Sexting



Poco prima di pranzo Hermione sentì il proprio cellulare vibrarle in borsa e con la fronte aggrottata lo recuperò, curiosa.

Quando lesse il nome di chi le aveva mandato un messaggio sollevò lo sguardo su Draco, un sorriso sorpreso a incurvarle le labbra: «Mi hai mandato un messaggio?»

Draco non disse niente, limitandosi a sorridere.

"Quella camicia è molto bella, ma non mi permette di concentrarmi..."

Hermione arrossì leggermente, poi digitò una risposta:

"Come mai?"

Draco si leccò il labbro inferiore mentre scriveva il successivo messaggio, poi lo inviò e puntò lo sguardo sul volto della ragazza, deciso a studiarne ogni minima reazione.

Le guance di Hermione si fecero incandescenti e le sue labbra di socchiusero mentre leggeva la risposta di Draco:

"Perché tutto quello che riesco a pensare è a quanto mi piacerebbe togliertela".

Hermione si morse il labbro, poi spostò lo sguardo dal cellulare al volto del ragazzo, che si trovava a un paio di metri da lei. Stava per rispondergli a voce, quando decise di rispondere con un messaggio.

"Non penso che mi dispiacerebbe. "

"Siamo in ufficio, non mi tentare."

"Guastafeste."

Draco ridacchiò, ricordando che qualche ora prima era stato lui a dire quella stessa parola alla ragazza. Convinto che la conversazione non sarebbe andata avanti, l'ex Serpeverde tornò al proprio lavoro. Quando sentì la vibrazione di quel piccolo arnese babbano, nella tasca dei suoi costosi pantaloni da ufficio, un sorriso impaziente gli incurvò le labbra.

"Ricordi la sera dello smalto?"

Draco aggrottò le sopracciglia a quel messaggio e si chiese per qualche secondo a cosa si riferisse la ragazza, poi una piccola smorfia, tra il divertito e l'infastidito gli modellò i lineamenti.

"Ricordo. Pansy ancora non mi ha confessato di essere stata lei, ma io non ho dubbi al riguardo."

Rispose Draco, sollevando lo sguardo per incontrare quello di Hermione, ma la ragazza aveva gli occhi scuri puntati sullo schermo del proprio cellulare, le guance arrossate e le dita che si muovevano velocemente sui tasti.

Malfoy non aveva idea di cosa stesse scrivendo la ragazza in risposta alle sue parole, ma all'improvviso sentì molto caldo.

"Non ho mai fatto sesso su una scrivania durante il lavoro, ma la scorsa settimana ero sul punto di masturbarmi pensando a te. Mi hai interrotto, entrando."

Draco deglutì e la saliva gli rimase incastrata in gola, facendolo tossire convulsamente per una manciata di secondi. Hermione lo osservava dalla sua scrivania con uno sguardo a metà strada tre il preoccupato e il compiaciuto.

"Pensavo alla nostra prima volta, pensavo alla tua bocca su di me, pensavo alla sera dello smalto..."

Dracò si sentì febbricitante nel leggere quelle parole e comprendere quanto profondamente Hermione lo volesse, quasi quanto lui voleva lei.

Il ragazzo si alzò rumorosamente dalla sedia, deciso a raggiungere la scrivania della ragazza e porre così fine a quel gioco, dove non c'erano vincitori né vinti.

«No», disse Hermione, fermando la sua avanzata sul nascere.

Draco, con la fronte aggrottata e le labbra strette in una linea sottile, guardò la ragazza con aria confusa: «No, cosa?»

«Non ti avvicinare, scrivimi quello che vorresti fare», disse lei, gli occhi appannati dal desiderio e le labbra arrossate per i morsi che continuava ad auto infliggersi.

Draco non comprendeva appieno quel gioco, ma non aveva intenzione di tirarsi indietro e, preso in mano il cellulare e tornatosi a sedere, descrisse a parole quello che gli frullava nella mente in quel momento.

"Vorrei farti salire su quella scrivania, sfilarti la camicia e mettere in mostra il tuo seno perfetto, poi leccarti i capezzoli."

Hermione sorrise nel leggere quella risposta, eccitata dalla piega che stavano prendendo gli eventi.

"Li senti i miei gemiti? Mi piace quello che mi stai facendo."

