Capitolo V
<< Oh, eccovi finalmente! Ho iniziato seriamente a pensare che vi foste perse chissà dove >> Rise Nathan, non appena le due si furono avvicinate al gruppetto.
Nora sbuffò, mentre Doris fissò la castana di sottecchi.
Nathan si alzò per salutare entrambe e una volta che le ebbe squadrate per bene, iniziò a ridere.
Ma cazzo ride questo?
<< Ma vi siete messe d'accordo con il verde? >> Facendo ridere anche gli altri, seduti attorno al grande tavolo rotondo.
Doris alzò gli occhi al cielo. << Tu invece, il solito deficiente, vedo. >> lo sfotté, scatenando altre risatine al tavolo.
Le due si sedettero accanto agli altri, ascoltando per lo più la conversazione, poiché Doris sembrava più interessata ai quadri delle pareti, mentre Nora cercava di non farsi troppo coinvolgere in quanto stavano parlando delle lezioni e delle sessioni da svolgere.
Se avesse saputo che la mattinata sarebbe andata in quel modo, avrebbe evitato di accettare e se ne sarebbe andata da qualche parte con Doris.
A pensarci bene con quelli lì non è che lei abbia avuto tutta quella confidenza, si parlavano a lezione ok, ma finiva lì. Per lo più sarà stata la seconda volta che usciva con loro per un semplice drink, ed ogni volta si convinceva pensando che non sarebbero stati più noiosi di così e invece...
Peggio.
Doris cercò di nascondere uno sbadiglio, mentre Nora, che l'aveva beccata si mise a ridere.
<< Io vado al bagno, ne ho urgentemente bisogno >> bisbigliò la riccia. A quel punto Nora ebbe la sensazione di ricevere un salvagente in piene acque profonde, per cui si alzò e con un: ''Vengo con te'' la seguì velocemente.
Entrarono nel grande bagno lussuoso, ricco di lucine e fiori. Doris entrò veramente nella toilette mentre Nora restò fuori alla porta.
<< Se me l'avessi detto che avremmo partecipato a una riunione di vecchietti avrei portato un mazzo di carte >> borbottò quella oltre la porta.
Nora rise, sbloccando il cellulare per controllare se ci fossero messaggi.
<< Non lo sapevo nemmeno io. Volevo solo svagarmi un po' >>
<< Figurati ragazza, non ce l'ho con te, ma con quei vecchi bacucchi del cazzo. Mamma mia che noiosi! >>
Sentì il famigliare suono dello scarico dell'acqua che veniva tirato, mentre la riccia aprì la porta uscendo subito dopo.
<< Senti facciamo così, se continuano in quel modo troviamo la prima scusa e ce la filiamo >> borbottò velocemente.
<< Così mi piaci, tesoro >> Finì di lavarsi le mani, e dopo aver preso la sua borsa, uscirono subito dopo.
Nel tragitto dal bagno al tavolo però, Nora notò una figura famigliare seduta a pochi metri da loro. Quella mattina c'era un bel po' di confusione e di gente in quel Pub, per cui fu un caso che riuscì a vederlo ma le si drizzarono i peli delle braccia, e un brivido più potente le attraversò la spina dorsale, quando vide Jeff, coperto dal cappuccio, seduto di spalle a fissare intensamente la tazzina di caffè.
Quasi si strozzò con la saliva.
E lui che cavolo ci faceva lì? Come cavolo aveva fatto a seguirla se lei e Doris erano arrivate con la macchina?
Aveva i super poteri?
Gli passò accanto, evitando di guardarlo negli occhi mentre afferrava il braccio di Doris facendo finta di nulla. Ci mancava soltanto che facesse una scenata in quel posto, con Jeff che la fissava.
Ritornarono al tavolo come se nulla fosse, riprendendo ad ascoltare la conversazione, anche se lei non poteva fare altro che saettare con lo sguardo dai suoi amici a Jeff, seduto a pochi metri da solo.
Deglutì, cercando di ignorarlo il più possibile quando si sentì circondare le spalle da un braccio muscoloso.
Si girò in direzione di chi fosse il proprietario, per ritrovarsi a pochi centimetri il volto di Nathan che le sorrideva raggiante.
<< Voi venite vero? >> domandò di punto in bianco, e lei si vergognò tantissimo per non aver ascoltato minimamente la conversazione.
Venire dove? Di che cavolo stavano parlando?
Fortunatamente Doris le venne in soccorso, rispondendo lei al posto suo.
<< Nathan, lo sai benissimo che Nora non è tipa da feste sfrenate. Certe domande potresti evitarle se conosci già le risposte >> Lui la ignorò, rivolgendole un sorriso a trentadue denti, aspettando una sua di risposta.
A parte il fatto che lei non sapeva minimamente di cosa stessero parlando, ma se si trattava di feste sfrenate sapeva già la risposta. Odiava il caos, e specialmente le persone, per cui Nathan, che la conosceva da un anno sapeva perfettamente quanto detestava le feste delle confraternite. Ma nonostante tutto lui glielo aveva proposto, forse, a causa della sua risposta quasi positiva per le vacanze estive.
<< Io passo, lo sai >> E non si preoccupò minimamente che gli altri avrebbero potuto pensare male di lei, tanto anche loro sapevano benissimo che odiasse fare baldoria, dopotutto erano comunque colleghi che non l'avevano mai vista alle feste.
Lui sbuffò. << Eddai. Una volta tanto ti farà bene >> insistette.
Lei alzò gli occhi al cielo, esasperata già per via di tutti quegli occhi puntati addosso.
<< Non mi va, lo sai >> Arricciò il naso infastidita, mentre lui, finalmente, tolse il braccio attorno alle sue spalle liberandola da quell'abbraccio improvviso.
<< Ma una volta tanto cosa ti costa? Ti svagheresti un po', che c'è di male? In più se ti dovessi annoiare potresti andar via quando vuoi...>> continuò.
Doris sbuffò, per l'ennesima volta.
<< Certo che sei veramente insistente, lo sai? >>
Nathan spostò lo sguardo su di lei, e i due iniziarono a fissarsi in cagnesco; tanto da far intervenire la diretta interessata chiedendo un ''time out''.
<< La smettete per piacere? Mi sembra un teatrino, ma quanti anni avete, cinque? >>
Nathan distolse lo sguardo da Doris che nel frattempo, continuava a fissarlo in cagnesco.
