Capitolo I

Hi everyone!!
Allora prima di leggere la storia volevo dirvi giusto due cosine, quindi per piacere leggetele. Perché non vorrei mai ci fosse qualche fraintendimento da alcune fan super sfegatate del nostro caro Goffredo Alano Boschi.
Allora tanto per cominciare volevo subito avvisarvi che questo Jeff è OC, ovviamente.
In realtà ci ho pensato bene, e un ideuccia mi è sbucata all'improvviso. Mi sono chiesta: e se Goffredo esistesse veramente?
Ovviamente ragazzi, siamo sinceri, una persona del genere non potrebbe mai esistere nella vita reale, infatti è un CreepyPasta. Ordunque mi sono illuminata peggio di Budda.
Quindi, ricapitolando: Goffredo è molto Oc, è REALE e sarà diverso dal Character Design dell'originale, perciò non linciatemi.
Ma non vi rivelo altro altrimenti vi spoilero tutto. Se dovesse infastidirvi questa cosa allora non leggete.
La mia è solo una storia partorita dal mio malato cervello, quindi se vi piacerà bene, altrimenti Amen.
Ultima cosa: reating rossissimo. Ci sono molte scene spinte e tante altre cose, quindi siete avvisati.
Vi lascio, buona lettura.





L'ennesimo sbuffo fuoriuscì dalle labbra della castana.
Era dalle quattro di pomeriggio seduta vicino quella benedetta scrivania a studiare, e ancora non aveva finito. Non ne poteva più di tutta quella matematica, tutte quelle lettere e numeri a che cavolo le sarebbero serviti in futuro? E menomale che aveva scelto un'Università linguistica, figurarsi se avesse scelto qualche specializzazione più complicata...
Poteva sopportare tutto, ma la matematica la odiava con tutta se stessa. Era orrenda, più cerchi di capirci qualcosa e più viene il mal di testa, e quando alla fine pensi che sia facile in realtà si ha sbagliato qualcosa per forza.
Prese il libro e se lo schiantò contro il viso, in un gesto di esasperazione. Grugnì infastidita, mandando allegramente a fanculo la materia e il professore. L'indomani avrebbe copiato da Doris, la sua compagna di classe.
Chiuse tutto quasi con violenza e si alzò, dirigendosi in bagno per lavarsi i denti. Ormai erano le ventitré e gli occhi le reclamavano pietà per via del bruciore.
Dopo essersi lavata i denti, invece di infilarsi nel suo adorato letto fece una deviazione, uscì di camera sua e si diresse velocemente in cucina. Silenziosa come la pantera rosa, aprì lo sportello del mobile della cucina, prese la scatola dei biscotti alla Nutella e ne rubò due. Con un ghigno malefico ritornò in camera sua. In realtà quei biscotti erano di sua sorella che le aveva espressamente proibito di rubarglieli, o le avrebbe rasato a zero i capelli, ma lei non era scema, sapeva perfettamente che anche quella stronzetta della sua sorellona le rubava alcuni biscotti, per cui, perché non ripagarla con la stessa moneta?
Parlando seriamente, ne aveva presi due, non se ne sarebbe accorta.
Carezzò il suo cane, Oscar e gli diede la buonanotte. Quel panzone se ne stava spaparanzato per lungo sul divano quasi fosse una persona, nemmeno se entrassero i ladri lo avrebbero smosso da lì.
Rientrò in camera, posò i biscotti sul piccolo comodino e si diresse verso la finestra. La aprì, poi tornò indietro avvicinandosi alla scrivania dove c'era la sua borsa, ne estrasse un pacchetto di sigarette e ne sfilò una. Se la portò tra le labbra in cerca dell'accendino, quello giallo fluo che si illuminava al buio. Molto utile doveva dire, lo trovava facilmente nella borsa quando gli serviva.
Si affacciò alla finestra e accese la sigaretta. Aspirò il fumo facendo un tiro, risucchiando la nicotina nei polmoni, e immediatamente poté sospirare di sollievo, rilasciando il fumo.
Fumare la rilassava parecchio e in quel momento ne aveva bisogno più che mai. Era frustrata e stanca, non solo per essersi mollata con il suo ex ragazzo, ma perché era da ben tre mesi che non aveva rapporti e ne iniziava a sentire l'esigenza. Ora riusciva a capire più che mai le sue amiche, quando le dicevano che l'astinenza diventava molto pesante e che avere rapporti occasionali era l'unica soluzione per sentirsi meglio. Sicuramente lo era, ma dove lo andava a trovare un ragazzo predisposto ad avere rapporti con lei? Mica lei vantava di tutta questa bellezza, era magra sì, ma aveva un po' di ciccetta sui fianchi che le infastidiva maggiormente. Ma purtroppo non avrebbe mai fatto la dieta, col cazzo che rinunciava al McDonald's e al sushi, o alla pizza, per morire di fame. Si sarebbe tenuta le cosce un po' in carne e quelle maniglie dell'amore orrende per sempre.
Sapeva perfettamente inoltre di avere un caratteraccio orrendo. Era ribelle, menefreghista, testa di cazzo e un po' svitata alle volte. Le sue amiche non mancavano mai di ricordarle di avere qualche complesso mentale, ma lei sinceramente non ne capiva il motivo. Semplicemente odiava andare alle feste e ubriacarsi ma preferiva restare a casa a leggere o a scrivere qualche romanzo horror, una sua passione. Perché pensavano fosse così strano? Non lo avrebbe mai capito.
Finì la sigaretta, restando ancora per un po' a fissare il cielo, malinconica.
Forse un po' pazza lo era, perché invece di pensare all'amore perduto della sua vita -che non era di certo il suo ex, ma un suo personaggio preferito di un libro che schiatta- stava pensando a quanto avrebbe voluto fare sesso quella sera, mentre guardava la luna.
Stava proprio messa male.
Sbuffò pesantemente, non preoccupandosi di svegliare sua sorella poiché era a dormire da un'amica. E i suoi genitori erano al piano di sopra, in mansarda. Quei due avevano un sonno così pesante che nemmeno se scoppiasse la terza guerra mondiale si sarebbero svegliati, e poi c'era lei che aveva il sonno così leggero che sentiva perfino quando scorreggiava Oscar nel salotto.
Questo suo problema le dava immensamente fastidio, tant'è che aveva provato a dormire con le cuffie nelle orecchie, e aveva funzionato per un po', finché le sue orecchie avevano reclamato pietà poiché quei minuscoli auricolari le uccidevano i lobi quando dormiva contro il cuscino. Perciò era ritornata allo stesso punto, ovvero, svegliarsi anche quando i gatti in fondo alla strada si picchiavano, urlando come degli ossessi.
Sbuffando rientrò, chiudendo la finestra. Si buttò a peso morto sul letto e afferrò un biscotto, mangiucchiandoselo, mentre afferrava il cellulare e iniziava a cazzeggiare un po' su Google.
Una notifica attirò la sua attenzione:
''Le fan impazziscono per la nuova fan art di Jeff the Killer, realizzata da una fan appassionata. Ma vediamo insieme tutti i particolari...''
Aprì l'articolo, sorvolando quelle odiose pubblicità del cazzo che ci infilano in mezzo ogni santa volta, scorrendo con il dito verso il basso per vedere curiosa quella fantomatica fan art.
Quasi le venne un infarto quando la vide.
C'era Jeff, in versione Rock, con i capelli lunghi e lo sguardo serio, quasi torvo. Seduto su una sedia invisibile con dei vestiti diversi dal solito. Erano tutti neri: la maglia era da Rock star, strappata in alcuni punti, sulle spalle aveva una giacca di pelle, posata con tranquillità, mentre la parte inferiore era più sexy. Indossava dei jeans neri strappati e infine, ai piedi, indossava degli stivali alti fino a metà polpaccio, di pelle lucida, che si chiudevano con i lacci fin su, contornati da delle fibbiette a tre strisce.
Boccheggiò.
Ma che figaccione sei? Cavolo...
Le fan volevano proprio ucciderla quella sera.
Dopo essersi fatta almeno mille ipotetiche storie erotiche su di lui, guardò l'orologio che segnava l'una del mattino.
Sbuffò. Era tardissimo, doveva andare a dormire, altrimenti l'indomani mattina sua madre l'avrebbe gettata fuori dal letto a calci.
Spense la luce, mollò il telefono in carica sul piccolo comodino e si stese nel letto, chiudendo gli occhi.
