Capitolo IV
Si sentiva uno gnomo da giardino in quella posizione. Ma quanto cazzo era alto?
Lei era 1.68, e le arrivava al petto, mentre lui addirittura, gli posava il mento sulla testa, quasi a farlo apposta per farla sentire piccola.
Era quasi tentata di dirglielo, e mentre ci pensava sentì il dolore diminuirle, lasciandole respirare più tranquillamente.
<< Senti Jeff...>> mormorò, lasciando le mani dal suo addome e posandogliele attorno alla sua vita, in un minuscolo tentativo di abbracciarlo.
Lui per fortuna la lasciò fare, lasciando che le braccia di lei si chiudessero attorno al bacino.
Nora sapeva di essere perfettamente pazza, che una persona normale dopo una violenza del genere avrebbe già fatto le valigie per fuggire in Papua Nuova Guinea. Ma lei era fottutamente attratta da lui, malata, desiderosa di sentire le mani di Jeff sul suo corpo, e di sentire le loro labbra schiantarsi in un bacio rude e famelico. E poco le importava se avesse ricevuto un altro calcio, bastava imparare a tenere a freno la lingua e lui si sarebbe comportato tranquillamente. O almeno così pensava, poiché lui con il suo bipolarismo era imprevedibile.
<< Ma quanto sei alto? Mi fai sentire un tappo >> borbottò contro il suo petto, troppo velocemente, sperando che l'avesse capita.
Lui sbuffò una verso divertito, prendendo a respirare con tranquillità, poiché prima aveva il respiro pesante e affannoso per la rabbia.
<< Che cazzo ne so! 1.93 credo, non mi vado di certo a misurare >> Se ne uscì, secco e scorbutico con un grugnito.
Nora sgranò gli occhi, tirando la testa indietro per fissarlo negli occhi sconvolta. Emettendo un: ''Cosa?!'' disumano, alzando di un'ottava la voce.
Lui la fissò seriamente, inclinando leggermente la testa di lato, prendendo a leccarsi il labbro inferiore molto lentamente.
Lo faceva a posta? La voleva far impazzire?
Troppi sentimenti contrastanti in un minuscolo corpo come il suo, la stavano facendo impazzire. Quasi esplodeva e quella lingua dannazione...
Le ricordava l'episodio nel bagno, quando l'aveva leccata senza pensarci due volte, facendole quei movimenti orizzontali che l'avevano lasciata senza parole.
Basta. Doveva smetterla, o avrebbe peggiorato la situazione.
Si riavvicinò con il viso, posando il mento sul petto di lui, costringendolo ad abbassare il capo per fissarla negli occhi.
<< Se ti facessi una domanda, ti arrabbieresti? >> mormorò, cercando di usare un tono dolce, quasi bimbesco, per evitare di farlo arrabbiare o irritare ulteriormente.
Lui corrugò le sopracciglia, fissandola con quei cazzo di occhi meravigliosi, che le stavano facendo tremare le gambe.
<< Dipende dalla domanda >> rispose secco, distendendo le sopracciglia e sollevandone uno, quello sinistro, invogliandola a continuare.
Lei deglutì, pensando se fosse una buona dirglielo oppure no.
<< Se non vuoi rispondere sei libero di non farlo >> si affrettò a dirgli, non distogliendo lo sguardo da quello freddo e chiaro di lui.
<< Dilla e basta >> grugnì, arricciando il naso, iniziando ad irritarsi.
Lei sospirò lentamente, mentre muoveva piano le mani sulla bassa schiena di lui, cercando di calmarlo il più possibile. Ci mancava che si arrabbiasse subito e la picchiasse nuovamente.
<< Perché mi hai regalato Karma? >> mormorò, sentendo le gote andarle a fuoco, facendogli una domanda così ''intima'' per lei.
Era importante, e voleva saperlo, poiché le parole di Riley le ronzavano in testa come una zanzara fastidiosa, e finché lui non le avesse fornito una spiegazione soddisfacente non sarebbero andare via dal cervello.
'' << Perché scusa? Ti ha regalato un gatto. Se non gli interessassi minimamente, non lo avrebbe mai fatto, ti pare? >> ''
E fu proprio quella piccola speranza ad accenderle la voglia di porgergli la domanda, perché se Jeff avesse in qualche modo tentato, con frasi anche criptate, nel farle capire che fosse interessato a lei, -non sessualmente, perché quello era scontato- allora lei, come una deficiente avrebbe dimenticato tutto quello che lui le aveva fatto in quei giorni e le sarebbe saltata al collo, limonandoselo per bene, e fanculo la sanità mentale.
Ma voleva esserne sicura. Avere un qualche indizio, o un piccolo input da parte sua, che l'avrebbe aiutata a farle capire cosa provasse per lei, o se provasse qualcosa per lei.
Lui sbuffò, abbandonando la presa su di lei, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
<< Te l'ho già detto prima. Non farmi ripetere >> asserì, gelido.
Prima? Prima quando?
Le aveva detto il motivo per cui le aveva regalato Karma?
Lo fissò, sbattendo le palpebre confusa, cercando di ricordarsi quando cavolo le avrebbe detto una cosa del genere.
''<< Chissà perché questo qui, invece, si è ritrovato nel posto giusto al momento giusto. Sai, ho pensato subito a te, mocciosetta. >>
<< Sei come lui. Chissà perché, sei riuscita a scampare alla morte >> ''
Sgranò gli occhi, ricordando subito quelle due piccole frasi, vedendolo alzare gli occhi al cielo, annoiato. Forse perché aveva intuito che lei ci fosse arrivata con il cervello.
Lei lo fissò di sottecchi, sotto le ciglia castane.
Ma chissà perché non la convinceva per niente. Non era affatto una motivazione valida per regalarle un micio. Certo, aveva pensato a lei quando lo aveva visto, ma cosa l'aveva spinto a prenderlo e portarlo da lei, invece che lasciarlo lì a morire di fame?
No, non l'avrebbe bevuta quella stronzata. Ma aveva paura nel dirglielo.
<< Tu mi hai detto come l'hai trovato. Non perché me l'hai regalato >>
Fregato.
Adesso voleva proprio vedere che cosa le rispondeva. Lo Stregatto che risiedeva in lei le stava facendo un applauso sonoro, per essere riuscita a dirgli una cosa del genere.
Lui sollevò il mento, guardandola seriamente dall'alto verso il basso, prendendo aria dalle narici.
Oh, adesso sperava solo non si incazzasse con lei. Ma poteva farlo? Mica gli aveva detto qualcosa di offensivo o cattivo da farlo irritare, voleva solo sapere la verità.
<< Mi andava e basta. Non c'è una ragione >>
Mi andava e basta, non c'è una ragione...
Mi andava e basta, non c'è una ragione...
Ma...ma...
Che cavolo di risposta era quella?!
Si morse la lingua per non irritarsi, sentendo il fastidio aumentarle nel petto, così forte da volerlo picchiare.
Non poteva crederci che si fosse giustificato con una cazzo di frase del genere.
Lui ghignò, probabilmente divertito dall'espressione sconvolta del suo viso.
<< Cosa c'è? Pensavi ci fosse altro? >> Il ghigno scomparì, e lui chinò il capo avvicinando i loro nasi, tant'è che Nora sentì il suo respiro infrangersi contro la sua pelle.
<< Non montarti la testa ragazzina >> Le soffiò, inclinando leggermente il capo e schiudendo le labbra, sfiorandogliele, facendo quasi per baciarla, ma non lo fece.