Lui borbottò qualcosa sottovoce, ma prese parola subito dopo.
<< Comunque se cambi idea, è questa sera nella confraternita maschile. >> continuò, mentre Doris alzò gli occhi al cielo.
Lei fece un veloce cenno della mano, quasi sbrigativo, per chiudere la conversazione.
<< Bene, io ora devo andare. Si è fatto tardi e tra poche ore riattacco a lavoro >> Doris si alzò, salutando velocemente tutti. Lei fece per alzarsi, quando Nathan la afferrò per un polso, attirando la sua attenzione.
<< Vai via anche tu? Se vuoi ti riaccompagno io più tardi. >> La fissò con quei suoi occhi scuri, mentre lei si ritrovò a battere le palpebre sorpresa.
Ookey, diciamo che stava intuendo di non essere indifferente a Nathan. Ma l'unico problema era che lei, a differenza sua, non provava nulla. Non che fosse un brutto ragazzo, ma lei ormai provava qualcosa per Jeff e questo non avrebbe potuto cambiarlo.
Al solo pensarlo, fece saettare lo sguardo verso di lui, trovandolo ancora in quella posizione, di spalle, ad origliare sicuramente la loro conversazione. Probabilmente perché non si fidava di lei, e come dargli torto, un serial killer che pone la sua completa fiducia nella sua vittima era qualcosa di irreale.
<< Grazie, ma ho un ospite a casa, per cui devo tornare presto >>
Buttò la prima scusa che le passò nella mente, che poi, così scusa non era poiché era la verità.
Lui annuì, forse dispiaciuto, o poco convinto ma le lasciò il polso alzandosi per salutarla con un abbraccio. Lei ricambiò velocemente con un sorrisino di circostanza, per poi salutare tutti quanti. Lanciò un'ultima occhiatina a Jeff, trovandolo a fissarla di traverso, oltre la sua spalla. E lei, si sentì trafitta da quegli occhi così penetranti e cristallini, tanto da farle sembrare d'essere colpita da una stalagmite ghiacciata, dritta nel cuore. Sentì i battiti propagarsi nelle sue orecchie, che quasi le fischiarono dall'agitazione.
Si girò di scatto, seguendo velocemente Doris, con il respiro affannoso e il cuore che le pompava frenetico nella cassa toracica, incurante del dolore ai piedi per la piccola corsa.
Stava scappando.
Stava correndo via dal suo sguardo di ghiaccio.
Stava fuggendo da lui, e dalle sensazioni che stava provando.
Una volta raggiunta l'amica, l'affiancò, facendo dei respiri profondi.
<< Ti giuro, quello lì farà una brutta fine prima o poi >> sbottò Doris, alzando la voce e gesticolando come una pazza.
Nora sbatté le palpebre, cercando di starle al passo poiché la riccia aveva aumentato la velocità.
<< Non sapevo lo odiassi così tanto, vi scambiate così poche parole...>> borbottò confusa.
<< E' solo che è così viscido. L'hai notato anche tu come si comporta nei tuoi confronti? Mi infastidisce cazzo! Se una persona ti dice di no, è NO! Punto. No, ma lui deve insistere! Quanto lo odio >> ringhiò a denti stretti, facendola ridere.
La riccia la guardò in cagnesco da dietro gli occhiali da sole, mentre lei si sbellicava.
<< Adoro quando fai la mamma chioccia con me >> ridacchiò, mentre entrava in macchina seguita da lei.
Doris la riaccompagnò a casa, salutandola e promettendole di sentirsi presto.
La cosa che fece ridere Nora fu quando la riccia, prima di partire, la minacciò dicendole che se fosse andata alla festa quella sera, non sarebbe stata più sua amica. Lei ridendo, si è giustificata con un: ''Mi conosci, secondo te posso mai andarci da sola?'', tranquillizzandola velocemente.
Doris andò via dopo cinque minuti di scambi di battute, e lei poté rientrare in casa tranquillamente. Salutò i suoi genitori, Riley e suo zio, che si erano già comodamente seduti in soggiorno, ad aspettarla probabilmente. In effetti erano già le tredici e trenta, ed era abbastanza plausibile che stessero attendendo lei per mangiare.
Si sentì leggermente in imbarazzo, ma non lo diede a vedere, raggiungendoli velocemente in salotto scusandosi per il ritardo. Sua madre le lanciò un'occhiataccia omicida, nel quale sembrava urlarle: ''dopo facciamo i conti'', ma lei non ci badò, ignorandola tranquillamente.
<< Bene, ora che ci siamo tutti possiamo pranzare >> asserì suo padre.
Si spostarono in cucina, sedendosi attorno al tavolo rettangolare mentre sua madre iniziava a servire il pranzo, aiutata da sua sorella. Lei col cavolo che si alzava, era troppo esausta e la giornata non era ancora finita.
Si annoiò tantissimo ascoltando i proverbiali discorsi boriosi e spocchiosi di suo padre e suo zio, sul lavoro, sui dipendenti, sulle statistiche di vendita e del cazzo che gliene fregava.
Guardò sua sorella, lanciandole uno sguardo supplichevole; desiderava aiuto, voleva scappare di lì, e per giunta sua madre aveva iniziato il discorso di un futuro lavoro per lei e Riley. Roba da suicidarsi sul posto.
Per fortuna o per grazia Divina, suo padre e suo zio si alzarono, diretti in salotto per un drink alcolico e lei e sua sorella ne approfittarono per sgattaiolare via, ridacchiando, ignorando i rimproveri della madre sull'educazione.
Ma chi se ne fregava! Quei due parlavano tra loro di cose da maschi, ignorando lei e Riley, figurarsi se si sarebbe messa a seguirli e a far finta di essere interessata alla loro noiosissima conversazione.
Si chiuse in camera, trovando Karma beatamente spaparanzato sul piccolo cuscino che al momento gli fungeva da letto. Lei sorrise, sbadigliando, e velocemente si tolse le scarpe sospirando di sollievo.
Che bella sensazione, quando i piedi nudi toccavano il pavimento dritto, gridando Halleujah. Le sembrava di ricevere un abbraccio dopo una brutta giornata.
Si gettò sul suo letto, chiudendo gli occhi. Aveva un sonno pazzesco, in più quella pazza di sua madre quella mattina l'aveva gettata giù dal letto molto presto, per cui, dopo una bella mangiata, il sonno prese il sopravvento e lei si dedicò a un bellissimo pisolino ristoratore.
