Cap. 12

Marinette fissava Chat con la bocca spalancata, sorpresa di trovarlo lì.

Aveva un'espressione arrabbiata, i denti erano serrati e digrignati, mostrando i canini appuntiti; le orecchie nere erano abbassate e quasi si nascondevano tra i capelli biondi arruffati; gli artigli, lunghi ed affilati, si conficcavamo nel terreno, creando solchi abbastanza profondi nello sterrato.

Un basso ringhio era appena udibile dal profondo della sua gola, facendo venire la pelle d'oca alla corvina.

Ma ciò che notò maggiormente furono gli occhi: solitamente gentili e di un verde come lo smeraldo, ora erano totalmente verdi, senza pupilla e senza iride, soltanto verdi.

Non sembrava essere lo stesso Chat Noir che aveva conosciuto, eppure sapeva che era sempre lui, anche se chi aveva di fronte sembrava più una bestia feroce pronta a squarciare di netto la gola della propria preda.

Aveva perso il controllo.

In quel momento le vennero in mente le parole di Master Fu: «L'unico modo che ha di tornare normale è distruggere la fonte della sua rabbia, cosicché il sentimento di negatività si scateni proprio sulla fonte.»

Le urla delle persone in preda al terrore attirarono l'attenzione di Marinette, che si accorse di essere rimasta nella piazzola sola con Chat Noir e Nathaniel, pietrificato dalla paura.

«Mari, dobbiamo fuggire.» disse il rosso posandole la mano sull'avambraccio per portarla verso l'uscita.

La Belva Nera lanciò un ruggito minaccioso, spalancando le fauci e mostrando i denti affilati come rasoi, per poi soffiare come un felino arrabbiato non appena il rosso le lasciò il braccio.

«Che cosa vuoi da noi?! Vattene via!» urlò il ragazzo, cercando di apparire più coraggioso possibile, ma Chat Noir non sembrò minimamente interessato ad ascoltarlo.
«Nath, lascialo stare. Non fargli nulla.» esclamò preoccupata la corvina evitando di avvicinarsi troppo al suo compagno di classe.
«Io non devo fargli nulla?! È lui che vuole attaccarci!» urlò lui, ora in preda al panico.
«Non ci farà nulla, ma tu devi andartene.»
«Entrambi dobbiamo andarcene! Non permetterò che quel mostro ti faccia del male!»

Nathaniel le afferrò la mano e cercò di portarla verso l'uscita, ma la ragazza oppose resistenza e si bloccò non appena la Belva Nera lanciò un ringhio animalesco, per poi correre verso di loro; il rosso lasciò andare la mano dell'amica ed iniziò a correre per fuggire e mettersi al riparo, ma la paura prese il sopravvento e le gambe gli cedettero, facendolo cadere a terra.

Voltandosi vide Chat Noir a soli tre metri di distanza, con la mano destra sollevata e gli artigli sfoderati, pronto ad attaccarlo.

Rialzarsi per fuggire gli risultava impossibile e si coprì il volto con le braccia in un ultimo disperato tentativo di difesa.

Attese svariati secondi, ma il colpo non arrivò.

Aprì gli occhi soltanto per vedere Marinette a braccia spalancate, separando lui dalla Belva Nera, che le sfiorava il collo con gli artigli affilati.

La corvina aveva il respiro affannoso, come se avesse trattenuto il fiato fino a quel momento, e fissava dritto negli occhi Chat Noir.

«Nathaniel, corri.» esclamò secca, non interrompendo il contatto visivo con il felino davanti a sé. «Corri!» urlò questa volta, per poi sentire il suo compagno di classe alzarsi e fuggire verso l'uscita del parco.

Chat Noir rimase immobile, tremando per resistere al suo istinto animalesco, guardando la ragazza davanti a sé con i denti serrati e gli occhi ancora totalmente verdi.

«Chat... Chat mi riconosci?» gli chiese ancora rigida, non muovendosi per evitare di farlo arrabbiare ulteriormente.

Il felino rispose con un altro basso ringhio, contraendo la mano destra, ma non la abbassò.

«Chat, sono io. Sono Marinette.» gli disse in tono gentile, rilassando le braccia e portarle, lentamente, lungo i fianchi; subito i mormorii smisero e le sue orecchie nere si rizzarono. «Chat, ti ricordi di me?» aggiunse portando la mano verso il suo viso per toccarlo.