Si pregustò la sua espressione beata, quasi ipnotizzata dai suoi gesti e Nora si sentì una totale cretina per essersi fatta fregare in quel modo, sembrando ai suoi occhi una ragazzina innamorata.
Lui ghignò, ridacchiando divertito.
Ma vaffanculo, stronzo.
Lei distolse lo sguardo, troppo infastidita e imbarazzata per parlare, anche perché se lo avesse fatto, lo avrebbe insultato per bene suscitandone solo l'ira del ragazzo, e Dio solo sapeva di cosa fosse in grado di farle all'estremo della sua rabbia.
<< Comunque sappi che non mi hai convinto >> borbottò lei, sfilando le braccia dal suo bacino per incrociarle sotto il seno, ignorando subito dopo la fitta di dolore nell'addome dettata dal movimento brusco.
Lui non si allontanò minimamente da quella posizione, ma smise di ridacchiare, fissandola seriamente.
<< Cazzi tuoi >> sibilò, per poi rimettersi dritto e fare un passo indietro. E come se nulla fosse girò i tacchi, incamminandosi fuori dalla cucina, girando subito a destra.
<< Ma...Jeff! >> Lo chiamò sconvolta.
Adesso dove stava andando?
Lo seguì immediatamente, dirigendosi verso l'entrata del grande salotto, vedendolo uscire dalla porta che si interfacciava con il giardino, fulmineo, e sparire alla sua vista.
Ecco da dove era entrato.
Proprio in quel momento la porta di casa si aprì, rivelando le figure di sua madre e sua sorella, che sorridenti rientravano, sicuramente con buone notizie.
Ma era un segugio? Che Jeff avesse sentito l'arrivo dei suoi parenti?
Era migliore di lei in quanto a udito sviluppato, incredibile.
<< Ti senti bene? >> domandò sua madre, avvicinandosi velocemente a lei.
Ehm...no? Aveva bisogno di sedute psichiatriche e di farsi vedere da un dottore per il calcio ricevuto da Jeff, ma ovviamente non glielo poteva mica dire.
<< Sì, ovvio. >>
Sua sorella si avvicinò fulminea, abbassandosi subito dopo dietro di lei, per poi sollevarsi con un mega sorriso sulle labbra e Karma tra le braccia.
<< Ma ciao piccola peste. Ti è mancata la zia? >> se ne uscì iniziando a parlare con una vocetta fastidiosa, simile a quelle che si usano per parlare con i bambini.
<< Figurati se gli mancassi. >> la sfotté lei, ricevendo un'occhiataccia di risposta.
<< Ti sei fatta i pancake? >> Le domandò sua madre, entrando in cucina.
Già, poveri Pancake. Sicuramente saranno diventati gelidi, come il cuore di una certa persona dagli occhi grigio azzurri, che non voleva nominare.
<< Sì, ma poi ho iniziato a giocare con Karma e ho perso la cognizione del tempo >>
Che bugiarda stava diventando. Lo era già prima, ma con l'arrivo di Jeff lo stava diventando ancor di più, non che potesse fare altrimenti.
<< Stai mangiando troppi dolci ultimamente, vedi di darti una regolata o ti verrà il diabete giovanile >> continuò quella, iniziando a farle una ramanzina sul cibo sano e bla, bla, bla.
<< Sì, sì, hai ragione. Cambiando discorso, com'è andata alla stazione di polizia? >>
Sua sorella si sedette sulla sedia della cucina, tenendo Karma tra le braccia.
<< Hanno detto che possiamo ritornare a casa, ci hanno dato le chiavi e ciliegina sulla torta, ci hanno ripulito il soggiorno, sai, per quello...>> mormorò, facendole intendere subito a cosa si riferisse.
<< Secondo il commissario possiamo tornarci oggi stesso, e ci hanno raccomandato di installare delle telecamere di sorveglianza >> continuò sua madre.
Cos...Oh, cazzo.
<< Telecamere? Non sarebbe meglio un allarme? >> domandò leggermente nervosa, iniziando a spostare il peso da una gamba all'altra.
<< Metteremo anche quello, stanne sicura. Appena torna a casa papà questa sera, ne parleremo. Voi mi raccomando, iniziate a fare le valige perché domani torniamo a casa. Abbiamo disturbato abbastanza >>
Nora sollevò gli occhi al soffitto. Ma che rompi coglioni che era sua madre. Ma figurarsi se a suo zio desse fastidio la loro presenza, anzi, fino a poco tempo fa se ne stava tutto solo a farsi chissà che pippe mentali da scapolo single ma da quando c'erano loro era diventato più allegro del solito.
Lei sbuffò, annuendo.
<< Che ne dite se per festeggiare compriamo qualcosa dal McDonald's ? >> domandò euforica Riley, fissando entrambe con un sorrisone.
<< Oh, SI!! >>
Nora iniziò a saltellare come una pazza, per poi bloccarsi di colpo per via delle fitte nell'addome.
Cazzo, l'aveva dimenticato.
<< Non starete mangiando troppe schifezze voi due? >> le rimproverò Susan, fissando le figlie con le sopracciglia aggrottate.
<< Una volta tanto non ci uccide. Sai della mia dieta >>
Pff...sì, dieta. Quando voleva lei la faceva, ma non riusciva a negarsi qualche sfizio.
<< Fate come volete, io non mangio cibo spazzatura >> Alzò le mani lei, mentre le due annuirono e si guardarono sorridendo.
°°°°
Il resto del pomeriggio l'aveva passato a studiare, finché non si fecero le ventidue e Riley l'aveva obbligata ad andare con lei al McDonald's, dicendole che non era la serva di nessuno e che se voleva qualcosa se lo doveva prendere da sola.
Che coglioni che era quella bionda tinta. Rompeva di continuo e le faceva i sermoni solo perché era la ''maggiore'', solo di anni però, di cervello era più piccola ovviamente.
Quando andarono al Mc, Nora prese una doppia porzione di patatine e delle Chicken McNuggets in più. Non sapeva perché, ma il suo cuore iniziò a batterle all'impazzata quando pensò di prendere delle cose in più per Jeff, qualora fosse tornato quella sera.
Non sapeva nemmeno se sarebbe tornato, ma dentro di sé ci sperava con tutta se stessa.
Com'era caduta in basso...
Si era fatta picchiare, e ora si ritrovava a pensarlo a tutte le ore con la speranza di rivederlo. Sicuramente soffriva della Sindrome di Stoccolma perché non riusciva a capacitarsi di provare attrazione per quegli occhi, quel viso, quelle mani rudi e quella voce roca.
Quando salì nella sua stanza, portandosi su il pranzo con la scusa che doveva assolutamente finire di studiare, sospirò pesantemente.
Andò in bagno a struccarsi, velocemente. E mentre si spogliava mettendosi i suoi pantaloncini verdi con i disegni degli avocado, si tolse la t-shirt per mettersi la canottiera bianca con il piccolo avocado verde disegnato sopra, bloccandosi di colpo.
In mezzo al busto, proprio sotto il seno, aveva una chiazza nera e grossa quanto un pugno.
Boccheggiò, fissando quell'orrore.
Le aveva fatto così male da crearle quell'enorme ematoma in mezzo al busto.
Lo sfiorò con le dita, sentendolo molto sensibile al tocco. Se solo ci avesse premuto sopra, sarebbe saltata dal dolore.
