Acquisti in Regent Street







Hermione Granger si svegliò con un leggero mal di testa e un sorriso radioso.

Grattastinchi l'aveva sgridata a suon di miagolii arrabbiati la sera prima, quando era tornata a casa ben oltre l'orario della pappa a cui lui era abituato. Quella mattina, il gatto era altrettanto nervoso e non ci pensò due volte prima di salire sul letto della sua padrona — zona che sapeva essere proibita — iniziando a farsi le unghie sul copriletto.

Il sorriso sul volto di Hermione venne sostituito da una smorfia, mentre fulminava l'animale con un'occhiata assassina: «Scendi immediatamente o...»

Hermione non dovette concludere la frase, dato che Grattastinchi percepì l'ammonimento da quelle poche parole e si allontanò con la pancia che ballonzolava in modo buffo e la coda dritta, puntata verso il soffitto.

L'ex Grifondoro si alzò poco dopo e si diresse in cucina, dove mise il bollitore per il tè sul fuoco, poi servì la porzione mattutina di croccantini ad un imbronciato Grattastinchi, che sembrava essersi offeso per il rimprovero ricevuto.

Mentre passava per il salotto, Hermione fece una smorfia alla vista del disastro che aveva lasciato dal pomeriggio prima — quando aveva avuto la brillante idea di mettere i libri in ordine alfabetico e fare una cernita tra le piume da tenere e quelle da buttare — ma decise di ignorarlo e di comportarsi come se non esistesse.

Mentre si sciacquava il volto, ancora mezza assonnata, si ritrovò a fischiettare un motivetto allegro, e scoprì di essere più felice di quanto fosse stata nell'ultimo periodo.

Una volta in cucina versò l'acqua bollente in una tazza, vi immerse una bustina di tè nero, poi recuperò dal frigo una fettina di limone.

Fu in quel momento, mentre osservava il contenuto del suo frigo, che si ricordò di non esser stata a fare la spesa il giorno prima e di avere ben poco da mangiare.

Munendosi di molta buona volontà, una volta terminata la colazione e aver ignorato i miagolii di supplica del suo gatto per avere altro cibo, Hermione andò a vestirsi e si diresse al supermercato a pochi passi da casa sua, aperto ventiquattr'ore su ventiquattro, sette giorni su sette.

Comprò l'essenziale per la settimana, senza lasciarsi distrarre troppo dalle offerte speciali, limitandosi a percorrere il solito itinerario di sempre.

Si sentì le guance in fiamme, quando passò accanto alla selezione di barrette al cioccolato e specifici ricordi della sera prima le invasero la mente.

Le mani di Draco contro la sua schiena, mentre la stringeva a sé, le labbra morbide e incerte contro le sue, il sapore di tortino al cioccolato...

Hermione scacciò il ricordo, tornando alla sua spesa, cercando di non dimenticare che quello della sera prima era stato uno sbaglio: baciare un ragazzo fidanzato con un'altra donna non poteva essere classificato in nessun altro modo.

Sentiva, come il giorno prima, una dolce impazienza, mista a nervosismo, all'idea di vedere Draco dopo pranzo.

Dopo l'appuntamento perfetto della sera prima, non poteva aspettarsi niente di meno, anche se quella che avevano organizzato era una semplice uscita per comprare un cellulare e niente di più.

Questo era quello che continuava a ripetersi Hermione mentre tornava a casa, con le borse della spesa che la sbilanciavano sul marciapiede.

Doveva essere forte quel giorno, più di quanto fosse stata la sera prima, e non lasciare che i sentimenti che stavano riaffiorando, quei sentimenti che appartenevano ad un periodo più spensierato della sua vita, la spingessero a commettere nuovamente l'errore di dimenticare come stavano realmente le cose.

Draco Malfoy era fidanzato e lei non era interessata al ruolo di amante, quindi quell'uscita non doveva sfociare in altri baci o contatti intimi.

Hermione era convinta di avere abbastanza autocontrollo da non lasciarsi tentare dai modi dolci e irresistibili del suo ex ragazzo, così come non poteva immaginarsi come una semplice uscita per comprare un cellulare potesse sfociare in qualcosa di diverso da un'incontro puramente platonico.

Doveva però considerare di non aver visto alcun tipo di pericolo nemmeno nell'appuntamento della sera prima, eppure si era trovata a baciare Draco Malfoy, nel bel mezzo di un locale babbano, sentendosi di nuovo un'adolescente in piena crisi ormonale.

