Cap. 21
Chat Noir si girò di lato per l'ennesima volta.
Era inutile. Non riusciva a dormire.
Non solo di notte iniziava a fare caldo, ma i suoi pensieri erano totalmente concentrati su Marinette.
Quella ragazza era diventato un chiodo fisso per lui e non riusciva a pensare razionalmente quando le era vicino, senza contare quando le era lontano, soprattutto dopo che era stato scoperto dal padre della ragazza poco prima di...
Il ragazzo afferrò il cuscino e se lo mise sul viso, mugugnando, siccome non poteva urlare senza lanciare un miagolio degno di un gatto isterico.
Se lo tolse quasi subito, girandosi prono e sospirando; sentì le guance riscaldarsi a quel ricordo, pensando che non era mai stato così vicino alla ragazza.
Sapeva che per lei provava solo amicizia, poiché poteva parlare di tutto con lei, ma quell'amicizia sembrava parecchio forte e, man mano che passava il tempo con lei, cresceva sempre di più.
Era la sua migliore amica: di lei sapeva che era una nerd –nel senso buono, ovviamente–, che amava disegnare e creare abiti, che sua madre era un grande chirurgo e che suo padre faceva il fornaio –nota personale: stargli lontano il più possibile–, che aveva una specie di voglia a forma di coccinella sul costato, che non era mai stata in cima alla Tour Eiffel e che le sarebbe piaciuto molto andarci.
Era la sua migliore amica, continuava a ripetersi, finché, sospirando, si girò sull'altro fianco e chiuse gli occhi.
Davvero aveva tentato di baciarla? E lei non si era tirata indietro!
Si mise a sedere di scatto, scuotendo la testa violentemente; prese un profondo respiro e si schiaffeggiò le guance.
Non doveva pensare a quello, almeno non alle tre del mattino.
Doveva soltanto dormire e pensarci durante il giorno successivo, quando sarebbe stato più lucido.
Si sdraiò nuovamente, supino, guardando il soffitto mentre davanti ai suoi occhi scorrevano le immagini del volto di Marinette mentre rideva e sorrideva.
Vederla felice lo faceva stare bene e gli faceva battere velocemente il cuore nel petto.
Era una sensazione che non aveva mai provato con nessuno; era come se non potesse starle lontano, come se la sua compagnia fosse tutto ciò che gli importava e come se il suo sorriso lo facesse sciogliere come neve al sole.
Il ragazzo scosse nuovamente la testa, arrossendo.
Ecco, stava pensando ancora a quelle cose.
Chissà il perché ma c'era sempre Marinette nei suoi pensieri.
Marinette, Marinette ed ancora Marinette.
Quella ragazza dai meravigliosi occhi cerulei sarebbe stata la sua rovina, lo sapeva: lo stava cambiando e lo stava portando sull'orlo del baratro, verso una strada senza ritorno; gli avrebbe fatto passare parecchi guai.
Ma bussare alle porte degli inferi non fu mai così allentante.
—•—•—
Il piccolo bambino correva nel prato mentre scappava dalla madre, ridendo spensierato quando lo prese e lo sollevò da terra, dandogli tanti baci sulle guance; il padre li filmava poco lontano, sorridendo nel vedere le due persone più importanti della sua vita felici.
I suoi bellissimi occhi verdi li aveva ereditato anche lui, e ne andava fiero.
Era il ritratto della famiglia perfetta e nulla avrebbe potuto cambiare tale condizione.
Gli anni passavano ed il piccolo raggiunse l'età di diciotto anni.
Il padre non era molto presente per via del lavoro da stilista, ma cercava di stare accanto alla moglie ed al figlio; ma, un giorno, la madre si ammalò.
Era un normalissimo mal di testa dovuto ad una semplice influenza o al troppo stress, continuava a dire e si rifiutava di andare in ospedale poiché doveva aiutare il marito ed occuparsi del figlio.
Era una donna forte e tutti lo sapevano.
Le settimane passavano ed il dolore non accennava a diminuire. Non era la prima volta che si svegliava nel mezzo della notte piangendo per le dolorosissime fitte, mentre il marito le stava accanto ore ed ore finché non si addormentava.