Emise un grosso sospiro rassegnato, prendendo dal Kit di pronto soccorso la crema per gli ematomi, prendendo a spalmarsela con delicatezza.
Se l'era meritato in effetti, forse anche di peggio per la stronzata che stava facendo. Non dire nulla ai suoi genitori, mentire a Riley, farsi scopare da Jeff per poi subire violenze fisiche da lui, era un grosso errore che mai nella vita una qualsiasi persona avrebbe il coraggio di fare. Eppure lei non riusciva a dirgli di no, ad opporsi.
Quando la guardava, sentiva le gambe molli, e il cuore le faceva le capriole nella gabbia toracica. Non poteva negare a se stessa di aver preso una cotta per Jeff, ma il problema era proprio lui.
Che cosa voleva da lei? Le aveva detto di aver cambiato idea nel ucciderla perché voleva divertirsi con lei, poi le regalava Karma, ma subito dopo cambiava idea e la picchiava.
Era rude e duro, come la pietra, e lei non sapeva minimamente cosa pensare, cosa fare. Sapeva solo di essere una combina guai e di mettersi sempre nei casini con lui.
Ma finché il guaio fosse stato la sua lingua lunga poteva ben capirlo, ma il suo bipolarismo no, perché era così imprevedibile tanto che lei avrebbe dovuto camminarci a fianco con i piedi di piombo, pur di non farlo arrabbiare.
Finì si spalmarsi la crema e si tirò giù la canotta, camminando mogia fino alla sua scrivania, sedendosi sulla sedia girevole a peso morto.
Mangiò in silenzio, gustandosi le sue patatine e qualche McNuggets, lasciando il panino e le restanti crocchette di pollo a Jeff, sperando arrivasse veramente. Perché lei non condivideva il cibo con nessuno, nemmeno con sua sorella quando si trattava di McDonald's, ma se solo pensava a Jeff e al suo corpo magro, e al suo viso spigoloso, le faceva così tanta tenerezza da volergli dare quasi tutto di se stessa, anche il cibo.
Chissà come se la cavava. Voleva tanto sapere se avesse una casa, se riusciva a mangiare come dovrebbe, cosa faceva nel tempo libero a parte uccidere, se avesse amici...
Insomma, voleva sapere tutto. Anche se chiedergli se avesse degli amici a un tipo come Jeff sarebbe stato come dire a un senza tetto se avesse una casa.
Quando ebbe finito controllò l'ora: le ventitré e trenta.
Troppo presto...
Si rimise davvero a studiare, finché il suo cervello non riuscì neppure a comprendere la stessa frase anche se l'aveva riletta almeno cinquanta volte, per cui chiuse tutto. Poggiandosi con la nuca contro lo schienale della sedia, chiudendo gli occhi.
Chissà se sarebbe venuto.
Nemmeno il tempo di pensarci che sentì la finestra alzarsi, molto lentamente, e lei poté sentire il cuore batterle all'impazzata.
Era tornato sul serio.
Guardò l'orologio: mezzanotte e quarantacinque.
Caspita aveva fatto tardi con lo studio. Corrugò le sopracciglia, mentre sentì Jeff entrarle nella stanza e richiudere la finestra.
Si girò verso di lui, con tutta la sedia girevole. Mostrandosi al ragazzo con quel adorabile pigiamino agli avocado verdi, le gambe accavallate e le mani posate una sull'altra sulle cosce.
Lo fissò torva. Sì, perché glielo avrebbe fatto vedere l'ematoma, giusto per fagli capire che non era stato solo un calcio, ma una martellata nell'addome.
Lui indossava gli stessi vestiti di quel pomeriggio: i pantaloni skinny neri, e la solita t-shirt larga a maniche a tre quarti nera con il cappuccio. Aveva le mani posate tranquille nella grande tasca della t-shirt, dove faceva capolino il manico di legno del suo amato coltello. Quasi rabbrividì al ricordo di cosa le aveva fatto con quella lama.
Si alzò, e senza tanti complimenti, fissandolo dritto negli occhi, si sollevò la canotta facendola arrivare poco prima del seno, giusto per lasciargli la visione a pieno del grosso ematoma.
<< Guarda qui >> le disse secca, fissandolo seriamente.
<< Mi hai fatto male sul serio >> continuò.
Lui inclinò la testa di lato, guardandola quasi divertito.
<< Uh. Che micetta sensibile >> la prese in giro, sorridendo, mostrandole i denti dritti e arricciando le cicatrici sulle guance.
Lei arrossì, lasciando cadere la canotta, imbarazzata. Ma che commenti stupidi faceva quell'idiota? Non sarà che avesse capito qualcosa sui suoi sentimenti e ora la prendeva in giro?
Impossibile. I maschi sono sempre ottusi quando si parlava d'amore, figurarsi se uno come Jeff avesse intuito tutto.
Sbuffò, sedendosi nuovamente sulla sedia girevole, che si mosse leggermente verso il basso.
<< Non prendermi in giro >> borbottò, avvicinandosi a lui con tutta la sedia, sembrando una bambina capricciosa.
Lui emise un verso divertito, continuando a guardare i suoi movimenti, finché lei non si fermò vicino a lui.
<< Hai mangiato? >> domandò subito, giocando con una ciocca di capelli, guardando ovunque tranne che i suoi occhi.
<< Ti interessa? >> rispose dopo un po', e lei troppo curiosa, sollevò lo sguardo, fissandolo.
Lo vide con un ghigno sulle labbra, e il sopracciglio sinistro alzato, in una muta espressione da sfottò.
Lei annuì, per nulla imbarazzata questa volta.
Certo che le interessava! Le interessava tutto di lui. Voleva sapere cosa avesse fatto, se avesse mangiato, dormito, fatto i bisogni, tutto.
Ok, forse doveva darsi una calmata, tra i due la pazza sembrava lei.
<< Ti ho preso qualcosa >> E gli indicò con il pollice alle sue spalle, la scrivania. Lui seguì la direzione indicata, fissando il cibo spazzatura del McDonald's seriamente, tenendo però sollevato quel cazzo di sopracciglio.
Forse non si aspettava un gesto del genere da parte sua, magari lo aveva sorpreso.
<< Oh, adesso ti preoccupi per me, ragazzina? >> continuò, non muovendosi da quella posizione.
Lei sbuffò, sentendosi imbarazzata. Si diede la spinta con i piedi sul pavimento, tornando indietro con tutta la sedia.
<< Se non ti vanno me li mangio io, ecco! >> borbottò, girandosi provando a prendere una crocchetta di pollo, risentita, quando la sua sedia fu afferrata e tirata indietro.
Sussultò, reprimendo uno strillo di sorpresa, vedendo Jeff lanciarle un'occhiataccia gelida, avvicinandosi alla scrivania.
La sua sedia finì nuovamente indietro, andando a sbattere contro il letto, mentre Jeff fissò attentamente il cibo, aprendo con un dito il cartone rosso che conteneva il panino.
<< A cosa devo tutta questa gentilezza? >> domandò dandole le spalle, gelido.
Sì, infatti Nora, a cosa deve tutta quella gentilezza? Le domandò subito il suo subconscio. Ma la verità era che lo aveva fatto perché le andava, perché provava qualcosa per lui e perché le suscitava così tanta tenerezza da farla star male.
Non faceva altro che pensarlo, ventiquattro ore su ventiquattro. Ormai era la sua ossessione e non riusciva a liberarsene, o meglio, non voleva liberarsene.