Iniziò a pensare a cose a caso, pur di riuscire ad addormentarsi. E ne pensò tante, contò perfino le pecore fino a milleduecento, poi finalmente sembrò che il sonno la stesse avvolgendo poiché avvertì la testa farsi pesante e i pensieri farsi confusi. Stava per addormentarsi, tutta presa dalla stanchezza, quando sentì dei leggeri movimenti in corridoio.
Cercò di non farci caso. Doveva assolutamente prendere sonno, o non ci sarebbe riuscita più. Sicuramente si trattava di uno dei suoi genitori che andavano al bagno, oppure in cucina a bere.
Emise un sospiro leggero, già pregustandosi il sonno, quando la porta della sua stanza si aprì leggermente. Fu un leggero movimento, quasi inudibile, ma per lei che sembrava avesse l'udito di un segugio, lo avvertì come un ceffone in pieno viso.
Sbuffò incazzata, emettendo un verso pesante.
Sentiva un respiro veloce, provenire vicino alla porta, simile a quello di Oscar.
<< Oscar >> borbottò chiamandolo sottovoce.
<< E' tardissimo, vattene sul divano >> continuò, ma mentre lo disse, allungò una mano verso il basso, dando sempre le spalle alla porta, per cercare di accarezzarlo.
Le sue dita si infilarono tra la folta peluria del cane, trovandola leggermente più ispida del solito, ma non ci fece caso. Gli fece delle carezze leggere, morbide, massaggiandogli la cute come faceva sempre, immergendo le dita tra i peli lunghi e giocandoci leggermente.
Poi gli fece un ''pat-pat'' leggero sulla testa e tolse la mano.
<< Tieni >> Allungò la mano sul comodino afferrando il secondo biscotto che non aveva mangiato, e lo portò a livello del cane, porgendoglielo.
Quello non lo toccò minimamente, anzi, se ne stette zitto e buono in quella posizione. Lei sbuffò nuovamente e lo fece cadere sul pavimento, conscia che se lo sarebbe subito mangiato, ma non sentì il ciancicamento del cane, solo il suo respiro.
Che cane stupido. Prima le rompe le palle svegliandola e ora che le dava un biscottino per tenerlo buono, quello manco se lo caga. Ma vaffanculo.
Ritirò la mano, infilandola sotto il cucino, e con un sospiro più profondo si accoccolò tra le coperte, non cagandosi più di striscio Oscar, pensando che poi sarebbe andato via.
Aveva iniziato ad avvertire un sonno tremendo.
Passarono dei minuti, dove il respiro fastidioso di Oscar le tartassava le orecchie, ma non sembrava infastidirla poi così tanto, poiché il sonno stava regnando sovrano e fece per appisolarsi.
Una mano, grande e callosa le si posò con forza sulle labbra, facendola sussultare di soprassalto.
In un primo momento sgranò gli occhi, spaventata, ma poi pensò che fosse quella cretina di sua sorella, che forse le stava tirando un brutto scherzo. Fece per rilassarsi e girarsi, pronta a menarla per bene ma il respiro le si bloccò all'istante quando sentì qualcosa di freddo e appuntito toccarle la gola.
Va bene che sua sorella era una grande stronza, ma di certo non la minacciava con oggetti pericolosi come i coltelli.
Quella non era sua sorella, in quanto il suo cervello le ricordò immediatamente che non fosse nemmeno in casa quella sera, e la consapevolezza che fosse un ladro, l'assalì in piena, facendola tremare dalla paura.
Non riusciva nemmeno a muovere un muscolo tant'era spaventata.
<< Mi è piaciuto fare il cane >> Mormorò una voce roca alle sue orecchie.
Oh, cazzo...
Era un uomo.
Voleva urlare ma la presenza del coltello vicino alla sua gola la fece solo boccheggiare contro la mano del ladro.
Sentì il naso pizzicare, segno che stava per piangere da un momento all'altro.
Che stava succedendo? E perché proprio a lei?
Chi era quel tipo? E cosa voleva da lei?
Il cuore le batteva così forte che quasi le usciva dalle orecchie, dall'intensità in cui pompava, mentre l'ansia e la paura si erano unite a formarle una bolla d'aria in mezzo allo sterno, quasi volessero esploderle dentro.
<< Ora tocca a te, ragazzina >>
Lei risucchiò il respiro, bloccando l'aria nei polmoni, gonfiando il diaframma. Avvertì il peso dell'uomo sul suo corpo mentre le saliva a cavalcioni.
Non vedeva nulla, poiché aveva tirato giù la serranda della finestra e la luce era spenta, per cui non poteva sapere né chi fosse né che aspetto avesse.
Sapeva solo che stava per piangere, quando lui la costrinse a voltarsi di pancia in giù, puntandole con forza il coltello alla gola.
<< Se provi a urlare, ti sgozzo all'istante. Hai capito? >> Le sibilò a denti stretti, accanto all'orecchio destro.
La sua voce era roca e profonda, come quella di un ragazzo sulla trentina di anni, ma allo stesso tempo era così gelida, tagliente e minacciosa, da farle accapponare la pelle.
Velocemente le scostò le coperte, sistemandosi sulle sue gambe. Si chinò su di lei, avvicinando le labbra al suo orecchio, mentre con una mano le teneva il coltello vicino alla giugulare, pronto a infilzarla se solo avesse osato fare qualche passo falso, e con l'altra le tirava giù con un gesto secco i leggings e l'intimo, frettolosamente.
Boccheggiò contro il cuscino, sgranando gli occhi nell'immenso buio della stanza. L'unica cosa che avvertì, furono i loro respiri, quello di lei frettoloso e spaventato, quello di lui, intenso e affannoso.
Deglutì contro il cuscino, sentendo dei leggeri fruscii, che riconobbe perfettamente essere i pantaloni del ragazzo che venivano abbassati.
Trattenne un singhiozzo, consapevole di ciò che sarebbe accaduto da lì a poco.
Quello lì voleva violentarla, e quella consapevolezza la fece fremere dalla paura.
Aveva detto di aver voglia di fare sesso sì, e che non sapeva dove trovarlo un ragazzo disponibile a farlo, ma da quello allo stupro, le sembrava una reazione esagerata dal Karma.
Provò a muoversi leggermente, ma venne immediatamente schiacciata dal corpo dell'uomo che si chinò velocemente su di lei.
<< Sta ferma, o ti scopo da morta >> quasi ringhiò gelidamente vicino al suo orecchio.
Quelle parole non fecero che aumentare la paura dentro di sé, mista a una strana sensazione nello stomaco, che la fece sussultare dallo stupore.
Era una sensazione che conosceva benissimo e non poteva minimamente crederci che le stesse succedendo per davvero.
Avvertì le dita del ragazzo infilarsi tra le gambe, vergognandosi immensamente di farsi trovare bagnata. Era già eccitata e vogliosa da ben prima che lui arrivasse, dopo essersi fatta tutte quelle pippe mentali su Jeff the Killer, poi c'era il fattore astinenza che la stava logorando che mischiati insieme avevano creato una bomba erotica dentro di lei. E quando lui ci sfregò le dita, quasi lo sentì emettere un respiro più profondo vicino al suo orecchio, forse stupito di quanto fosse fradicia.
Serrò la mascella, affondando con forza il viso del cuscino, vergognandosi immediatamente.
Ma come le veniva di eccitarsi in un momento del genere? Sarebbe stata uccisa se solo avesse mosso un dito, e lei si andava a bagnare così...
Il ragazzo ritirò le dita in fretta, si mosse leggermente su di lei, e la castana poté avvertire il membro bollente e duro di lui strusciarsi tra le pieghe bagnate della sua vulva.
Boccheggiò, cercando di reprimere un sospiro di piacere.
Non doveva assolutamente cedere in quel modo, ma stava di fatto che quello lì l'avrebbe ammazzata sul serio se solo avesse fatto un passo falso o se avesse aperto bocca per urlare, e sinceramente farsi trovare morta il giorno dopo, di gambe aperte e nuda dai suoi genitori, le faceva immensamente ribrezzo. Per cui, se voleva sopravvivere, avrebbe dovuto cercare di assecondarlo, almeno finché non si sarebbe fatta avere un'idea.
Represse un ansimo di piacere quando il pene di lui le entrò velocemente dentro, scivolando con tanta facilità. Morse il cucino, sentendo le sue pareti godere di quell'appagamento tanto agognato da mesi, sentendosi una sgualdrina in quel momento.
Ma fu proprio quella consapevolezza che la fece eccitare maggiormente.
Forse era davvero pazza come le dicevano spesso le sue amiche, perché una persona normale sarebbe morta piuttosto che farsi fottere da uno sconosciuto, ladro stupratore, e lei che cosa faceva?
