Famiglia
Il piccolo tavolino, su cui Draco ed Hermione facevano colazione quasi ogni giorno, era stato trasfigurato da quest'ultima in un elegante tavolo in legno massello, abbastanza grande da poter comodamente ospitare un massimo di sei commensali.
Hermione era uscita prima dal lavoro per dare una mano a Draco, il quale aveva deciso di prendersi tutto il pomeriggio per riordinare casa e iniziare a cucinare.
Erano entrambi molto tesi e cercavano di mantenere la conversazione su toni leggeri, mentre tenevano d'occhio il pollo che cuoceva in forno, friggevano patatine e aspettavano che la panna cotta con topping al caramello si solidificasse in frigo.
Draco aveva già preparato degli antipasti: pane tostato con burro e salmone, una torta salata con prosciutto e spinaci e un vassoio di affettati acquistato in una macelleria babbana, che secondo Draco era gestita molto meglio, rispetto a quella in cui acquistava solitamente carne nel mondo magico.
«Ho mandato una lettera a mio padre», disse Draco, spezzando il momentaneo silenzio in cucina.
A Hermione rischiò di sfuggire di mano la forchetta, che stava usando per tastare la cottura del pollo, per la sorpresa.
«Oh», disse, chiudendo lo sportello del forno e posando i grandi occhi scuri sul viso preoccupato di Draco: «Gli hai detto di noi?»
Il ragazzo annuì, lo sguardo perso ad osservare l'olio sfrigolare nella padella.
Hermione gli appoggiò una mano sulla spalla: «Stai bene?»
Draco annuì e portò la mano a coprire quella della Granger sulla sua spalla: «Sì, sto bene; non è stato facile, penso che se tutti questi anni ad Azkaban non l'hanno ucciso, la mia lettera potrebbe essere il colpo di grazia».
Draco spostò lo sguardo dalla padella in cui friggevano le patatine, al volto di Hermione: «Ho paura che mamma faccia una scenata questa sera. Lei non sa che ho invitato anche Andromeda e Teddy».
Hermione scosse la testa e gli sorrise: «Vedrai che andrà bene. Ne abbiamo già parlato, hai detto che tua madre ha sempre e solo voluto il meglio per te, basterà convincerla che io sono il meglio e non avrà motivo di fare una scenata».
Draco sorrise e spostò la mano, appoggiandola sulla guancia della ragazza: «Un po' come hai fatto tu ieri con i tuoi amici?»
Hermione fece una piccola smorfia, arricciando il naso: «Più o meno», disse, ricordando le lacrime di Ronald e la delusione di Harry.
Era stata più dura vedersela con loro, rispetto a parlare con Ginny, ma era felice del risultato che aveva ottenuto; i suoi amici le avevano dato il beneficio del dubbio e le avevano concesso la possibilità di dimostrare che Malfoy fosse davvero cambiato.
Parlare con Ronald era stata la parte più difficile; dirgli che lei era felice con Draco e che non aveva intenzione di perderlo, mentre il rosso la osservava con gli occhi colmi di lacrime, l'aveva portata a piangere a sua volta.
Ron avrebbe sempre occupato una parte del suo cuore, sarebbe sempre stato un caro amico, una persona con cui aveva condiviso molti momenti felici e molti momenti difficili.
Era certa che se non ci fosse stato Draco nella sua vita, avrebbe fatto fatica a lasciare andare Ronald, che era stato per anni un porto sicuro.
«A proposito, sai già quando vogliono incontrarmi?», chiese il ragazzo, riportando Hermione alla realtà e al viso preoccupato d Draco.
«No, non c'è ancora una data, ma prima è, meglio è».
«Concordo, magari domani? Un bel tè in quel posto carino al centro di Londra?», propose Draco, tornando a osservare le patatine nella padella, che stavano cominciando ad assumere un colore più dorato.
«Non esageriamo, a Ron non piacciono tanto i babbani, meglio un posto qua a Diagon Alley... Potremmo andare in quel posto dove siamo stati a prender un tè, quella volta, quando mi hai convinto a uscire con te per "chiarire"», disse Hermione, mimando le virgolette con le dita.
Draco sorrise: «Intendi il posto dove la cameriera ti ha tormentato per un autografo?»