Lei scrollò le spalle.
<< Mi andava, non c'è una ragione >> E ghignò, ripetendo le stesse parole che lui le aveva detto quel pomeriggio.
Jeff girò il viso, guardandola leggermente di lato oltre la spalla. Sembrava serio, ma quel dannato sopracciglio alzato le faceva intendere che non si era arrabbiato per fortuna.
Tornò a posare lo sguardo sul cibo, e senza tanti complimenti, afferrò con la mano destra il panino, portandoselo alla bocca e mordendolo.
Lei sospirò, sollevata dal fatto che avesse accettato la sua buona ''azione'' senza arrabbiarsi o altro.
Si alzò dalla sedia avvicinandola a Jeff, facendogli capire che se voleva, poteva sedersi tranquillamente. Mentre lei si diresse verso il comodino piccino posto accanto al suo letto, aprì il cassetto e ne tirò fuori l'accendino e il pacchetto di sigarette. Ne sfilò una, intrappolandola tra le labbra mentre riponeva il pacchetto nel cassetto. Si diresse verso la finestra dove pochi minuti fa Jeff aveva fatto la sua apparizione e la aprì, sedendosi un piccolo ripiano libero.
Si accese la sigaretta con il suo adorato accendino giallo fluo, e inspirò finalmente la nicotina, che le fece stendere i nervi.
Ci voleva, poiché era da quella mattina che non fumava e la cosa l'aveva resta abbastanza nervosa e irritabile.
<< Una principessa come te che fuma? >> La sfotté il moro, leccandosi il pollice sporco di salsa dopo essersi spazzolato il panino.
Ma che stronzate diceva quello?
Era davvero un uomo delle caverne se pensava ancora alle principesse e alle stronzate varie. Lei non era una principessa, mai stata dall'inizio, forse da bambina alla tenera età di cinque anni. Ma crescendo, era diventata più Fiona di Shrek, un'orchessa cafona, scassa cazzi, priva di tatto, menefreghista ed egoista.
Sì, perché quando si è bambini, si guarda il mondo come se fosse la prima volta, risaltando tutte le gioie che può darti, e vivendolo dal lato positivo e gioioso, senza preoccuparsi minimamente che nulla potesse andare storto. Al contrario, una volta cresciuti, ci si rende conto che non è mai tutto rose e fiori, anzi, l'oscurità e la cruda realtà predominavano su tutto. Si diventava cattivi, bulli, egoisti, alcuni come Jeff, violenti, dove ogni minima traccia di bontà di cuore, sembrava essere stata schiacciata da tutto il dolore vissuto nel passato che ti portava ad essere un mostro.
<< Cosa ti fa pensare che io sia una principessa? >> domandò, espirando il fumo dalle narici e dalle labbra leggermente schiuse.
Lui si diresse nella sua direzione, leccandosi le labbra, mentre lei tirava nuovamente dalla sigaretta. Lui le si fece vicino, talmente tanto che lei dovette alzare la testa per fissarlo negli occhi.
Si chinò su di lei, e lentamente le sfilò la sigaretta dalle dita per portarsela tra le labbra, facendo un bel tiro, schiudendole mentre aspirava, tant'è che lei riuscì a vedergli il fumo infilarsi giù per la gola.
Lo aveva fatto in un modo così dannatamente sexy, che sentì una strana sensazione -che sfortunatamente conosceva benissimo- propagarsi nel basso ventre.
Lei espirò il fumo, e contemporaneamente lo fece anche Jeff, solo che, invece di espirarlo lontano come aveva fatto lei, lui glielo gettò dritto in faccia, fissandola intensamente.
Caro Jeff, sono perfettamente a conoscenza del significato del gesto, e credimi, anch'io lo vorrei. Pensò la sua mente, mentre la sua fantasia perversa iniziò a farsi viaggi erotici su di loro, pensando al significato del fumo in faccia. Di solito quando si faceva un gesto simile significava solo una cosa: voglio scoparti.
E il suo basso ventre a quella consapevolezza, iniziò a fremere, tant'è che lei, desiderò solo un bicchiere d'acqua in quel momento, perché la sua gola si era improvvisamente fatta arida.
<< Le principesse sono tutte delicate >> mormorò, dopo averle sbuffato in faccia il fumo.
Lei sollevò un sopracciglio, completamente in disaccordo su ciò che le aveva appena detto.
Che cazzo c'entrava il fatto di essere delicata con le principesse? Chiunque avesse ricevuto un calcio del genere si sarebbe fatto male. Mi dispiace Jeff, ma non si beveva nemmeno quella scusa.
Trattenne una risata, sollevando un angolo della bocca. << Credimi, sono tutto tranne che una principessa >> borbottò, divertita.
Lui tirò nuovamente dalla sigaretta, aspirando una grande quantità di fumo quasi fosse ossigeno per lui, per poi espirarlo tutto dal naso, restando con la bocca chiusa.
Continuò a fissarla, con quegli occhi freddi e gelidi, finché non inclinò leggermente la testa, ghignando divertito. << Forse hai ragione, non lo sei. Le principesse non si fanno scopare in quel modo come te >> le soffiò in faccia gli ultimi residui di fumo, mentre lei si ritrovò ad arrossire violentemente.
Odiava quando la metteva in imbarazzo con certi commenti volgari e osceni. Non era per niente carino da dire.
<< Potresti evitare di essere così volgare? >> borbottò a bassa voce, assumendo un tono tenue, non troppo risentito per paura che lui potesse arrabbiarsi.
Lui invece sorrise, arricciando le cicatrici, facendo un altro tiro, e nel mentre le infilò una mano nei capelli, tirando leggermente le ciocche verso di lui, tant'è che lei fu costretta a girare il busto nella sua direzione.
<< Allora fai la brava micetta, e datti da fare >> asserì secco, tirandola verso di lui mentre si rimetteva dritto.
Lei in un primo momento non capì, finché Jeff non le tirò le ciocche più vicino, e lei si ritrovò con il viso vicinissimo al suo inguine.
Sgranò gli occhi, alzando il mento per guardarlo.
Lui lasciò le ciocche dei suoi capelli, per poi far scivolare la mano verso la sua nuca, afferrandogliela per bene.
<< Datti una mossa, non ho tutta la notte >> grugnì, mentre faceva un altro tiro, fissando fuori dalla finestra.
Cioè lui...voleva che lei, gli facesse un pompino? Assurdo. E glielo chiedeva in quel modo così...rude? Come se stesse parlando con una prostituta dei sobborghi più miseri! Non ci poteva credere.
La sua presa si fece più ferrea, e lei si ritrovò a fissare il suo viso infastidito, con quegli occhi così scuri per via della debole luce della lampada arancione che aveva acceso poche ore fa.
Così per evitare che si incazzasse ulteriormente, si mosse, sistemandosi per bene, portando entrambe le mani sul cavallo dei pantaloni. Gli aprì la cintura, sfilò il bottone dalla fessura e tirò giù la zip degli skinny, abbassando sia i pantaloni che gli slip consumati, di un nero sbiadito.
Afferrò il suo pene nella mano e iniziò a muoverlo, facendo su e giù molto lentamente, lasciando che l'erezione lo facesse diventare duro e teso.
Vide Jeff sollevare il viso, nuovamente verso la finestra continuando a tirare dalla sigaretta quasi consumata, mentre lei tirò la pelle verso l'inguine lasciando libero il glande bagnato.