La mano destra del biondo iniziò a tremare e subito fece un paio di passi all'indietro, portandosi le mani nei capelli a tenersi la testa che doleva, ringhiando.

«Chat! Che cos'hai?»

Il felino corse verso l'uscita di Place des Vosges, per poi saltare sul tetto più vicino e sparire nel nulla.

Marinette osservò la sua figura nera scomparire dietro un caminetto e solo in quel momento si accorse del pericolo che aveva corso.

Le gambe le cedettero sotto il peso del corpo e per la testa che le girava, finendo inginocchiata a terra a fissare il punto in cui vide Chat Noir sparire.

Le sirene della polizia le rimbombavano nelle orecchie, come se fosse sott'acqua, e subito un agente di polizia le era davanti, chiedendole qualcosa che lei non riusciva a sentire.

«Cosa?» mormorò lei poco dopo.
«Va tutto bene? Sei ferita?» le chiese l'agente, mettendole le mani sulle spalle.
«N-No... Ma Chat Noir...»
«Quel mostro se n'è andato ora, ma è meglio se tu ti fai controllare da un medico. L'ambulanza è appena arrivata.» spiegò l'uomo con voce gentile, cercando di confortarla, ma lei pareva ancora distante.
«No... non mi serve un'ambulanza...» esclamò con monotonia, notando che la vista iniziava a farsi offuscata. «Non... mi serve...»

La ragazza crollò in avanti, ma per sua fortuna l'agente la prese.

Marinette udì la voce dell'uomo come se fosse sott'acqua, che urlava di portare una barella il più presto possibile.

Tutto quello che sentì e vide più tardi era esattamente ciò che vedeva nei film: lei che veniva trasportata su un lettino verso l'ambulanza ed i paramedici che le facevano domande per controllare se fosse cosciente.

Poi, tutto fu buio.





—•—•—





Marinette aprì gli occhi, accorgendosi di non trovarsi nella sua stanza ma in una camera tutta bianca, coperta da un lenzuolo bianco; degli elettrodi uscivano da sotto un lungo camice bianco.

Tutto bianco. Troppo bianco.

Si guardò attorno, vedendo i suoi genitori in piedi davanti alla finestra a parlare a bassa voce.

«Mamma... Papà...» sussurrò alzando la mano verso di loro.

Sabine corse subito ad afferrargliela, sussurrandole parole dolci che, al momento, non capì.

«Cos'è successo?» chiese sentendo la gola secca.
«Hai perso conoscenza, tesoro.» rispose la madre accarezzandole la guancia.
«Il dottore ha detto che hai subìto un forte shock ed il tuo corpo ha reagito di conseguenza. Per fortuna non sei ferita.» disse Tom lasciando andare un sospiro di sollevo, sfregandosi gli occhi stanchi.
Marinette sospirò, per poi guardarsi nuovamente intorno. «Che ore sono?»
«Sono le undici di sera passate. Ora ti lasciamo riposare.» esclamò il pare per poi darle un bacio sulla fronte, ma la corvina iniziò a muoversi sotto le coperte.

Era tardi. Sapeva che Chat Noir si trovava a casa sua ad aspettarla e, soprattutto, che si sarebbe sentito solo se non l'avesse trovata.

Marinette tentò di mettersi a sedere, ma la presa gentile della madre ed il vortice che aveva al posto della testa la tennero inchiodata al letto.

«Voglio tornare a casa...» sussurrò facendo un ultimo tentativo.
«No. Ora resti qui ed aspettiamo ciò che ci dice il medico.» disse autoritaria Sabine.

Lei era un medico, sapeva come ci si doveva comportare con i pazienti, e sapeva anche che sua figlia era parecchio testarda.

«Ma io...»
«Niente "ma", tesoro.» la donna guardò Tom. «Vai a chiamare il dottore e digli che Marinette si è svegliata.»

L'uomo annuì e fece come gli era stato detto, chiudendo la porta alle sue spalle.

Marinette, sfinita, lo guardò uscire, per poi voltarsi verso la madre, che le porse un bicchiere d'acqua.

«Devi essere molto assetata. Bevi un po' d'acqua.»

Sapeva che c'era qualcosa che non andava, lo leggeva nei suoi occhi.

Dopo aver bevuto a grandi sorsi, si asciugò la bocca con il braccio libero dai tubi delle flebo, per poi guardare la madre negli occhi.

«È successo qualcosa?» chiese, temendo già quello che potrebbe dirle.
«Ti ho vista, Marinette.» rispose la donna tristemente. «Ti ho vista affrontare Chat Noir, non è stato lui ad attaccarti, ma tu che ti sei messa tra lui ed il tuo amico.»