°°°°°
Si risvegliò verso le diciotto di pomeriggio. Sbadigliò peggio di un camionista, alzandosi subito dopo per controllare Karma.
Lo cercò da per tutto ma la piccola peste non era nella sua stanza, così si spogliò, mettendosi qualcosa di comodo per stare in casa e uscì da camera sua, raggiungendo il salotto. Come intuito, trovò Karma a giocare con sua sorella sull'enorme tappeto morbido vicino al tavolino di vetro.
Sua sorella stava sgranocchiando quella che le sembrava una barretta dietetica. Che schifo.
Si sedette sul divano, sbadigliando per la seconda volta.
<< Allora, com'è andata con il tuo ragazzo? >> domandò quella, facendola quasi strozzare con la propria saliva.
<< Cazzo dici? Sono uscita con i colleghi dell'Università, te l'ho detto >> borbottò velocemente.
Riley sollevò un sopracciglio, fissandola curiosa.
<< Lo sai che a me puoi dire tutto, sono tua sorella infondo. >>
Nora le lanciò un'occhiataccia, incrociando le gambe sul divano di pelle nera.
<< Proprio perché sei mia sorella, ti devi fare i cazzi tuoi >> sputò acidamente, mentre la bionda sollevava gli occhi al cielo, annoiata.
<< Come vuoi, ma per qualsiasi cosa sono qui. Sai che non giudico >>
Lei la ignorò, alzandosi per dirigersi in cucina. Aprì il mobiletto delle schifezze prendendo un pacchetto di Mikado, per poi tuffarsi a pesce balena sul divano.
Afferrò il telecomando, accese la Tv e la sintonizzò su Netflix, e mentre sgranocchiava i Mikado iniziò a cercare qualche nuova serie da vedere.
Riley si gettò accanto a lei, sistemandosi con le gambe sulle sue, mentre iniziava ad elencare le serie che secondo lei, erano guardabili e quelle che invece facevano cagare.
Bisticciarono per un bel po', finché non optarono per un film, decidendo di vedere ''Notte brava a Las Vegas'' con Cameron Diaz.
Si fecero delle risate, passando la serata su quel divano, sotto l'occhio critico della madre che di tanto in tanto dalla cucina, gettava uno sguardo alle due figlie.
Si fecero le Venti e Nora decise di prepararsi qualcosa al volo, poiché avrebbe dovuto ripassare per il giorno dopo. L'Università era stancante.
Dopo aver cenato, fece per portarsi Karma in camera, ma Riley insistette per tenerselo lei quella notte, e lei, dopo aver riflettuto sul da farsi, accettò.
Sua sorella parve sorpresa, ma in fin dei conti lei si era fatta due calcoli, poiché quella peste non stava un secondo fermo e la distraeva dallo studio, perciò aveva deciso che per quella sera le sarebbe andata bene così.
Si chiuse in stanza, sedendosi sulla sedia aprendo i libri, e ci restò lì fino a tarda serata.
Solo quando si fece mezzanotte, decise di chiudere tutto, troppo stanca e di gettarsi a peso morto sul letto.
Jeff o non Jeff, lei sarebbe crollata dalla stanchezza in pochi secondi. Spense la luce, e come aveva previsto, la stanchezza l'avvolse e lei si addormentò subito.
Stava dormendo così beatamente, finché una strana sensazione fece capolino dei suoi sogni.
Stava sognando di correre in un vasto campo di lavanda. Aveva un vestitino bianco, sporco di sangue ma non era il suo, poiché non avvertiva alcun dolore, e correva, senza sosta, senza meta, a per di fiato come se ci fosse un individuo che la stesse inseguendo.
Sentiva la presenza di qualcuno, un respiro sul viso; una sensazione d'allarme.
Si girò di scatto, facendo strusciare la stoffa del suo vestitino bianco contro i fiori viola, non trovando nessuno.
Ansimò pesantemente, mentre la sensazione di disagio aumentava. Corrugò le sopracciglia alzando gli occhi verso il cielo, trovandolo non più limpido, ma grigio, come se fosse in arrivo un temporale.
Aprì bocca per parlare, ma dalle sue labbra non uscì nemmeno una sillaba o una vocale. Batté le palpebre, mentre avvertiva quel famigliare odore di mandorle che di sicuro non proveniva dai fiori.
Continuò a girarsi intorno, spaventata, facendo ondeggiare il vestitino, finché il respiro le si fece più persistente: lo avvertiva, lo sentiva, era vicinissimo.
Si girò nuovamente, trovandosi di colpo a pochi centimetri dal viso, il volto di Jeff, spruzzato da alcuni schizzi di sangue. Lo fissò intensamente, spaventata, cercando di parlargli. Voleva urlare il suo nome, ma non riusciva a parlarci.
Lui aprì bocca, parlandole, ma anche questa volta lei non sentì nulla. Sembrava che Jeff stesse solo muovendo le graziose labbra, leggermente sporche di sangue.
Deglutì, gesticolando.
Voleva fargli capire che non riusciva a sentirlo, allora lui sollevò un braccio, indicando qualcosa alle sue spalle.
Si girò e, la vista le si offuscò subito. Iniziò a singhiozzare, a piangere, alla vista di tutti quei corpi senza vita squartati e abbandonati nel campo di lavanda.
C'erano tutti. I suoi genitori, Riley, Doris, Nathan, suo zio, Oscar e perfino Karma.
Aprì bocca, gettandosi in ginocchio sull'erba alta, urlando ma anche questa volta non riuscì a sentire nulla.
Fu solo lo sforzo dell'urlo e la grande sensazione di paura e angoscia che le fecero sgranare gli occhi nel buio della stanza.
Aprì bocca, iniziando ad ansimare, rendendosi conto di essere completamente sudata.
Deglutì, sollevando il busto, ma proprio quando lo fece, le sue labbra si schiantarono contro delle altre.
Si irrigidì di colpo, paralizzando per fino il respiro. Solo gli occhi erano sgranati e il cuore batteva furiosamente nel petto.
Quelle labbra si mossero sulle sue, dando il via a un bacio famelico e lei, rilasciò subito il respiro.
Ecco cos'era quella sensazione di disagio, e quel respiro che aveva avvertito.
Non era un sogno, era vero.
Era Jeff che, essendosi messo a cavalcioni su di lei, l'aveva svegliata facendole avvertire la sua presenza.