Uscì la lingua e ci passò una leccata sulla piccola fessura, dove iniziava a fluire fuori il liquido pre-seminale. Iniziò a leccarlo, facendo dei movimenti circolari e rapidi, mentre con la mano iniziava a pompare su e giù il resto del pene.
Vide Jeff respirare più pesantemente, ma restò fermo, mentre lasciava cadere con non curanza la cenere della sigaretta per terra con un gesto secco.
Presa dall'eccitazione e dalla voglia di vedergli il volto intriso di piacere, smise di stuzzicarlo e decise di fare sul serio. Prese il glande in bocca, facendo finta di succhiare un chupa chups, continuando a muovere la mano con più irruenza.
Ora Jeff non faceva lo spaccone, perché lo vide chiudere gli occhi e sospirare più pesantemente con il naso, e la cosa la compiacque molto.
Era felice di riuscire a soddisfarlo, di farlo godere e che lui preferisse che fosse lei a fargli quelle cose e non una prostituta in un vicoletto fetido, pronta ad essere fatta fuori non appena avesse finito il suo compito.
Lo infilò in bocca, facendoselo arrivare più in gola. Non era così esperta come le prostitute, ma di certo non era la prima volta che ne faceva uno e sicuramente sapeva come soddisfarlo un uomo. Iniziò a pompare, aiutandosi con la mano, sollevando lo sguardo per poterlo guardare negli occhi. Jeff aveva il capo chino e la fissava, con la bocca schiusa, leggermente ansimante.
La mano sulla sua nuca iniziò a dettarle i movimenti che lei assecondò volentieri, iniziando a sfiorargli i testicoli con l'altra mano.
Non sapeva se a Jeff sarebbe piaciuto, poiché ad alcuni uomini risultava fastidioso se non doloroso farsi toccare in quei momenti, al suo ex ad esempio, infastidiva e si incazzava anche se solo osava sfioraglieli, ma a Jeff non sembrava dispiacere, poiché lo vide respirare più pesantemente, socchiudendo leggermente le palpebre.
Si era eccitata, e anche parecchio, poiché sentiva il basso ventre pulsarle terribilmente. Era tentata di toccarsi, ma non poteva farlo perché aveva le mani occupate, per cui perse a sfregare le cosce, trovando un leggero sollievo, tanto da farla mugolare vogliosa, mentre aumentava la velocità nel succhiargli il pene.
Jeff emise un sospiro più profondo, fissandola con quegli occhi grigio azzurri incredibilmente penetranti, avvolti dalla matita spessa e scura, che lo rendeva terribilmente attraente. Le piaceva cazzo, eccome se le piaceva vederlo in quello stato, ammirandolo dal basso in tutta la sua bellezza in un momento così intimo. Le sembrava perfino dolce; quasi le veniva voglia di dargli un sacco di baci sulle guance, sul naso e sulla bocca, per gustarsi a pieno quel Jeff tenero.
Ma sapeva che se solo avesse osato farlo, le avrebbe mollato non solo un calcio, forse anche venti dalla rabbia.
E quella consapevolezza la intristì, perché lei voleva vederlo, quel Jeff dolce e bambino che risiedeva in ogni uomo, voleva vedere quella parte tenera che risiedeva all'interno della sua corazza, perché sì, per lei Jeff era come una noce, duro fuori e morbido dentro. E il suo cuore, al solo pensiero di trovarsi davanti il vero Jeff fece tante capriole, così promise a se stessa che ci avrebbe provato, dandole tutta se stessa sperando di non restarci secca.
Il sospiro di Jeff la riportò alla realtà. Ora il moro aveva iniziato a muovere istintivamente il bacino contro di lei, mentre se la fissava con una tale intensità che la fece sciogliere peggio del miele. Lei mugolò, continuando a muovere la mano e a succhiare, incavando le guance, finché non lo sentì stringerle più forte i capelli e lei si preparò a ricevere il suo seme in bocca.
Con un grugnito, Jeff le venne in bocca, eiaculando quel liquido così caldo e dolciastro che lei non perse tempo ad ingoiare.
Mosse ancora un po' le labbra sul suo glande e poi lo lasciò, con un piccolo schiocco.
Prese a leccarsi le labbra, fissandolo intensamente, mentre Jeff fece un respiro profondo, sistemandosi il pene negli slip, sollevandosi subito dopo gli skinny.
Lei si sedette sul ripiano della finestra, sentendosi leggermente in imbarazzo per quel silenzio così assordante, mentre Jeff si chinò leggermente gettando il mozzicone ormai spento e consumato della sigaretta fuori dalla finestra, con un getto secco.
Voleva dirgli qualcosa, ma cosa avrebbe mai potuto dirgli dopo una cosa del genere?
Si stropicciò un occhio per la stanchezza, quando vide il moro infilare una gamba oltre la finestra, posandola sul cornicione e chinarsi per poter uscire.
<< Dove vai? >> domandò subito allarmata.
Ma come? Già andava via? E dove? Doveva uccidere qualcuno?
Deglutì, iniziando a respirare più pesantemente. Lui sollevò il capo, restando in equilibrio con una gamba fuori e una appoggiata sul ripiano dove era seduta lei, fissandola.
<< Via >> rispose secco.
Lei boccheggiò, fissandolo sorpresa.
Non voleva che andasse via, non poteva restare un altro po' lì con lei?
Iniziò a sentirsi abbandonata tanto da avvertire il naso pizzicarle, segno che sarebbe potuta scoppiare a piangere da un momento all'altro.
<< E perché? >> domandò subito, quasi mangiandosi le parole.
Lui continuò a fissarla con le sopracciglia aggrottate, finché non parlò.
<< Ho da fare >> Fece per uscire, ma lei lo afferrò per l'avambraccio, guardandolo quasi disperatamente.
Lui sbuffò, iniziando a spazientirsi.
<< Non puoi restare un altro po'? >> mormorò con un filo di voce, per poi lasciare la presa, notando che lo sguardo di Jeff si era posato immediatamente sulla sua mano, fissandola con le palpebre assottigliate.
<< Ragazzina. Vattene a dormire >> Rispose secco, riportando lo sguardo su di lei, ghignando per la frase appena detta, così simile a quella che utilizzava per assassinare le sue vittime.
Lei ammutolì, fissandolo come un cane bastonato, sentendosi immediatamente triste, avvertendo le budella contorcersi dal dispiacere.
Ma perché doveva trattarla così? Le sembrava di essere un giocattolo sessuale, anche se, in realtà era proprio quello che lui voleva.
Glielo aveva detto che si sarebbe solo divertito con lei finché non si sarebbe stancato, e lei invece che cosa faceva? Le pippe mentali da ragazzina innamorata.
Ed era proprio perché si faceva tutte quelle pippe che si sentì così delusa da quelle risposte gelide e secche, che quasi preferiva essere uccisa, per evitare di avvertire quelle sensazioni fastidiose nel petto e quella voglia irrefrenabile di piangere.
Jeffrey si infilò oltre la finestra, poggiandosi sul cornicione, iniziando a scendere velocemente.
Lei restò in silenzio, ma poi improvvisamente le venne in mente una cosa importante.
<< Jeff! >> mormorò fortemente, cercando di non urlare ma di farsi sentire da lui.
Quello sollevò lo sguardo, ancora arrampicato a metà percorso.
<< Devo dirti una cosa importante! >> Si sporse, infilandosi con il mezzo busto fuori dalla finestra, per evitare di farsi sentire dai suoi famigliari. Jeff restò in silenzio ad ascoltarla, ancora in quella posizione.