Ormai anche i farmaci non facevano più effetto, ma lei non voleva andare in ospedale, non voleva lasciare da solo suo figlio.
Altre settimane passavano e la sua salute peggiorava: aveva nausea, dormiva più a lungo e più spesso, faticava a leggere e, certe volte, a formulare una frase.
Il ragazzo era preoccupato, ma lei continuava a dire che stava bene, che presto sarebbe guarita.
Due mesi più tardi, però, il marito fu costretto a chiamare un'ambulanza a seguito di un suo svenimento e venne ricoverata con la massima urgenza.
Le ore passavano in sala d'attesa e per entrambi sembravano interminabili.
Il dottore uscì dalla stanza e si rivolse al padre.
Le parole gli erano incomprensibili, dandogli l'impressine di trovarsi sott'acqua; solo una frase gli fu chiara: tumore al cervello allo stadio finale.
Il mondo del diciottenne si fermò proprio in quel momento.
Sua madre sarebbe morta da lì a poco e lui non sapeva che fare.
I giorni passavano e la madre era confinata in ospedale; non poteva uscire ed a malapena riusciva ad alzarsi dal letto senza cadere.
Vedeva i suoi bellissimi occhi verdi spegnersi giorno dopo giorno, mentre la loro vivacità e la loro vita lasciava il suo corpo poco a poco.
Era schiava di una malattia incurabile ed i farmaci rendevano appena sopportabile il suo dolore.
Il ragazzo non sapeva cosa fare: non poteva piangere davanti a lei, non poteva mostrarle la sua sofferenza mentre la sua fiamma era sempre più flebile.
Erano le dieci di sera quando l'ospedale chiamò e diede al padre l'orribile è tragica notizia: la malattia aveva vinto.
Sua madre, la bellissima donna che sorrideva sempre, che non si arrendeva mai e che lottava per raggiungere i suoi obiettivi se ne era andata.
Il funerale si svolse privatamente e con poche persone.
Vedeva ancora la tomba di famiglia chiudersi ed il nome della donna scolpiti sul marmo bianco, mentre una bellissima foto la ritraeva sorridente.
Era esattamente così che era: solare, che non piangeva mai, non come l'aveva ridotta la sua malattia.
Il ragazzo non si ricordò molto dopo essere tornato a casa, ma credeva di vivere un incubo: si era ritrovato per strada, in un vicolo nascosto e con un forte dolore alla testa.
Forse era stato vittima di una rapina, aveva pensato come prima ipotesi, ma appena si guardò le mani si accorse che gli erano comparsi artigli affilati ed i suoi vestiti furono sostituiti da uno strano tessuto liscio.
Tentò di urlare, chiedere aiuto, ma le parole non volevano sapere di uscire.
Versi strozzati ed incomprensibili attirarono l'attenzione di un vagabondo, che scappò non appena lo vide urlando al mostro.
Il ragazzo camminò verso una pozzanghera sporca, fissando inorridito il suo riflesso: orecchie nere gli spuntavano dai capelli biondi ed una maschera nera gli incorniciava gli occhi verdi dalla pupilla verticale.
Si pietrificò ed il sangue gli si gelò nelle vene.
Non quel giorno. Non proprio in quel giorno.
Lacrime calde gli rigarono le guance ed un urlo simile ad un ruggito squarciò il silenzio del vicolo.
Fu in quel giorno che Parigi conobbe la Belva Nera.
—•—•—
Marinette rimase a bocca aperta mentre leggeva il racconto che Chat Noir aveva scritto sul foglio.
Se qualcun altro gliel'avesse raccontato allora non ci avrebbe creduto, ma si trattava di Chat, il suo migliore amico oltre che del diretto interessato.
Aveva passato un'esperienza davvero dolorosa e le lacrime le rigavano il viso non appena alzò lo sguardo per incontrare quello verde ferito dell'amico.
Il ragazzo riprese il quaderno, girando pagina e scrivendo qualcos'altro.
"Questa è la mia storia... Degna di un film, vero?"
La corvina lesse e non disse nulla continuando a guardare il ragazzo negli occhi.
