Cap. 8
Marinette sbadigliò per la milionesima volta in due ore.
Fino ad ora aveva soltanto fatto matematica e inglese, le restavano parecchie –almeno per lei– ore prima di poter tornare a casa e correre in biblioteca per documentarsi su Chat Noir.
«Quanto odio il lunedì...» piagnucolò, sbattendo la fronte sul banco.
«Dai amica, tieni duro per altre tre ore.» la confortò Alya facendole un buffetto.
«Tre. Lunghe. Ore.» scandì con drammaticità, fingendo di piangere. «E poi devo anche andare in biblioteca a fare una cosa... Ora come ora non ho proprio voglia...»
«A fare cosa in biblioteca?» domandò curioso Nino, voltandosi dopo aver sistemato il quaderno dell'ora appena terminata nella cartella.
La corvina rimase in silenzio per qualche secondo, ma fu Alya a rispondere per lei. «Sai anche tu quanto questa ragazza sia una nerd: tra fumetti, libri e computer legge sempre. Per non parlare dei videogiochi.»
«Ed il Kindle.» precisò, tirando un sospiro di sollievo quando sentì la risata del moro.
Aveva promesso alla sua migliore amica che non si sarebbe più interessata a Chat Noir, ma lui era un suo amico in difficoltà –parecchio in difficoltà!– e non poteva restare con le mani in mano in queste situazioni.
Prese il cellulare, sospirando appena vide l'orario: erano passate a poco le dieci e la biblioteca aveva aperto pochi minuti prima.
Avrebbe voluto uscire prima solo per correre a casa a dormire un po' e poi andare in biblioteca a parlare con monsieur Fu –nome sicuramente straniero, aveva pensato lei–, ma poi avrebbe dovuto fare i conti con i suoi genitori.
Mettendoci tutta se stessa per non uscire dall'aula, tornò a parlare con Alya e Nino per distrarsi fino all'arrivo della professoressa, riprendendo l'incubo della scuola.
—•—•—
Chat Noir era appollaiato sul tetto sul lato sinistro della scuola, osservando come un gatto curioso le persone che facevano ricreazione.
Chissà com'era andare a scuola, pensava ogni volta che vedeva un ragazzino con la cartella; lui non era mai andato a scuola, ma un insegnante privato veniva a casa sua per insegnargli le stesse cose che stavano facendo i suoi coetanei, anche se lui era parecchio più avanti poiché era da solo e, modestia a parte, imparava parecchio velocemente.
All'epoca si riteneva un grande studioso, non solo perché gli piaceva imparare, ma anche perché gli era stato imposto dal padre, visto che avrebbe dovuto prendere il suo posto non appena sarebbe arrivato il momento.
Sorrise vedendo la sua amica ridere con altri due suoi coetanei, sentendo il cuore scaldarsi nel vederla felice.
Sì, ne sarebbe valsa la pena restare per lei.
«Quella era pessima!» si lamentò la mora lanciando un pezzo di carta addosso all'amica.
«Invece era fantastica. Voi non apprezzate le battute.» ribatté lei, restituendo il gesto e colpendola direttamente in testa.
Doveva ammetterlo, quella battuta non l'aveva capita...
Come faceva un pesce ad indossare delle scarpe?!
Beato chi l'aveva capito, pensò il felino con un'alzata di spalle.
«Marinette, le tue battute dovrebbero essere illegali.» osservò il moro, colpendosi la fronte con la mano.
«Voi non capite la vera essenza dell'"umorismo Marinettiano". Eppure siete miei amici!» esclamò offesa, incrociando le braccia al petto.
«Non è ancora nato chi capisce il tuo umorismo, Mari.»
Marinette... era così che si chiamava.
Un nome degno di una principessa, sospirò il biondo, ripetendo più volte il nome nella sua testa come a volerselo tatuare nella memoria.
Era un nome bellissimo, esattamente come lei.
Si voltò col capo verso l'attico che collegava l'esterno alla camera della ragazza, accorgendosi solo in quel momento che abitava vicino al liceo che frequentava.
Almeno non aveva scuse per il ritardo, pensò il felino divertito.
La sua attenzione fu richiamata dall'arrivo di un ragazzo dai capelli rossi che si sedette accanto a Marinette, facendola sorridere.
«Ehi Nath, la prof ti ha detto qualcosa per domani?» chiese lei incuriosita, spostandosi leggermente per fargli posto.
«Purtroppo no. Spero non ci sarà una verifica a sorpresa, a questo punto.»
Nath. Quel ragazzo gli stava già antipatico.
Non sapeva come mai, ma guardarlo così vicino a Marinette gli faceva rizzare i peli sulla nuca e sfoderare i canini.
Vide la testa di pomodoro ridere ad un'altra battuta della ragazza, mentre gli altri due loro amici fecero per alzarsi ed andarsene.