La ragazza abbassò il capo, sentendosi inspiegabilmente colpevole di chissà quale grande reato.

«Perché l'hai fatto?»
«Ho reagito d'impulso, non so bene il perché l'abbia fatto... Ho visto Cha– la Belva Nera attaccare Nath e mi sono mossa da sola.» spiegò, ancora incapace di guardare la madre.

Sentì Sabine sospirare, per poi venire abbracciata da lei; lacrime calde le rigavano le guance e bagnavano la pelle del viso della ragazza.

«Mamma...»
«Ho temuto il peggio Mari... Ho temuto per la tua vita... Non voglio vederti morire per una cosa del genere...» singhiozzò la donna lasciando spiazzata la figlia.

Marinette non seppe cosa dire. Sua madre era una donna forte, che salvava vite tutti i giorni e che, quando non riusciva, non piangeva mai.

Eppure, eccola lì a versare lacrime per lei.

"Perché sei sua figlia, stupida!" si disse mentalmente, per poi abbracciare la madre e prometterle che non sarebbe accaduto mai più.





—•—•—





Erano le due e mezza passate quando Marinette poté entrare nella sua stanza.

Era stata dimessa dall'ospedale dopo un ultimo controllo e, malgrado il medico volesse tenerla sottocchio una notte, lei si era rifiutata, e Sabine aveva detto che l'avrebbe controllata lei stessa.

La ragazza chiuse la botola di camera sua, accendendo il cellulare dopo una lunga giornata ad averlo tenuto spento; notò subito più di duemila messaggi su varie chat –che andavano da quelle private ai vari gruppi con i suoi amici– che chiedevano di lei.

Non volendo rispondere in quel momento, dato l'orario ed il fatto che non voleva parlare con nessuno, chiuse l'applicazione di Whatsapp e cancellò le notifiche delle svariate chiamate da parte di Nino ed Alya.

Nathaniel non l'aveva contattata in nessun modo.

Ma cos'aveva scatenato la rabbia di Chat Noir?

Non ricordava molto dell'accaduto, ma le immagini del felino che ringhiava ogni volta che Nathaniel le stringeva la mano ed alle frasi che aveva detto di lui le bastarono per capire: era Nathaniel la causa.

Era geloso di lui.

Eppure le aveva detto molto spesso che non sopportava il suo amico e che non voleva vederlo troppo vicino a lei; si schiaffeggiò la fronte, non importandosi del dolore per lo schiaffo.

Se doveva essere sincera con se stessa, si sentiva responsabile dell'accaduto.

Doveva aspettarsela una sua reazione, soprattutto perché lui stesso le aveva detto che piaceva a Nathaniel e che si sarebbe dichiarato da un momento all'altro.

Spegnendo il cellulare, poiché continuava a vibrare per i vari messaggi, guardò la finestra che dal soppalco dava sul terrazzo, sentendo il cuore batterle all'impazzata.

Con cautela salì sul letto ed aprì la botola, trovando una persona appollaiata nell'angolo tra il muro ed il tavolino mentre singhiozzava incessantemente.

Sapeva che l'avrebbe trovato lì.

Sapeva che non voleva reagire in quel modo.

Chat Noir alzò il capo abbastanza per vedere la corvina inginocchiata davanti a lui con un sorriso gentile sul volto.

«Ehi...» sussurrò avvicinando la mano ai suoi capelli per accarezzarglieli.

Il felino si tirò indietro il più che poteva, picchiando leggermente la testa contro la base di legno, per poi guardare il polso della ragazza è vedere che aveva un bracciale d'ospedale.

«Questo?» chiese lei, indicando la striscia di carta bianca. «Non è nulla. Sono svenuta e mi hanno fatto dei controlli in ospedale, tu non mi hai fatto nulla.» cercò di tranquillizzarlo, ma gli occhi verso del ragazzo si riempirono nuovamente di lacrime e tirò su con il naso.

Marinette prese un fazzoletto di tela –ovviamente nuovo– che teneva nella tasca posteriore dei pantaloni, per poi asciugare le lacrime agli angoli degli occhi del ragazzo.

«Davvero Chat, non è successo nulla. Ho visto le notizie e non hai ferito nessuno... tranne che una zona di Parigi è rimasta senza corrente per qualche palo dell'elettricità distrutto, cabine telefoniche spaccate, muri scalfiti e pali della luce piegati. Ma a parte questo va tutto bene.» gli disse accarezzandogli la guancia, pulendolo da un'altra lacrima.