<< Domani torneremo a casa nostra, ma i miei vogliono installare delle telecamere e un allarme >> bisbigliò, scandendo le parole per renderle abbastanza chiare.
Jeff non fece una piega, e sempre con quell'espressione seria e gelida, contornata da quel sorriso cicatrizzato, continuò a scendere senza dirle nulla, per poi allontanarsi velocemente e sparire nel buio della notte.
Nora restò in silenzio a fissare il punto in cui il moro era scomparso, mordendosi il labbro, sentendo le lacrime fare capolino tra le ciglia.
Perché si sentiva così delusa, triste e abbandonata nonostante Jeffrey l'avesse solo usata? Si era fatto una piccola cenetta, aveva ricevuto un pompino da parte sua ed è andato subito via, dopo un breve scambio di battute fredde.
Non era di certo quello a cui lei aveva pensato di fare con lui. Voleva scoprire il vero lato dolce di Jeff, ma oltre ad essere bipolare era molto freddo, tagliente e chiuso in se stesso. Non la lasciava entrare nella sua corazza, anche perché riflettendoci: da quando si conoscevano?
Proprio lei parlava di fiducia e corazza, quando era la prima ad essere molto fredda con gli altri, solo con Jeff, per il quale provava dei sentimenti strani, riusciva ad essere più aperta. Anche se ''aprirsi'' con Jeff equivaleva a ricevere un sacco di percosse perché lei aveva il difetto della lingua lunga tagliente, che di certo non era stata apprezzata dal ragazzo.
Sospirò, asciugandosi le lacrime prima che queste potessero fuggire dai suoi occhi.
Non poteva ridursi così per un ragazzo che aveva appena conosciuto, anche se sentiva l'attrazione nei suoi confronti e si era beccata anche una cotta, non doveva assolutamente diventarne dipendente.
Anche se, mentre si infilava nelle coperte, pensò che in realtà Jeff gli era già entrato dentro, e che ormai sarebbe stata un'impresa titanica sradicarlo da lì.
°°°°
<< E questo è l'ultimo! >> affermò lo zio, portando dentro l'ultimo borsone seguito da suo padre.
<< Grazie John, non dovevi >> Il padre gli diede una pacca sulla spalla, venendo subito ricambiato da lui.
<< Figurati, è stato bello ospitarvi per pochi giorni >>
Nora e sua sorella riportarono le proprie cose nelle loro rispettive stanze, ignorando i convenevoli dei due fratelli.
La castana posò il trasportino nel quale conteneva il piccolo Karma, che birbante qual era, stava facendo i capricci, miagolando cercando di uscire sul suo letto. Si guardò intorno trovando tutto esattamente come lo aveva lasciato.
Storse il naso alla vista del muro senza il suo disegno, ricordandosi immediatamente chi fosse stato a rubarglielo.
Quando sarebbe tornato a trovarla glielo avrebbe detto di restituirglielo, cazzo era il suo disegno!
Quello stronzo.
Posò le borse e i borsoni sul pavimento, andando ad aprire il trasportino, facendo balzare fuori Karma prendendolo in braccio.
Ritornò all'ingresso dalle pareti color pesca, ricoperte di quadri contenenti le foto di lei e Riley da piccole, dei loro genitori e di Oscar.
Sospirò al ricordo del suo cane, sbattendo le palpebre per evitare di piangere.
<< John vuoi fermarti a pranzo da noi? E' il minimo che possiamo fare per ringraziarti >> Propose Susan. Lo zio annuì, sorridendo raggiante, sfiorandosi i capelli rasati castani.
<< Perché no, rifiutare un ultimo pranzo preparato da te Susan sarebbe da pazzi >> affermò tutto contento.
Suo padre fu immensamente contento, che lo invitò in salotto per offrirgli un buon bicchiere di whisky, mentre sua madre andò a in cucina affrettandosi a preparare da mangiare, mentre lei e Riley si fissarono scrollando le spalle subito dopo.
<< Io vado a rimettere la mia roba a posto >>
<< Sì, anch'io >> affermò lei, girando sui suoi passi e ritornandosene nella sua stanza. La castana la seguì, fermandosi alla prima porta in fondo al corridoio, mentre sua sorella la superò infilandosi nella porta vicino alle scale, che conducevano alla mansarda.
Chiuse la porta e mise Karma per terra, lasciandolo famigliarizzare con il nuovo ambiente, mentre lei con un sospiro si mise con tutta la santa pazienza che aveva in corpo, a sistemare la roba nei borsoni.
Ci mise trenta minuti a sistemare tutto ed erano ancora le dieci e trenta, sua madre quella mattina aveva buttato tutti giù dal letto per portare tutte le loro cose nella vecchia casa. Successivamente ci sono stati via vai di chiamate per far installare le famose telecamere e l'allarme di sicurezza, e da quello che l'era parso capire dovrebbero sistemare tutto in un giorno, per cui i tecnici sarebbero arrivati domani.
Dopo aver finito si stava annoiando a morte, per cui, decise di sentire Doris o Nathan per scoprire che cosa avrebbero fatto quella Domenica mattina visto che era ancora presto.
Nathan le disse che si sarebbe visto con gli altri colleghi dell'Università per prendere qualcosa da bere in un pub, chiedendole subito dopo se lei volesse unirsi a loro.
Poiché si stava annoiando accettò felicemente, dicendogli che si sarebbe portata Doris con sé. Chiusero la chiamata e la castana contattò subito Doris, che dopo un po' di lamentele accettò di uscire, ma solo per poco poiché sarebbe dovuta andare a lavoro più tardi. Così le due si diedero appuntamento alle undici e un quarto nell'angolo della strada, vicino al parchetto sotto casa di Doris.
Nora aprì l'armadio, cercando qualcosa di carino da mettere, anche perché era Domenica, e di vestirsi come una barbona non le sembrava il caso.
Non sapeva per quale motivo, ma aveva d'improvviso voglia di uscire e di svagarsi per un po', poiché se fosse rimasta in casa avrebbe finito con il pensare a Jeff, e di certo non l'avrebbe aiutata con l'evitare di ossessionarsi ulteriormente a lui.
Tirò fuori dal cassetto dei jeans chiari a sigaretta, che arrotolò leggermente sulle caviglie, si infilò una magliettina verde smeraldo a bretelline che mise dentro i pantaloni a vita alta. Tirò fuori uno spolverino leggero di un verde chiarissimo, quasi tendente all'azzurro arricchito con dei disegni di fiori rosati e lo indossò lasciando che questo le arrivasse al polpaccio.
Si diresse verso la scarpiera, tirando fuori le sue adorate décolleté bianche -che aveva acquistato solo perché le piacevano ma che non aveva mai indossato- e se le infilò.
Tornò nell'armadio, spostandosi nel reparto borse e ne uscì una verde, che aveva comprato sempre perché secondo la sua mente -le sarebbe servita per qualche outfit- e in effetti...
La aprì e ci infilò il pacchetto delle sigarette, i fazzoletti, le chiavi di casa e il portafogli, infilandoci anche il porta occhiali da sole.
Si diresse in bagno e si truccò, utilizzando il suo migliore amico, l'eyeliner, facendosi la punta a forma di gatto, per rendere i suoi occhi castano scuro simili a quelli di un cerbiatto; si mise il correttore, il mascara e tocco finale, il rossetto fuxia che risaltava le sue labbra carnose.
