
Il "bonus" di oggi riguarda il nome di tutti gli abitanti presenti a Barr. Quando si decide di ambientare una storia in un luogo esistente credo che sia di obbligo morale da parte di uno scrittore cercare di rispettarlo il più possibile. È per questo che ho deciso di assegnare a tutti i personaggi della storia i cognomi di alcuni dei defunti abitanti di Barr.
Cercando tra le lapidi del cimitero di Barr è possibile riconoscere i nomi da me utilizzati. Può sembrare un dettaglio raccapricciante e macabro ma per quello che mi riguarda è una maniera come un'altra di portare rispetto al villaggio che ho scelto come culla della storia.
Ci vediamo al prossimo capitolo.
Con affetto,
Alis
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