Capitolo 6 - Tessa

Mai avevo conosciuto un ragazzo così scontroso e insopportabile.
Continuavo a chiedermi il perché non avessero specificato il suo disturbo, saperlo mi avrebbe aiutata a capirlo.
Non sapevo se avrei resistito per molto, seguire questo ragazzo sarebbe stata una sfida.
Sarebbe stata molto dura contenermi per non rispondergli male.
Non era facile mantenere un ruolo professionale con un ragazzo del genere, con la risposta sempre pronta e per lo più scorbutico.
Tornai nella mia stanza esausta, appena aprii la porta sobbalzai.
<Che ci fai qui?> chiesi al ragazzo steso sul mio letto che però mi ignorò.
<Sam?> lo chiamai <Sam?>
Mi avvicinai al letto e mi sedetti accanto a lui, stava dormendo.
Gli scostai i capelli dal volto e lui, lentamente, aprì gli occhi.
Sbadigliò e poi mi rivolse un sorriso con tanto di fossette che mi facevano venir voglia di strizzargli le guance.
<Questo si che è un bel risveglio.> esclamò.
Scossi la testa e lo baciai dolcemente.
<Che ci fai qui?> ripetei la domanda.
<Oggi ho finito il turno prima del previsto, sono venuti qua perché pensavo di trovarti.>spiegò <Mi sono addormentato però.>
<Ho notato.> dissi ridacchiando <Da quanto sei qui?>
<Oh, ehm non ne ho idea.>
Prese il telefono dalla tasca e guardò l'orario.
Strabuzzò gli occhi.
<Quindi?>
<Da tre ore.> disse grattandosi la nuca.
<Oh mio Dio, mi hai aspettato davvero per così tanto tempo?> esclamai <Mi dispiace.>
Si tirò su leggermente e si appoggiò sui gomiti.
<Non preoccuparti, almeno mi sono riposato un po'!>
Sorrisi e gli scompigliai i capelli.
Avevo conosciuto Sam il primo giorno in cui arrivai nella struttura.
Mi aveva subito accolta, sebbene fossi nuova, facendomi sentire a mio agio come se fossi a casa.
Era un ragazzo molto dolce e gentile, ma quando si arrabbiava diventava un mostro.
Aveva fatto licenziare una ragazza perché si era dimenticata di chiudere a chiave la stanza di un paziente.
Non l'avevo mai visto così arrabbiato.
Mi ricordo che lo evitai per ben tre giorni perché non volevo che sfogasse il suo nervosismo su di me.
Fortunatamente io non gli avevo ancora dato modo di prendersela con me.
<Dove sei stata?>
<La Brown mi ha dato una promozione e mi ha affidato il nuovo paziente.>
<Quello a cui hanno dovuto somministrare un calmante?>
Annuii, sebbene non fossi certa che si riferisse a Kurt.
<Stai scherzando?Sono servite quattro guardie per riuscire a portarlo dentro.>
<Si, ho visto.>
<No, non puoi gestire un paziente del genere da sola.> disse <Parlerò con la Brown.>
<No!>
Non seppi perché lo dissi.
Lui aveva molta influenza sulla Brown, perciò mi avrebbe sicuramente assegnato un altro paziente.
Eppure c'era qualcosa che mi spingeva a conoscerlo.
C'era un qualcosa in lui che mi attraeva.
Certo, era decisamente una persona difficile ma proprio per quello non potevo fare a meno di essere curiosa.
I suoi occhi verdi avevano molto da dire ed io ero decisa a scoprire il più possibile su di lui.
Volevo aiutarlo.
<Come no?> mi chiese aggrottando le sopracciglia.
<Non voglio lasciare questo paziente.>
<Perchè mai? Non è solo pazzo ma è anche dotato di un'incredibile forza umana.> esclamò <Potrebbe ucciderti senza fare il minimo sforzo, sei uno scricciolo.>
Alzai gli occhi al cielo e sbuffai.
<Voglio dimostrare a me stessa che posso farcela, credo sia il caso più interessante di tutto l'ospedale.> dissi fermamente convinta <Non posso abbandonare questo paziente, voglio conoscerlo.>
<Vuoi conoscerlo?A me non sembra così speciale come dici, è malato di mente esattamente come gli altri.>
<Sam!>
Mi innervosii per il modo rude in cui pronunciò quella frase.
Non sapeva cosa passavano tutti i giorni i pazienti.
Non sapeva che Lester era diventato così in seguito al trauma provocato dalla morte dei suoi genitori o che Maggie, una dei pazienti di cui mi occupavo prima, soffriva di un disturbo di dismorfismo perché sua madre sin da piccola l'aveva abituata a dover essere sempre perfetta.
Non erano diventati così per colpa loro, non avevano scelto di soffrire di questi disturbi.
Erano esseri umani tanto quanto lo eravamo noi.
<Che c'è vuoi negarlo?>
Mi alzai di scatto e mi diressi con passi pesanti verso l'uscita della mia stanza.
Aprii la porta.
<Vattene immediatamente!> esclamai.
<Ma che ho detto di male?>
<Sei stato irrispettoso, tu non hai idea di quello che stanno passando queste persone qui dentro.>
Rise.
Pensava che stessi scherzando.
<Credi che io stia scherzando?>
<Ma certo, perché non dovresti.>
<Beh, mi dispiace dirtelo ma non sono mai stata più seria di così.>
Mi guardò stranito.
Io gli indicai la porta con lo sguardo.
<Come vuoi.> disse.
Mi passò davanti senza neanche degnarmi di uno sguardo.
Richiusi la porta e mi buttai sul letto.
L'elastico mi dava fastidio così mi sciolsi i capelli.
Il giorno dopo sapevo già che Sam mi avrebbe tenuto il broncio ma poco mi importava.
Avevo ragione e non avevo intenzione di scusarmi.

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