Voleva tanto usare l'arriccia capelli per farsi i boccoli ma ci avrebbe messo un'eternità poiché i suoi capelli erano doppi e folti, perciò decise di pettinarli e lasciarli lisci.
Uscì dal bagno, spruzzandosi un po' di profumo: La vie est Belle. Prese la borsa, si infilò gli occhiali da sole e afferrò Karma in braccio che stava combinando corbellerie.
Uscì dalla sua stanza per dirigersi in camera di sua sorella, trovandola spaparanzata sul letto con il pc sulle gambe.
<< Ohi, cessa >> la chiamò, bussando sulla porta aperta.
Quella si girò, fissandola sorpresa, battendo le palpebre.
<< Dove stai andando? >> domandò subito, fissandola da capo a piedi.
<< Esco. Torno tra un po', mi guardi Karma? >> si avvicinò, lasciandoglielo sul letto, e quello subito si avventò contro il pupazzo a forma di fragola di sua sorella.
<< Esci con il tuo boyfriend? >> iniziò, sollevando ritmicamente le sopracciglia, in un'espressione pervertita.
Se, magari...
Nora sollevò gli occhi al cielo, abbozzando una risatina divertita.
<< Colleghi di Università >>
<< Sì, sì. I colleghi, hai ragione...>> insistette lei, annuendo come un mulo.
<< Comunque, ci penso io al piccolo Muffin >> continuò facendo quella vocetta odiosa da bambina, iniziando a giocarci, mentre quello iniziò a mordicchiarla sulle dita.
Nora arricciò il naso infastidita, si abbassò gli occhiali da sole sul naso e girò i tacchi, taccheggiando sulla moquette le sue Décolleté bianche.
<< Si chiama Karma, cogliona. Ci vediamo dopo >> e velocemente, senza sentire la sua risposta, uscì dalla stanza, avvisando subito sua madre che sarebbe uscita.
Quella iniziò a fare storie ma lei la ignorò.
Chi se ne fregava se c'era lo zio a pranzo, non era mica il presidente degli Stati Uniti d'America, come se fosse la prima volta che mangiavano con lui.
Uscì di casa con ancora sua madre che si lamentava, ma lei ormai l'aveva completamente eliminata dalla sua mente, fingendo che non ci fosse nessuno alle sue spalle e si avviò, uscendo dal vialetto di casa, taccheggiando lungo il marciapiede.
Che cazzo di nervoso non avere la macchina! In più essendosi messa i tacchi, sarebbe tornata a casa con le vesciche a causa della lunga camminata.
Sbuffò, aprendo la borsa, iniziando a frugarci dentro in cerca del suo cellulare.
Frega cazzi che fosse Domenica mattina, ora lo avrebbe chiamato a quel coglione del meccanico e gli avrebbe urlato contro per via della lentezza che ci stava impiegando per sistemargliela.
Lo trovò, lo sbloccò e sempre a testa bassa cercò in rubrica il numero del tizio.
Cliccò sul tasto chiamata e attese.
''The Cood Twins, come posso aiutarvi?'' rispose dall'altro capo del telefono il tipo.
<< Senti un po', a che punto sei con la mia auto? >>
''Chi sei?''
<< Nora Petel, la proprietaria della Ford Puma grigia >>
''Si?''
Ora lo faceva fuori a quello stronzo. Come sarebbe a dire ''si?''
<< Ripeto: a che punto sei con la mia auto? Mi serve >>
Non era stata molto gentile né garbata, e di certo non era la prima volta che si comportava in quel modo, purtroppo le persone che la infastidivano la irritavano come pochi e lei non era per nulla propensa ad essere una principessa.
''Ah, la signorina Petel. Un attimo che controllo il registro su cui ci sono annotate tutte le informazioni...''
Fece pausa, e dalla cornetta Nora poté sentire solo il respiro dell'uomo.
''Allora...dobbiamo solo riverniciare la carrozzeria ed è pronta.''
<< Quindi, quando potrò ritirarla? >> domandò subito lei, storcendo il naso infastidita.
Che lentezza mamma mia!
''Domani mattina. Questa sera le manderemo una email per confermarle il ritiro...''
Lei sospirò.
Finalmente!
<< Ok, allora a domani, grazie. >> E in fretta e furia, chiuse la chiamata.
Quel tipo ormai la conosceva da ben tre anni, da quando aveva preso la patente, sì, perché non era la prima volta che faceva un incidente. E quello lì di certo, assieme al fratello, poiché erano due gemelli, erano ben felici di accoglierla assieme ai suoi soldi.
Sbuffò infastidita, mentre riprendeva scocciata il cellulare, sentendolo squillare.
La gente aveva un radar nel chiamarla nei momenti meno opportuni. Stava per rispondere quando una voce le arrivò nell'arco uditivo.
<< Dove vai? >>
Si irrigidì, poiché quella voce roca le sembrava così tanto famigliare dal farle avvertire dei brividi lungo la spina dorsale.
Girò il viso lentamente, verso la sua destra, fermando il suo cammino, trovando a pochi passi da lei un ragazzo.
Era alto, indossava una T-shirt bianca, o almeno doveva essere bianca, poiché era molto scolorita tendente al grigio. Gli immancabili skinny neri, e ai piedi quelle che un tempo furono delle scarpe Nike, bianche e nere. Erano tutte consumate e rovinate sulla punta, con dei leggeri tagli sulla gomma.
Sollevò lo sguardo, schiudendo le labbra sorpresa, guardandolo da dietro gli occhiali da sole.
Jeff se ne stava lì in piedi, immobile, con le mani infilate nelle tasche degli skinny a fissarla.
Indossava una mascherina nera, che gli copriva il naso e il mento, stile Idol Coreano.
Deglutì, ritrovandosi a fissare quegli occhi, contornati da una leggera linea di matita nera, così azzurri come il cielo di primavera. Non c'era alcuna traccia di grigio, forse perché alla luce del sole tendevano a schiarirsi, così come i suoi che diventavano di un castano chiaro se esposti ai raggi solari.
Lui le si fece più vicino, ripetendole la domanda, chinandosi leggermente per avvicinarsi più a lei.
L'unica cosa a cui Nora fu in grado di pensare fu: ma cosa ci fa lui qui? Soprattutto in pieno giorno, conciato in quel modo?
Se non voleva attirare l'attenzione di certo non ci stava riuscendo.
<< Sto uscendo. Piuttosto, cosa ci fai da queste parti...di giorno? >> Mormorò l'ultima parola, facendo saettare gli occhi da destra a sinistra sperando che nessuno li stesse fissando.
Lui emise un leggero sbuffo, dietro la mascherina, per poi sollevare un sopracciglio scuro.
<< Per chi mi hai preso, ragazzina? Ti sto tenendo d'occhio >> asserì secco, prendendo a far vagare gli occhi dal basso verso l'alto su tutto il suo corpo, quasi a farle i raggi X.
Lei cercò di non scoppiargli a ridere in faccia, girandosi verso di lui con un sorrisetto.
<< Quindi fammi capire: giri intorno alla mia casa, guardando tutti i miei movimenti? >>
Ma non aveva niente da fare? Le sembrava uno stalker. Non che le facesse dispiacere che lui la spiasse, o quanto meno fosse ''interessato'' a tenerla d'occhio, come diceva lui, ma cavoli se era inquietante come cosa!
Ecco spiegato il perché entrava in casa sua nei momenti più appropriati, ovvero quando era sicuro di non essere beccato da nessuno.