Si inarcava sulla schiena, sollevando i glutei per facilitare lui negli affondi delle sue spinte.
Ma era una pazza ninfomane?! Che cavolo le diceva il cervello?
Eppure, non riusciva a fermarsi, né ad aprire bocca per urlare, sentendo la lama ghiacciata del coltello premerle sulla gola.
E fu quella scusa che lei continuò ad usare per reprimere i suoi sensi di colpa che, razionali, le dicevano che stava commettendo un grosso errore nel lasciarsi andare così, con quel maniaco su di lei.
Lo sentì ansimarle nell'orecchio, e quel respiro, così bollente le si infranse sulla guancia destra così forte da farla rabbrividire. Le pareti della sua vagina si contraevano ad ogni affondo, avvertendo sempre più un intenso piacere propagarsi all'interno e nel basso ventre, così forte che si ritrovò ad ansimare, incontrollata.
<< Sei più brava tu a fare la cagnetta >> Le sussurrò roco, ansimante ed eccitato.
Tant'è che grugnì, aumentando le spinte quando lei gemette contro il cuscino a causa di quel commento così erotico.
<< S-smettila >> riuscì a sussurrare, tra un ansimo e l'altro, mentre lui con la mano sinistra, quella libera dal coltello, andò a infilarsi sotto la sua magliettina leggera, palpandole possessivamente il seno sinistro senza reggiseno.
Lui emise uno sbuffo divertito, tra gli ansimi, quasi si stesse facendo beffe di lei, mentre continuava a palparle il seno e a strizzarle il capezzolo tra due dita.
Lei si inarcò di più, pervasa da ondate di piacere più intense, prendendo a gemere contro il cuscino, tentando di soffocarle.
Portò entrambe le mani vicino al cuscino e iniziò a stringere con forza le coperte, quasi le stesse strozzando, mentre divaricava in modo osceno le gambe, per facilitare all'uomo la penetrazione.
Il suo pene entrava e usciva con facilità, quasi fosse unto dal burro, e lei morse con forza il cuscino per non urlare.
Si sentiva una sciacquetta, una sgualdrina, e la cosa peggiore, fu che il suo corpo a quei pensieri, si eccitò di più, mandandole scariche di piacere su tutto il corpo, facendola andare in estasi.
Presa dal troppo piacere, iniziò a picchiare con forza il letto, sbattendo le mani sul materasso, prendendo a muovere leggermente con il bacino da destra sinistra, per provare più appagamento. Era una manesca, e questo lo sapeva perfettamente, ma era più forte di lei. Anche il suo ex le diceva che alzava un po' troppo le mani, in qualsiasi situazione, perfino quando facevano sesso. Ma non poteva farci niente, la eccitava farlo in modo rude. Forse era per questo che gli piaceva quella situazione...
Sentì il tipo soffocare un gemito contro il suo collo, forse perché a causa dei suoi movimenti, lo aveva compiaciuto.
Ma ciò nonostante, doveva fare qualcosa, qualsiasi cosa per evitare che quello lì, dopo aver concluso, la uccidesse. Ma cosa? Cosa avrebbe potuto fare lei, che non aveva nessun'arma con cui difendersi?
Pensò subito al suo coltello, ma c'era solo un problema: ce l'aveva lui in mano.
Ordunque, o riusciva a sfilarglielo e tentare in qualche modo di fermarlo minacciandolo, oppure se ne restava lì a fare la pervertita con lui attendendo la morta imminente.
Quindi, l'unica cosa che le veniva in mente in quel momento era farlo eccitare maggiormente così che lui, mollasse quel cavolo di coltello e lei potesse rubarglielo. Doveva tentare. Non che fosse così difficile, ci stava già riuscendo senza impegnarsi.
Prese a muovere il bacino, andandogli in contro con foga, sperando che lui abboccasse. Infatti, immediatamente lo sentì ringhiare più forte contro il suo orecchio. Lei sollevò la testa dal cuscino, liberando i gemiti e gli ansimi osceni che le uscivano dalla bocca aperta, socchiusa a forma di ''o'', suscitando al pazzo maniaco un gemito soffocato.
Improvvisamente si presentò l'occasione, quando lui preso dalla foga del momento, l'afferrò saldamente per i fianchi tirandosela indietro, facendola sollevare sulle ginocchia mentre prendeva a spingere con più foga. Il coltello gli cadde con un tonfo ovattato sul cuscino di lei che si morse il labbro, ansimante dal piacere.
Era vicina all'orgasmo, lo sentiva, ma doveva anche afferrare quel coltello prima che fosse troppo tardi, o sarebbe crepata come una scema.
Voleva farlo, ma le sue pareti interne si strinsero, prese da un'ondata gigantesca di scariche elettriche. Emise un lamento più lungo e osceno, mentre in preda dall'orgasmo iniziava ad andargli in contro con il bacino, troppo presa dalla situazione.
Lui le ringhiò nell'orecchio, mentre le dava spinte secche e veloci, creando suoni secchi nella stanzetta, per via dei suoi testicoli che sbattevano contro l'intimità di lei.
Nora, nel momento in cui riuscì ad acquistare lucidità, sbarrò gli occhi nel buio, tendendo i sensi, nonostante l'uomo stesse ancora spingendo in lei, mandandole piccole scariche di piacere.
Le era piaciuto.
Eccome se le era piaciuto, e si schifava per questo.
Che cavolo le era saltato in testa di provare piacere con uno sconosciuto che voleva ucciderla? Ma che problemi aveva? Se fosse uscita viva di lì si sarebbe fatta vedere da uno bravo, sicuro.
Il suo cervello saettò immediatamente all'idea di quel coltello sotto di lei. Avrebbe dovuto solo allungare una mano, piegandosi lentamente e lo avrebbe preso, per farci cosa lo sapeva solo Dio.
Lei non aveva mai ammazzato una mosca, figurarsi una persona. Certo era manesca, scorbutica, caga cazzo, ma di certo non era un'assassina, per cui, che cosa avrebbe dovuto fare?
Deglutì, piegandosi leggermente in avanti, ansimando ancora, e velocemente cercò il coltello, afferrandolo tremante. Contemporaneamente alla cosa, sentì l'uomo emettere un ringhio più basso, quasi gutturale, uscendo da lei velocemente e venendole sui glutei.
Lo sentì sospirare affannosamente, mentre lei stringeva l'elsa del coltello, ancora piegata a quattro zampe.
Il cuore ora, sapendo già che cosa stesse per accadere, le pompava più veloce di prima, rischiando così dal farla morire per ipertensione arteriosa.
Scattò, dopo un lungo respiro profondo, girandosi velocemente e puntando il coltello alla gola di lui che si bloccò immediatamente.
Forse perché non aveva pensato che potesse mai accadere. Ma se lasciava il coltello incustodito in quel modo, che cavolo pensava di fare?
Ok che forse lei non sapesse uccidere nemmeno una mosca, ma questo l'uomo non lo sapeva, no?
Non ebbe il tempo di risucchiare il respiro che l'uomo le si gettò addosso, schiacciandola contro il materasso con il suo peso, mettendole una mano attorno alla gola, stringendola e l'altra attorno alla sua mano la quale stringeva il coltello.
Gemette, cercando di prendere aria, ma quello stringeva sempre di più, smorzandole il respiro. L'altra mano aveva preso a stritolarle la sua con più forza, sopra l'elsa del coltello, facendole un male assurdo.
Sentì gli occhi pizzicarle.
Era una folle se pensava che avesse in qualche modo potuto tentare di salvarsi. Era un uomo, e a giudicare dalla sua corporatura, -esile e poco cicciotta- lui era praticamente il doppio.
Le stava togliendo il respiro, e la mano le faceva malissimo, sentendo la pelle urlare pietà contro la mano grande di lui che gliela stritolava.
Lui le si avvicinò all'orecchio, respirando ancora in modo affannoso.
<< E pensare che mi stavi piacendo cagnetta. Quasi quasi avevo pensato di lasciarti viva. >> mormorò roco, mentre lei soffocava un singhiozzò, cercando di prendere aria il più possibile.
Lui...lui voleva lasciarla in vita? E lei, aveva rovinato tutto.
Gli occhi presero a lacrimare, quando la consapevolezza di non avere più nessuna possibilità l'assalì, facendole sfuggire un altro singhiozzo.
<< Ma odio le ribelli >> Grugnì tagliente, con un tono di voce infastidito. Strinse con più forza la mano sinistra su quella piccola di lei, facendole sfuggire un lamento di dolore, e fu in quel momento che lei allentò la presa, lasciandosi sfuggire il coltello di mano, che lui riafferrò.
