Confronto







Quando quel fatidico giovedì pomeriggio Hermione ricevette una breve lettera da parte di Ginny, che la invitava a cena da lei ed Harry quella sera, la ragazza era certa che l'amica avesse visto la prima pagina della Gazzetta del Profeta.

Non c'era nulla nella missiva che faceva riferimento all'articolo di gossip, eppure Hermione poteva intuire dalla concisione del messaggio e dal modo nervoso in cui sembrava esser stato scritto, che l'amica era a conoscenza del segreto, che per troppo tempo le era stato tenuto nascosto.

Rispose alla lettera affermativamente e mandò anche un messaggio tramite cellulare ad Harry, così da esser sicura che ricevessero entrambi la sua risposta.

Informò anche Draco dell'invito, dicendogli che non era certa sarebbe riuscita a raggiungerlo quella sera, ma che sperava vivamente di farcela, appena la cena si fosse conclusa.

Hermione Granger dopo aver indossato dei semplici jeans, un dolcevita e aver recuperato una bottiglia di vino rosso babbano, di cui Ginny andava matta, era fisicamente pronta per la serata che l'attendeva.

Da un punto di vista psicologico invece, si sentiva come una bambina messa di fronte ad un compito troppo difficile per la sua tenera età.

Si sentiva terribilmente in colpa per non aver detto nulla ai suoi amici, le dispiaceva che fossero giunti a conoscenza della sua relazione tramite un articolo su un giornale e non da lei, eppure non aveva senso piangere sul latte versato; non le rimaneva che parlare con loro e chiarire ogni cosa.

Hermione usò la metropolvere e si trovò nel camino di casa Potter-Weasley poco prima delle sette di sera.

Sentì Ginevra esclamare: «Vado io!», poi la sua amica comparve dalla cucina, indossava una semplice tuta e un grembiule e aveva i capelli rossi legati in una coda alta.

«Ciao, Hermione», disse la ragazza, appoggiandosi allo stipite della porta, che collegava la cucina al salotto.

«Ciao, Ginny, ho portato del vino», disse Hermione, uscendo dal camino e percorrendo quel salotto che conosceva come le sue tasche, fino a raggiungere l'amica.

Ginevra afferrò la bottiglia e si diresse in cucina, dove abbandonò il vino sulla tavola, già apparecchiata per quattro.

Hermione sospirò, quando si rese conto che il quarto posto doveva essere per Ronald e seguì l'amica fino ai fornelli, mantenendo una certa distanza di sicurezza; distanza che Ginevra sembrava necessitare in quel momento e che Hermione era disposta a concederle.

«Harry e Ron sono di sopra a parlare di lavoro, scenderanno a breve», disse Ginevra, mescolando con un cucchiaio di legno la purea.

Hermione annuì e smise di osservare la schiena della ragazza, studiando la disposizione dei posti a tavola: «È un'imboscata?»

«Siamo preoccupati per te, Hermione», sussurrò la rossa, voltando abbastanza il capo da poter lanciare una veloce occhiata all'amica.

«Davvero? E perché mai?», chiese Hermione, incrociando le braccia al petto, lo sguardo affilato fisso in quello genuinamente preoccupato di Ginevra.

«Abbiamo visto l'articolo», ammise finalmente la padrona di casa, voltandosi per affrontare faccia a faccia l'amica: «Per quanto tempo ancora pensavi di tenercelo nascosto?»

«Non lo so, probabilmente fino a quando avreste continuato ad avere stupidi pregiudizi», disse la riccia, scrollando le spalle.

Ginevra si sentì punta sul vivo e rimase per qualche secondo a corto di parole, prima di esplodere: «Pregiudizi, Hermione? Io non ho pregiudizi, ma ragionevoli preoccupazioni riguardo alla tua relazione con un ex Mangiamorte, un Serpeverde crudele e patetico che non ha pagato per ciò che ha fatto».

«E cosa avrebbe fatto, Ginny? Sentiamo, dato che tu non hai pregiudizi e sembri conoscerlo così bene: per cosa avrebbe dovuto pagare, secondo te?», chiese Hermione, con un tono di voce relativamente calmo, considerato l'argomento di conversazione.

«È un Mangiamorte!», disse Ginevra, scandendo ogni sillaba, come se avesse avuto davanti a sé una ragazza con qualche problema di udito e non la sua migliore amica: «Suo padre è un mostro! Sua zia...», un singhiozzo spezzò per qualche secondo la voce della ragazza: «Sua zia mi ha quasi uccisa!»