Chat Noir la guardò dritto negli occhi, scuotendo il capo.

«Non è colpa tua se hai perso il controllo e non ti allontanerò da me per quest'episodio, anzi, mi impegnerò al massimo ad aiutarti. Farò di tutto per te.» disse, alzandogli delicatamente il volto.

Lacrime calde ripresero a sgorgare dagli occhi del biondo e singhiozzi gli scossero il corpo.

La ragazza allargò le braccia e Chat le si gettò contro, stringendola in un abbraccio.

Piangeva per chiederle scusa, piangeva per sfogarsi, per liberarsi dalla pressione che aveva accumulato.

Marinette si mise in ginocchio davanti a lui, in modo tale che entrambi potessero essere comodi, accarezzandogli la testa e sussurrando parole dolci per cercare di tranquillizzarlo.

Malgrado avesse rischiato di farle del male lei l'aveva perdonato, offrendosi di aiutarlo e sostenerlo.

Si aggrappò al suo corpo minuto come se fosse il suo salvagente, come se quella ragazza fosse l'unica fonte di luce nell'oscurità.

Sarebbe andato avanti grazie a lei.





—•—•—





Marinette si svegliò di malavoglia, mugugnando e aprendo gli occhi pesanti dal sonno.

La sua mano si strinse attorno a qualcosa di leggermente appuntito, ed un odore di polvere le invase le narici.

Appena la sua vista si mise a fuoco, notò che la sua frangia si mescolava con dei capelli biondi ed il respiro regolare di una persona riempiva il silenzio nella stanza.

In un primo momento non riconobbe chi fosse con lei nel suo letto, ma quando udì un mugolio simile a quello di un gatto si rilassò, ripensando a ciò che era successo la sera precedente.

Rientrata dall'ospedale aveva trovato Chat Noir sull'attico impaurito, mentre piangeva in preda ai sensi di colpa; l'aveva lasciato sfogare tra le sue braccia, rischiando di piangere anche lei.

Erano le tre del mattino passate quando Marinette lo invitò in camera sua, non volendo lasciarlo da solo per quella notte.

Entrambi rimasero sdraiati sul materasso e l'unico modo che Chat Noir aveva per comunicare con lei era utilizzando il suo cellulare, scrivendo nelle note.

Il ragazzo riprese a singhiozzare, cercando di trattenersi, e Marinette lo abbracciò di nuovo, lasciandolo piangere e liberarsi.

Passò quasi un'ora prima che Chat Noir si addormentasse, il corpo scosso da qualche singhiozzo ed il respiro irregolare mentre dormiva.

Le si spezzò il cuore nel vederlo così.

La ragazza recuperò il telefono che aveva messo accanto al suo cuscino, sicura che non sarebbe mai caduto, aprendo le note e leggendo ciò che aveva scritto.

"Non sono stato in grado di mantenere la promessa che ti ho fatto: ho rischiato di farti del male perché sono geloso."

Quella breve spiegazione la lasciò senza parole.

Si morse il labbro inferiore, mettendo il cellulare nella tasca posteriore dei pantaloni –non si era cambiata ieri, non avendo avuto tempo– e strinse leggermente la mano di Chat.

Il felino si mosse, voltandosi verso di lei, abbracciandola come se fosse un peluche troppo grande ed intrecciando le gambe con le sue, sfiorandole il naso con il proprio.

Marinette arrossì violentemente, irrigidendosi, sentendo il suo respiro caldo solleticarle la pelle, riscaldandola ogni volta che espirava.

Rimase rigida come uno stecchino per qualche minuto, sperando che si svegliasse, ma i suoi occhi vagarono sui lineamenti morbidi del viso rilassato.

Il ricordo del loro secondo incontro –il salvataggio fu il primo– quando le disse che aveva la sua età, ma guardandolo meglio sembrava più grande; forse era normale per un ragazzo di diciotto anni essere più maturo fisicamente, ma i lineamenti da adolescente erano quasi del tutto spariti, lasciandogli tratti da uomo.

La corvina liberò un braccio dalla morsa del felino, portando la mano alla maschera nera che gli incorniciava gli occhi e tracciando la linea di contorno fino alla punta del naso.

Involontariamente, i suoi occhi finirono alla bocca semichiusa, notando il labbro inferiore gonfio e tagliato dai denti affilati, dopo che la sera precedente continuava a morderselo per cercare di trattenere i singhiozzi.