"Non piangere. Non sopporto quando piangi"
Scrisse subito dopo, asciugandole una lacrima con le dita guantate.
Marinette scoppiò a piangere, abbracciando il biondo, lasciandolo sorpreso per qualche secondo, ma restituì l'abbraccio, cercando di calmare il pianto dell'amica.
Aveva pensato parecchio prima che lei venisse a fargli visita quel giorno ed aveva scelto di aprirsi, rivelandole com'era diventato Chat Noir.
Passarono circa cinque minuti l'uno abbracciata all'altro, mentre lei singhiozzava dopo aver letto la sua storia.
Sapeva che il suo pianto poteva essere interpretato come un sentimento di pena nei suoi confronti, ma lei non voleva mandargli questi messaggio, così si asciugò le lacrime e tirò su con il naso.
«Mi dispiace... Sono così dispiaciuta...»
"Non devi esserlo. Non è colpa tua"
«Non voglio che tu credi che io venga a farti visita perché sono mossa da un sentimento di pena per te. Io sono qui perché ti voglio bene, non per stare bene con la mia coscienza.» spiegò, per poi soffiarmi il naso in un fazzoletto di carta che aveva in tasca.
Chat Noir sorrise.
"Lo so che non sei qui per te stessa, e te ne sono molto grato per questo. Molte volte mi chiedo come mai tu non fugga spaventata come tutti gli altri, soprattutto dopo che ti ho ferita..."
«Non potrei mai fuggire da te. Ti voglio troppo bene per farlo e sei una delle persone più importanti che abbia mai conosciuto perché io ti abbandoni.» rispose con lieve rossore sulle guance, sorridendo dolcemente.
Il biondo rimase quesi pietrificato dalla sua affermazione ed il suo viso parve illuminarsi dopo che il suo sorriso comparve.
Sentì il cuore martellargli nel petto e abbassò le orecchie, sentendosi sciogliere.
Tornò a scrivere, staccando di malavoglia lo sguardo dai suoi occhi azzurri per concentrarsi su una scrittura comprensibile malgrado la mano tremante.
"Sei la migliore amica che tutte le persone vorrebbero al proprio fianco"
Scrisse semplicemente, incapace di aggiungere altro.
La vide sorridere ancora, abbracciandola subito dopo e facendo le fusa non appena gli grattò dietro le orecchie da gatto.
Lo sapeva che sarebbe stata la sua fine e che le vite si entrambi erano in pericolo, ma, ad un tratto, il pericolo lo attirava come una calamita.
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Raga, ho trovato la canzone perfetta che descrive la fic! *^*
Sia chiaro: il video è su YouTube da luglio 2017, mentre la canzone è dal 2008 (da quanto ho letto) che è in giro e, malgrado io non l'avessi mai sentita in vita mia, la storia non è basata su nessuno dei due (e nemmeno su la Bella e la Bestia, visto che molti trovano somiglianze che non avevo nemmeno ricollegato al cartone/film LOL)!
Il video lo trovai la settimana passata, di sabato o domenica, e devo assolutamente spammarvelo, non solo perché, come ho detto prima, ci sta un botto con questa storia, ma soprattutto per far conoscere l'artista; quindi, iscrivetevi al suo canale YouTube ed ai suoi eventuali social per sostenerla ^^
Mari e Chat potrebbero cantarla... Ma ribadisco col dire che CHAT NOIR NON PARLA e che MARINETTE NON SA CHI CI SIA SOTTO LA MASCHERA DELLA BELVA NERA, quindi non la canteranno mai nella fic LOL
Anyway, è questa:
[Dovrebbe esserci un GIF o un video qui. Aggiorna l'app ora per vederlo.]
Il titolo della canzone e l'artista sono scritti all'inizio, prima dell'animazione del volatile (se avessi scritto uccello avreste pensato male. Razza di pervertiti MLMLML)
Se leggete la traduzione ci sono delle congruenze con "Monster", e nulla, sono esaltata per questo :3
P.S. quando stavo scrivendo MSV mi è partita questa canzone a random... ed erano le tre di notte... pure il mio cellulare c'è ossessionato ora. AIUT.
A venerdì prossimo :D
FrancescaAbeni
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