Hermione non abbassò lo sguardo e annuì: «Lo so, Ginny, e mi dispiace, ma questo cosa avrebbe a che fare con Draco?»

Ginevra, con gli occhi spalancati farfugliò per qualche secondo, poi le parole strariparono, come un fiume in piena: «"Cosa avrebbe a che fare con Draco?" Hermione, ma ti senti? Lo stai difendendo come se se lo meritasse, ti sei forse dimenticata tutto? Gli insulti, il sesto anno?»

Hermione per un attimo aggrottò la fronte, incerta su cosa "il sesto anno" avrebbe dovuto ricordarle, poi sorrise, ricordandosi che Ginevra non poteva sapere quello che c'era stato tra lei e Draco il sesto anno.

«Perché stai sorridendo? Ti fa tanto ridere ripensare a tutte le volte che ti ha chiamata "Sanguesporco" o "Mezzosangue"?», chiese Ginevra, sconvolta, incapace di capire.

«No, Ginevra, ma stai continuando a rinvangare cose di più di cinque anni fa, quando Draco era solo un ragazzo a cui erano state insegnate le cose sbagliate. Pensi davvero che starei con lui se fosse ancora così?»

Per la prima volta, da quando aveva iniziato a tormentarsi di non esser stata una buona amica, tanto da non esser riuscita ad impedire a Hermione di finire tra le grinfie di Malfoy, Ginny iniziò a tentennare e le spalle le si rilassarono leggermente.

«Se lo conoscessi ti renderesti conto che è molto diverso dal ragazzino borioso di un tempo», disse Hermione, un sorriso dolce ad incurvarle le labbra: «Al nostro primo appuntamento mi ha portata a cena nella Londra babbana. Ginny, ti rendo conto? La Londra babbana... Ci sono tante cose che non sai, perché te le ho tenute nascoste, proprio perché avevo paura di questa reazione... ma Draco non è il cattivo, non lo è mai veramente stato».

Ginevra si morse l'interno guancia e si sentì improvvisamente in colpa; aveva attaccato la sua migliore amica, convinta di doverlo fare per metterla di fronte alla realtà dei fatti, ma era stata lei a dover aprire gli occhi e rendersi conto che il mondo era diverso da quello che aveva immaginato.

«Sei felice?», chiese Ginny, tornando ad osservare il viso dell'amica: «Ti rende felice?»

Hermione annuì: «Sì, non ricordo l'ultima volta che sono stata tanto felice».

Ginevra annuì e sospirò, sentendosi più tranquilla: «Va bene, voglio che tu mi racconti ogni dettaglio, poi me lo farai conoscere e se riterrò che sia davvero cambiato in meglio, allora ti darò la mia benedizione».

Hermione cancellò la poca distanza, che la separava dalla sua migliore amica, e la strinse in un forte abbraccio, affondando il viso contro la sua spalla: «Grazie».

«Lo sai che sono solo preoccupata per te, vero?», chiese la rossa, contro la pelle dell'amica.

«Sì, ma sono grande, Ginny, so badare a me stessa».

Appena sciolsero l'abbraccio, Ginevra tornò a controllare la purea e spense il fuoco, mentre Hermione apriva la bottiglia di vino.

«Ci sei andata a letto?»

Hermione arrossì e sollevò lo sguardo, incontrando quello malizioso di Ginevra.

«Merlino, non ci credo!», esclamò la rossa, lasciando nuovamente la purea incustodita, per avvicinarsi all'amica: «Quando? Ricordo che giravano voci ad Hogwarts, tra le ragazze di Corvonero, che fosse molto bravo a letto».

Hermione si guardò intorno, titubante, e Ginny la rassicurò, dicendole che Harry e Ronald erano di sopra a parlare di lavoro e molto probabilmente sarebbero stati occupati ancora per un bel po'.

«In realtà ci sono delle cose del passato che non ti ho mai raccontato», disse Hermione, in un sussurro: «Il sesto anno, per un certo periodo, io e Draco siamo stati amanti».

Ginevra, con la bocca spalancata, scosse il capo: «Cosa?»

Hermione annuì, mordendosi il labbro: «È una lunga storia».

«Parti dall'iniziò», la incoraggiò Ginny, servendosi un generoso bicchiere di vino.

Hermione scoppiò a ridere ed era sul punto di iniziare a raccontare, quando un rumore di passi alle sue spalle la fece voltare verso i nuovi arrivati. Il sorriso le morì sulle labbra.