Che cosa inquietante.
Riprese a respirare, nonostante il bacio del moro che si evolveva sempre di più in un bacio peccaminoso, con la sua lingua famelica che cercava la sua di continuo, non lasciandola andare.
Si aggrappò alle sue spalle, tirandoselo addosso e lui, dopo poco, si mosse sistemandosi tra le sue gambe.
Si baciarono per un bel po', assaggiandosi, leccandosi, mordendosi e succhiandosi, famelici e bramosi l'una dell'altro, finché le mani di Jeff, curiose e ingorde, le afferrarono la canotta, tirandogliela sulla testa.
Lei ansimò quando le labbra di Jeff si chiusero sul suo capezzolo, iniziando a succhiarlo come un bambino appena nato desideroso di ricevere il latte materno. Gli infilò una mano tra suoi capelli, sussurrando il suo nome e lui prese a pizzicarle l'altro, facendole inarcare la schiena e strusciare il bacino contro il suo, in una muta richiesta.
Jeff non perse tempo: le tirò giù i pantaloncini del pigiama assieme agli slip con un gesto secco, e lei, senza pensarci due volte, divaricò le gambe bisognosa di quel contatto, e troppo eccitata per pensare a qualunque cosa, perfino al sogno.
Voleva solo che Jeff la facesse sua, possedendola con forza rude, come sapeva fare solo lui e la facesse godere ed esplodere con un vulcano in eruzione, senza pensare alle conseguenze e senza sensi di colpa. Voleva solo godersi quel attimo di felicità che il ragazzo riusciva a darle, poiché oltre quel contatto lui, non aveva alcuna intenzione di darle altro. Si morse il labbro, strizzando gli occhi nel buio, imponendo alla sua coscienza di smetterla di farsi quei pensieri, poiché più ci pensava, più sentiva le budella contorcersi doloranti.
Jeffrey le ansimò sul viso, strusciando la punta del glande contro la sua fessura ormai bagnata, e lei velocemente gli portò le mani attorno al collo, afferrandogli i lunghi capelli.
Entrò in lei con un grugnito, afferrandole con forza i polsi e portandoglieli sulla testa, facendola inarcare di piacere. Lei emise un sospiro più profondo sentendo le grandi mani di Jeff che le tenevano saldamente le braccia ancorate vicino alla testiera morbida del letto, mentre iniziava a spingere con gesti secchi e decisi dentro di lei, mandandola completamente in tilt.
E ora Nora, si ritrovava nuovamente in quel campo di Lavanda, solo che, si immaginò di essere lì con Jeff, a fare l'amore, con passione e bramosia selvaggia, con i loro ansimi e gemiti che si propagavano nel grande campo.
Si morse il labbro, sentendo il respiro caldo di Jeff sul suo viso. Avrebbe tanto voluto vederlo, ma era troppo buio per riuscire a scorgere quelle due gemme limpide, ma si accontentò delle sue labbra che si schiantarono nuovamente contro le sue, e della sua lingua famelica che cercò la sua in ogni angolo della sua bocca, facendole soffocare un gemito di piacere.
Le mani di Jeff erano ancora saldamente ancorate sulla sua testa, tenendo ferme le sue mani.
Chissà perché non voleva che lo toccasse. Sembrava quasi lo facesse a posta, quasi come se lo infastidisse. E allora se così fosse, perché alcune volte l'aveva lasciata fare? Si era anche lasciato abbracciare ieri pomeriggio, senza fare una piega, e ora invece? Le negava di toccarlo. Quella sì che era una tortura, una di quelle più sadiche che avesse mai subito.
Lei voleva toccarlo, stringergli i capelli, conficcargli le unghie nella pelle, stringergli gli avambracci, carezzargli la schiena...
E allora perché non voleva? Che cosa le aveva fatto?
Cercò di protestare, mugolando contro la sua bocca famelica, sentendo subito una mano di Jeff che abbandonava il suo braccio per schiaffeggiarle un seno.
Non era poi così forte, essendoci abituata a farlo rude, anzi, le piacque molto, tanto da farla inarcare.
A quella reazione Jeff lo rifece, schiaffeggiandole per la seconda volta il seno e lei nuovamente sospirò, inarcandosi contro di lui, muovendogli contro il bacino, assecondando le sue spinte. Questo probabilmente lo eccitò perché aumentò le spinte, affondando subito dopo il viso contro il suo collo, iniziando a morderle la tenera pelle, e lei iniziò a gemere incontrollata, tanto da spingere Jeff a tapparle la bocca, poiché avrebbe potuto svegliare tutti. Anche perché sua sorella le dormiva a fianco e avrebbe potuto benissimo sentirli; questo non fece altro che aumentarle le pulsazioni di calore nel basso ventre, facendole avvertire enormi scariche che si propagavano dal basso ventre fin su tutto il corpo. L'orgasmo le esplose nel momento in cui sentì Jeff emettere un sospiro più profondo, roco, segno che fosse arrivato al Nirvana, e quel suono così soave, roco, sensuale e osceno, la fece inarcare, schiudere la bocca per il piacere e arricciare le dita dei piedi. Chiuse gli occhi, vedendo mille lucine sotto le sue palpebre, mentre si ritrovava a bloccare il respiro nel diaframma, concentrandosi del sentire a pieno quella goduriosa sensazione di piacere, sostituita subito da un'immensa sensazione di rilassamento.
Si lasciò andare, respirando affannosamente contro la spalla di Jeff, mentre lui le lasciava i polsi per posizionare i gomiti accanto al suo viso, cercando anche lui di regolarizzare il respiro.
Era ancora vestito, e non era sicura che si fosse minimamente spogliato, se non per abbassarsi gli skinny e gli slip per penetrarla.
Ripensandoci, ora che aveva la mente libera da ogni pensiero, si rese conto che lui, ogni qual volta aveva rapporti con lei non si era mai spogliato, mai, nemmeno per togliersi la maglia.
Che lo ritenesse superficiale? Magari gli piaceva farlo da vestito, ma in quel caso non le sembrava giusto, poiché già non voleva essere toccato, poi le negava la vista del suo corpo nudo, facendola sentire una povera illusa.
Sì, perché lei era solo una povera illusa. Che cosa pretendeva? Che facesse l'amore con lei, totalmente nudo, sussurrandole che l'amava?