Con l'indice gli sfiorò il labbro ferito e finì lei per mordersi il labbro inferiore.

Arrossì violentemente, accorgendosi che i suoi lineamenti erano perfetti e che la sua bocca era stranamente invitante.

Si schiaffeggiò mentalmente per quel pensiero, per poi spostare i suoi occhi verso l'alto per incontrare due sfere verdi che la fissavano.

Si era svegliato.

Squittendo, Chat Noir la lasciò andare, appiattendosi contro il muro e coprendosi il volto con le mani.

«Mi dispiace! Non credevo fossi sveglio!» disse Marinette, tastandosi immediatamente le guance. «Scusa. Scusa. Scusa.» ripeté rossa come un peperone.

Il biondo aprì le dita per spiarla, trattenendo le risate.

«Cosa ridi?! E poi è colpa tua! Mi hai abbracciata tu mentre dormivi!» esclamò mettendosi a sedere, gonfiando le guance.

La ragazza sorrise poco dopo nel vederlo ridacchiare –poiché non poteva parlare– felice che il momento del giorno precedente era passato; la risata di Marinette si unì a quella muta del felino e Chat si interruppe subito dopo.

Quella dolce musica gli faceva battere forte il cuore nel petto e, sorridendo, si avvicinò a lei, poggiando la fronte sulla spalla e iniziando a fare le fusa; Marinette gli accarezzò i capelli, grattandogli dietro l'orecchio nero da gatto, ridacchiando quando si contrasse.

«Marinette, sei sveglia?»

La corvina si irrigidì sul posto, mentre Chat Noir saltò dalla finestrella sopra di lui appena prima che Sabine sbucasse dalla botola.

«Sì mamma.» rispose la ragazza cercando di mantenere un tono voce normale. «Mi stavo preparando per andare a farmi la doccia.» mentì.
La donna salì fino al soppalco. «Ti senti meglio oggi tesoro?»
La giovane annuì, avvicinandosi alla madre per darle un bacio sulla guancia. «Ora esci che mi devo spogliare.» aggiunse facendole cenno con le mani di tornare di sotto.
«Oh andiamo, ho visto il tuo bel corpicino svilupparsi fino ad ora, non mi puoi allontanare.» scherzò l'altra, scendendo verso la botola.
«Stai invadendo la mia privacy. Un'adolescente ne necessita.»
«Vuoi dire che potrei trovare succhiotti su zone intime del tuo corpo?»
«Mamma!» esclamò lanciandole un calzino. «Non ho nemmeno il ragazzo! Figuriamoci fare queste cose!» aggiunse, il volto in fiamme.

Marinette attese che la madre fosse tornata di sotto, per poi spiare dalla finestrella che dava sull'attico se Chat fosse ancora lì, non trovando nessuno.

Dedusse che fosse tornato dovunque si rifugiava e, con un'alzata di spalle, tornò in camera sua, preparando i vestiti che avrebbe indossato subito dopo la doccia.

Il suo sguardo cadde sul cellulare spento, sentendosi in colpa per non aver ancora risposto a nessuno; ma, dopotutto, la sera precedente doveva occuparsi di una cosa più importante.

Un suo amico stava soffrendo e non aveva alcuna intenzione di abbandonarlo, nemmeno se le cose dovessero peggiorare.





—•—•—





Chat Noir era sdraiato supino sul materasso, fissando il soffitto con estrema insistenza.

La sera precedente era crollato ed aveva passato la notte da Marinette, dormendo accanto a lei.

All'inizio, quando entrambi si sdraiarono sul materasso per dormire, non fu molto attento alla loro vicinanza nemmeno quando si lasciò abbracciare da lei, sentendola mentre gli accarezzava i capelli e gli sussurrava frasi gentili per farlo addormentare.

La cosa funzionò, ma il problema fu il risveglio.

Sentiva qualcosa premergli contro la schiena e, quando si voltò, pensava fosse un cuscino, inizialmente, ma il solletico che provava sulle labbra non era dato dalla sua immaginazione.

Aprì lentamente gli occhi –per abituarsi alla luce mattutina che illuminava la stanza– e si ritrovò ad abbracciare Marinette, mentre lei gli fissava le labbra, forse per controllare i tagli freschi che gli bruciavano, ma il suo respiro caldo su di esse lo attirava verso di loro come una calamita.

