Cap. 40

Marinette fissava la pagina bianca del quaderno sul quale prendeva appunti delle storie del signor Fu senza dire una parola, giocherellando distrattamente con la matita.

«Sei parecchio giù oggi, Marinette.» disse l'anziano, volendo rompere il ghiaccio.

Come biasimarla? Il suo migliore amico le era stato strappato dalle braccia e tutti credevano che lei fosse stata rapita dalla Belva Nera; e poi si sapeva che i media aggiungevano molte altre cose per far pubblicità o per far passare Chat Noir ancora più mostro di quando già fosse chiamato, come il fatto che "lui aveva, molto probabilmente, allungato le mani su di lei".

Una marea di balle.

Quella mattina Marinette ebbe la possibilità di parlare con Raincomprix, ovviamente in privato e quando non era in servizio, spiegandogli cos'era realmente successo; ovviamente non dicendo nulla del fatto che si incontravano, ma dicendogli che quella sera lui l'aveva rapita perché si sentiva solo, scrivendo su un foglio che aveva recuperato non sapeva dove e non alzando nemmeno una mano su di lei.

«Allora perché la tua amica ci ha chiamati dicendo che ti aveva visto con Chat Noir qualche giorno fa?» chiese l'uomo, incrociando le braccia al petto.
Marinette deglutì. «Non lo so... Io ero in camera.»
«Da quanto ho notato dal comportamento di Chat Noir, non era la prima volta che vi incontravate. Sei l'unica persona che non ha attaccato, malgrado non fosse più in sé. Dimmi se ho sbagliato, Marinette.»

Alla fine la ragazza dovette cedere e gli raccontò che, effettivamente, non era la prima volta che si incontravano, ma che Chat Noir non le aveva mai fatto nulla di male.

Raincomprix era un uomo che aveva fiuto per queste cose, anche per questo era considerato tra i migliori agenti della sua zona; ma era anche un padre e sapeva sapeva come si sentivano le persone ad essere strappate dalla persona a cui si tiene.

L'uomo sospirò. «Ascolta, ora non ti sto parlando da poliziotto, ma da padre. Mi dispiace per quello che è successo e ho notato che tu sei molto legata a Chat Noir come lui lo è con te. La verità la sappiamo solo io e te e ti prometto che non dirò nulla di quello che è stato detto oggi, ma ripeterò ciò che ho detto al telegiornale e ciò che ho scritto nel verbale.»

Marinette sorrise, ringraziandolo. Quindi, fino a quel momento, erano in tutto tre le persone che sapevano di lei e Chat Noir: sua mamma, Fu e Raincomprix.

Caspita, era bravissima a mantenere i segreti, pensò amareggiata; l'importante era che lui mantenesse la parola data e non aprisse bocca.

La mattinata finì lì. Non era nemmeno andata a scuola data la mandria di giornalisti accampata sotto casa sua e la depressione che la teneva incollata al divano o a qualunque altra superficie morbida; ma aveva bisogno di prendere una boccata d'aria fresca e aveva bisogno di alcune risposte, così ripescò dalle sue cose una parrucca bionda, un paio di occhiali da sole, una felpa con il cappuccio e andò fuori, verso la biblioteca.

Il cuore le batté all'impazzata nel mentre che diceva ai giornalisti che lei era una vicina, che la famiglia Dupain-Cheng era ancora in casa, per poi levare la maschera una volta arrivata alla sua meta.

«Mi scusi signor Fu, ma la mia testa è piena di cose... Soprattutto brutte.» aggiunse mugugnando, poggiando la fronte sul tavolo.
L'anziano sorrise tristemente. «So come ti senti. Anch'io ho perso qualcuno di importante nella mia vita, ma Chat Noir non è morto.»
«Però chissà cosa gli staranno facendo...» tirò su con il naso.
«Non credo lo uccideranno. Gli serve vivo se vogliono scoprire come mai è la Belva Nera.» rispose, non notando alcun miglioramento in lei. «Vuoi sapere altro sull'ultimo Chat Noir?» domandò, sedendosi di fronte a lei.

La ragazza tirò su la testa, annuendo.