Fantasie. Erano solo effimere fantasie di una ragazzina, e lei se ne vergognò tantissimo, poiché non poteva lasciarsi andare a certi pensieri alla veneranda età di ventuno anni.
Sentì il corpo di Jeff spostarsi al suo fianco, dando le spalle alla finestra, restando fermo e immobile dopo aver regolarizzato il respiro.
Non fiatò minimamente, ma lei ebbe come la sensazione che la stesse fissando in silenzio, nel buio.
Che potesse realmente vederci qualcosa nell'oscurità? Bah, lo sapeva solo lui.
Lei in confronto si sentiva una talpa, non vedeva un cazzo. Dannazione a lei e alla sua stupida idea di abbassare quella cavolo di serranda. La prossima volta l'avrebbe lasciata spalancata, così che avesse potuto vederlo e fanculo i ladri.
Si girò di fianco, mettendosi di fronte a lui, sentendone il respiro caldo schiantarsi contro il suo. Si morse il labbro, indecisa se parlargli o meno.
Che cosa avrebbe potuto dirgli?
<< Come sei entrato questa volta? >> sussurrò, con un tono divertito, sorridendo come una cretina al buio.
Lui respirò profondamente, prima di parlarle.
<< Segreti del mestiere, ragazzina. >> le mormorò roco, dopo un po'.
Lei mugolò leggermente, azzardandosi ad avvicinarsi più a lui, per un breve contatto contro il suo corpo. Aveva avvertito i brividi non appena la sua voce roca l'era entrata nelle orecchie. In più era ancora nuda, mentre lui era vestito.
Fortunatamente Jeff non si mosse quando lei si fece più vicina, poggiando leggermente la fronte contro il suo petto, restando in silenzio.
<< Domani metteranno le telecamere e l'allarme >> mormorò nuovamente lei, con voce strascicata per via del sonno che improvvisamente le fece capolino.
<< Per chi mi hai preso? Non è la prima volta che faccio irruzione in una casa >> continuò lui, in tono secco.
Lei annuì, emettendo un piccolo mormorio, quasi simile al miagolio di un gatto, facendosi piccola contro di lui.
Restarono in silenzio per un bel po', tanto che Nora rischiò di addormentarsi come una scema, accanto al corpo caldo di Jeff.
Era così caldo, chissà come sarebbe stata la sensazione della sua pelle contro la sua in un momento come quello. L'avrebbe scaldata quanto una coperta con un solo abbraccio?
Sospirò, scacciando subito quei pensieri, pensando che forse, continuando così sarebbe impazzita.
Improvvisamente lo sentì muoversi, e lei agì d'istinto, sfiorandogli il braccio, quasi a volerlo fermare nel mettersi seduto.
<< Vai già via? >> mormorò con voce flebile, che per lui, potrebbe benissimo sembrargli addormentata ma che per lei invece, era spezzata, quasi a trattenersi nel piangere.
Non voleva andasse subito via, ma di certo non poteva obbligarlo a restare. Non ci sarebbe riuscita nemmeno volendo.
<< Ho da fare >> rispose seccamente, come l'ultima volta d'altronde.
Aveva sempre da fare. Chissà cosa doveva fare.
Si sentì immediatamente triste e abbandonata, come l'ultima volta. Ormai doveva farci l'abitudine, eppure ogni volta non ci riusciva, stava sempre male e le veniva sempre da piangere, e questo la infastidiva poiché non si sentiva una donna ma una ragazzina.
<< Non puoi restare un altro po'? >> mormorò, con voce implorante.
Patetica. Era solo patetica, si stava comportando davvero come una ragazzina e chissà che cosa pensava lui in quel momento.
Sentì il movimento dei suoi pantaloni che venivano tirati su e l'immancabile tintinnio della cinta che veniva allacciata.
<< Per fare cosa? >> sibilò velocemente, quasi infastidito.
Se avesse potuto guardarlo in faccia, avrebbe potuto giurare a se stessa che avesse sollevato un sopracciglio infastidito. E come dargli torto? Aveva ragione.
Per quale motivo sarebbe dovuto rimanere? La scopata l'aveva avuta, entrambi erano soddisfatti, per cui, che cosa avrebbe dovuto fare con lei in quel letto?
Avrebbe mai potuto un ragazzo come lui, dormirle accanto? O magari farle le coccole?
Impossibile.
Restò in silenzio, rannicchiandosi su se stessa, trattenendo la voglia di piangere mentre avvertiva il freddo accanto al suo corpo nudo, sentendo Jeff mettersi in piedi.
Aveva ragione lui. Lei era solo una mocciosa che si stava immaginando cose irreali. Doveva smetterla cazzo! Smetterla con quegli assurdi pensieri d'amore, nella ricerca delle sue carezze o di una sua parola dolce nei suoi confronti. La verità era che lei fosse solo un giocattolo che Jeffrey stava utilizzando e che prima o poi, quando un giorno si stancherà, l'avrebbe uccisa per togliersi dalle scatole un peso inutile come lei. Così dall'essere sicuro d'avere il suo silenzio per sempre.
Chiuse gli occhi, affinando l'udito, sentendolo incamminarsi silenzioso e velocemente verso la porta, aprendola -non si sa come- lentamente senza farla cigolare, sgattaiolando via, senza nemmeno salutarla.
Restò così per un bel po', finché non ebbe la conferma che fosse definitivamente andato via. A quel punto pianse, in silenzio, lasciando che le lacrime le bagnassero le braccia e il cuscino, fregandosene della pelle d'oca del suo corpo.
Era solo una stupida, ecco cosa. E avrebbe dovuto darci un taglio, o Jeff l'avrebbe distrutta emotivamente.
Si asciugò in fretta le lacrime, afferrando il cellulare facendosi luce per poter cercare i fazzoletti. Si soffiò il naso per ben due volte, quando un messaggio vocale su Whats'app attirò la sua attenzione.
Tanto era già sveglia, per cui decise di ascoltarlo.
Era di Nathan.
Sospirò. Quel ragazzo iniziava ad essere veramente insistente.
Lo fece partire, mettendo subito il cellulare all'orecchio.
<< Nora, Nora, Nora, Nora...>> ridacchiò subito dopo, quasi fosse contento della cantilena appena espressa.
<< Sai, mi sono perso. Ma non ti preoccupare, dovrei essere ancora alla confraternita >> borbottò, con voce strascicata, chiaramente ubriaco.