«Proprio quello», confermò Hermione, annuendo: «Magari se le porto il Salvatore del Mondo Magico importuna lui e non me».
«Secondo me finirà per chiedere una foto con tutti voi, eroi, e io dovrò essere colui che scatta la foto», disse Draco con una piccola smorfia in volto.
«Non lo permetterei mai: tu saresti nella foto con noi, accanto a me».
Draco distolse nuovamente lo sguardo dalla padella sfrigolante, per osservare l'espressione sorridente e decisa sul volto della ragazza: «E chi farà la foto, allora?»
«Qualche altro astante», disse lei, gettando le braccia intorno al collo di Draco, per poi sporgere il volto fino a fare scontrare le proprie labbra contro quelle del ragazzo.
Draco approfondì il bacio, premendo una mano contro la base della schiena di Hermione, mentre l'altra si immergeva nei capelli ricci e folti di lei.
Con gli occhi chiusi, così da vivere quel momento con maggiore intensità, i nasi che si sfioravano appena, circondati dall'aroma del pollo al forno e le patatine che friggevano in padella, sorrisero e si dimenticarono della cena imminente e della paura.
«Ne avevo bisogno», disse Draco, appena interruppero il bacio, per stringersi in un abbraccio.
«Concordo», mormorò Hermione, premendo il volto contro la spalla del ragazzo.
«Dici che sono abbastanza carina per l'occasione?», chiese Hermione, domandandosi, non per la prima volta, se il semplice abito nero che indossava potesse essere all'altezza della serata che li attendeva.
Draco sciolse l'abbraccio per poter osservare meglio il vestito a maniche lunghe e con lo scollo a barca, che fasciava perfettamente il corpo della ragazza. I suoi occhi chiari si soffermarono più del dovuto sulla curva generosa del seno, ma Hermione non se ne rese conto.
«Dico che sei molto elegante, non solo carina», la rassicurò, percorrendo con le mani i fianchi e poi i seni della ragazza, prima di circondarle il volto: «Dici che abbiamo tempo per una sveltina?»
Hermione sorrise, con le guance arrossate per l'eccitazione, incerta su cosa rispondere: «Dico che dovremmo fare i bravi».
Le labbra di Draco si atteggiarono in una piccola smorfia: «Guastafeste».
«Abbiamo solo venti minuti», gli ricordò Hermione, liberandosi dall'abbraccio, per togliere le patatine dall'olio bollente e riporle a scolare.
Mentre la ragazza metteva a friggere un altro paio di manciate di patatine, le mani di Draco si posarono sui fianchi di lei e l'avvicinarono a sé, da dietro.
Le morse piano il collo, poi le sussurrò all'orecchio: «Vorrei ricordarti che l'ultima volta che mi hai sottovalutato, ho vinto io».
Hermione arrossì ancora più vistosamente di prima, al ricordo della bocca di Draco che, implacabile, era riuscita a causarle quattro orgasmi nell'arco di un'ora.
«Hai avuto fortuna», disse lei, con un tono di voce leggermente stridulo.
«La fortuna non c'entra niente e lo sai, la mia è bravura», ribatté lui, ridacchiando contro la pelle esposta della sua spalla, prima di lasciarvi un bacio e porre qualche centimetro tra i loro corpi: «Non ho intenzione di insistere comunque, so accettare un no come risposta», continuò lui, prima di abbandonare la cucina e raggiungere il salotto, che era stato trasformato in una piccola sala da pranzo.
Hermione, accaldata dalle allusioni del ragazzo, si dedicò anima e corpo alle patatine, decisa a dimostrare di essere in grado di friggere qualche tubero senza bruciare niente, mentre Draco sistemava al limite della pignoleria ogni elemento sul tavolo e si accertava che tutto fosse perfetto.
Cinque minuti dopo il campanello suonò ed Hermione tirò un sospiro di sollievo, rendendosi conto di aver fatto bene a rifiutare le avances di Malfoy.
Poco dopo entrarono in casa Andromeda e Teddy, entrambi sorridenti e con i nasi e le guance arrossate, a causa dell'aria gelata di quel tardo pomeriggio.
Draco li aiutò a togliersi sciarpe e cappotti, mentre Hermione compariva dalla cucina e li salutava con affetto.