Digitò lei, poi ci pensò giusto qualche secondo e aggiunse:

"Senti come muovo i fianchi contro i tuoi? Senti la mia mano sui suoi pantaloni?"

Draco gemette nel leggere quelle parole e cominciò a capire il perché di quel gioco, che aveva creduto sciocco fino a poco prima. Si portò una mano in mezzo alle gambe per sistemare i pantaloni, che sentiva premere contro la sua erezione e portò tutta la sua attenzione sul piccolo schermo del cellulare, deciso a portare Hermione a un punto di eccitazione tale da farle dimenticare di essere al lavoro.

"Mi piacciono i tuoi gemiti, vorrei sentirli in eterno. Vorrei stenderti sulla scrivania, far scomparire tutti i tuoi vestiti e leccarti fino a farti venire più e più volte, fino a quando la tua pelle è ricoperta di sudore e non ce la fai più."

Hermione avvampò nel leggere quelle parole e la fitta di piacere che provò in mezzo alle gambe le fece accelerare il respiro e il battito cardiaco.

Sollevò lo sguardo e incontrò quello rovente di Draco e per qualche secondo vacillò; Hermione era sul punto di alzarsi e raggiungerlo per mettere in pratica quella dolce fantasia, poi s'impose di non farlo, decisa a proseguire ancora un po' con quel nuovo ed eccitante gioco.

"Mi piacerebbe, ma sai cosa mi piacerebbe ancora di più?"

Rispose lei, osservando l'espressione curiosa e impaziente di Draco.

"Cosa?"

"Sentirti dentro di me, mentre mi prendi sulla scrivania, facendomi urlare dal piacere."

Draco rimase a osservare quel messaggio per qualche secondo, poi sollevò lo sguardo su Hermione e parlò: «Tu mi vuoi morto».

La ragazza rise e scosse la testa: «Esagerato».

«Quanto durerà ancora questo gioco?», chiese lui, spostando lo sguardo dal cellulare tra le sue mani, al volto arrossato di Hermione.

«Non ti sta piacendo?», domandò lei, aggrottando la fronte. Aveva interpretato i gemiti di Draco come segno che anche lui stesse apprezzando i messaggi che si stavano scambiando, ma cominciava a temere di essersi sbagliata.

«Mi sta piacendo troppo», disse lui, aprendosi la patta dei pantaloni per liberare dalla costrizione della stoffa la sua erezione dolorante.

«Sei eccitato?», chiese lei, intuendo cosa stesse facendo Malfoy con le mani in mezzo alle gambe, quando sentì il familiare suono della zip, ebbe la conferma dei suoi sospetti.

Draco ridacchiò: «Tu cosa dici?», le chiese con una punta d'ironia, stringendo le dita della mano destra intorno alla sua eccitazione.

Hermione si morse il labbro inferiore, poi riprese in mano il cellulare e digitò con le dita veloci.

"Chiudi gli occhi e inizia a masturbarti, piano. Immagina che sia io a farlo."

Draco emise un suono strozzato e fece ciò che gli era stato detto, iniziando a sentire la pressione dell'orgasmo montargli dentro.

Quando il ragazzo sentì la ragazza pronunciare un incantesimo per chiudere a chiave la porta e uno per insonorizzare la stanza, il respiro gli divenne ancora più corto, al pensiero di quello che sarebbe successo di lì a poco.

Draco non aprì gli occhi, nemmeno quando sentì chiaramente le mani della ragazza afferrare i braccioli della sua sedia a rotelle e sospingerlo verso il vuoto. L'odore della pelle di Hermione lo avvolse e il respiro di lei vicino all'orecchio gli fece muovere leggermente il capo verso quella direzione.

Era sul punto di baciarla a tentoni, al buio dei suoi occhi chiusi, quando si rese conto che il respiro di Hermione non era più vicino al suo orecchio.

«Fermati», disse la voce della ragazza, sembrava giungere da un posto non ben definito di fronte a lui, Draco smise di masturbarsi, eccitato da quel nuovo gioco.

Dopo qualche secondo gli sembrò di sentire il fruscio di abiti che venivano sfilati e al solo pensiero di quello che sarebbe successo di lì a poco deglutì rumorosamente.