Si susseguì il silenzio, poi subito dopo il rumore affannoso di un respiro.
<< Mi sono offeso. Perché non sei qui? Ti ho aspettata tutta la serata, e tu non sei venuta. Pecché? >> Borbottò, mangiandosi alcune parole verso la fine.
Oh, Gesù Cristo, qualcuno lo aiuti.
Era completamente ubriaco.
<< Ad ogni modo, sono sdraiato su una panchina. Non so dove mi trovo, tu lo sai? >> E rise, singhiozzando di tanto in tanto.
Santa Maddalena!
Che cosa le toccava sentire a quell'ora.
Erano le due del mattino cavolo.
Decise di chiamarlo, sperando rispondesse.
<< Plonto? >> borbottò una voce strascicata.
<< Nath. Sono Nora, dove sei esattamente? >> mormorò cercando di non fare casino.
Quello invece strillò il suo nome, spaccandole quasi un timpano per poi scoppiare a ridere.
<< Ma non lo so! Forse lo sai tu? >>
Nora alzò gli occhi al cielo, alzandosi dal letto. Incastrò il cellulare tra la spalla e l'orecchio, mentre si dirigeva verso l'armadio, infilandosi un paio di leggings neri da palestra e una maglia larga dei Linkin Park.
<< Ascoltami bene Nath. Cosa vedi attorno a te? >> chiese con voce bambinesca, cercando di convincerlo a farsi dire qualsiasi indizio che potesse aiutare a ritrovare quel coglione.
<< Mh. Degli alberi, e una strada, credo. Perché? >> borbottò, tossendo subito dopo.
Sentì dei rantoli, e poi un suono simile a dei liquidi che venivano versati sul pavimento.
<< Nath? Nath, stai bene? >> Domandò, finendo di mettersi delle scarpe da ginnastica molto comode. Afferrò il suo piccolo marsupio Gucci e ci infilò dentro il portafogli, i fazzoletti e le chiavi di casa, dirigendosi a grandi falcate verso la porta d'ingresso.
Stava facendo una grande stronzata, mettendosi in mezzo a problemi che non erano minimamente suoi, ma quel coglione era ubriaco e si era perso, chissà che cosa avrebbe potuto fare se nessuno l'avesse recuperato entro poche ore.
<< Sì. Ho vomitato >> borbottò, grugnendo subito dopo.
Lei sospirò.
<< Sto arrivando. Dimmi cos'altro vedi. >>
Si incamminò per le vie primarie della periferia, arrivando velocemente in città affrettando il passo. Infondo erano le due di mattina, e chissà chi avrebbe potuto incontrare.
<< Degli alberi? >> borbottò.
<< Me lo hai già detto >> sbuffò.
L'unica cosa che riuscì ad intuire fu il fatto che lui quella sera aveva partecipato alla festa della confraternita e che quindi non avrebbe potuto allontanarsi più di tanto in quelle condizioni.
Per cui fece rotta verso la casa della confraternita, arrivando in quindici minuti a passo svelto. Si guardò intorno trovando molta gente ubriaca che parlava da sola, o gente buttata sul prato addormentata, mentre all'interno della casa rimbombava una musica ad alto volume.
Storse il naso.
E lei avrebbe dovuto partecipare a quello scempio? No, grazie, poteva farne a meno.
Tirò diritto, avviandosi verso il sentiero fatto di alberi, dove ci trovò alcune panchine poste a diversi metri di distanza l'una dall'altra, finché non scorse una figura completamente sdraiata supina su una di esse.
<< Ti ho trovato >> sospirò, chiudendo la chiamata.
Si avvicinò al ragazzo che nel frattempo sembrava morto sulla panchina e lo scosse leggermente. Ai piedi di essa c'era veramente una chiazza di vomito sul pavimento e lei storse il naso, distogliendo subito lo sguardo.
Che schifo. Odiava quello schifoso odore di acido.
<< Nath? >> Mormorò, scuotendolo nuovamente.
Quello aprì prima un occhio, poi l'altro. Batté le palpebre e si tirò su pian piano.
<< Nora >> Sussurrò, con voce rauca.
<< Mi fa male lo stomaco e ho mal di testa >> continuò, afferrandole i polsi tirandosela quasi addosso. Per fortuna lei piantò con forza i piedi sul pavimento, facendo leva con le gambe nella direzione opposta.
<< Immagino. Ma quanto hai bevuto? Ti rendi conto di che ore sono? >> Lo rimproverò, alzando un po' la voce.
Lui aggrottò le sopracciglia, infastidito, lasciandole i polsi.
<< Non urlare. Mi fa male la testa >> Brontolò, cercando di alzarsi.
Lei sospirò.
Ma in che guaio si era andata a cacciare? Avrebbe potuto semplicemente chiamare uno dei ragazzi del suo gruppo Universitario chiedendogli di aiutarlo, già, ma chi l'avrebbe assicurata che fossero tutti lucidi e non ubriachi come lui? Nessuno, appunto.
Per cui avrebbe dovuto fare un gesto d'altruismo e aiutare quel povero deficiente.
<< Su, vieni, ti accompagno a casa >> mormorò, prendendogli un braccio e tirandoselo vicino.
Era pensante cazzo! E ci impiegò quasi mezz'ora per riportarlo alla sua macchina. Lo fece stendere nei sedili dietro mentre lei gli prese le chiavi e si mise al posto di guidatore.
Parcheggiò poco vicino casa sua, spegnendo l'auto e facendo il giro.
Aprì la portiera e iniziò a scuoterlo. Nathan aprì gli occhi, sollevandosi e buttandosi quasi su di lei.
<< Nora >> mormorò, abbracciandosela una volta fuori dall'auto.
<< Nath, come ti senti? >> domandò, carezzandogli leggermente la schiena.
<< Meglio, sono più lucido. Scusami, ho esagerato con l'alcol >> mormorò, allontanandosi lentamente da lei.
Nora gli sorrise, facendo un passo indietro.
<< Sono contenta. Ti ho riportato a casa, ecco le chiavi. >> Gliele porse e lui le afferrò, infilandosele in tasca.
<< Tu...>> mormorò, abbassando lo sguardo. << Sei venuta fin qui per me >> continuò, sollevandolo subito, per fissarla imbarazzato.
Solo allora si rese realmente conto delle sue azioni.