Ronald aveva gli occhi rossi, segno che doveva aver pianto recentemente, mentre Harry aveva uno sguardo molto duro e sembrava esser pronto — proprio come aveva provato a fare Ginevra poco prima — a farla ricredere sulle sue recenti scelte relazionali.

Hermione prese un profondo respiro e si preparò all'ennesima sfida della giornata.


Non così tanto lontano da casa Potter-Weasley, uno stremato Blaise Zabini era appena tornato a casa, dove ad accoglierlo trovò un concitato Otto, che lo aiutò a riporre il cappotto sull'appendiabiti.

«Padrone, c'è...»

Il povero Otto non fece in tempo a parlare, che Delphine Blanche Urray in Van Dijk si alzò dal proprio posto a sedere sul divano del salotto e sorrise affabilmente al suo primo e unico figlio.

«Blaise, caro, sei arrivato finalmente!»

Il ragazzo, colto alla sprovvista, impiegò qualche secondo a reagire a quel saluto, quando si riprese, sorrise: «Mamma, cosa fai qua? Ti credevo dall'altra parte del mondo».

«Vero, ma sentivo la mancanza di Londra, inoltre sono qua per sapere come vanno gli affari in Atelier e per passare una serata con il mio adorato bambino», disse, avvicinandosi al figlio, che strinse in un forte abbraccio materno.

Blaise sorrise: «Gli affari vanno molto bene, ho assunto una commessa!»

Delphine reagì col tipico entusiasmo di una madre, fiera del successo lavorativo del proprio unico figlio: «Oh, ne ero certa! Hai sempre avuto talento con la moda».

Madre e figlio si sedettero in salotto a chiacchierare, mentre Otto andava a preparare la cena.

Delphine si era sempre impegnata a non far mancare nulla al figlio e, anche se il rapporto che li legava non era sempre stato idilliaco, amava Blaise più della sua stessa vita.

Aveva sperato, quando si era invitata da sola a cena, mandando una semplice lettera quella mattina per avvisarlo della sua presenza, di imbattersi in una ragazza o un ragazzo o in un qualsiasi segno che suo figlio avesse qualcuno accanto, un interesse romantico...

Tutto quello che aveva trovato era stata una culla vuota in sala da pranzo; elemento che l'aveva lasciata a dir poco perplessa e non aveva saziato la sua curiosità.

Lasciò che Blaise le parlasse dell'Atelier, poi gli raccontò del suo viaggio in Giappone con suo marito, un ricco commerciante di legno per bacchette, di nome Daan Noah Van Dijk.

Quando Otto tornò per informare che la cena era pronta, madre e figlio si spostarono in sala da pranzo e Delphine ne approfittò per porre una delle tante domande che agognava tanto porre: «Tesoro, questa culla cosa ci fa qua?»

Blaise sospirò e si rese conto che avrebbe dovuto, ancora una volta, andare contro i desideri di Pansy, che gli aveva chiesto di mantenere la gravidanza segreta.

«Diventerai nonna, mamma».

Delphine, che nemmeno nei suoi sogni più sfrenati si era aspettata di diventare nonna così presto, sussultò e spostò lo sguardo dalla culla al figlio, incapace di parlare.

Gli occhi le si riempirono ben presto di calde lacrime: «Oh, Blaise, così all'improvviso! Perché non me l'hai detto prima? Chi è lei? La conosco? Oh, sono così felice!»

La donna abbandonò il suo posto a tavola per poter stringere nuovamente il figlio in un abbraccio materno.

«Sì, la conosci, è Pansy... ma, mamma, ancora nessuno lo sa, a parte Draco, quindi mantieni il segreto», disse Blaise, lasciandosi coccolare dalla madre.

Prima che la donna si allontanasse, Blaise aggiunse, con un filo di voce: «Ho paura, mamma, non so se riuscirò ad essere un buon padre».

Delphine sciolse l'abbraccio e avvolse le mani intorno al viso del proprio bambino, osservandolo dritto negli occhi: «Non dire così, tesoro, non riesco a pensare a nessuno che potrebbe essere un miglior padre di te».

Blaise, rincuorato, sorrise: «Dovrebbe nascere a fine Ottobre o inizio Novembre, ancora non sappiamo se è maschio o femmina... La culla è per Cocomero, abbiamo incantato un cocomero in modo che si comporti come un neonato, per vedere come ce la caviamo, e stiamo anche frequentando un corso per genitori alle prima armi».