Lui non rispose, ma restò fermo a fissarla per pochi secondi, finché il suo cellulare non la riportò alla realtà, distogliendola da quei meravigliosi occhi azzurri.
Era Nathan.
Forse si era fatto tardi e si stava chiedendo dove cavolo era finita.
Guardò l'ora: le undici e trentacinque.
Azz...doveva sbrigarsi. Sì, ma come avrebbe fatto con Jeff? L'avrebbe lasciata andare o avrebbe fatto storie?
<< Chi è? >> Se ne uscì subito dopo che lei, ebbe rifiutato la chiamata, utilizzando un tono irritato.
Oddio, ecco che ripartiva alla carica il suo bipolarismo. Ma di certo non poteva mettersi a picchiarla in mezzo alla strada, attirerebbe l'attenzione di sicuro, per cui lei, cercò di utilizzare un tono pacato e tranquillo, sorridendogli.
<< Sono i miei amici, sicuramente si staranno chiedendo perché ci metto così tanto. Scusami Jeff ma devo scappare >> Avrebbe tanto voluto abbracciarlo, ma aveva timore che lui si ritraesse al contatto, perciò gli sfiorò con la mano destra il polso in una leggera carezza. Lui non fece nulla ma seguì con lo sguardo il movimento della sua mano, soffermandosi sulla minuscola carezza che lei gli aveva fatto con le dita, tenendo le iridi azzurre fisse sul suo polso, anche quando lei ritrasse la mano velocemente.
Nora si allontanò, salutandolo frettolosamente, poiché aveva sentito il cuore battere più forte del solito e le guance andarle a fuoco.
Ma come le veniva di fare certi gesti dolci con lui, conoscendo il suo bipolarismo? E menomale che lui non ha fatto una piega...
Aveva appeno ripreso a camminare quando si sentì afferrare velocemente per il gomito, e girare di scatto verso di lui.
<< Bada a ciò che dici, ragazzina. O tu e la tua lingua lunga farete una brutta fine >> sibilò a pochi centimetri dal suo viso.
Nora non poté vedergli il volto, a causa della mascherina, ma quegli occhi così limpidi, in quel momento minacciosi la fecero annuire.
Ecco, non aveva nemmeno finito di pensarlo, che Jeff era ritornato all'attacco. Altro che gesto dolce, gli ci vorrebbe un esorcista per i suoi scatti d'ira o d'irritazione che continuava a farle.
<< Non dirò nulla. L'ho mai fatto fino ad ora? >>
Fregato di nuovo.
Lo vide ammutolirsi, e il cipiglio infastidito distendersi velocemente. Forse ci stava riflettendo, poiché era vero, se lei avesse voluto l'avrebbe giù sputtanato ai suoi genitori, o alla polizia, invece che dire bugie e mascherare le tracce della sua presenza.
La lasciò andare, drizzandosi con la schiena continuando a fissarla in silenzio.
Questa volta non la fermò quando lei, con un movimento del capo lo salutò, allontanandosi definitivamente e lasciandolo lì, sul marciapiede, a pochi passi da casa sua.
Nora dopo dei respiri profondi, finalmente raggiunse casa di Doris, cercando di regolarizzare il battito del suo cuore impazzito, cercando di togliersi dalla testa il ricordo di Jeff e dei suoi occhi magnetici.
Si schiaffò una mano sulla fronte al pensiero della carezza sul polso. Si era sentita una bambina, infantile e ingenua. Come aveva potuto anche solo partorirla un'idea del genere?
E Jeff? Chissà che cosa avrà pensato alla vista di quel gesto, poiché non aveva espresso un parere ma si era limitato a fissarsi il polso, dove lei l'aveva toccato. Chissà se gli aveva dato fastidio, o magari se gli fosse piaciuto...
Se, piaciuto...sarebbe stato troppo bello.
Peccato che l'arroganza e l'irritazione con cui le aveva detto quelle cose subito dopo, avevano lasciato intendere il contrario, poiché era scattato peggio di una vipera velenosa per minacciarla nuovamente.
Ma pensava veramente che lei fosse così stupida da dire qualcosa su di lui ai suoi amici?
Ma ci arrivava con il cervello? Ci avrebbe rimesso la reputazione anche lei! Che cavolo avrebbe potuto dire loro?
Oh, sapete, mi sono scopata per ben tre volte l'assassino del mio cane, che ha tentato di uccidermi più volte. Ma figuratevi! Mica l'ho denunciato, anzi, gli ho fatto un bel pompino e ho mentito ai miei genitori su di lui. Ora abbiamo questo strano rapporto tra scopa-conoscenti, poiché non siamo nemmeno amici! No, ma non sono pazza, cosa dite!
Chiuse gli occhi, portandosi una ciocca dietro l'orecchio, facendo un ultimo grande respiro, prendendo tutta l'aria possibile.
Doveva svagarsi e subito!
<< Ohi!! Ci sei? Ti sei rincoglionita? >>
Quasi saltò sul posto, trovandosi Doris davanti che le sventolava la mano vicino al viso.
<< Ti senti bene? Ti ho chiamato per ben due volte >> Le si fece più vicina, fissandola con un cipiglio sul volto.
<< Uhm. Sì, ero solo tra le nuvole, nulla di che >> Mormorò, scuotendo la testa, ritornando alla realtà.
Doris si scostò un riccio nero dalla fronte, arricciando il grazioso naso a patata, caratteristica somatica degli Afro Americani. Quella mattina aveva lasciato i ricci capelli corti sciolti, sembrando in tutto e per tutto a un leone.
La osservò attentamente sotto gli occhiali scuri: aveva indossato un semplice tutone verde smeraldo, con lo scollo a ''V'' senza maniche. Molto elegante e casual allo stesso tempo, che le fasciava perfettamente le gambe magre e il fisico da modella. Non aveva molte curve, né tanto seno, ma era molto più alta di lei di qualche centimetro. Altezza che veniva accentuata ulteriormente per i sandali alti e neri che aveva indossato.
Anche lei aveva messo gli occhiali da sole e la fissava curiosa, mentre scuoteva la testa rassegnata.
<< Lo vedo. Quasi ci hai messo un'ora per venire a prendermi >>
Nora si indispettì, alzando il mento.
<< Ma hai visto le scarpe che ho? In più quello stronzo del meccanico non ha ancora finito di sistemarmi la macchina >> ringhiò infastidita, pensando alla sua bellissima bambina che l'aspettava impaziente di essere nuovamente guidata.
Doris scosse la testa, aprendo la sua pochette, iniziando a trafficarci dentro.
<< Sappi che andremo con la mia. Col cazzo che mi faccio a piedi i chilometri >>
Nora buttò la testa indietro iniziando a ridere, seguendola nel posto auto di casa sua, salendo subito nella Tesla nera, allacciandosi la cintura.
<< Mi devi una serata al Pink Carousel*, per avermi convinto a venire a questo stupido aperitivo >> Borbottò, mentre faceva retromarcia.
Nora sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
<< Non hai un'altra alternativa? >>
Quella emise un verso negativo, schioccando la lingua sul palato.
<< Col cazzo. Tu vieni con me Sabato prossimo e non si discute >>
Nora sbuffò, sistemandosi sul sedile dell'auto, mentre quest'ultima sfrecciò sull'asfalto diretto in centro, dove si sarebbero incontrate con gli altri.
Pink Carousel* = Un pub/discoteca inventato da me.
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