Hermione entrò in casa e iniziò a ritirare i suoi recenti acquisti con gesti nervosi.

Più pensava all'appuntamento della sera prima e a quello di quel giorno, che si avvicinava ad ogni minuto che passava, più si rendeva conto di essere talmente brava a mentire, da riuscire a convincere facilmente pure se stessa delle cose più assurde.

Non poteva essere sicura che avrebbe mantenuto le dovute distanze.

Non poteva essere sicura che non si sarebbe trovata a baciare il suo ex ragazzo.

Non poteva essere sicura di niente quando si trattava di Draco Malfoy, malgrado le sue buone intenzioni.

Una volta finito di riporre gli alimenti nel frigorifero e nella dispensa, Hermione recuperò il romanzo di Bulgakov che stava leggendo da qualche giorno e si sedette sul divano, ignorando il disordine intorno a lei, lasciandosi distrarre dalle parole stampate, che creavano nella sua mente vivide immagini di luoghi lontani.

Rilesse, con espressione sognante, parte del capitolo che aveva lasciato a metà l'ultima volta che aveva trovato un momento per leggere, perdendosi nella descrizione del primo incontro tra il Maestro e Margherita, e dal racconto dei fiori gialli.

Si sentì stranamente presa in causa in quel racconto, anche se lei e Draco non avevano mai parlato di fiori e certamente il loro primo incontro non era stato lungo le strade di Mosca.

Eppure le emozioni che venivano raccontate e quell'amore improvviso provato dai due protagonisti, ricordavano ad Hermione il sesto anno e quello che lei e Draco avevano condiviso.

La mattinata trascorse fin troppo in fretta per Hermione, tra reminiscenze del passato, i ricordi più recenti dell'appuntamento della sera prima e la lettura de "Il Maestro e Margherita" e, prima di quanto avesse immaginato, arrivò l'ora di pranzo.

Ignorò lo stomaco chiuso per il nervosismo e si costrinse a mangiare un'insalata con tonno e pomodori, mentre conversava con Grattastinchi, che acciambellato sulla sedia su cui un tempo si sedeva solitamente Ronald, muoveva infastidito la coda e cercava di ignorare la padrona.

«Sono stata una stupida, come ho potuto convincermi, che uscire a cena con Malfoy non sarebbe potuto sfociare in qualcosa di più che un semplice appuntamento tra colleghi d'ufficio?»

Grattastinchi sbadigliò.

«E pensare che ho sempre pensato di essere la più intelligente del mio anno ad Hogwarts, forse mi sono sempre sopravvalutata. E oggi?», Hermione puntò lo sguardo sull'orologio da parete, che segnava mezzogiorno e quaranta minuti: «Tra meno di un'ora e mezza ho un altro appuntamento con Malfoy! Perché ho accettato di accompagnarlo a comprare un cellulare?»

Grattastinchi si coprì il muso con una delle zampe anteriori, nella speranza di nascondersi dalla propria padrona ed essere lasciato in pace.

«Hai ragione, so perché ho accettato, perché sono una stupida che non è in grado di resistergli!», Hermione masticò alacremente un boccone di insalata, poi riprese a parlare da sola: «Avresti dovuto esserci per capire, allora forse non mi giudicheresti... Come potevo dirgli di no? Non ho avuto la forza per allontanarmi quando mi ha chiesto se poteva baciarmi, in quale modo avrei mai potuto dire di no al suo invito ad uscire oggi?»

Grattastinchi aprì svogliatamente gli occhi, osservando la padrona con aria contrariata.

«Ma poi la vera domanda è una sola: cosa se ne fa Malfoy di un cellulare?»

Grattastinchi, senza produrre il minimo suono, scese dalla sedia e si diresse verso il divano, allontanandosi con passo deciso dalla cucina.

«E perché non può chiedere alla sua fidanzata di accompagnarlo a fare acquisti? Perché chiedere a me?»

Quando Hermione si rese conto dell'assenza di Grattastinchi sulla sue sedia preferita, aggrottò le sopracciglia e iniziò a guardarsi intorno. Una volta individuata la palla di pelo arancione sul divano, la ragazza si sentì oltraggiata.

«Grazie, Grattastinchi. È sempre un piacere parlare con te», disse, prima di dedicarsi nel più completo silenzio alla sua insalata quasi finita.