«Sono fiera di te, tesoro», disse Delphine, asciugandosi le lacrime che le rigavano il volto: «Oh, ancora non riesco a crederci: il mio bambino diventerà papà!»

Pansy Parkinson si trovava fuori dalla porta dell'appartamento di Blaise Zabini, stringeva tra le braccia Cocomero e si chiedeva se avrebbe avuto il coraggio di bussare.

Quando sentì provenire dall'interno una risata femminile a lei sconosciuta, Pansy smise di cullare Cocomero e sbarrò gli occhi, avvicinando l'orecchio all'uscio.

Dopo qualche secondo, passato infruttuosamente ad origliare, Pansy bussò, animata da un dolore e una rabbia che faticava a contenere.

Non aveva mai pensato che Blaise potesse tradirla, in parte perché era sicura dei sentimenti che lui provava per lei, in parte perché era sempre stata abbastanza arrogante da credere che Blaise non potesse desiderare altre donne oltre a lei.

Messa di fronte alla possibilità di un tradimento, Pansy Parkinson si scoprì furiosa e gelosa.

La porta venne aperta da Otto, che la ragazza superò con passo deciso, dirigendosi come una furia verso il salotto e successivamente in sala da pranzo.

Tutta la gelosia che le corrodeva il fegato scomparve appena si rese conto che la donna con cui Blaise stava cenando era sua madre.

«Pan!», esclamò lui, sorridendole radioso: «Cosa ci fai qua? Non ti aspettavo, faccio aggiungere un posto a tavola?»

Pansy iniziò a farfugliare delle scuse, rendendosi conto di essersi comportata in modo a dir poco maleducato, irrompendo in quel modo a casa di Blaise, ma il ragazzo e la madre sembravano non ascoltarla, mentre l'accoglievano tra di loro con baci e abbracci.

«Questo deve essere Cocomero», disse Delphine, prendendo in braccio il frutto, per poi adagiarlo nella culla: «Pansy, cara, Blaise mi ha raccontato tutto e voglio assicurarti che il vostro segreto è al sicuro con me».

La ragazza fulminò brevemente il ragazzo con un'occhiata di rimprovero: «Possibile che tu non riesca a mantenere un segreto per più di una settimana?», borbottò spazientita.

Blaise le chiese scusa e le diede un bacio sulla guancia e Pansy sentì il cuore batterle in modo anomalo in petto.

I tre cenarono insieme, chiacchierando affabilmente e trascorrendo una piacevole serata.

Subito dopo il dolce Delphine augurò ad entrambi la buona notte e disse a Blaise che gli avrebbe scritto presto e che si aspettava di esser tenuta aggiornata su tutte le future novità.

Una volta da soli, Pansy raccolse tutto il coraggio necessario e fece sedere Blaise sul divano, mentre lei camminava nervosamente di fronte a lui.

«Pan, mi stai facendo preoccupare», le disse il ragazzo, dopo due minuti di completo silenzio.

Pansy prese un profondo respiro e smise di camminare, fermandosi di fronte a Blaise.

«Pensi che non abbia capito, che tutti i tuoi commenti, su quanto sia strano crescere Cocomero come una coppia separata, servano soltanto a convincermi a trasferirmi da te?»

Blaise, colto alla sprovvista dalla schiettezza della ragazza, sorrise e scosse il capo: «So che non sei stupida, Pan».

«Bene», disse lei, annuendo per qualche secondo, poi si portò una mano a coprirsi il volto e sospirò.

«Stai bene, Pan?»

Passarono altri secondi di silenzio, poi il volto sorridente della ragazza sbucò oltre le mano che lo copriva: «Dovevi mantenere un piccolissimo segreto e nell'arco di qualche giorno l'hai detto a Draco, che lo avrà sicuramente detto alla Granger, e ora l'hai detto a tua madre, vuoi anche informare i miei genitori e il resto del Mondo Magico, già che ci sei?»

Il tono di voce della ragazza sembrava arrabbiato, ma il sorriso che sfoggiava confondeva Blaise.

«Mi dispiace, Pan, lo sai che sono un disastro con i segreti», borbottò lui, arricciando le labbra in una smorfia dispiaciuta.

«Ascoltami bene, Blaise, perché te lo dirò una volta sola e non ho intenzione di ripetermi», disse Pansy, sedendosi accanto al ragazzo sul divano.

«Ti amo e voglio venire a vivere con te».

Blaise Zabini, che si era aspettato una sfuriata o una ramanzina, rimase a bocca aperta, poi scoppiò a ridere dalla gioia e circondò Pansy in un abbraccio.

