๑ Come back

Atterro. Se di solito piccole nuvole di polvere si sprigionano dal terreno che le suole dei miei stivali colpiscono, questa volta non accade. La terra è troppo impregnata di sangue.

Lascio delle impronte in quell'orrido fango, mentre annullo in fretta la distanza tra me ed il mio obiettivo.

Prendo tra le braccia quel corpo incredibilmente leggero.

Gli manca un braccio ed entrambe le gambe sono state tranciate via dalla violenza di un attacco. Ho ghiaccio nelle vene, mentre giro ciò che rimane del mio sottoposto così da poterlo guardare il viso.

Anche quello è ricoperto di sangue.

E gli occhi sono chiusi.

Stringo i denti e lo pulisco, per quanto sia possibile, liberando porzioni di pelle olivastra, striata di rosso, come ogni fottuta volta in cui esce da quel suo secondo corpo.

«Coraggio...» sussurro.

Attorno a noi, le ultime scintille della battaglia si stanno quietando. Il mio intervento non è più necessario. E posso restare seduto in questo schifo, cercando di fare la cosa più vicina al pregare che abbia tentato.

«Andiamo, apri gli occhi. Non farci perdere tempo.»

Le mie personali finestre sul mondo rimangono serrate.

«So che puoi farlo, Eren.»

È guarito da ferite ben peggiori, alcune causate proprio da me. Deve solo replicare un miracolo che è già stato compiuto in precedenza.

Allungo le mani e slaccio la sua imbracatura distrutta, gettandola via. Strappo la stoffa dilaniata della sua maglietta. C'è un buco nel suo petto, nero come il fondo di un pozzo e rosso per il sangue che ne sgorga incessantemente. Piccole nuvole di vapore iniziano a fuoriuscirne non appena rimuovo il tessuto.

«Sì. Ecco, così...» sussurro, osservando la pelle che lentamente si tende per coprire la voragine nella carne, privandomi della vista di qualsiasi cosa stia accadendo al di sotto. «Bravo...»

Mentre aspetto, inginocchiato nel fango di sangue, con la sua testa sulle gambe, gli pulisco i capelli. Lascio scorrere le dita tra le ciocche lerce, che questa sera laverò usando tutta l'energia che mi è rimasta per cercare di dargli di nuovo un aspetto umano e decente. L'impasto appiccicoso di terra e fango li pettina all'indietro, rendendolo macabramente elegante.

«Torna...»

Poi, senza alcun preavviso, sussulta.

I suoi occhi si aprono, la bocca si spalanca ed assorbe ossigeno avidamente. Gli premo subito le mani sul petto per trattenerlo su di me. Ed Eren ricade mollemente di nuovo nella posizione di partenza, tossendo, gli occhi stretti mentre combatte le prime irrazionali scosse di dolore che non riesce a capire né a sopportare.

Infine, proprio come chi si risveglia da un lungo sonno, le sue palpebre si riaprono lentamente ed i suoi occhi incontrano i miei.

«C-Cap-»

«Zitto, non parlare.»

Obbedisce, ma continua a guardarmi. Ed io continuo a passargli lentamente le dita tra i capelli. Insieme aspettiamo il carro per il trasporto dei feriti, avvolti dalla lieve nebbia di vapore che i suoi arti producono nel ricrescere.

«Sono tornato» mormora dopo un po'.

Una delle mie mani scivola semplicemente nella sua.

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