Dato che l'uscita con Malfoy sarebbe dovuta essere nella Londra babbana, Hermione indossò dei semplici jeans a zampa di elefante, gli stivaletti scamosciati della sera prima e un maglione bianco. Si portò dietro la sua fedele borsa, incantata in modo da essere più capiente di quanto avrebbe dovuto, e decise di lasciare a casa il cappotto, dato che le previsioni sembravano promettere temperature miti per quel pomeriggio.

Grazie alla metropolvere arrivò nell'atrio del palazzo in cui viveva Malfoy in pochi secondi.

Salì le scale cercando di tenere sotto controllo l'impazienza, ma fallì ben presto e, una volta di fronte alla porta dell'appartamento di Malfoy, si rese conto di avere il fiatone.

Solo quando il suo respiro tornò alla normalità suonò il campanello, rendendo la sua presenza conosciuta al padrone di casa.

Draco Malfoy le aprì la porta pochi secondi dopo, sorridendole caldamente: «Sei più puntuale di un orologio».

Hermione osservò la tenuta del ragazzo, composta da un paio di jeans e una felpa grigia senza cerniera e sollevò un sopracciglio, impressionata: «Sembri un vero e proprio babbano, Malfoy».

«Davvero?», chiese lui, con una punta d'orgoglio nella voce, mentre sollevava la felpa e mostrava il marsupio nero che aveva intorno alla vita: «Questo ancora non ho capito a cosa serve», ammise con una smorfia.

Hermione sorrise: «Quello serve per metterci dentro il portafoglio, il cellulare, le chiavi di casa e qualsiasi altra cosa utile tu riesca a farci stare».

Draco annuì pensieroso e estrasse dalla tasca dei jeans il portafoglio per riporlo nel marsupio, accanto alla propria bacchetta: «Andiamo?»

I due ragazzi scesero le scale l'uno affianco all'altra come la sera prima, con le loro spalle che si scontravano e sfioravano.

«Tu dove hai comprato il tuo cellulare?», chiese Malfoy, spezzando il silenzio tra di loro.

«In un negozio di telefonia poco distante da casa mia, ma oggi è chiuso. Sono però certa che nel centro di Londra dovrebbe esserci qualcosa di aperto che fa al caso nostro», disse Hermione, fiduciosa.

«Servono molti soldi babbani?», chiese lui, frugando nel portafoglio.

«Abbastanza», rispose Hermione, ricordando che il suo l'aveva pagato più di cento sterline.

«Questi possono bastare?»

La ragazza osservò con gli occhi leggermente sbarrati la consistente mazzeta di banconote da venti e cinquanta sterline che Malfoy stringeva tra le dita e annuì, leggermente a disagio.

Hermione aveva sempre saputo della ricchezza della famiglia Malfoy, eppure solo in quel momento sembrò rendersi veramente conto di cosa doveva significare per Malfoy avere abbastanza soldi da non doversi mai preoccuparsi di non avere entrate mensili.

«Non dovresti girare con tutte quelle sterline, Malfoy, rischi che qualcuno li noti e cerchi di derubarti», disse la ragazza, sinceramente preoccupata per il ragazzo.

Draco ripose i soldi nel portafoglio e la osservò con espressione pensierosa: «Un paio di volte sono stato attaccato da dei babbani che volevano i miei soldi, effettivamente».

Hermione sbarrò gli occhi e afferrò il braccio di Malfoy, interrompendo la loro avanzata verso il portone che dava su Diagon Alley: «Cosa!?»

Draco si sentì il cuore battere forte in petto nel constatare la genuina preoccupazione che aveva spinto l'ex Grifondoro a reagire in un modo tanto eclatante.

«Sì, me la sono cavata con qualche veloce incantesimo, come puoi notare sono vivo», la rassicurò Malfoy, sistemando una ciocca di capelli ricci dietro all'orecchio della ragazza, per poi indugiare con le dita sulla guancia morbida di lei: «Dalla prossima volta mi porterò dietro meno banconote, promesso».

Hermione annuì, allontanando il viso da quel gesto affettuoso, che le stava facendo perdere contatto con la realtà, per poi allentare la presa intorno al braccio del ragazzo: «Avresti potuto incappare in qualcuno abbastanza disperato da minacciarti con una pistola e rimanere ferito gravemente, Malfoy».