Singhiozzò più forte, quando lui portò il coltello alla gola, carezzandole la pelle con movimenti lenti facendola rabbrividire al contatto con la superficie fredda.
Quella lama avrebbe potuto sgozzarla, e lei, non avrebbe potuto far nulla.
<< Sei stata cattiva con me >> sussurrò questa volta, con tono giocoso, e lei poté giurare di avvertire il suo viso allontanarsi, come per guardarla.
Di certo con quel buio pesto non avrebbe visto un cavolo, in quanto nemmeno lei vedeva a un palmo dal naso.
<< E le cagnette cattive vanno punite >> continuò divertito.
Nora sussultò, quando avvertì la superficie fredda del coltello spostarsi dalla sua gola per posarsi sul capezzolo sinistro. Boccheggiò, senza riuscire a parlare o quantomeno urlare, sperando di farsi sentire dai suoi genitori.
Lui fece pressione, schiacciando la superficie piatta e gelida del coltello con più forza sul capezzolo, strappandole un sospiro.
Perché cavolo sospirava?! Perché il suo corpo reagiva in quel modo?! Era da internare, ora ne era sicura. Una come lei, risulterebbe sicuramente pazza se lo avesse raccontato a chi di competenza.
Un pazzo omicida, maniaco l'aveva violentata, e le era piaciuto. Ora la stava torturando in quel modo erotico e lei cosa faceva? Sospirava.
Assurdo. Non ci credeva nemmeno lei.
Però ora che ci pensava bene. Lui le aveva detto che avendolo assecondato gli aveva quasi fatto cambiare idea, perciò, se fosse stata più accondiscendente magari lui l'avrebbe lasciata viva, con la promessa che sarebbe tornato la sera successiva per finire il lavoro, così nel frattempo lei sarebbe già scappata in Olanda e a mai più rivederci.
Avrebbe dovuto assecondarlo dunque?
Ma chi le assicurava che dopo averlo assecondato, quello la lasciava andare?
Nessuno.
Era nella merda.
Il coltello prese a sfregarsi lentamente sul capezzolo, facendo su e giù, e lei come una cretina, si inarcò con la schiena, sospirando nuovamente.
Si vergognava. Si sentiva davvero una cagnetta in calore, come la chiamava lui. Perché ad ogni suo tocco, gemeva senza pensarci due volte.
E in tutto questo i suoi genitori russavano sonoramente. Non che avessero fatto tutto questo casino. Lei era rimasta in silenzio, solo quando aveva avuto l'orgasmo aveva emesso un gemito più lungo, ma a quanto pare i suoi genitori avevano un sacco di cerume alle orecchie, per non sentire la figlia che scopava con un maniaco al piano di sotto.
Non sapeva se indispettirsi o meno, poiché non avrebbe potuto avere l'orgasmo con lui se i suoi fossero piombati in camera.
Ma che cavolo di discorsi si stava facendo?! Stava impazzendo!
Dovrebbe supplicare aiuto! E invece pensava all'orgasmo di poco fa.
Sentì il ragazzo sistemarsi nuovamente tra le sue gambe, e ridacchiando, forse perché l'era sembrata pietosa, si chinò su di lei.
Non riusciva a vederlo, ma avvertì la lingua di lui posarsi sull'altro capezzolo, iniziando a creare cerchi immaginari.
Questa volta ansimò, allacciando istintivamente le gambe al bacino di lui. Il coltello sfregò nuovamente, scendendo verso il basso e fermandosi solo quando la punta arrivò all'altezza del suo bocciolo.
Fece una leggera pressione, strappandole un gemito di dolore, questa volta.
Pungeva al contatto con quella parte così sensibile, e lei si lamentò, mugolando e afferrando il polso di lui, che nel frattempo continuava a leccarle il capezzolo destro.
Sentì i denti di lui serrarlo improvvisamente, per dispetto, strappandole un gemito più profondo, soffocato dalla mano di lui che velocemente si era spostata dal collo alla bocca.
Lei quasi strillò nuovamente mentre quello prendeva a morderle il capezzolo destro e a pungerle l'altro con il coltello.
Singhiozzò, ansimando fortemente e istintivamente mosse il bacino contro di lui, cercando di fermarlo.
Si lamentò contro la sua mano, portando le braccia contro di lui, cercando di fermarlo, ma quello ringhiò, lasciando il capezzolo e portandole il coltello alla gola.
<< Devi startene zitta. Hai capito cagnetta? O vuoi che il gioco finisca presto, mh?! >>
Lei pianse in silenzio, mentre avvertì la mano libera di lui infilarsi tra i suoi lunghi capelli, arrivando alla cute e tirandoglieli con forza verso destra, facendole girare il viso.
Portò il coltello nuovamente al lato del suo collo sinistro e senza tanti complimenti, le fece pressione, muovendolo velocemente.
Nora avvertì un dolore bruciante propagarsi in uno specifico punto del collo. Iniziò a respirare affannosamente, presa dal panico più totale.
Ora l'avrebbe uccisa, tutto quello che aveva fatto non era servito a niente.
Sentì un liquido caldo colarle sulla pelle, e strizzò gli occhi realizzando subito che quello fosse il suo sangue e che lui l'aveva tagliata.
Immediatamente però, sentì la bocca del ragazzo posarsi su quel punto, iniziando a succhiare tutto il sangue e a leccarla, quasi fosse mamma lupo che leccava la ferita al suo cucciolo. Lo stava facendo lentamente, quasi gustandosi quel sapore ferroso, e lei non poté fare a meno di trattenere il fiato nei polmoni, mentre i capelli di lui, le ricadevano sul volto.
Capelli?
Ce li aveva abbastanza lunghi se le ricadevano in faccia.
Boccheggiò.
Ma che razza di individuo era quello?
Era sadico, maniaco e soprattutto assassino.
Davvero aveva intenzione di ucciderla?
Chissà perché però, le labbra di lui e quella lingua così calda e bagnata le mandarono il sangue alla testa, poiché ansimò, ma di piacere.
Ecco che la sua parte depravata tornava a fare capolino.
Doveva soffrire di qualche disturbo di personalità, perché non riusciva a capire in quanto un minuto prima piangeva e aveva paura e il minuto dopo, gemeva ed era eccitata.
Doveva farsi curare.
Oppure gemeva e ansimava per il semplice fatto che lui non le stesse facendo nulla di male, ma la stava solo leccando e succhiando sensualmente. Era quando la minacciava con quel coltello e le faceva male, che la parte razionale di se stessa le urlava di riprendersi.
<< Il tuo sangue è così buono cagnetta. Mi eccita >> mormorò, strusciando il suo membro eretto nuovamente contro l'entrata bagnata di lei.
Nora gemette, muovendo istintivamente il bacino contro il suo.
<< P-per favore...b-basta >> sussurrò con un filo di voce, che fu sentito da lui poiché aveva il viso attaccato al suo.
<< Mh...No. Decido io quando finirla. Tu devi restare zitta e buona, intesi? >> asserì roco, mentre le infilava nuovamente il pene nella vagina e iniziava a muoversi dentro di lei.
Lei gemette, abbracciandolo istintivamente, ormai arresa definitivamente all'idea che l'avrebbe usata fino allo sfinimento e poi uccisa.
Con le lacrime agli occhi, gli infilò le braccia sotto le ascelle, toccandogli le spalle larghe e iniziò ad ansimargli nell'orecchio, persa totalmente da quelle sensazioni folli che provava nel buio della sua stanza con quello sconosciuto psicopatico.
Chi l'avrebbe mai detto che fosse nata per morire in quel momento?
Da sola, nella sua stanza per via di un pazzo, con nessuno che l'avrebbe potuta salvare.
Continuarono con la posizione del missionario, con lei che silenziosa, ansimava e lui che ringhiava basso contro il suo orecchio, ansimandole contro la ferita che ancora bruciava disperatamente.
Strizzò gli occhi quando lo sentì venire per la seconda volta e attese, in silenzio, ancora con l'affanno misto paura e piacere.
Lui uscì da lei, restando però in quella posizione, con lei di gambe divaricate e lui in mezzo, quasi steso su di lei. Lo sentì chinarsi, posando nuovamente la lingua sulla ferita, leccandone lentamente tutta la lunghezza con la punta.
<< Gioco finito >> mormorò, e lei sentì nuovamente la superficie fredda del coltello posizionarsi in orizzontale sotto il suo mento, pronto ad ucciderla definitivamente.
Chiuse gli occhi, e pregò tutti i santi del paradiso di perdonarla, poiché aveva peccato in quelle poche ore con lui, e sarebbe di certo finita all'inferno per la sua poca sanità mentale.
