Incubo


In una piccola cittadina in provincia di Torino, io e la mia famiglia stavamo ascoltando il discorso del Presidente con gli occhi incollati al televisore.
Nessuno fiatò. Si sentivano solamente il soffio insistente del vento contro le finestre e i primi fragori di un temporale.
Le foglie erano trasportate dal vento, producendo il loro tipico fruscio.
Mi decisi a rompere quel silenzio doloroso, provando con una frase rassicurante : " Se lo dice il Presidente che andrà tutto bene..."
Guardando mio padre e mio fratello mi aspettavo una frase, una parola, ma niente.
Allora dissi: " Hanno i più grandi scienziati al mondo... stanno facendo ricerche, scoperte, perché dovrebbe andare male? Vero?"
Mio fratello, indifferente, si alzò improvvisamente, facendomi prendere uno spavento, e si allontanò, muovendosi a passi meccanici. Lo vidi andare in bagno.
Poi guardai mio padre, desiderosa di una parola. Da quando la mamma se n'era andata non c'erano stati molto discorsi in questa casa.
E mi sentivo terribilmente in colpa a cercare di intavolare una conversazione.
Desideravo solo che la mia famiglia si aprisse con me ed esprimesse il proprio dolore, per poterci consolare a vicenda.
Ma evidentemente non erano ancora pronti e non avevano elaborato. Come biasimarli? Quello che avevamo visto era stata la cosa più assurda, strana e dolorosa della nostra vita.
Lo shock era naturale. Era un miracolo che nessuno si fosse ancora suicidato.
Guardavo ancora mio padre, quando i suoi occhi incontrarono i miei, facendomi sussultare. Finalmente mi guardava.
Lentamente disse: " È la fine". Si alzò e andò in camera sua senza voltarsi più indietro.
Io rimasi lì, davanti alla tv. La disperazione mi catturò di nuovo e scoppiai in lacrime e lamenti. Fu la prima volta che provai qualcosa di forte. Ma non intendo parlare oltre di questo, per non farvi addolorare.
Ricordo solo che dopo essermi calmata andai subito a letto, pur essendo le 21, e mi addormentai di colpo. Non vi potete immaginare gli incubi di quella notte: sognai le famose creature, le ombre, come le chiamano. Mi avevano catturata e portata in un palazzo grigio color cenere. E dentro questo la mia paura si era trasformata in gioia. Mia madre era lì davanti a me, a guardarmi con sguardo compassionevole. Corsi fra le sue braccia. Cullandomi mi disse: " Tesoro, vedrai che tutto questo finirà e potremo ritornare ad essere la famiglia che siamo sempre stati. E questo succederà prima di quanto pensi."
Ed io: " Mamma ma come? Sei morta, ti abbiamo vista a terra, la tua faccia nera come la pece, il tuo cuore non batteva più.
Dimmi, perché dici che ci rivedremo?"
Lei si guardò attorno per un istante quasi non volesse farsi sentire e poi mi disse, guardandomi intensamente negli
occhi:"Ricordati. Non tutto è quello che sembra". E mi sorrise.
Quando le chiesi il significato,
lei scomparve e al posto suo apparve
qualcos'altro.
Nera e dai confini indefiniti un'ombra aleggiava proprio davanti a me.
Riuscivo a vedere solo gli occhi enormi,
la bocca grande e i denti affilati, due buchi che fungevano da narici.
Negli occhi il nero assoluto.
Continuai a urlare: " Cosa vuol dire????", finché l'ombra non mi venne contro e mi
alzai di colpo a sedere sul letto, piena di sudore freddo. Mi rimisi distesa e ripensai al sogno appena fatto, sconvolta.
Stanca di pensare, decisi di riaddormentarmi, il temporale e la pioggia in sottofondo mi facevano compagnia, cullandomi in quella notte infernale e tenebrosa.

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