Si vedeva lontano un miglio che le piaceva Marinette, e questa cosa la rendeva più nervoso di quel che già fosse.
Si era legato parecchio a lei, anche se non la conosceva molto bene –anzi, non la conosceva per niente!– eppure solo l'idea che qualcuno potesse portargliela via lo faceva infuriare.
Sentì gli artigli conficcarsi nel cemento, graffiandolo, e solo allora prese un paio di respiri profondi.
Non poteva rischiare di perdere il controllo quando Marinette era dentro l'edificio, e non poteva nemmeno scendere e prenderla davanti a tutti.
Chissà poi cosa avrebbero pensato gli altri. Chissà cosa avrebbe pensato lei.
Scosse la testa con furore, mettendosi in piedi e dando un'ultima occhiata alla corvina seduta all'ombra assieme ai suoi amici mentre dava una pacca sulla spalla a quel tipo che si chiamava Nath.
Quello era troppo.
Senza dare un secondo sguardo saltò dall'altro capo del tetto, scendendo agilmente da una grondaia stando attento a non romperla, per poi iniziare a correre per nascondersi dagli occhi dei parigini.
Lo terrà d'occhio quella testa di pomodoro, e se farà qualcosa alla sua principessa allora lo renderà ketchup per patatine fritte.
—•—•—
Marinette ebbe soltanto il tempo di mangiare, preparare le sue cose e salutare il padre che era già sulla metro per andare alla Bibliothèque de l'Arsenal per parlare con Fu.
Scese dalla carrozza assieme ad altre persone, seguendole verso l'uscita per non essere sommersa dalle altre che entravano; prese una boccata d'aria appena fu in superficie, espirando subito dopo, per poi guardare a destra e sinistra per ricordarsi la strada da percorrere.
Non aveva un grande senso dell'orientamento, e doveva percorrere almeno una decina di volte la stessa strada prima di imparare il percorso; così, prese il cellulare con già impostato Google Maps con l'indirizzo della biblioteca, ringraziando il fatto che c'erano appena centocinquanta metri che la separavano dalla sua meta.
Iniziò a camminare, facendo attenzione mentre attraversava la strada ed a non urtare i pedoni che camminavano nel verso opposto al suo, sorridendo non appena l'audio del cellulare la avvisò di essere arrivata.
Entrò nell'immensa costruzione e subito fu colpita dal rilassante odore di pagine vecchie che caratterizzava il luogo, sorridendo non appena vide l'anziano signore farle un cenno di saluto.
Percorse il salone per raggiungere Fu, salutandolo con tono basso. «Mi dispiace non essere potuta venire prima, ma la scuola mi tiene impegnata fino all'una.» si scusò chinando il capo.
«Figurati. Mi tengo occupato riordinando i vecchi volumi della biblioteca.» rispose con sorriso gentile. «E poi, credevo che avessi cambiato idea sulla Belva Nera: non credevo che uno studente potesse interessarsi così tanto al mostro che terrorizza Parigi.»
Marinette scosse la testa. «Lui non è un mostro. Non è colpa sua se è così.»
Fu alzò il sopracciglio bianco, mettendo in evidenza le rughe sulla fronte e dando un accenno di divertimento alla sua espressione incuriosita.
«Ehm... volevo dire...» balbetto nervosa, cercando una scusa plausibile per uscire da quella situazione. «Mi piacerebbe prendere il voto più alto di tutti, per questo conoscere più cose riguardo Chat Noir. Sento come la sensazione che la sua storia risale a molto prima della sua comparsa l'anno scorso, e vorrei sapere tutto.»
L'anziano annuì, sorridendo. «Sei una ragazza curiosa, oltre che intrepida.» ridacchiò, dandole le spalle e camminando verso le scale che conducevano al piano superiore. «Allora vieni, ti dirò tutto ciò che vuoi sapere su Chat Noir. Anche perché so che tu mi devi dire qualcosa, Marinette.»
—•—•—
Non avrebbe mai immaginato che dietro ad uno scaffale potesse esserci una specie di stanza segreta, eppure era esattamente in una stanza –umida e fredda– dietro lo scaffale!
Appena arrivò al secondo piano, Fu si raccomandò che nessuno lo stesse seguendo o guardando, con le poche persone presenti nella biblioteca con la testa sui libri e la loro attenzione alle parole scritte sulla carta ingiallita dal tempo.
Sentì alle sue spalle la porta chiudersi, cosicché dall'altra parte era il solito scaffale di legno.
Seguì l'anziano lungo un corridoio lungo circa una decina di metri, ringraziando il fatto che qualcuno abbia appeso delle luci ai lati per vedere dove mettesse i piedi.