«Ma non è successo», le fece notare lui, riprendendo ad avanzare verso il portone.

«Perché hai avuto fortuna», ribatté lei, non riuscendo a comprendere la rabbia mista a preoccupazione che provava in quel momento.

Prima che riuscisse ad aprire il portone, Malfoy l'aveva presa per la mano, voltandola verso di sé.

L'istante successivo Hermione si trovò in un caldo abbraccio, circondata dalle braccia e dall'odore di Malfoy.

Rispose all'abbraccio, sentendo distintamente il suo nervosismo e la sua rabbia scemare lentamente, mentre affondava il volto contro la morbida felpa che indossava Draco quel giorno.

«Sto bene, Hermione», le disse, stringendola a sé.

Draco comprendeva quel sentimento derivato dalla preoccupazione mista a impotenza che doveva provare Hermione in quel momento, scoprendo i pericoli che lui aveva incontrato nel mondo babbano. Draco capiva quel sentimento, perché era lo stesso che sperimentava ogni volta che pensava alle pericolose situazioni in cui lei si era trovata nel corso degli anni passati ad Hogwarts. Situazioni che lui non aveva vissuto o che lo avevano visto dalla parte sbagliata della battaglia; situazioni in cui lui non aveva potuto fare niente per proteggerla, per aiutarla.

Hermione prese un ultimo profondo respiro e sciolse l'abbraccio, sorridendo: «Grazie», disse, sistemandosi con gesti impacciati i capelli dietro alle orecchie.

Draco aprì il portone e, una volta fuori prese la mano di Hermione: «Mi affido a te», le disse.

La ragazza non perse tempo e smaterializzò entrambi in una piccola via poco trafficata, vicino a Regent Street, dove un gatto bianco soffiò loro contro, prima di correre a nascondersi dietro a dei cassonetti dei rifiuti.

Percorsero Regent Street, diretti verso Piccadilly Circus, Draco aveva un sorriso rilassato in volto e si godeva i timidi raggi del sole sulla pelle pallida.

Hermione si rese conto, solo quando raggiunsero il negozio d'informatica, che avevano percorso quel tratto di strada continuando a tenere la propria mano intrecciata a quella di Malfoy e, cercando di non essere troppo brusca, sciolse la stretta.

Draco Malfoy non ci fece molto caso, distratto dagli oggetti babbani in vendita in quell'ambiente a lui sconosciuto.

«Che posto è mai questo, Granger?», chiese lui, con gli occhi leggermente sbarrati: «A cosa servono tutte queste cose babbane».

Hermione non riuscì a trattenere il sorriso intenerito sulle sue labbra, nel constatare che Draco, in quel negozio d'informatica, sembrava reagire come un bambino di pochi anni che vedeva per la prima volta tante PlayStation 2 tutte insieme su un solo scaffale.

«Qui vendono cellulari e altre apparecchiature elettroniche», disse Hermione sotto voce, afferrando la manica della felpa di Malfoy per attirare la sua attenzione: «Cerca di non sembrare troppo sconvolto, non dobbiamo attirare troppa attenzione su di noi».

Draco annuì, schiarendosi la voce e irrigidendo i lineamenti del suo viso: «Hai ragione», disse, annuendo, gli occhi che continuavano a scrutare il mondo intorno a lui con curiosità: «Sai a cosa servono tutte queste cose?»

Hermione si scoprì stranamente divertita da tutta quell'assurda situazione, e iniziò a indicare, scaffale dopo scaffale, il funzionamento degli elettrodomestici, dei video giochi, delle televisori, delle aspirapolvere, delle lavatrici e delle lavastoviglie.

Ad ogni oggetto di cui veniva svelato lo scopo, Draco appariva sempre più affascinato.

Quando arrivarono nella sezione del negozio dedicato alla telefonia, Hermione spiegò la differenza tra telefono fisso e cellulare a Malfoy, poi fermò un commesso di passaggio per chiedergli se fosse possibile comprare un Nokia 3310.

«Certo!», esclamò il ragazzo, sulla cui targhetta identificativa aveva scritto il nome "Carl", dirigendosi verso una sezione degli scaffali dedicata esclusivamente ai Nokia: «Sono rimasti di colore nero, blu, grigio o rosso», disse, indicando le diverse scatole: «Avete domande inerenti al prodotto?»

Hermione scosse la testa: «No, grazie», rassicurò il ragazzo, desiderosa di rimanere nuovamente sola con Malfoy.