«Ora puoi aprire gli occhi», disse la voce spezzata dal desiderio di Hermione e lui ubbidì.

Quando Draco sollevò le palpebre e si abituò alla luce della stanza, gli si socchiusero le labbra alla vista del corpo completamente nudo di Hermione che, seduta sulla sua scrivania a gambe larghe, lo osservava con impazienza.

«Vieni a prendermi, Draco», disse lei, le gambe che le tremavano appena.

L'ex Serpeverde si sollevò subito in piedi e percorse in due nervose falcate il poco spazio che lo separava dal corpo nudo e bollente di Hermione.

«Sono sempre più convinto che il tuo intento sia di causarmi un infarto», disse lui, affondando con desiderio le dita nella morbida carne delle cosce della ragazza, così da allargarle ulteriormente e potercisi mettere comodamente in mezzo.

Hermione gettò le braccia intorno al collo di Draco e sollevò gli occhi al cielo: «Perché mai dovrei volerlo?»

«Non lo so, per vendetta?», propose lui, mentre portava una mano nell'interno coscia di lei.

«Vendetta per cosa?», chiese lei, gemendo rumorosamente quando Draco iniziò a masturbarla ad un ritmo serrato.

«Non lo so, dovresti dirmelo tu», mormorò lui contro la pelle della gola di Hermione, inspirando a fondo il suo profumo, poi circondò con le labbra impazienti uno dei capezzoli della ragazza.

Hermione, con la testa gettata all'indietro, la bocca aperta nel tentativo di respirare e gli occhi chiusi, non rispose, limitandosi a muovere i fianchi per aumentare la frizione delle dita di Draco su di lei.

Erano entrambi rossi in volto, col fiato corto e la fronte che iniziava a imperlarsi di sudore, quando Draco interruppe quella dolce tortura per spingere la propria erezione nella carne rovente e tremante di Hermione.

Fu un amplesso meno dolce rispetto a quello del giorno prima e anche meno frettoloso.

Stretti l'uno all'altra su quella scrivania, eccitati al pensiero di essere in ufficio, nel bel mezzo della giornata lavorativa e inebriati dal pensiero di essere insieme e di essere felici, iniziarono a muoversi, facendo scontrare rumorosamente i loro fianchi.

Hermione non trattenne i propri gemiti di piacere e Draco non si preoccupò del suono della scrivania che colpiva la sedia e scivolava leggermente sul pavimento.

«Ti piace?», chiese lui con la voce spezzata e gli occhi incantati ad osservare il seno generoso di Hermione, che ad ogni spinta si muoveva.

«Sì, non ti fermare», supplicò la voce stranamente acuta della ragazza, ormai vicina al proprio orgasmo.

Quando Hermione raggiunse il culmine del piacere affondò il capo contro la spalla di Draco, soffocando un grido contro la pelle sudata del ragazzo.

Le gambe di Hermione tremavano incontrollabilmente intorno ai fianchi di Draco, che dopo poche spinte raggiunse a sua volta l'orgasmo.

Stretti tanto forte da sentire il cuore dell'altro battere furiosamente a poca distanza dal proprio, rimasero in silenzio, entrambi intenti ad assaporare la dolcezza e spossatezza dei secondi che seguivano l'orgasmo.

«Tu mi vuoi davvero morto», riuscì a dire Draco, il fiato ancora corto e le mani che iniziavano a vagare sulla schiena e le cosce della ragazza, per saggiarne la consistenza.

«Senti chi parla», borbottò lei, lasciando una scia di soffici baci sulla spalla e la gola esposta dell'amante.

Draco sorrise, poi premette con forza le labbra contro quelle di Hermione: «Ti va di pranzare insieme oggi?»

L'ex Grifondoro sorrise pigramente e annuì, lasciando un bacio sulla guancia del ragazzo: «Cos'hai in mente?»

«In realtà nulla di specifico, vorrei solo passare del tempo con te», ammise lui, scostandosi leggermente dal corpo caldo di Hermione.

La ragazza sorrise: «Il tempo che abbiamo appena passato insieme non basta?», gli chiese, un sorriso malizioso a incurvarle le labbra, arrossate dai baci e morsi.

«No, il tempo con te non è mai abbastanza», confessò lui, sfiorando con la punta del proprio naso quello di Hermione.