<< Torna a dormire, cagnetta. >> mormorò, ridacchiando divertito.
COS...
COSA HA APPENA DETTO?
No, non poteva essere...
Lui non esiste. E' una cazzo di creepypasta...
E' finzione, basato su una storia vera. Lui non può...
Impossibile...
E...e se fosse lui?
Quel Jeff the Killer dalla faccia orribilmente deturpata?
Insomma, lui era figo e terribilmente sexy nei disegni, o fan art. Ma nei cosplay era orripilante, Gesù, un mostro.
Non poteva esistere quella cosa...
E perché i giornali non ne parlano come nelle fanfiction?
Deglutì, sentendosi sbiancare improvvisamente.
Ora moriva d'infarto sul serio, prima che lui la uccidesse.
<< Jeff? >> mormorò piano, scandendo il nome e attendendo una sua risposta.
Se le avesse riso in faccia, allora, probabilmente si era sbagliata, ma se invece avesse reagito diversamente allora...
Quello ammutolì improvvisamente, come se stesse pensando a come cavolo facesse una sconosciuta a sapere il suo nome.
Nora volle suicidarsi da sola in quel momento. Ora avrebbe preso il coltello di Jeff e si sarebbe pugnalata da sola. Del tipo: ''Lascia, non ti preoccupare, faccio da sola.''
Ma veramente era Jeff the killer? Ma era sicura che non la stessero prendendo in giro? Forse era davvero tutto uno scherzo.
Lui non parlò e nemmeno lei.
Restarono in silenzio al buio per pochi minuti, lei scioccata con gli occhi fuori dalle orbite, mentre lui...boh, mica ci vedeva qualcosa al buio.
<< Chi cazzo sei? >> spezzò improvvisamente il silenzio, irato il ragazzo.
Nora ebbe la conferma. Era lui, era Jeff the Killer.
No, aspetta, magari era una coincidenza che si chiamasse Jeff, in fin dei conti l'America era grande, e ce ne saranno a migliaia con il suo stesso nome.
Però se avesse messo a confronto tutti i particolari che conoscesse di Jeff...beh, erano identici.
Aveva un coltello; entrava di notte in casa di ragazze o ragazzi per ucciderli; -lo stupro però era una novità, forse aveva perfezionato la sua tecnica, chissà magari era anche lui in astinenza- aveva i capelli lunghi e tocco finale, il fatidico ''torna a dormire''.
Era lui, per forza.
Lei ammutolì. Che cavolo avrebbe dovuto dirgli?
''Ciao mi chiamo Nora, e sono una tua fan. Non ti preoccupare, ci metterò una pietra sopra per avermi violentato e tentato di uccidere. Mi fai un autografo?''
Decisamente no.
<< Allora?! >> sibilò, secco e tagliente. Facendole pressione con il coltello sulla gola.
Nora boccheggiò, non sapeva cosa dirgli.
Doveva informarlo della sua popolarità? Che fosse diventato una CreepyPasta? Ma le avrebbe creduto?
<< T-te lo dico, ma...toglimi questo coltello dalla gola >> mormorò velocemente lei, quasi mangiandosi le parole.
Lui ringhiò, avvicinando il viso al suo, tant'è che Nora sentì il suo respiro infrangersi sulla sua faccia.
Oddio, ti prego fai che non sia così orripilante, o sarebbe morta di crepa cuore.
<< Qui detto io le regole, hai capito cagnetta? >> sibilò incazzato, stringendole i capelli tra le dita con forza, strappandole un gemito di dolore.
<< Smettila di chiamarmi così >> se ne uscì subito, con quale coraggio, non lo sapeva.
Lui emise un verso divertito dalla gola, quasi si stesse godendo le sue reazioni.
<< Ma lo sei. Una cagna vogliosa che si è fatta scopare senza opporre resistenza >>
Nora deglutì, sentendo quella frase quasi fosse un ceffone potente sulla sua guancia, così tremendo da toglierle il fiato.
Se glielo avesse detto durante il rapporto, l'avrebbe fatta godere di più, ma ora, la consapevolezza che avesse agito in quel modo da sciacquetta le si stava rivoltando contro. Quasi le venne un conato di vomito.
<< Ma che cavolo dici? Se mi punti contro un coltello, minacciando di uccidermi, cosa pensi che possa farti io, che sono la metà di te? Sentiamo! >> grugnì lei, guadagnando coraggio, mossa dall'adrenalina che si stava spargendo nel suo stomaco in quel momento con prepotenza.
<< Uh. La cagnetta mostra le zanne >> ridacchiò, schernendola con il tono di voce.
Le carezzò i capelli, muovendo le dita sulla cute di lei, quasi a massaggiargliela. Mentre con il coltello prese a muoverlo lentamente contro la sua pelle delicata del collo.
<< Tu...sei veramente Jeff? >> domandò di punto in bianco, ritornando al discorso di prima.
Quello emise un leggero ringhio, fermando le dita e afferrandole alcune ciocche.
<< Ripeto: chi cazzo sei? >> E tirò, con più forza, facendole male alla cute.
Lei emise un lamento, mordendosi il labbro subito dopo.
<< Ma se non mi conosci...>> Iniziò lei.
Se le avesse detto che si chiamava Nora, lui probabilmente le avrebbe risposto: ''Sti cazzi!''
<< E perché tu conosci me, invece, eh?! >> ringhiò, avvicinando nuovamente il viso al suo, come se stesse cercando di vederla al buio.
Ma Jeff vedeva al buio? Che cavolo era, un pipistrello?
Così si fece coraggio, prendendo un piccolo respiro.
<< Ma tu ce l'hai internet? >> domandò, così di punto in bianco.
Sapeva per certo che ora l'avrebbe riempita di insulti, poiché non erano discorsi da fare in quel momento meno opportuno, ma era l'unico modo per farglielo capire.
<< Ma che cazzo centra?! >> sibilò tra i denti, sbuffandole in faccia.
Appunto.
<< Centra, se vuoi sapere come faccio a conoscerti >> rispose subito lei, borbottando a bassa voce, quasi avesse paura che se la mangiasse da un momento all'altro.
Lui ammutolì, ma lei poté sentire chiaramente il rumore della sua mascella che si serrava, a pochi centimetri di distanza dal volto.
<< Non uso quelle stronzate >> spezzò il silenzio improvvisamente, secco e tagliente, zittendosi subito dopo. Forse, per sentire cosa avrebbe risposto lei.
<< Ecco spiegato il perché non lo sai >> mormorò lei, pensando tra sé e sé, ad alta voce, ragionando velocemente, quasi dimenticandosi che lui fosse su di lei, a pochi centimetri dal viso ad ascoltarla.
<< Parla ragazzina. Non ho tutta la notte >> sbottò iniziando a infastidirsi, premendo la lama con più forza contro la sua gola.
Nora boccheggiò, sentendo il fiato mancarle, troppo spaventata per riuscire a fiatare. Non osò muoversi per timore di tagliarsi, se solo avesse fatto un passo falso.
<< Ragazzina...>> Sibilò lui, a denti stretti. << Sto perdendo la pazienza >>
Lei allora si fece coraggio, aprendo le labbra tremanti per parlare.
<< S-su internet...sei diventato famoso, p-perché qualcuno ha pubblicato la tua storia e...e ora hai un sacco di popolarità. Diciamo che tutti sanno chi sei. >> Mormorò con un filo di voce. Deglutì, sentendo la sua pelle schiacciarsi contro la lama, risucchiandole il respiro.
Lui restò in silenzio per un po'.
<< Mi prendi per il culo, ragazzina? Se questo è un modo per fregarmi, sappi che non funzionerà >> sibilò, irato.
<< No, no, no...>> mormorò in fretta, tentando il più possibile di continuare la conversazione con lui, cercando di scampare alla morte.
Ma da quanto tempo erano lì? Che ore erano? Era passato del tempo o erano ancora l'una di notte?
<< Se...se vuoi ti faccio vedere. Prendi pure il mio cellulare >>
Ti prego fai che abbocchi...
Lui sibilò, risucchiando l'aria tra i denti.
Poi si mosse sul suo corpo nudo, e lei poté sentire la stoffa dei suoi vestiti strusciare contro la sua pelle.
Non sembrava nemmeno avesse una felpa, sembrava una leggera t-shirt. Dopotutto erano in pieno Maggio e faceva abbastanza caldo.
<< Mh >> mormorò, mentre lei sentì la sua mano abbandonare i suoi capelli, sgusciando via rapida, andando chissà dove.