Appena Carl se ne fu andato, Hermione chiese a Draco quale colore preferisse.

«A seconda del colore cambia il modo in cui funziona?», domandò l'ex Serpeverde, osservando con occhio critico la scatola colorata, sulla quale era riportata una foto del cellulare che gli aveva mostrato la sera prima Hermione.

La ragazza sorrise, divertita da quella domanda assurda: «No, è una questione puramente estetica».

«Tu che colore prenderesti?», chiese Malfoy, deciso ad affidarsi alle maggiori conoscenze della ragazza su quel campo.

«Blu?», propose Hermione, prendendo la confezione su cui era raffigurato un Nokia 3310 blu scuro.

«Perfetto», disse Draco, guardandosi intorno con aria corrucciata: «Dove si paga?»

Hermione accompagnò Draco fino a una delle casse aperte e gli rimase accanto durante tutta la procedura di acquisto, parlando lei con la cassiera per farle sapere che necessitavano anche di una scheda telefonica.

La signora espose le tariffe di alcune delle principali compagnie telefoniche ed Hermione scelse l'offerta più conveniente.

Draco pagò e firmò i documenti necessari, poi prese la sua busta della spesa con un'espressione orgogliosa in viso.

Mentre si dirigevano verso l'uscita Malfoy si voltò verso Hermione e le sorrise: «Grazie per l'aiuto, ora temo che avrò bisogno di ulteriore assistenza per capire come usarlo».

La ragazza socchiuse le labbra, incerta su cosa dire.

Era forse finita in un diabolico piano di Malfoy, architettato per spingerla a passare più tempo con lui? E se sì, doveva forse sentirsi ingannata e infastidita? Possibile che Malfoy avesse sperperato parte dei suoi soldi solo per avere una scusa che permettesse loro di passare più tempo insieme?

Mise da parte quei dubbi e lasciò che la gioiosa trepidazione che provava in quel momento fosse visibile sul suo viso.

Non sapeva se quello fosse un piano o una fortuita casualità, ma era disposta a godersi ogni secondo che lei e Draco potevano condividere.

«Come prima cosa bisogna caricare la batteria del cellulare», disse lei, posando lo sguardo su Malfoy: «Hai delle prese di corrente a casa tua?»

Draco aggrottò le sopracciglia, pensieroso, poi il suo volto si illuminò: «Sì! Sono abbastanza certo di averle, i precedenti proprietari erano nati babbani e quando mi hanno venduto la casa mi hanno detto alcune cose assurde a proposito di una certa corrente elettronica».

«Corrente elettrica, Malfoy», lo corresse lei, trattenendosi dal ridere.

Draco prese la mano della ragazza, accarezzandone il dorso con il pollice: «Posso mostrarti un posto?», le chiese, speranzoso.

Hermione sapeva che avrebbe dovuto dirgli di no, così da non alimentare ulteriormente quell'attrazione che provavano l'uno per l'altra, ma si scoprì troppo debole per fare qualcosa che non fosse annuire.

La ragazza seguì Malfoy in una parallela poco trafficata di Regent Street.

Sentì il familiare strappo della smaterializzazione, la nausea e, quando aprì gli occhi, si trovò in un tipico bagno pubblico babbano.

Con la fronte aggrottata per la confusione, Hermione puntò lo sguardo sul volto sorridente di Malfoy: «Volevi mostrarmi un bagno?»

Il ragazzo scoppiò a ridere e scosse la testa: «No, voglio mostrarti quello che c'è oltre quella porta», disse, appoggiando le mani sulle spalle della ragazza, indirizzandola verso l'uscita dei bagni.

Prima che Hermione potesse aprire la porta, sentì le mani calde di Malfoy spostarsi dalle sue spalle per coprirle gli occhi.

«Lasciati guidare», disse Draco alle sue spalle: «Tieni gli occhi chiusi».

Hermione decise di stare al gioco, resistendo alla tentazione di sbirciare, quando percepiva le dita di Malfoy lasciare degli spiragli liberi.

«Siamo in un museo, vero?», chiese Hermione, dopo aver percorso qualche passo, riconoscendo nelle voci che li circondavano idiomi diversi, tutti intenti a commentare la bellezza e l'esecuzione di oggetti che lei non poteva vedere.