Usarono la magia per pulire i loro corpi sudati, poi si rivestirono con calma, aiutandosi a vicenda.

Quando sbloccarono la porta e cancellarono l'incantesimo insonorizzante, avevano entrambi un sorriso rilassato in volto e il bruciante desiderio di toccarsi non del tutto svanito.

«Stavo pensando», disse Hermione, la borsa tra le mani e i capelli irrimediabilmente spettinati raccolti in una spessa treccia: «Che penso di conoscere un posto molto carino dove potremmo pranzare».

Draco anche recuperò la sua ventiquattrore e allungò la sua mano libera per afferrare quella di Hermione.

«Nel mondo babbano?», chiese lui, dirigendosi verso la porta.

«No, a Diagon Alley, probabilmente lo conosci, si chiama "Le canzoni della mandragola"».

Draco aggrottò le sopracciglia pensieroso e si portò la mano di Hermione alle labbra: «Il nome mi è familiare, ma non penso di esserci mai stato».

In quell'istante la porta dell'ufficio si aprì, facendo esplodere la bolla di gioia e intimità in cui si erano rinchiusi per tutta la mattina.

Penelope Cross era sulla soglia, il suo sorriso incrinato dall'incertezza e gli occhi puntati sulle labbra di Draco premute sul dorso della mano di Hermione.

Penelope, che non era stupida come le piaceva lasciare credere ai proprio colleghi, ci mise ben poco a capire il livello d'intimità che c'era tra quella che era stata la sua compagna di scrivania e quello che sperava poter essere la sua futura conquista in ufficio.

Le sfide non avevano mai demoralizzato Penelope, ma in quel caso, la faccenda le appariva troppo complicata anche per lei.

Penelope si chiese da quanto andasse avanti quella storia e realizzò che la reticenza, che le aveva mostrato Malfoy quella mattina, doveva essere dettata dalla fedeltà che nutriva nei confronti di Hermione più che per la sua fidanzata.

«Penelope», disse Hermione, sfilando con un gesto impacciato la mano dalla stretta di Malfoy, gli occhi leggermente sbarrati dalla preoccupazione: «Posso aiutarti?»

Penelope scosse la testa mestamente, poi sospirò e sorrise: «Ora capisco perché cercavi di convincermi a desistere la scorsa settimana», disse, riferendosi alla breve conversazione che le due ragazze avevano avuto in ascensore, prima del lavoro.

«Non è come sembra», cercò di dire Hermione, ma Penelope la interruppe: «Posso mantenere un segreto se voglio, non devi preoccuparti. Ora devo andare, penso che chiederò a Robert di pranzare con me».

Prima che Draco o Hermione potessero aggiungere altro, Penelope Cross era scomparsa e si era richiusa la porta alle spalle.

«Mi sento sporca», sussurrò Hermione, appoggiandosi alla parete più vicina del suo ufficio.

Draco la guardò con apprensione, incerto su cosa fare o dire.

Sentire il peso del giudizio nello sguardo di Penelope Cross, anche se solo per un istante, l'aveva fatta sentire profondamente a disagio e insicura.

Hermione non si era mai veramente preoccupata del giudizio altrui, ma in quel caso era consapevole di aver fatto qualcosa di orribile, anche se il fidanzamento di Draco e Astoria era tutto una farsa, e di meritarsi gli sguardi di rimprovero e disapprovazione altrui.

Forse non si era aspettata che il giudizio arrivasse così presto.

Draco intrecciò nuovamente le loro dita in una stretta solida e le baciò la fronte: «Stai bene?»

Hermione annuì e prese un profondo respiro: «Mi ci devo solo abituare».

«A cosa?», chiese lui, confuso.

«Ed essere giudicata», ammise lei, guardando gli occhi chiari di Malfoy assottigliarsi appena a quelle parole.

«Non dire sciocchezze, Hermione, nessuno ha il diritto di giudicare qualcosa che non conosce, inoltre c'è ben poco da giudicare quando parlerò con Astoria», disse lui, lo sguardo mortalmente serio e irremovibile.

Hermione gli accarezzò la guancia: «Non mi vergogno di noi», disse, con voce sottile: «Non mi vergogno di quello che provo».

Draco socchiuse le labbra, poi le richiuse. Era troppo presto per chiederle cosa provasse, era troppo presto per ammettere i propri sentimenti.