La lama prudeva contro la pelle, e lei iniziò ad infastidirsi per quella tortura così insistente.
Ma improvvisamente, come se le sue preghiere fossero state ascoltate, lui scattò, alzandosi dal suo corpo. Tant'è che lei boccheggiò, non avvertendo più né la lama di lui, né il suo peso corporeo.
Si sentiva leggera, libera. E finalmente poté sospirare di sollievo.
Una piccola luce fu illuminata nel bel mezzo della stanza, facendole scattare la testa nella sua direzione.
Vide un ragazzo slanciato e ben piazzato, seduto al lato del suo letto.
Aveva tirato su il cappuccio, ed era intento a fissare il suo telefono, dandole le spalle.
Pensò bene di urlare per farsi sentire, ma conoscendo il soggetto, l'avrebbe sgozzata in tre secondi con un taglio netto se solo ci avesse provato.
Per cui restò zitta, pregando la Dea bendata che quella sera sembrava aver pietà di lei.
<< Sbloccalo >> Grugnì, allungandole il suo cellulare, girando il viso nella parte opposta per non farsi guardare in volto.
Lei deglutì, e tremante prese il cellulare dalla sua mano. Riuscì a catturare anche se per poco, l'immagine della sua forma grande con le falangi affusolate.
Il telefono si spense, e la stanza piombò nel buio.
Così Nora si affrettò a sbloccarlo, andando immediatamente su Google, per digitare sul motore di ricerca: ''Jeff the killer''
<< Se ti azzardi a chiamare qualcuno, ti ammazzo >> la minacciò, tenendo la testa bassa e non girandosi minimamente verso di lei.
Si vergognava del suo aspetto?
Ma quando mai? Jeff? Ma se si vantava che fosse bellissimo con quel viso.
Avrebbe tanto voluto accedere quella cazzo di lampada solo per la sua dannata curiosità che voleva essere soddisfatta.
Voleva vederlo, cazzo.
Aspettò che Google caricasse le sue informazioni, e premette su ''immagini''.
Subito si presentarono ai suoi occhi, un sacco di fan art, cosplay e disegni di Jeff, e lei deglutendo, gli porse il cellulare tremante.
Non prima di aver guardato l'ora.
Erano già le quattro di mattina.
Ma quanto tempo era passato? Non se n'era nemmeno accorta, anzi, sembrava fosse passato solo mezzo secondo.
Lo vide afferrarle il cellulare, quasi strappandoglielo di mano, e fissare le immagini.
Restarono in silenzio per pochi minuti, con lei che lo fissava deglutendo e lui che scorreva il dito sullo schermo del cellulare, guardando tutte le sue foto.
<< Che cazzo è questa merda? >> sbottò improvvisamente, quasi infastidito.
Lei si morse il labbro, non sapendo che cosa fare.
Cosa doveva fare?
<< Sono solo fan art, cosplay e disegni che raffigurano te. Poiché non hanno nessuna tua vera foto, e quindi si sono basati sul racconto della tua storia >> Iniziò lei timidamente, mentre si abbassava la t-shirt tenuta ancora alzata.
Quasi non ci credeva che avesse avuto rapporti sessuali con Jeff the Killer. Se lo avesse raccontato in giro le avrebbero riso in faccia.
<< Ma che cazzo di schifo. Sembro un abomino >> Sibilo, serrando i denti, assumendo un tono più alto e infastidito.
Jeff che si definisce un abominio?
Sogno o son desta?
Ok, forse era davvero un sogno, magari stava sognando. Ma se così fosse allora perché aveva avvertito dolore quando lui l'aveva ferita?
<< Beh...è un racconto creepypasta. Sono delle storie horror basate più o meno, su racconti veri... >> continuò lei.
Brava, doveva continuare così. Di questo passo avrebbe fatto giorno e lui sarebbe stato costretto a filarsela.
<< Chissà quante stronzate avranno scritto. >> emise un verso di stizza, sollevando il capo coperto dal cappuccio. Riuscì a vedergli i capelli lunghi neri che fuoriuscivano dalla t-shirt nera, a mezze maniche larghe che gli arrivava quasi fino al gomito.
Boccheggiò quando si mosse leggermente, e lei riuscì a vedergli il profilo del naso.
Aveva il naso...
Cos...
Ma non gli era bruciato del tutto?
<< Perché dici così? >> balbettò, ancora sotto shock per la rivelazione.
Lui emise un ringhio basso, infastidito. Spense di colpo il telefono, immergendo così la stanza nuovamente nel buio.
Il cuore di Nora ricominciò a battere furiosamente nel petto, sentendo il ragazzo muoversi nell'oscurità.
<< Non sono affari che ti riguardano, ragazzina. Ora, fammi finire il lavoro >> Asserì secco e sbrigativo.
Lei ebbe il tempo di prendere un ultimo respiro, che sentì Jeff tirarla in avanti per un polso e sollevarla in piedi accanto a lui.
Trattenne l'aria nei polmoni mentre la mano di lui si posava sulla sua schiena, schiacciandola contro il suo corpo duro. L'altra invece, armata di coltello si posò nuovamente contro il suo collo, esattamente dove l'aveva tagliata poco fa.
Stava combattendo con tutte le sue forze di urlargli di risparmiarla, di lasciarla viva.
Ma quante volte le sue vittime l'avevano supplicato? E quante sono sopravvissute per raccontarlo? Nessuno, infatti.
Per cui una come lei, che speranze aveva di sopravvivere quella sera? Ci aveva sperato fino all'ultimo, e si sentì così stupida nell'averlo fatto. Come le era venuto in mente che avrebbe potuto salvarsi? E poi, leggendo le fanfiction, di solito se saltava una vittima, prima o poi l'avrebbe fatta secca.
<< Quasi mi dispiace farlo...>> mormorò, vicino al suo viso, e lei, quasi morì sul colpo a quella affermazione.
<< Sei comunque migliore di tutte le altre cagne che mi sono fatto. >> E strusciò il naso contro il suo, strappandole un sospiro.
Cos'era, un complimento?
Aveva ricevuto da Jeff un apprezzamento?
Nora si aggrappò con tutte le sue forze alla t-shirt di lui, stringendo la stoffa tra le sue dita, così forte che quasi se lo tirò addosso maggiormente.
Jeff nel frattempo restò in completo silenzio, carezzandole la gola con il coltello, con movimenti lenti, prendendo a muovere leggermente l'altra mano sulla schiena di lei, quasi a farle una carezza. E Nora chiuse gli occhi, preparandosi alla morte con il cuore come ultimo suono in quella stanza così silenziosa.
Quasi si commosse nel pensare che fosse gentile in quel momento, poiché non le stava facendo male, anzi, l'accarezzava, forse, come ringraziamento per averlo fatto godere quella sera. E lei, deglutì, pensando che fosse l'unica sua vittima a ricevere quei privilegi e che doveva sentirsi sollevata.
Ma potrebbe mai una vittima essere sollevata per ricevere una carezza dal suo aggressore, nonostante sapesse che sarebbe morta tra pochi minuti?
Chi lo sa. Ma lei era una persona strana, e le piaceva vedere il lato positivo in tutto, perciò chiuse gli occhi e sussurrò:
<< Va bene così...>> Ed era vero. Le andava bene, poiché non avrebbe avuto nessuna chance contro di lui. Anche perché aveva provato a fregarlo ma senza successo.
La mano di Jeff, quella che le carezzava la schiena si fermò, improvvisamente. Lei respirò affannosamente, preparandosi alla morte.
<< Posso...posso abbracciarti prima? >> mormorò ancora, come ultimo desiderio. Il ragazzo non si mosse, ma era sicura che stesse pensando che lei fosse più pazza di lui per chiedergli una cosa del genere.
Insomma, se l'era scopato, abbracciato, aveva goduto della sua lingua e dalle sue labbra fameliche, che l'avevano succhiata senza sosta...e lei gli chiedeva un abbraccio.
Era pazza, sì.
Ma come ultimo desiderio non poteva mancare.
<< Muoviti >> rispose secco, spezzando il silenzio nella stanza e di conseguenza anche i suoi pensieri.
Lei allentò la presa sulla stoffa della sua t-shirt, facendo scivolare le mani sui fianchi di lui, infilandole sotto le braccia, per poi posarle velocemente sulla sua schiena.
Era una bella schiena, stretta sulla vita per poi allargarsi fino alle spalle, rendendole più ampie.
Non era così ben piazzato come pensava, anzi, sembrava alquanto magro e longilineo, caratterizzazione che gli calzava alla perfezione per ciò che faceva. Lo rendevano agile e scattante, favoreggiandolo in determinate situazioni che lei conosceva alla perfezione.