«Smettila di fare la saccente so-tutto-io-Granger per una volta», le disse Draco nell'orecchio, dal tono di voce Hermione capì che doveva essere scocciato.

«Ho indovinato, vero?»

«Ora puoi aprire gli occhi», disse Draco, spostando le mani dal viso della ragazza, tornando ad appoggiarle sulle spalle di lei.

La luce, in un primo momento, le ferì gli occhi, poi Hermione mise a fuoco la cornice del quadro a un metro da lei e l'immagine raffigurata.

Si lasciò incantare dei colori caldi di quel tramonto, che sembrava appartenere ad un sogno, poi sbirciò il cartellino che si trovava accanto al quadro, scoprendo il titolo di quell'opera di Turner.

«Cosa ci facciamo alla National Gallery?», chiese lei con un filo di voce, non riuscendo a nascondere le forti emozioni che provava in quel momento: sgomento, eccitazione e ammirazione.

«Volevo mostrarti il mio quadro babbano preferito», disse Draco, abbracciandola da dietro, così da sentire il calore del corpo di lei contro il suo.

Hermione si lasciò avvolgere da quelle familiari braccia senza protestare, rendendosi conto che quel lato di Draco Malfoy, che apprezzava l'arte babbana, l'affascinava più de "La valorosa Téméraire" di fronte a lei.

«Grazie», sussurrò lei, muovendosi in quell'abbraccio, così da guardare Draco e dare le spalle al dipinto.

«Per cosa?», chiese lui, con gli occhi che per un istante scesero sulle labbra di lei, vicine ed invitanti — le stesse labbra che aveva baciato la sera prima e che aveva sognato per tutta la notte — prima di tornare sugli occhi scuri di Hermione.

«Per avermi portata qui e avermi mostrato il tuo quadro babbano preferito», disse la ragazza, sorridendo.

«È stato un piacere», sussurrò lui, orgoglioso di come quell'uscita si stesse rivelando perfetta, proprio come l'aveva immaginata.

Camminarono per le varie stanze della National Gallery, fermandosi ad osservare solo i quadri che piacevano loro di più. Hermione mostrò a Draco "Gli ombrelli" di Renoir e "Bagnanti ad Asnières" di Seurat, due dei dipinti che più l'avevano colpita la prima volta che aveva visitato la National Gallery coi suoi genitori, anni prima.

«Si sta facendo tardi», disse Draco, nel bel mezzo del loro vagare senza meta, osservando un orologio a parete: «Hai altri impegni?»

Hermione scosse la testa, pronta ad accettare qualsiasi proposta sarebbe uscita dalle labbra del suo accompagnatore.

«Ti andrebbe un tè a casa mia?», chiese lui, mettendo da parte gli ovvi motivi per cui non avrebbe dovuto invitarla da lui quella domenica pomeriggio.

Hermione esitò un istante, ma decise di ignorare i campanelli d'allarme che sentiva squillare fastidiosamente nelle orecchie, e annuì: «Volentieri».

Draco, mentre accompagnava la Granger verso i bagni da cui erano arrivati, cercò di non pensare al fatto che lei avesse un ragazzo, allo stesso modo in cui Hermione, mentre chiudeva gli occhi, poco prima della smaterializzazione, cercò di non pensare al fatto che lui avesse una fidanzata.








***

Buongiorno popolo di Wattpad!

Eccoci alla fine del capitolo, che ovviamente termina con un cliffhanger, dato che sono molto cattiva.

Ho cercato di mostrare, e spero di esserci riuscita in modo decente, il conflitto interiore che sta vivendo Hermione per quanto riguarda l'attuale situazione con Malfoy. Da una parte vorrebbe essere abbastanza forte da non lasciarsi coinvolgere da lui, dall'altra parte è consapevole di non esserlo.

Cosa pensate che succederà nel prossimo capitolo?

Riusciranno a prendere un tè insieme senza cadere in tentazione?

E Draco imparerà ad utilizzare il cellulare che ha comprato?

Non ci dovrebbero essere inesattezze storiche in questo capitolo, ma in caso doveste notare qualcosa che non vi torna, fatemelo presente e correggerò subito. Anche in caso di dubbi, non esitate a chiedere!

Spero che abbiate tempo e voglia di farmi sapere cosa pensate del capitolo!

Vi ricordo che potete trovarmi anche su Instagram, il nome dell'account è lazysoul_efp.

Un bacio,

LazySoul_EFP

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