«Devi sapere che tu non sei l'unica ad essere rimasta accanto ad un portatore della maledizione per così tanto tempo, ma per quel ragazzo del Tibet ci fu qualcuno che vinse la paura e fece amicizia con lui.» iniziò l'uomo, attirando l'attenzione di Marinette. «Erano passati ormai cinque anni da quando il ragazzo terrorizzava le persone. Era sera ed il giovane vagava per il villaggio in cerca di provviste da rubare, ma quando rientrò a casa, divenuta la sua tana, si accorse che qualcuno era entrato e stava cercando del cibo. Quando sferrò l'attacco contro l'invasore si accorse che era una ragazza, impaurita ed infreddolita, a quanto pare stava cercando un riparo. Se chi si intrufolava nella sua tana non ne usciva vivo, né donne né uomini, quella ragazza fuggì, solo perché lui volle così. In un primo momento non seppe perché, ma rimase incantato da quella ragazza: malgrado lo sporco sul suo viso ed i suoi vestiti logori, gli occhi furono ciò che catturò l'attenzione di Chat Noir. Passarono i giorni e l'immagine della poverina non abbandonava la mente del ragazzo, quando la rivide a fare l'elemosina per strada. Atterrò davanti a lei e fece in modo che non potesse fuggire. La fissò per qualche secondo, cercando di capire come mai non riusciva a dimenticare quegli occhi marroni, quando la ragazza gli chiese scusa per essersi intrufolata in casa sua, che non lo sapeva e che cercava solo un posto dove dormire, dato che non aveva una casa. Eppure non sembrava spaventata quando parlò con lui. Chat Noir le soffiò contro, per poi andarsene. I soli e le lune passavano e la poverina era sempre su quella strada a chiedere l'elemosina, ma l'inverno si stava avvicinando e dopo che si era addormentata, il felino, la portò a casa sua, costruendo un giaciglio per lei è accendendo il fuoco nel camino per farla restare al caldo. Restò tutta notte a fissarla, chiedendosi il perché provava pena per lei, una che lo considerava un mostro come tutti, ed al suo risveglio, la ragazza, in un primo momento sorpresa di non trovarsi più per strada ma nella tana di Chat Noir, lo ringraziò. Durante tutti i giorni dell'inverno i due vissero insieme, dove Chat Noir ebbe imparato a comunicare senza le parole e sviluppando una specie di amicizia. La ragazza non aveva paura, ma lo aiutava anche con il cibo, rubando qua e là mentre lui faceva lo stesso.trascorsero mesi insieme e nessuno dei due si quasi accorse dell'arrivo dell'estate. A Chat Noir sembrava di essere tornato normale, di riaver acquisito una famiglia, e capì che in realtà si era innamorato della giovane. Sperava che anche lei ricambiasse i suoi sentimenti, portandola a visitare luoghi dove gli uomini faticavano ad arrivare e anche quelli conosciuti solo a pochi. Una sera, tornando a casa, la ragazza si volle fermare nel cortile del tempio della città e, dopo un po' di titubanza, gli confessò i suoi sentimenti. Chat Noir sorrise, dicendole –a modo suo– che anche lui provava lo stesso. Ma quando stettero per baciarsi, l'anello iniziò a brillare e pulsare attorno al dito del ragazzo, facendogli inspiegabilmente perdere il controllo. Attaccò la ragazza che amava, finendo per ucciderla, ed in meno che non si dica, tutto il villaggio fu attorno a lui per assistere alla scena. Una donna si fece strada tra la folla e forse a stringere il cadavere tra le braccia, piangendo disperata. A quel punto, il ragazzo non seppe cosa stava succedendo. Perché tutte le persone erano lì? Perché una donna la chiamava "figlia" se gli aveva detto che aveva perso tutto ed era rimasta orfana? La testa iniziò a girargli e si sentiva sempre più debole, ma colse alcune frasi dalle persone come: "Il piano non ha funzionato", o "La ragazza sapeva a ciò che andava in contro. Si è sacrificata per il bene del villaggio" e capì. In realtà, era tutto un piano ideato dai sacerdoti per trovare il modo di liberarsi di lui e la ragazza era solo una pedina. In preda alla collera, Chat Noir tornò a casa, per poi perdere i sensi.»

Marinette fissò l'anziano senza parole. Era incredibile come la maledizione fosse spaventosa, soprattutto come l'unica persona che abbia mai amato si era rivelata solo una menzogna.