«Oh, Pan».

«Smettila di chiamarmi Pan».

«Ma se adori questo soprannome, è inutile che continui a fingere», le disse, riempiendole il volto di baci.

In quel momento Cocomero scoppiò a piangere nella camera accanto e sentirono Otto cullarlo fino a farlo riaddormentare.

«Pensi che saremo dei bravi genitori?», chiese Pansy, appoggiando il capo contro il petto del proprio ragazzo, così da sentire il battito calmo e sicuro del suo cuore.

«No, Pan, penso che saremo i migliori».

Pansy sollevò gli occhi al cielo e sorrise.


A poche vie di distanza, Draco Malfoy leggeva preoccupato la lettera di sua madre, che lo informava del suo rientro a Londra e di voler al più presto parlare con lui.

Doveva aver saputo dell'articolo sulla Gazzetta del Profeta, o magari il signor Greengrass aveva trovato un modo per contattarla fino a Port Isaac; in qualsiasi caso Draco non era particolarmente felice di sapere che anche sua madre, oltre al resto del Mondo Magico, era pronta a giudicare la sua relazione con Hermione.

Quel giorno a lavoro, quando aveva pranzato in mensa con la sua ragazza, aveva notato gli sguardi fissi su di loro e i sussurri a mezza voce e non poteva dire di esserne stato particolarmente felice.

Posò la lettera di sua madre e si alzò, percorrendo distrattamente il salotto, pensieroso, prima di recuperare una pergamena e una piuma Feder e di sedersi al tavolo per rispondere alla madre.

Le chiese in poche righe se potesse andarle bene una cena, nel suo appartamento, la sera successiva per parlare.

Poi inviò una lettera d'invito a cena anche a zia Andromeda e Teddy, deciso a mantenere la promessa che aveva fatto tempo prima alla sorella della madre.

Nel momento in cui prese in mano il cellulare, indeciso de mandare un messaggio ad Hermione per informarla dell'accaduto, sentì bussare oltre la porta del suo appartamento.

Hermione Granger si trovava oltre la soglia, aveva gli occhi rossi, il volto stremato e senza dire nulla lo abbracciò, affondando il viso contro il suo petto.

«Stai bene?», chiese Draco in un sussurro, chiudendo la porta alle spalle di Hermione, per poi avvolgere le braccia intorno alla vita della ragazza.

«Sì, è andata bene, credo».

«Vuoi parlarne?»

Hermione scosse il capo: «Non ora, ora vorrei soltanto immergermi in una vasca di acqua bollente con te».

Draco sorrise: «Si può fare».

Hermione sciolse l'abbraccio e diede un bacio a fior di labbra al ragazzo: «I miei amici voglio prendere un tè con noi, uno di questi giorni».

Le spalle di Draco si tesero leggermente a quelle parole.

«Ho fatto promettere loro che si comporteranno bene», aggiunse la ragazza, sorridendo: «Pensi di potercela fare?»

«Solo se tu pensi di poter sopravvivere ad una cena con mia madre e zia Andromeda domani sera».

Hermione Granger scoppiò a ridere e diede un altro bacio al ragazzo: «Mi annoierò mai con te?», chiese lei, accarezzando con dolcezza la guancia del ragazzo.

«No, non credo», rispose Draco, prima di prenderla in braccio e, tra le risate e le proteste, portarla in bagno, dove aveva intenzione di esaudire il suo desiderio e prepararle il miglior bagno caldo della sua vita.





***

Buonsalve popolo di Wattpad!

Ci stiamo avvicinando sempre di più alla fine, per questo lo scorso e questo capitolo (e molto probabilmente anche il prossimo) presentano più punti di vista; sto cercando in poche parole di tirare le somme di tutte le sotto-trame che vi ho presentato, cosa non facile, se devo essere sincera.

Nel prossimo capitolo ci sarà da superare l'ultimo scoglio: Narcissa.

Dite che ce la faranno?

Per quanto riguarda Blaise e Pansy, spero che apprezziate il momento colmo di dolcezza cha hanno condiviso in questo capitolo.

Spero che la storia continui a piacervi e che abbiate tempo e voglia di farmi sapere cosa ne pensate!

Come sempre, vi ricordo che potete trovarmi su Instagram, il nome dell'account è lazysoul_efp, e in caso voleste supportare il mio lavoro con un simbolico caffè, potete trovare nella bio il link alla mia pagina Ko-fi!

Un bacio,

LazySoul_EFP

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top