Rimase in silenzio dietro l'uomo, che continuò a camminare fino a raggiungere una stanza di circa cinque metri quadrati con al centro una botola di legno; con un po' di fatica, sollevò la pesante –ed ormai marcia– lastra di legno, rivelando una scala a chioccia che conduceva talmente in basso che non si riusciva a vedere la fine.
Marinette si chiese come fosse possibile che in una biblioteca ci fosse una cosa del genere, ed il perché non avevano costruito il passaggio già al piano terra per risparmiare fatica e tempo, ma quella era la domanda secondaria.
Fu le fece cenno con la testa di seguirlo, scendendo attraverso la lunga rampa; la ragazza annuì, pregando di non scivolare a causa dell'umidità che si era attaccata alla pietra, rendendola viscida, e per i gradini sconnessi.
Tenne le mani sulle pareti per avere il minimo punto d'appoggio in caso di caduta, pregando che non le prendesse un attacco di panico per la sua claustrofobia.
Quattrocentosettantatré gradini più tardi –che contò per distrarsi– arrivarono alla fine, e la vista fece rimanere senza fiato la giovane corvina: quella stanza era ancora più grande della biblioteca che avevano sopra la testa, ed innumerevoli volumi, tra cui parecchie pergamene, erano raccolti su scaffali alti circa quattro metri; il luogo sembrava potersi spingere per chilometri di lunghezza, ma le luci delle lampade mostravano le pareti perimetrali e la fine di ogni scaffale.
I suoi occhi azzurri si illuminarono alla vista di tale meraviglia e non poté trattenere un sospiro di meraviglia.
Fu ridacchiò. «Immaginavo ti sarebbe piaciuto questo posto.»
«Com'è possibile che una biblioteca avesse un archivio enorme? E soprattutto sotto terra!» esclamò sorpresa, girando su se stessa per ammirare la stanza in tutta la sua interezza.
L'anziano le fece cenno di seguirlo, conducendola verso l'unico tavolo presente. «L'Arsenale fu fondato nel XVI secolo da Francesco I, come immagino già saprai, che si raccomandò di installare una stanza segreta dove lui potesse isolarsi. Questo luogo è sempre stato pieno di manoscritti e stampe medievali, mano a mano riempito durante la rivoluzione francese dopo che lo stato sequestrò la biblioteca. Mentre al livello superiore ci sono le collezioni che tutti conoscono –quali gli Archivi della Bastiglia, il Fondo Lacroix e la Collezione José-Maria de Heredia– su questo livello si continuavano a raccogliere volumi unici di cui pochi conoscono l'esistenza provenienti da ogni angolo del mondo.» spiegò, sedendosi su una panchina scricchiolante.
«Credevo che biblioteche del genere esistessero solo nei film o nei libri. Ce ne sono altre in giro?» domandò curiosa, sedendosi dall'altro capo del tavolo, poggiando la borsa accanto a lei.
L'anziano annuì. «Alcune sono persino più grandi e contengono segreti più antichi. Ogni biblioteca ha il proprio segreto. Il proprio cavallo di battaglia, se proprio vogliamo chiamarlo così, e qui c'è la collezione che riguarda gli antenati di Chat Noir.»
Marinette sentì il cuore accelerare, felice di aver trovato ciò che cercava.
«Ora, però, vorrei avere la conferma del perché tu sei qui.» aggiunse Fu, incrociando le mani davanti al mento.
«Ha capito che non sono qua per una ricerca scolastica, vero?» ridacchiò nervosa, grattandosi la nuca.
Il cinese annuì. «Non ho mai conosciuto nessuno che volesse sapere qualcosa su Chat Noir se non per un fine personale. Il tuo qual è?»
«Io non ho nessun fine personale, signore. So che ora mi prenderà per pazza,» ridacchiò, per poi tornare seria. «ma io ho conosciuto Chat Noir e le assicuro che non è quel mostro che tutti credono, anzi, è un ragazzo come gli altri, ma che ha una specie di maledizione. È vero, ho un secondo fine ed è quello di aiutarlo a tornare normale. Magari non riuscirò in una settimana, in un mese o in un anno, ma odio vedere i miei amici in difficoltà e metto tutta me stessa per aiutarli. Vale la stessa cosa per Chat Noir.» rispose con lo sguardo fisso a Fu, che rimase in silenzio tutto il tempo ad ascoltarla mentre si lisciava la barba grigia che aveva al mento.
L'anziano le sorrise. «Bene, Marinette, da oggi sarai la mia allieva. Ti insegnerò tutto ciò che so sulla maledizione di Chat Noir.»
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Ecco cosa fa Fu: legge.
Mari che conta i gradini mentre scende. Così, a caso.
E le cose non si sono ancora fatte interessanti 👉😏👉
Ehehehe vedrete venerdì ^^
FrancescaAbeni
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