«Se te lo stai chiedendo, sì. La ragazza non amava Chat Noir, ma era stata scelta dai sacerdoti come "vittima sacrificale", se proprio vogliamo chiamarla così.»
«Come mai?» domandò con un nodo alla gola.
«Perché l'incubo del maledetto terrorizzava tutti da troppo tempo e pensavano che in quel modo sarebbero finalmente riusciti a vivere in pace. Tentar non nuoce.» aggiunse alla fine.
«C'era in ballo la vita di una persona e a nessuno è importato! Perché le persone sono così crudeli?!»
«Marinette. Dimmi, cos'è la vita di una persona in confronto a mille altre?»
La ragazza scosse il capo. «Ma anche quella vita è sempre una persona! Chat Noir è stato preso da persone che lo vogliono morto e non è colpa sua! Non è colpa sua se è diventato la Belva Nera!»
Fu le sorrise. «Si vede che per te è molto speciale. E scommetto che lui lo sa, per questo farà di tutto pur di sopravvivere.»















—•—•—














Chat Noir soffiò appena le luci si accesero, dando fastidio alla vista dopo che gli occhi si erano abituati ad ore di buio.

Era in una stanza totalmente bianca, una porta che dava l'impressione di essere parecchio resistente davanti a sé ed un letto sul quale ora era sdraiato.

Si mise a sedere con le gambe incrociate, notando subito che aveva le mani legate dietro la schiena, intorpidite dalla scomoda posizione.

Come se quello fosse bastato a imprigionarlo.

All'improvviso, le orecchie si rizzarono e gli occhi si spostarono sulla porta che si era aperta, rivelando un uomo dal camicie bianco accompagnato da altri quattro in divisa militare, con tanto di armi sottobraccio.

Erano pronti ad attaccare in caso lui si fosse liberato. Pronti a tutto, insomma.

Lo scienziato indossava un camice bianco, un jeans neri ed un paio di occhiali da vista che rendevano più grandi i suoi occhi color ghiaccio.

Non sembrava per nulla un uomo di scienza, poiché dimostrava poco meno di trent'anni, ma con quel sorriso infantile stampato in faccia sembrava più uno che ne interpretava uno.

«Ecco qui Chat Noir, il pericolo di Parigi. Oh, non sai per quanto tempo ho voluto studiarti.» ridacchiò l'uomo, fregandosi le mani. «Beh ragazzi, portatelo nel laboratorio. E occhio a non farvi mordere, a quanto pare può strapparvi la gola in men che non si dica.» ammiccò, dando la schiena al ragazzo e dirigendosi fuori dalla stanza.

Subito, i quattro uomini gli furono addosso, cercando di trascinarlo con loro, ma il felino ringhiò e soffiò, agitandosi per liberarsi, dato che aveva la porta aperta e solo quattro uomini –anche se armati– contro, ma grazie alla sua velocità avrebbe potuto farli fuori in meno che non si dica.

Continuò a divincolarsi, quando una puntura al collo lo fece quasi urlare.

Ci vollero pochi secondi prima che quella cosa che gli avevano iniettato facesse effetto, facendogli cedere le gambe e impedendogli ogni movimento.

«Vedo che è stato necessario usarla.» esclamò con tono di finta sorpresa lo scienziato, facendo capolino nella cella. «Non ti preoccupare, non morirai e resterai cosciente, ma non potrai muoverti per un paio d'ore, il necessario perché io faccia qualche esame.» sorrise, andandosene nuovamente.

Chat Noir ringhiò, chiedendosi che cosa gli sarebbe successo.

Non avrebbe dato loro vinta. Avrebbe resistito e sarebbe scappato per tornare dalla sua Principessa.










------------------------------------------
Perdonatemi se non ho aggiornato ieri, ma Wattpad ha avuto problemi per due giorni e quando ho scoperto che mi aveva cancellato metà capitolo (perché non si riusciva a leggere, a votare, le storie non venivano salvate è così via) mi è salita la depressione e mi sono messa a mangiare Nutella nel mentre che facevo un lavoro per la scuola.

Anyway, lo scienziato (no, non è Mark LOLOL) l'ho fatto ispirandomi a Lloyd di Code Geass. Ci sono affezionata un casino a quell'anime e Lloyd mi piaceva, anche se Lelouch è mio marito U^U

Per chi non sapesse chi fosse è lui:

Adoro!

A sabato prossimo, se non vi sono problemi :3
FrancescaAbeni

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top