Andromeda indossava una gonna larga color mattone e una blusa bianca a maniche lunghe, mentre Taddy aveva un paio di pantaloni blu e una camicia bianca con un papillon rosso.
Hermione non vedeva Andromeda da dopo la Guerra, al funerale di Remus Lupin e Ninfadora Tonks. Aveva un ricordo molto preciso della donna, un'immagine che le si era impressa a fuoco: Andromeda, sola, col volto segnato dalle rughe e dalla stanchezza, gli occhi rossi, ma le guance asciutte, mentre stringeva tra le braccia il nipotino, l'unica famiglia rimastale e osservava le tombe di sua figlia e suo genero.
Quella sera Andromeda era diversa, più serena, ma le rughe che le segnavano il viso raccontavano di un dolore troppo profondo per poter essere dimenticato tanto facilmente.
La donna, appoggiò la mano sul braccio di Draco e sorrise, baciandogli una guancia: «Draco, non mi avevi detto che avremmo avuto un ospite speciale questa sera».
Hermione aggrottò le sopracciglia e lanciò un'occhiata colma di disappunto al ragazzo.
«Come no, zia? L'ho scritto nella lettera, che ti avrei presentato la mia ragazza e che come promesso ci sarebbe stata anche mia madre», disse Draco, osservando confuso la donna.
Andromeda scosse il capo e sorrise: «Non mi avevi detto che la tua nuova ragazza fosse Hermione Granger, però», gli disse, prima di raggiungere l'ex Grifondoro e baciarla sulla guancia.
«Pensavo avessi visto la prima pagine della Gazzetta del Profeta», ammise lui in un borbottio, prendendo tra le braccia il cuginetto di cinque anni.
«Come stai, cara?», chiese Andromeda, osservando il volto giovane e pieno di vita di Hermione.
«Bene, un po' nervosa», ammise, prima di gettare un'occhiata apprensiva all'orologio, che segnava le sette meno dieci di sera.
«Vedrai che andrà bene, Narcissa sembra molto più severa di quanto sia in realtà».
Rassicurata da quelle parole, Hermione tornò in cucina, per controllare le patatine. Teddy la raggiunse e si propose di aiutarla, mentre Andromeda aiutava Draco ad accendere le candele sulla tavola imbandita e a stregarle, in modo che la cera non cadesse.
Quando il campanello suonò di nuovo, Hermione aveva appena finito di friggere l'ultima padellata di patatine fritte e di sfornare il pollo, mentre Teddy la osservava attento e, nei momenti in cui Hermione era maggiormente distratta, rubava qualche patatina dal vassoio.
Andromeda si allontanò dalla porta di qualche passo, mentre Draco vi si avvicinava con le spalle tese dall'apprensione.
Quando Narcissa Black in Malfoy mise piede nell'appartamento del figlio, quasi le venne un infarto alla vista della sorella e del bambino dai capelli blu che comparve dalla cucina, accompagnato dalla Nata Babbana che si vociferava frequentasse Draco.
«Benvenuta, madre», disse il ragazzo, aiutando la donna a sfilarsi il mantello: «Non penso che ci sia bisogno che ti presenti Andromeda, ma sono abbastanza certo che tu non conosca Teddy Lupin, mio cugino di secondo grado, ed Hermione Granger, la mia ragazza».
Narcissa storse leggermente il naso, poi fece un cenno del capo ad Andromeda e uno ad Hermione, poi si voltò verso il figlio, una punta di disappunto nello sguardo: «Non mi avevi detto che ci sarebbero stati tanti ospiti, questa sera, figliolo».
«Non ero certo che saresti venuta, se te l'avessi detto , per questo ti ho tenuta all'oscuro, mamma», ammise lui, prima di scostare la sedia a capo tavola e invitarla a sedere.
Narcissa annuì rigidamente e si sedette, sistemandosi impeccabilmente l'abito lungo color lilla che indossava.
Teddy si sedette alla sua sinistra e le sorrise, mettendo in mostra, con orgoglio, lo spazio lasciato vuoto da un incisivo, caduto due giorni prima.
«Sono Teddy», le disse, allungando una manina e Narcissa, con un gesto titubante allungò la propria mano per stringere quella del nipote.