«Andiamo?», chiese, soffocando le altre domande, troppo pericolose, che avrebbe voluto fare.

Hermione annuì, uno sguardo determinato in volto.

Uscirono dall'ufficio per mano.

Pochi maghi e streghe si trovavano per i corridoi e gli uffici del piano, la maggior parte era già ammassata in mensa o era uscita per pranzo.

Hermione sentiva il cuore batterle forte in petto ogni volta che lo sguardo di qualcuno si posava su di loro per qualche secondo di troppo, ma aveva intenzione di dimostrare a Draco di essere abbastanza forte da sopportare qualunque cosa per lui, anche il giudizio della gente.

Draco Malfoy era teso, mentre salivano sull'ascensore, continuando a tenersi per mano.

Hermione sembra avere abbastanza coraggio per entrambi e la stretta delle dita di lei impediva a Draco di mettere un po' di distanza tra di loro.

«Sei sicura di voler essere vista in compagnia di un ex Mangiamorte?», le chiese con voce tesa Malfoy, una volta nell'atrio principale del Ministero.

La stretta di Hermione intorno alle sue dita aumentò e i suoi occhi scuri lo guardarono con serio rimprovero: «Il tuo passato non definisce la persona che sei ora. Ti sei pentito delle tue azioni e sei stato giudicato innocente».

Draco le diede un bacio sulla fronte: «Non tutti la pensano così, Hermione», sussurrò contro la sua pelle: «Molti vedono in me mio padre e tutti i suoi errori».

«Molti sbagliano allora», disse lei, con voce sicura, i lineamenti contratti e inflessibili.

Draco le sorrise lievemente: «Non credi di essere un po' di parte?»

«Di parte? È perché mai?», chiese Hermione, con una punta d'ironia nella voce.

«Forse perché sei la mia amante», le sussurrò Draco all'orecchio.

Hermione sorrise e sciolse la stretta delle loro dita solo quando si trovarono davanti ai camini: «Il locale si chiama "Le canzoni della mandragola"», gli ricordò, prima di prendere una manciata di metropolvere.

Nell'arco di pochi secondi emersero entrambi da due camini vicini che si trovavano all'ingresso di un piccolo ristorante a conduzione familiare, dove vennero accolti dall'odore di soffritto e basilico fresco.

Una giovane strega, con un grembiule bianco e un sorriso di circostanza apparve di fronte a loro: «Benvenuti! Avete prenotato?»

«No», disse Hermione, stringendo nuovamente la mano di Malfoy nella sua.

«Un tavolo per due?», s'informò la donna, prendendo da un tavolo due menù.

«Sì», confermò Draco, guardandosi intorno.

Le pareti erano color ocra e vi erano appese piccole statuette in legno, raffiguranti creature immaginarie, uno gnomo era appisolato dietro alla cassa e indossava un gilet a quadri neri e rossi e una bombetta sul capo.

La sala era anch'essa decorata da particolari statuette e quadretti in legno, che si sposavano bene con l'ocra delle pareti e delle tovaglie. Su ogni tavolo si trovava un vaso trasparente con all'interno una mandragola addormentata.

Draco ricordò all'improvviso che era stato Blaise a parlargli di quel locale qualche settimana prima; c'era stato per pranzo e aveva trovato il cibo ottimo, anche se l'arredamento — a detta sua — lasciava un po' a desiderare.

La cameriera li accompagnò a un tavolino per due, poi lasciò loro i menù e si allontanò.

«Eri già venuta qua?», chiese Draco, osservando il menù con particolare attenzione.

Il silenzio di Hermione si protrasse per molto tempo e, quando Malfoy sollevò lo sguardo per capirne il motivo, trovò la ragazza con le guance soffuse da un tenue rossore e il capo basso. Sembrava in imbarazzo.

«Sì», disse alla fine, mordendosi pensosamente il labbro: «Sono venuta all'inaugurazione del locale, un anno fa circa».

Draco capì, senza che Hermione dicesse altro è una punta di gelosia gli fece distogliere lo sguardo, per posarlo nuovamente sul menù.

Hermione doveva essere stata in quel locale con Weasley, quando magari erano ancora felici, quando...