Si accoccolò contro il suo corpo duro, schiacciando il suo corpo contro quello di lui, beandosi dell'abbraccio della morte, come ultimo saluto sulla terra. Posò la testa sul suo petto, sentendo i capelli di lui sotto la sua guancia, che incredibilmente profumavano di shampoo alle mandorle.
Allora si lavava...
Non che fosse un assassino puzzone, ma l'idea di Jeff che si faceva lo shampoo le veniva da ridere.
Era caldo, e quella consapevolezza la fece sorridere. Allora aveva un cuore, un cuore da mostro che pompava sangue, facendolo affluire in tutto il suo corpo, rendendolo vivo. Un essere vivente, un uomo.
Un urlo agghiacciante fece sussultare entrambi. Nora si strinse più forte a Jeff, risucchiando il respiro, mentre quest'ultimo si irrigidì sul colpo.
Non sapeva nemmeno lei del perché si fosse stretta maggiormente al suo stupratore assassino, ma forse, consapevole che fosse il Jeff che aveva imparato a conoscere tramite la sua storia e le fanfiction, l'aveva spinta inconsapevolmente a farlo.
Un altro urlo la fece fremere contro il corpo del ragazzo, che nel frattempo non si era mosso.
Quella che gridava era sua madre.
E chissà perché lo stava facendo, visto che nella sua camera non era entrato nessuno.
Incredibilmente il suo cervello collegò tutto a Jeff, sussurrandole che forse, aveva fatto qualcosa di brutto a qualcuno della sua famiglia.
Quel minuscolo pensiero bastò nel farla tornare in sé, sentendo tutto il suo corpo ghiacciarsi sul colpo.
<< Cazzo! >> Sentì l'imprecazione di lui, che fulmineo si staccò da lei, buttandosi ai suoi piedi non appena Nora sentì i passi di sua madre, frettolosi dirigersi verso camera sua.
Velocemente presa dal panico, si ricordò di essere mezza nuda, senza slip e pantaloncini, così si buttò a peso morto nel suo letto, cercando alla cieca i resti del suo pigiama.
Nel buio riuscì a trovarli, e frettolosamente, tremante e sudando freddo li infilò in tempo, quando sua madre piombò nella sua stanza accendendo la luce.
Nora si coprì gli occhi per l'improvvisa luminosità che le invase le pupille.
<< Mamma! >> esclamò, con voce tremante.
Tutto quello che aveva appena subito, le si rivoltò contro come un secchio d'acqua gelata, quando vide sua madre in piedi, con un martello in mano e un'espressione minacciosa sul volto.
<< Che succede?! >> ringhiò suo padre, entrando anche lui armato di pistola.
Avevano una pistola? E dove l'hanno tenuta nascosta per tutto questo tempo?
<< Nora, tesoro, stai bene? >> Singhiozzò sua madre, abbassando il martello e aprendo le braccia.
Lei non se lo fece ripetere due volte. Scese dal letto e si fiondò da lei, abbracciandola stretta. Tirò su con il naso, sentendosi una cretina bipolare, tra le braccia di sua madre che singhiozzava insieme a lei.
<< Sto bene mamma. Cosa è successo? >> mormorò con voce tremula.
Lei scosse la testa, arricciando il naso e le sopracciglia in un'espressione addolorata.
<< Oscar...>> Mormorò, tirando su con il naso.
Nora sgranò gli occhi.
Oscar...
Jeff...
Due più uno, uguale tre.
Jeff aveva fatto qualcosa al suo cane.
Deglutì.
<< Cosa è successo a...>> Le parole le morirono in gola, quando sua madre scosse la tesa.
<< Ci sono entrati i ladri in casa...lo hanno ucciso, tesoro. >>
Suo padre restò in silenzio, dopo aver guardato la sua stanza velocemente.
<< Tu hai sentito qualcosa? >> chiese subito, quasi frettolosamente, lanciandole occhiatine preoccupate.
Ecco.
Adesso che cosa avrebbe dovuto fare?
Dirgli che Jeff era nascosto da qualche parte in camera sua, oppure non dire niente e lasciarlo fuggire?
Così che poi, sarebbe tornato una seconda volta ad ammazzarla?
Boccheggiò, mentre fissava suo padre con gli occhi di un pesce palla.
<< Nora...>> La chiamò lui, avvicinandosi seriamente a lei.
Decise di dire una mezza verità.
<< Io...avevo sentito dei rumori ma...>> Fece scorrere gli occhi da suo padre a sua madre incerta.
<< Pensavo fosse Oscar che bighellonava in giro per casa >>
Perché stava mentendo?
Stava salvando Jeff per puro egoismo, oppure stava salvando i suoi genitori, qualora avesse detto troppo e lui sarebbe sbucato all'improvviso per ucciderli?
Sentì il suo cuore pomparle più veloce al pensiero di ciò che aveva fatto con lui poche ore fa. Le guance le andarono a fuoco, sentendosi una cretina assoluta, al pensiero di esserselo abbracciato e scopato per ben due volte, e di aver goduto per bene sotto la sua lingua famelica.
Doveva farsi internare.
Suo padre sospirò, passandosi una mano tra i ricci capelli castani.
<< Chiamo la polizia. Usciamo immediatamente da qui, non si sa mai >>
Lei e la madre annuirono, mentre il padre le spingeva fuori dalla sua stanza, chiudendo la porta.
Oltrepassarono il corridoio, e Nora poté vedere il corpo del suo cane che giaceva in una pozza di sangue, steso sul pavimento.
Singhiozzò, portandosi una mano sulla bocca.
Jeff non si era risparmiato, le aveva squartato il cane senza pensarci due volte.
C'era una puzza orrenda che fluiva dal salotto, e alla vista del corpo del suo cagnolone morto, Nora sentì le gambe tremarle fortemente.
Era stata un'egoista.
Mentre lei godeva sotto il corpo di Jeff, presa dal piacere, il suo povero amico giaceva per terra morto nel salotto.
Era una pazza, una grandissima stronza pazza.
Come aveva potuto essere così sciocca? Invece di essere così accondiscendente con lui, avrebbe dovuto ribellarsi, senza pensare che l'avrebbe squatrata come il suo amico.
Eppure però, se non lo avesse fatto a quest'ora sarebbe nel suo letto, sgozzata da ore.
Il suo essere un po' troia alla fine l'aveva salvata, sì, ma chi le diceva che Jeff non avrebbe finito il lavoro con lei?
Anzi, più che altro lei, sapeva che Jeff avrebbe finito il lavoro, ammazzando anche i suoi genitori se fosse stato necessario.
Uscirono di casa, in pigiama e tremanti, avviandosi verso la casa dei vicini, mentre suo padre armato di cellulare le seguiva guardandosi in torno in modo sospetto, parlando al telefono con i poliziotti e spiegando la situazione.
Bussarono alla porta dei vicini e attesero che venissero ad aprirli. Aveva chiesto l'ora ed erano le quattro e quarantacinque ci mattina, quasi le cinque del mattino.
Lei aveva passato l'intera notte a scopare con Jeff nel suo letto.
Si sentì una merda, una grandissima merda. Nonostante avesse capito chi fosse non aveva detto nulla a nessuno, anche perché se avesse detto chi fosse stato il suo aggressore le avrebbero riso in faccia.
Dopotutto aveva alcuni suoi disegni attaccati come poster al muro vicino alla finestra.
Disegnava solo per noia, ed era abbastanza brava nel disegnare i personaggi anime. Ed era molto dettagliata nei particolari, poiché essendo una testona, continuava a migliorare il disegno finché non le veniva perfetto, tanto da soddisfare il suo ego.
Ordunque, se avesse detto ai poliziotti che si trattasse di Jeff the Killer, probabilmente l'avrebbero fatta internare sul serio.
<< Susan, Alan, ma che succede? >> domandò il loro vicino Thomas, sull'uscio della porta, ancora mezzo addormentato con una vestaglia blu notte legata alla vita.
Sua madre tremò, ancora stretta a lei, mentre informava i vicini dei ladri e della misera fine del loro povero Oscar.
Thomas e Nicole, sua moglie, li fecero entrare, facendoli accomodare sul divano, preoccupati per loro.
<< Vi faccio una camomilla >> Asserì la donna bionda, Nicole, sparendo dietro la porta della cucina.
Sua madre tremò per tutto il tempo, restando zitta finché Nicole non tornò dalla cucina con un vassoio di tazze fumanti.
Suo padre continuava a parlare con Thomas, spiegando a grandi linee che cosa fosse successo, di cosa avessero visto e sentito.