«Piacere, Teddy, sono Narcissa», disse la donna, cercando di calmare il suo cuore e di sciogliere la tensione che sentiva in tutto il corpo.
Narcissa non era felice di quello che le sembrava a tutti gli effetti un agguato e per buona parte della cena rimase in silenzio, ad ascoltare le conversazioni di Draco, Hermione e Andromeda e i fantasiosi racconti di Teddy, il buffo bambino dai capelli azzurri, che le sedeva accanto.
Solo quando arrivò il secondo, la donna si schiarì la voce, zittendo la conversazione in corso, e puntò i suoi occhi chiari, molto simili a quelli del figlio, in quelli di Hermione: «Immagino che lei lavori, signorina Granger».
L'ex Grifondoro annuì e la massa di capelli le si mosse intorno al viso: «Sì, lavoro al Ministero, Ufficio Regolamentazione e Controllo delle Creature Magiche».
Narcissa annuì, poi posò lo sguardo su Draco: «Mi ricordo di lei, signorina Granger; Draco non faceva altro che lamentarsi del fatto che fosse impossibile prendere voti più alti dei suoi», disse la donna, sorridendo appena: «Ma immagino che la vostra relazione sia cambiata da allora».
Hermione, col volto arrossato, osservò Draco, negli occhi le brillava una punta di divertimento: «Sì, signora, è cambiata».
Narcissa annuì e infilzò con i rebbi della forchetta una patatina fritta, per poi portarsela alle labbra e storcere appena il naso: «Manca il sale, figliolo, ti suggerisco di trovare un elfo domestico più competente in futuro».
«Non ho elfi domestici, madre, abbiamo cucinato io ed Hermione», disse Draco, aggrottando leggermente le sopracciglia.
«Sì, temo che sia colpa mia la mancanza di sale, tendo a dimenticarmene spesso», disse Hermione, arricciando leggermente il naso in una smorfia di scuse.
Draco sorrise apertamente e si portò la mano di Hermione alle labbra, per lasciarvi un bacio, prima di rivolgersi alla madre: «Non avrei dovuto affidarle un compito tanto arduo come preparare delle patatine fritte, è colpa mia».
Hermione tirò un calcio a Draco da sotto il tavolo e Andromeda sorrise sotto i baffi: «Anche io non sono mai stata particolarmente brava in cucina», ammise, prima di prendere la saliera e passarla alla sorella.
Narcissa osservò ogni cosa con attenzione, poi poso le posate e si pulì con un gesto aggraziato la bocca con il tovagliolo: «Figliolo, potrei parlarti in privato per qualche minuto?»
Draco annuì e portò sua madre nell'unica altra stanza disponibile, oltre il bagno: la sua camera da letto.
Narcissa osservò l'ambiente con la stessa attenzione con cui aveva studiato il salotto fino a poco prima, dove era rimasta delusa dalla quantità di oggetti babbani a lei sconosciuti che lo occupavano.
«Siamo soli, di cosa...?», iniziò Draco, ma venne subito interrotto dalla madre: «Cosa significa questa cena?»
Il ragazzo aggrottò la fronte e scelse con molta cura le parole: «Mi hai scritto che volevi vedermi, ho immaginato che la tua preoccupazione riguardasse l'articolo uscito sulla Gazzetta del Profeta ieri, quindi ho invitato a cena anche Hermione, per presentartela».
«Cosa ci fa qua Andromeda?»
Draco sospirò e si sedette sul fondo del letto, appoggiando i gomiti alle gambe: «È mia zia, è tua sorella. È l'unica famiglia che ci rimane ora che papà è ad Azkaban e zia Bellatrix è morta, ho pensato che potesse essere il momento giusto per seppellire vecchi rancori e unire una volta per tutte la famiglia».
Narcissa rimase in piedi, il corpo rigidamente congelato in una posa altezzosa e le labbra strette in una linea sottile: «Hai parlato con tuo padre?»
Draco annuì: «Gli ho mandato una lettera questa mattina».
Narcissa posò gli occhi sul letto a pochi passi da lei, poi sul viso di suo figlio e abbassò la maschera di alterigia che le induriva i lineamenti, mostrando a Draco la sua preoccupazione.
Prima che la donna potesse parlare, il ragazzo la precedette: «Io la amo, mamma».