Cazzo, avrebbe potuto fraintenderla allegramente, quando lei l'aveva fatto semplicemente perché era suo amico, coglione, ma era pur sempre suo amico.
<< Ehm, sì. L'ho fatto perché hai chiamato me e...non ero sicura che gli altri fossero lucidi, per cui...>> mormorò velocemente, facendo un altro passo indietro, imbarazzata.
Ma chi glielo aveva fatto fare a lei? Avrebbe dovuto ignorare quel cavolo di messaggio vocale. Tutta colpa di Jeff che la faceva star male!
Lui sospirò avvicinandosi a lei.
<< Ascolta Nora, io devo dirti una cosa >> Iniziò, afferrandole un polso.
Lei fece scattare lo sguardo sulla presa, temendo l'inevitabile.
Sperò soltanto che non avesse intenzione di dichiararsi lì, in quel posto isolato, ancora mezzo ubriaco a quell'ora tarda della notte.
<< Ehm, Nath ascolta, forse è meglio se me lo dici domani. Perché non vai a riposarti? >>
La periferia era deserta a quell'ora e loro erano soli, senza contare che lei avrebbe dovuto fare dietro front e tornarsene a casa sua a passo svelto. Per cui doveva sbrigarsi a farlo ritornare a casa sua.
<< Non posso. Domani non ne avrò il coraggio >> mormorò, tirandosela addosso.
Lei boccheggiò, sgranando gli occhi.
Cazzo. Era come temeva.
Nathan provava davvero qualcosa per lei, e lei tutta stupida cosa aveva fatto? Gli aveva visti i segnali ma aveva deciso di ignorarli poiché era l'unico modo per fargli capire che lei non era interessata a lui, ma a quanto poteva dedurre in quel momento, Nathan non aveva colto nulla.
Tipico dei maschi.
<< No, sul serio Nathan, forse è meglio se vai a dormire >> Cercò di staccarsi da lui, ma il ragazzo la strinse più forte.
<< No, Nora ti prego. Io...io voglio stare con te. Mi piaci capisci? Io...credo di essermi innamorato di te dalla prima volta che ti ho visto, quando ci siamo conosciuti nel bar dell'Università. Ti prego Nora, non rifiutarmi, non so cosa fare per fartelo capire. Ti voglio capisci? >> Parlò in fretta, con voce disperata e lamentosa, mentre lei cercava di staccarsi.
<< Nath, lasciami. Prometto che ne riparleremo domani, ma adesso è tardi >> portò le mani sul suo petto, facendoci pressione cercando di spingerlo dal lato opposto al suo, mentre lui scuoteva la testa violentemente.
<< Non voglio! Vieni a casa con me. Dormi con me. Resta con me. Non ti farò soffrire, lo prometto >> La strinse con più forza, parlando velocemente alzando la voce.
<< Nath. Lasciami! >> sibilò lei, alzando la voce seriamente.
<< ORA! >> tuonò, utilizzando un tono fermo e deciso, sperando di non farsi sentire da tutto il vicinato.
<< No. Non voglio. Ti prego Nora >> supplicò, sembrando quasi un bambino che fa i capricci. Lei riuscì a divincolarsi, ansimando velocemente, facendo due passi indietro.
Allungò le mani davanti a sé, cercando di farlo ragionare.
<< Nathan, ascoltami: ora tu torni a casa e domani parleremo di tutto questo, te lo prometto >> Affermò, portandosi una mano sul petto, facendogli capire che stesse dicendo sul serio.
Lui scosse la testa, facendo dei passi avanti, allungando le braccia verso di lei, assumendo un'espressione disperata.
<< Non voglio. Ti voglio ora. Dimmi che mi ami, ti prego...>> fece altri passi in avanti e lei ne fece altrettanti indietro.
Lei scosse la testa, esasperata.
<< Sei ubriaco Nathan, per l'amor del cielo! Tornatene a casa tua e fatti una dormita. Ho detto che ne parleremo domani, ok? >> sputò velocemente, esausta da quel teatrino.
Fece un ulteriore passo indietro quando Nathan scattò, saltandole quasi addosso, attaccando le labbra sulle sue in un bacio disperato. La strinse possessivamente, quasi come lo faceva Jeff, per paura che potesse scappare via e lei sgranò gli occhi sorpresa.
Doveva aspettarsela una scenata del genere, era stata una stupida a pensare di riuscire a evitarlo.
Fece pressione con i gomiti contro il suo addome, cercando di scrollarselo di dosso, finché riuscì a staccarsi dal bacio.
<< Basta Nathan, davvero. Lasciami adesso! >> tuonò, cercando di evitare le labbra di lui che cercavano le sue disperatamente.
<< No! Non voglio! Devi baciarmi. Ne ho bisogno >> Sussurrò disperato, strattonandola tra le braccia, quasi fosse una bambola di pezza, riuscendo ad incollare nuovamente le loro labbra, nonostante lei ci stesse mettendo tutte le sue forze per toglierselo di dosso.
Purtroppo lui era il doppio di lei, muscoloso, mentre lei era la metà e avrebbe potuto spezzarla come un grissino se solo avesse voluto.
Sbatté i pugni sul suo petto, cercando di divincolarsi, mugolando con forza contro le sue labbra, girando il viso a destra e a sinistra per staccarsi da lui.
<< Basta! >> strillò esasperata, divincolandosi come una pazza.
Ora ne aveva abbastanza. La stava esasperando e sinceramente stava iniziando ad avere paura di lui, poiché la situazione andava peggiorando ogni minuto di più.
Improvvisamente Nath si bloccò, poiché qualcuno lo afferrò per il collo e glielo tirò di dosso come se fosse stato di marzapane.
La scena che le si presentò davanti fu alquanto scioccante, poiché si ritrovò Jeff che con estrema rapidità mollò un pugno in faccia a Nathan, che ubriaco qual era, cascò per terra.
Sgranò gli occhi, boccheggiando peggio di un pesce fuori dall'acqua. Tutto si sarebbe aspettata, tranne che Jeff comparisse all'improvviso per ''salvarla'' dalla presa di Nathan.
<< Che cazzo...>> Nathan fece per rimettersi in piedi, quando Jeff gli si gettò contro, balzandogli a cavalcioni, iniziando a colpirlo con una raffica di pugni sul viso, tanto da non lasciarlo respirare.