A quanto pare i suoi, come aveva immaginato, non avevano sentito nulla nella mansarda, ma sua madre, si era svegliata perché aveva sete. Una volta scesa al piano terra e aver acceso la luce, si era ritrovata davanti il macabro spettacolo scatenandole un urlo agghiacciante che aveva svegliato suo padre e lei.
Non sapendo minimamente però che la loro cara figlia minore, se la stava spassando con il Killer di Oscar, incurante dell'infarto che stava per avvolgere sua madre in quell'esatto momento.
<< Mi dispiace per il vostro cane...>> mormorò la donna, stringendosi nelle spalle, passandosi le mani sulle braccia.
Sua madre afferrò la tazza bollente, iniziando a soffiarci su per raffreddarla. Sollevò lo sguardo verso Nicole e le sorrise forzatamente.
<< L'importante è che noi stiamo bene >> mormorò subito dopo.
Nora sospirò, abbracciando sua mamma e strizzando gli occhi.
Che cogliona. Era una grande stronza. Non riusciva più a pensare ad altro in quel momento.
Non passò molto tempo dall'arrivo dei poliziotti che dopo un breve scambio di parole si avviarono in casa loro per cercare tracce o altro dei presunti ladri.
Si fece l'alba quando tornarono, Nora si era quasi addormentata quando sentì i poliziotti parlare con i suoi genitori e i suoi vicini.
Si stropicciò gli occhi, e con un grande respiro si alzò, avviandosi nel corridoio per sentire meglio.
<<...niente purtroppo. La casa è stata sigillata, per cui vi consiglio di trovarvi una sistemazione provvisoria. >> affermò l'uomo dai baffi scuri.
Suo padre sospirò, passandosi una mano tra i folti capelli.
<< Possiamo almeno prendere i nostri effetti personali? Come ben vede siamo in pigiama e non abbiamo nulla con noi, se non questo telefono >> E gli mostro il suo telefono tra le dita.
Il poliziotto sospirò pesantemente, ma acconsentì a farli ritornare in casa per prendere le cose più indispensabili.
Sua madre fu l'unica a non voler tornare, perciò Nora le chiese cosa avesse dovuto prenderle per via dell'assenza momentanea da quella casa.
Seguì suo padre e i poliziotti quando ormai erano le otto in punto di mattina e il sole era già sorto, illuminando ogni particolare della sua casa.
Una volta dentro, vide un telo posato sul suo cane, e l'inconfondibile puzza di cadavere aleggiare nel salotto.
Represse un conato di vomito mentre superava la stanza, avviandosi verso la sua. La aprì, e come prima cosa non poté non notare la finestra di camera sua aperta, con la tapparella sollevata e le tende che danzavano per via del venticello della frescura di prima mattina che entrava tranquillamente.
Era andato via.
Sospirò di sollievo, per poi avviarsi verso il suo armadio. Lo aprì e ne uscì il suo borsone da palestra, quello più grande che aveva, iniziando a infilarci dentro: intimo, vestiti, effetti personali e qualche paio di scarpe.
Chiuse la zip, per poi avviarsi verso la sua scrivania. Aprì lo zaino e iniziò a infilarci tutti i suoi libri e quaderni di scuola, rischiando di farlo scoppiare.
Sbuffando, ritornò nell'armadio prendendo un vecchio zaino, riempiendolo con le ultime cose scolastiche. Nel mentre camminava nella sua stanza però avvertì qualcosa di strano, come se ci fosse qualcosa di nuovo che la infastidì.
Corrugò le sopracciglia e fece un sopraluogo, scannerizzando la stanza curiosa più che mai.
Si rese conto ben presto che non mancasse nulla. E allora perché si sentiva infastidita?
Era tutto al suo posto. I mobili, i profumi sul grande comò, i suoi tre disegni di fan art attaccati al muro, le sue foto...
Un momento, tre disegni?
Cos...
Ne aveva quattro sul muro, attaccati al centro delle sue foto.
Uno raffigurava Sesshomaru, il suo personaggio anime preferito; il secondo era una fan art anime di Loki, il fratellastro di Thor; il terzo raffigurava un Draco Malfoy di Harry Potter, e il quarto?
Dov'era il suo quarto personaggio preferito? Dov'era la fan art di Jeff the Killer?
Chi cazzo si era permesso di fregarle quel disegno stupendo?
Era una fan art stupenda, la migliore che avesse mai disegnato su di lui.
Di solito appendeva al muro i suoi migliori lavori, e quello di Jeff era sexy.
Raffigurava lui in versione anime, chinato in ginocchio con le gambe divaricate. Aveva le braccia posate in modo annoiato sulle cosce, e in una mano penzolava il coltello lucente. La parte superiore del busto era dritta, indossava la sua bellissima felpa bianca schizzata di sangue. Il cappuccio era tenuto giù, lasciando in bella vista i capelli lunghi e neri ribelli che gli ricadevano sulle spalle.
La frangia gli copriva gli occhi spalancati, lasciando intravedere solo una piccola parte contornata di nero. Il naso era appena accennato, e le labbra erano contornata dalla solita cicatrice macabra di un sorriso sanguinante. Al labbro gli aveva disegnato un piercing che lo rendeva attraente.
Il tutto sembrava che Jeff, nonostante il sorriso macabro, stesse in realtà fissando davanti a sé in modo torvo, rendendolo un assassino terribilmente macabro e sexy.
Ma era sparito. Al suo posto c'era il freddo muro bianco delle pareti, creando una strana visuale in mezzo alle foto e agli altri suoi disegni.
Si vedeva che mancava un pezzo. E quindi dov'era?
Si abbassò contro il comò, cercando di capire se fosse caduto, ma non c'era nemmeno il quadro trasparente in cui lo aveva infilato, il che stava a significare che glielo avessero proprio fregato.
Chi cazzo aveva os...
Sgranò gli occhi.
No, impossibile.
Jeff non poteva averle rubato il disegno. Era troppo strano. Quasi irreale che rubasse una fan art di se stesso, quando poche ore fa le aveva detto che gli facevano schifo.
Chissà perché...
Boccheggiò, non appena fu consapevole che sì, il killer le aveva non solo ammazzato il cane, ma si era anche fregato il suo disegno.
Si passò le mani tra i capelli, ancora sconvolta, finché un poliziotto fece capolino nella sua stanza, chiedendole se stesse bene.
Lei si riprese, annuendo velocemente. Afferrò le sue borse, montandosele sulle spalle stile mulo da soma e le posò vicino alla porta. Tornò indietro, salendo le scale e raggiungendo suo padre nella mansarda per prendere le cose di sua madre, trovandoselo chino su una grossa valigia.
<< Papà...>> lo chiamò lei, chinandosi accanto a lui, fregandosene allegramente dei poliziotti fuori dalla camera ad aspettare che finissero.
Lui si girò verso di lei e le lanciò uno sguardo strano, preoccupato.
Le avvolse le braccia attorno alle spalle e le diede un bacio sulla fronte.
<< Mi dispiace piccola. Se solo fossi stato più attento ora, Oscar sarebbe ancora vivo, e noi non saremmo in questa situazione >> sospirò.
<< Non è colpa di nessuno. E lo sai bene. >> Lei si strinse nel suo abbraccio e gli lasciò un bacio sulla spalla, carezzandogli la schiena con le mani.
<< Pensa se fossero entrati in camera tua. Io...non oso immaginarlo cosa avrei potuto fare se...>> si bloccò, spezzando il silenzio, facendole intendere perfettamente cosa volesse dirle.
Il problema, caro padre, era che Jeff le era entrato davvero in camera e le aveva fatto certe cose di cui si sarebbe vergognata solo a dirgli. E lei da brava scema, si era lasciata andare incurante di tutto, sorvolando sul fatto che avesse un coltello con sé e che avrebbe potuto ucciderla da un momento all'altro.
<< Ma non è successo. Quindi cerca di tranquillizzarti, dobbiamo pensare alla mamma. E dobbiamo avvisare Riley di non tornare a casa. >>
Lui come se si fosse appena svegliato da un lungo sonno, si rese effettivamente conto dell'esistenza della figlia maggiore, che per fortuna, ieri sera non aveva dormito a casa e che avrebbe dovuto avvisarla al più presto.
Annuì, e dopo aver preso le cose anche della mamma e qualcosina di Riley, scesero scortati dai poliziotti giù al primo piano. Presero borse e bagagli e velocemente portarono tutto momentaneamente in casa dei vicini.
Nora sospirò. Sarebbe stata dura d'ora in avanti.

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