Il pensiero di Hermione e il suo ex ragazzo in atteggiamenti intimi fece sentire Draco profondamente a disagio.

«Le statuette alle pareti le ha create Luna Lovegood, ti ricordi di lei? Era di un anno più giovane, Corvonero», disse Hermione, selezionando ogni parola con cura, desiderosa di riportare l'atmosfera tra lei e Draco alla calma che c'era stata fino a poco prima: «Suo padre era il proprietario de "Il Cavillo"».

L'immagine della ragazzina bionda, sempre tra le nuvole, che più volte si era divertito a tormentare con i suoi compagni di casa, gli apparve nitidamente tra i pensieri.

«Sì, mi ricordo di lei, non sapevo fosse diventata un'artista», disse Draco, osservando quelle decorazioni con occhi diversi.

«Intaglia il legno nel tempo libero, gestisce ancora il giornale del padre, ma ci pubblica principalmente racconti e romanzi a puntate», disse Hermione, scorrendo il menù, tesa.

Portare Draco in quel ristorante era stato un errore. Non ci aveva pensato fino a quando non aveva messo piede nella sala e i ricordi dell'inaugurazione della mostra e del locale non l'avevano bombardata senza pietà, facendole rivivere quella serata di quasi un anno prima.

Ricordava i sorrisi di Ginny, le battute di Ronald, Luna raggiante che spiegava agli ospiti i nomi delle creature raffigurate e il fastidio sul volto di Harry ogni volta che qualcuno gli chiedeva un autografo.

Quella era stata una bella serata, lei e Ron non avevano litigato, nessun ricordo di Draco le era comparso a tradimento nell'arco dell'inaugurazione e per qualche ora Hermione era stata felice. Poi era tornata a casa, Ron si era rintanato subito a letto, stanco e mezzo ubriaco, mentre lei era rimasta seduta in salotto ad osservare il camino spento di fronte a lei. Aveva pianto, ai tempi non era riuscita a spiegarsi perché, e si era addormentata da sola, sul divano.

Quella notte, non per la prima volta, aveva sognato Draco e, una volta sveglia, aveva litigato pesantemente con Ronald per una sciocchezza.

Ai tempi aveva pensato di essere emotiva a causa del ciclo, solo con il senno di poi aveva capito di essersi accanita su Ron e la loro relazione per  una questione d'insoddisfazione.

Quando tornò la proprietaria del locale ordinarono due porzioni di lasagna e decisero di dividere un tiramisù.

«Abbiamo iniziato una nuova tradizione», disse Draco, attirando l'attenzione della ragazza.

«Tradizione?», chiese Hermione, appoggiando i gomiti al tavolo, per sporgersi leggermente verso di lui.

«Sì, dividere il dolce», spiegò Draco, sorridendole apertamente.

Hermione sentì una familiare sensazione di calore al petto, sensazione che aveva provato spesso da quando Draco era tornato nella sua vita e si sporse sul tavolo per lasciare al suo accompagnatore un breve bacio a stampo.

«E questo per cos'era?», chiese lui, inarcando un sopracciglio.

Hermione scrollò le spalle: «Per le nuove tradizioni», disse, tornando al suo posto, mentre Draco la osservava dall'altra parte del tavolo con gli occhi colmi di affetto.

Pranzarono con calma, cullati dalla bruciante felicità che sentivano sotto pelle, certi che quella piccola tradizione fosse solo l'inizio.





***

Buongiorno popolo di Wattpad!

Chiedo intanto scusa per il ritardo!

Questa settimana ho fatto una breve vacanza in Sardegna con i miei zii e pensavo che avrei avuto più tempo per scrivere, per questo non sono riuscita a pubblicare prima questo capitolo.

Spero che per il momento la storia continui a piacervi!

Per il nome del locale "Le canzoni della mandragola", mi sono ispirata al libro di Mo Yan che sto leggendo in questi giorni "Le canzoni dell'aglio" (che consiglio a tutt* coloro che non sono deboli di stomaco e sono dispost* a leggere certe descrizioni crude e cruente).

Vi auguro un buon weekend e vi aspetto il prossimo mercoledì per il nuovo capitolo 🤗

Ricordo, per chi fosse interessat*, che mi potete trovare su Instagram, il nome dell'account è lazysoul_efp!

Un bacio,

LazySoul_EFP

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