Sentì le gambe tremarle dalla paura, mentre una scarica di adrenalina si propagò per tutto l'addome e fu proprio quella che la fece scattare, avvicinandosi velocemente a Jeff cercando di fermarlo.
<< Jeff, ti prego fermati! E' ubriaco! Non voleva farmi del male! >> lo implorò, vedendo il viso di Nathan completamente avvolto dal sangue, per via dei continui pugni che Jeff nonostante le sue proteste, continuava a infliggergli.
Ora stava piangendo, vedendo Nathan che non riusciva nemmeno a reagire, troppo stordito dai pugni. Aveva il naso gonfio e zuppo di sangue, gli occhi gonfi e le sopracciglia spaccate da alcuni tagli. Le labbra erano sanguinanti dalle quali il ragazzo sputava sangue.
Singhiozzò, con le lacrime che le offuscarono la vista, cercando di fermare Jeff, ma in cambio ricevette uno spintone da lui, così forte che la fece cadere all'indietro.
Cercò di rialzarsi, presa dal panico, mentre il moro continuava a picchiarlo, sporcandosi i vestiti e le mani del sangue di Nathan, mentre lei si sentì così dannatamente in colpa.
Era colpa sua. Tutta sua.
Se lei non fosse andata a prenderlo forse adesso Nathan sarebbe stato bene, invece era inerme, per terra, che boccheggiava cercando di fermare Jeff.
<< Jeff ti prego! >> singhiozzò, tra le lacrime, sentendo il respiro mancarle per via dei singhiozzi.
<< Jeff Basta! Basta! >> quasi urlò, anche se dalla paura e dall'agitazione, le uscirono solo delle parole sibilanti, quasi soffocate dai singhiozzi.
Vide Nathan portare lo sguardo su di lei, allungando una mano nella sua direzione, muovendo l'indice, ma fu fermato da un altro pugno violento di Jeff, che in quel momento aveva un'espressione gelida sul volto, sera, quasi torva, infastidita.
<< Nathan...perdonami >> singhiozzò lei, cercando di avvicinarsi, ma l'occhiataccia che le lanciò Jeff, le fece così paura che tremò sul posto.
Del ragazzo che aveva conosciuto quei giorni non c'era traccia. Quello non sembrava nemmeno Jeff, era un altro. Quegli occhi lipidi erano glaciali, duri come il diamante, e quell'espressione così minacciosa, con le sopracciglia aggrottate, la fecero singhiozzare ancora di più.
<< Resta lì, o ammazzo anche te >> Sibilò con voce secca, tagliente, mentre lei scuoteva la testa, continuando a implorarlo di lasciare Nathan.
Lui la ignorò, afferrando con la mano sinistra i capelli corti del ragazzo, inchiodandogli la testa sul asfalto. Il castano non si mosse, ansimando con la bocca aperta, poiché il naso gonfio dal quale sgorgava sangue, gli impediva di respirare normalmente. Sembrava confuso e a tratti lucido, non ci stava capendo nulla e il dolore dovuto allo stordimento lo avevano reso innocuo.
Nora continuò a piangere, mentre Jeff avvicinò il volto a quello di Nathan, sorridendo in modo inquietante.
<< Ecco cosa succede quando si tocca qualcosa di mio >> sibilò, in modo tale che il castano potesse sentirlo chiaramente, mentre Nora scuoteva la testa singhiozzando.
<< Jeff...>> lo chiamò per l'ennesima volta lei, cercando di avvicinarsi.
<< Per favore, farò tutto quello che vuoi ma lascialo, ti prego >> singhiozzò tra le lacrime, continuando ad asciugarsi il volto per poter vedere i due, ancora in quella posizione.
<< Sta zitta! >> tuonò seccamente lui, urlando contro il viso di Nathan mentre estraeva il coltello dalla tasca larga della maglia bianca, non guardandola minimamente.
Nora singhiozzò più forte, coprendosi il volto, pregando tutti i santi che conosceva in quel momento di aiutarla. Jeff non l'ascoltava e sembrava proprio intenzionato ad uccidere Nathan e lei non sapeva cosa fare. Era impossibilitata, non poteva fare nulla contro Jeff, era armato e qualsiasi tentativo avrebbe potuto fare, sarebbe finito male, poiché lui non la lasciava avvicinare. Aveva fottutamente paura, per se stessa e per Nathan ma non riusciva a muovere un muscolo, era paralizzata.
Si sentiva così impotente, patetica, inutile.
Non era possibile tutto quello. Era solo un fottuto sogno, sicuramente stava facendo un altro incubo e tra pochi minuti si sarebbe svegliata nel suo letto, con il miagolio del piccolo Karma a svegliarla.
Scostò le mani dal volto, implorando Jeff per l'ennesima volta, venendo ignorata nuovamente.
<< E riguardo a te >> Jeff ghignò, stringendo con più forza i capelli del ragazzo, mentre tentava di muoversi.
<< Torna a dormire, fottuto figlio di puttana! >> E sollevò il coltello da cucina, e in quel momento Nora avvertì un lampo nelle budella, così forte che la fece irrigidire.
Quasi vide tutto nero, quando questo si schiantò con forza nel Pomo di Adamo di Nathan, conficcandosi il più possibile nella carne, emettendo un suono sordo.
Jeff sempre ghignando, fece pressione con il manico nel coltello, tirandolo verso il basso, squarciandogli la gola a metà come se in realtà stesse tagliando una semplice fettina di pollo, creando un suono viscido misto a un altro suono cruento, dandole l'impressione di avergli lacerato le corde vocali, la laringe e l'esofago.
Scioccata, iniziò a tremare violentemente mentre nell'aria si propagava il suono secco della carne che veniva tagliuzzata. Fissò il volto di Nathan fermo e immobile in un'espressione di sorpresa, aveva gli occhi sgranati e la bocca aperta, forse per urlare per chiedere aiuto, cosa che lei non aveva fatto. Ma ora, con la gola lacerata e il lungo taglio che gli si propagava verso lo sterno, Nathan non poteva fare più nulla. Non respirava più.
Era immobile, così come lei, che lo fissava a bocca aperta, tremante e con gli occhi sgranati.
Avvertì dolore alle palpebre da quanto le aveva sgranate, e non ricordò nemmeno se avesse battuto o meno le ciglia, ma la vista di tutto quel sangue, dell'immensa pozza che si stava creando sotto Jeff e vicino a lei, la fece indietreggiare sconvolta.
Nathan...era...
Morto.
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