Da quando era diventato la Belva Nera aveva sviluppato un istinto animalesco, che gli faceva capire quand'era in pericolo e, malgrado quella vicinanza ad una sua amica lo avrebbe fatto sentire a disagio se fosse stato un ragazzo normale, con Mari, invece, non fu così: desiderava tenerla stretta a sé in quel modo tutte le volte che andava a farle visita.

Il ragazzo prese il cuscino che aveva sotto il capo ed iniziò a stringerlo tra le braccia, mettendoci il viso contro e iniziare a lanciare mugolii e miagolii di frustrazione.

Fino a meno di due settimane prima era considerato un mostro da tutti, soprattutto da se stesso –e questo sentimento nei suoi confronti non era cambiato per nulla–, ma da quando in qua il cuore gli batteva così forte quando era con lei?

Certamente, in diciotto anni gli era già capitato di provare qualcosa di simile per un paio di altre ragazze, che poi divennero anche sue fidanzate per qualche mese, ed associava ciò che sentiva per Marinette al fatto di essere per metà animale; ma la domanda a cui non trovava risposta logica se non l'anello era: perché faceva le fusa ogni qual volta che la corvina gli accarezzava i capelli?! Ma, soprattutto, come diamine aveva fatto a finire nel letto di una ragazza quando, fino poco tempo prima, tutti lo evitavano?!

Tolse il cuscino dal volto per respirare, tenendolo tra le braccia.

Quella ragazza dai bellissimi occhi azzurri sarebbe stata la sua rovina, ne era certo, eppure non riusciva a restarle lontano.

Quanto avrebbe voluto che sua madre gli fosse vicino per consigliargli cosa fare.

Con un sospiro si voltò sul fianco, sentendosi improvvisamente stanco; sotto le palpebre chiuse vide immagini di Marinette che sorrideva e rideva con lui, facendogli battere ancora più forte il cuore nel petto.

Non vedeva l'ora che arrivasse la sera per andare a trovare la sua principessa e passare altro tempo con lei.






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Il nostro micio stra cotto :')

Eppure lui pensa sua dato al fatto di essere un gatto LOL

Che triste la vita...

Comunque, vorrei chiedervi una cosa, per favore, smettetela di chiedermi se posso aggiornare prima o due volte a settimana, ma davvero, non posso😅

L'ho già detto a tutti quelli che mi hanno lasciato dei commenti del genere: se ci stessi nei tempi e riuscissi a preparare più capitoli a settimana allora ne avrei pubblicato volentieri due, ma tra meno di un mese ho la maturità e mi sto concentrando al meglio che posso nella scuola.

Non voglio essere stronza e rispondere male ma, sinceramente, sono assillata da commenti che mi chiedono di aggiornare prima e/o più volte a settimana e sono stanca di ripetere che non posso 😅

Faccio già un sacco di fatica a scrivere due fanfiction a settimana e sto realmente prendendo in considerazione il fatto di aggiornarne una a settimana in un giorno stabilito (tipo un giovedì Monster, il giovedì successivo Masque sans visage, il giovedì dopo ancora Monster, e così via...), e questo è molto possibile che accada, ma mi sto impegnando a mantenere il ritmo di adesso.

Lo sto facendo per voi!😂😂😂

In estate vedrò di aggiornare più spesso (magari due capitoli di Monster e due di Masque sans Visage), ma tutto questo, se accadrà, sarà da metà luglio in poi.

Posso capire che la fic vi piaccia (e mi meraviglio di questa cosa *^*), ma pensò abbiate già letto anche i primi commenti degli altri utenti che, sin dall'inizio, mi hanno chiesto se potevo aggiornare prima e la mia risposta (se non è così, allora, ve lo sto dicendo ora lel), ma chiedendo sempre di aggiornare –QUESTO È IL MIO CASO, SIA CHIARO!– mettete pressione e si rischia di non scrivere al meglio.

Questo è il mio caso, ma potrebbe esserlo anche per altre persone.

E dopo finisco per fare come Ferisae che non aggiorna da febbraio!😂🔝

Insomma, è come chiedere ad un pasticcere che sta facendo la vostra torta preferita di sfornarla prima perché non vedete l'ora di mangiarla, ma il risultato sarà solo uno: disgustosa.

Non volevo essere dura, e non mi sembra di esserlo stata(?), ma spero abbiate capito ^^

Grazie a tutti per la comprensione, e ci vediamo venerdì con Monster (o mercoledì con MSV) ^^

FrancescaAbeni

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