Narcissa non disse niente e si limitò a sedersi sul letto, accanto al figlio.
«I tempi sono cambiati e la signorina Granger è una donna intelligente, un'eroina del Mondo Magico e merita il mio rispetto; quindi non mi opporrò, se è questo che temi», disse, accarezzando i capelli biondi e fini di Draco: «Se ti rende felice, allora sono felice anche io».
Non fu facile per Narcissa pronunciare quelle parole. Non fu facile perché andavano contro a tutto quello che aveva creduto per anni, ma sapeva che erano le parole giuste da dire, se non voleva perdere l'unica famiglia che le era rimasta, suo figlio.
Draco abbracciò sua madre, un enorme sorriso sulle labbra: «Grazie, mamma».
«Pretendo però, se doveste avere figli, che la tradizione della famiglia Black continui», disse la donna, irremovibile: «E che ogni due settimane veniate a pranzo al Manor».
Draco sciolse l'abbraccio: «Va bene, ma non posso chiederle di venire al Manor, mamma; troppi brutti ricordi».
Narcissa annuì e abbassò lo sguardo, imbarazzata per la gaffe che aveva appena commesso: «Hai ragione, verrò io qua, oppure prenderemo una passaporta e andremo a Port Isaac», disse, soppesando le parole: «Oppure venderò il Manor e comprerò una nuova casa».
«Andromeda e Teddy?», chiese Draco, guardando di sottecchi sua madre: «Possono essere invitati anche loro a questi pranzi di famiglia?»
Narcissa ci pensò qualche secondo, poi sorrise: «Sì, certo che sì. In fondo fanno parte anche loro della famiglia».
Poco distante, Astoria stava percorrendo Diagon Alley, con una borsa per mano e un sorriso che sfidava il vento freddo e il buio della sera.
Blaise l'aveva informata quella mattina, che aveva intenzione di assumerla a tempo indeterminato allo scadere della prova e Astoria aveva subito capito che quelle parole avrebbero cambiato per sempre la sua vita.
Ora che aveva la sicurezza di guadagnare dei soldi e di poter contribuire con l'affitto, non aveva motivo di restare a casa dei suoi genitori un minuto di più; non quando poteva andare a vivere da Delilah ed essere felice.
Aveva trascorso la maggior parte del pomeriggio a preparare le due borse che stringeva in quel momento tra le mani, il resto del tempo l'aveva dedicato alla stesura di una lettera che aveva lasciato sul proprio letto, prima di indossare il mantello, prendere le borse e uscire di casa.
Aveva scritto al padre di lasciare in pace Draco, dicendogli che, se avesse continuato a minacciarlo e a farlo seguire, avrebbe mandato alla Gazzetta del Profeta delle foto che avrebbero rovinato l'immacolata reputazione della famiglia Greengrass, una volta per tutte.
La missiva terminava con poche parole di saluto alla madre e alla sorella e delle scuse:
"Mi dispiace di non essere una strega perfetta come Daphne e mi dispiace di non avere la forza di mentire ancora. Vi auguro ogni bene e spero che possiate perdonarmi, Astoria".
La ragazza aumentò il passo quando ormai c'erano solo pochi metri tre lei e il negozio di Delilah.
La sua nuova vita stava per iniziare; una vita senza bugie, fatta d'amore e spensieratezza.
Una vita con la famiglia che si era scelta.
***
Buonsalve popolo di Wattpad!
Eccoci alla fine del ventottesimo capitolo, ossia il quartultimo; ho deciso infatti di far finire la storia con trentun capitoli, invece di trenta.
Cosa ne pensate? Vi eravate aspettati una serata simile?
E la reazione di Narcissa?
Secondo voi, Astoria ha fatto bene ad andarsene di casa?
Vi anticipo che nel prossimo capitolo ci sarà la famosa uscita per un tè dove Hermione presenterà ufficialmente Draco ai suoi amici, quindi preparatevi psicologicamente!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che abbiate tempo e voglia di farmi sapere cosa ne pensate!
Come sempre vi ricordo che potete seguirmi su Instagram, il nome dell'account è lazysoul_efp e che trovate nella mia bio il link per la mia pagina Ko-fi, nel caso voleste offrirmi un caffè o farmi un regalo di Natale.
Un bacio,
LazySoul_EFP
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