12. Addio
"Noi viviamo per dire sempre addio"
Rainer Maria Rilke
Mi prese la testa tra le mani e mi guardò negli occhi con uno sguardo marino che mi pietrificò.
Quanto è bello, pensai con gli occhi su di lui, ricolmi di meraviglia.
Lui mi baciò nuovamente all'improvviso, fu il bacio più bello e lungo che avessi mai ricevuto, sapeva di cioccolato e pistacchio, poi Gabriel mi accarezzò il viso.
«Sei bellissima», disse sinceramente sorridendo.
Gli credetti e mi commossi nel sentirglielo dire.
«Mmh, anche tu non sei niente male» ribattei in preda all'emozione.
Lui mi iniziò a toccare una ciocca di capelli poi mi passò le dita sulla pancia, quasi facendomi il solletico. Posò una mano sul viso e mi attirò a sé, leccandomi prima il labbro inferiore, m'inchiodò con il suo sguardo e mi sentii imprigionata dai suoi occhi, che mi bruciavano. Circondò il viso con entrambe le mani e io passai il mio indice sul suo addome. Lo sentii irrigidirsi, forse per il solletico o l'eccitazione. Corrucciò la fronte e lo sentii respirare profondamente. La sua pelle fremette e percepii il suo polso accelerare, il sangue pulsava come impazzito. Affondò la lingua tra le mie labbra, che cercò disperatamente la mia. Ci unimmo indissolubilmente in quel bacio che aveva un alone di erotismo, pur neanche lontanamente vicini al sesso. Non era ancora arrivato il momento per noi; non ci conoscevamo, non sapevamo niente l'uno dell'altra; se fosse successo, allora solo in maniera unica, magica, doveva essere speciale. Trattenemmo una risatina imbarazzata, era buio e i nostri occhi erano illuminati dalla sola luce della luna. Era difficile capire l'espressione facciale altrui.
Scrollai il capo con disappunto e asserii:
«Noi... noi non dovremmo. È vietato. E se tu perdessi il lavoro per colpa mia?»
«Nessuno saprà mai niente, te lo prometto.»
«Quindi è così che finirà tra noi, con un bacio»
«Shhh» mi zittì premendo le sue labbra sulle mie. Sentii le ginocchia tremare e girarmi la testa. Degli intensi brividi mi corsero lungo il braccio.
«Hai capito adesso?»
«Cosa?»
«Io non voglio»
«Cosa non vuoi?»
«Che finisca»
«Ma...» Posò il suo indice sulle mie labbra e replicò:
«Nessun ma...»
Si sdraiò a terra e io posai la mia testa sul suo petto, lasciandomi cullare dal suo respiro come onde marine. Lui mi ricordava il mare, o meglio ancora, il mare illuminato da un sole di fine inverno, il sole di marzo, lui.
Lui era il sole di marzo: a volte era presente e altre si nascondeva da me, mi sfuggiva. Mi aggrappai a lui come se potesse scappare di nuovo e sussurrai così silenziosamente che lui probabilmente neanche mi sentì:
«Non voglio che tu sparisca dalla mia vita, ti desidero accanto a me, per sempre.»
Ci addormentammo lì, abbracciati, con le teste una accanto all'altra, il suo naso poggiato sulla mia fronte, pronto a respirare il mio profumo al suo risveglio. Quando mi svegliai, per via della pioggia, avevo quattro chiamate perse di mia madre sul cellulare, che per via del silenzioso non avevo ovviamente sentito. Erano passate delle ore senza che ce ne fossimo accorti, la chiamai subito per rassicurarla. Ci sarebbe venuta a prendere una mezz'ora dopo.
Le gocce si fecero più insistenti, ci riparammo con le giacche facendo una sorta di tetto. In stampella sarei stata troppo lenta, così lui mi prese in braccio. L'acquazzone era in arrivo, e infatti facemmo appena in tempo a ripararci nel locale dove prima avevamo preso il gelato, mi coprì con la sua giacca dal momento che avevo freddo.
«È incredibile! Ogni volta che piove sei presente! Hai un legame con la pioggia estiva, Mi basta guardare il cielo per capire se ci vedremo» Aspettammo fuori sotto un cornicione, mi strinse le spalle e cominciò a ridere come un matto senza riuscire a fermarsi, mi contagiò tanto che iniziai anche io a farlo a crepapelle. Una ragazza, in attesa anche lei che qualcuno la venisse a prendere, ci guardò con attenzione e disse, in inglese:
«You really enjoy each other's company. You quickly understand, you have a connection!»(State benissimo insieme, si vede che vi capite al volo, c'è intesa!)».
Ci guardammo dritti negli occhi e ridemmo.
Dopo venti minuti mia madre ci venne a prendere per portarci a casa. Intanto Gabriel canticchiava sottovoce, ma con abbastanza tono da farsi sentire da me:
Something - The Beatles
"Something in the way she moves
Attracts me like no other lover
Something in the way she woos me
I don't want to leave her now".
Qualcosa nel modo in cui si muove
Mi attrae come nessun altro innamorato
Qualcosa nel modo in cui mi solletica
Non voglio lasciarla adesso
Ci sorridemmo affettuosamente e io m'innamorai nuovamente dei suoi incredibili occhi.
«Hai un posto in cui dormire, questa notte?».
«Non ho avuto il tempo di pensarci, sono partito spontaneamente questa mattina, ho preso il primo treno verso Orvieto e ho chiamato tua madre per farmi venire a prendere alla stazione. Il numero l'ho rubato in clinica, se mi scoprono mi cacciano» rispose Gabriel alzando le spalle.
«Puoi dormire a casa nostra» dissi, rassicurandolo.
«Era quello che speravo»
Arrivammo a casa, Eileen era già andata via con Fiore. Mia madre preparò gentilmente il letto per noi due, nella mia camera, cambiando le lenzuola; lui andò ad aiutarla poi si fece una doccia per togliersi l'acqua di lago di dosso prima di andare a dormire. Dopo essermi lavata a mia volta provai a indossare un pigiama pulito, il più sexy che avessi, ma lui vedendomi in difficoltà a infilarmelo con una mano disse, sghignazzando:
«Puoi rimanere anche nuda, per i miei gusti»
Lui invece s'infilò una maglietta e dei boxer puliti e si sdraiò sotto le lenzuola. Mantenne in alto la coperta leggera per farmi scivolare sotto di essa. Poggiai la testa sul suo petto, poi mi misi a cantare a voce alta per farmi sentire:
If i fell - The Beatles
"If I fell in love with you
Would you promise to be true
And help me understand
'Cause I've been in love before".
Se mi innamorassi di te
Mi prometteresti di essere sincero?
E mi aiuteresti a capire?
Perché sono già stata innamorata prima d'ora
Lui rispose alla canzone con:
«Di me ti puoi fidare, giuro» disse mentre un sorriso cominciò a illuminargli il viso.
In quel momento così magico mi dimenticai di essere parzialmente disabile, o meglio, che il mio corpo fosse momentaneamente assente.
Ero una donna bella, felice, forte e stavo vivendo una magia, la più bella di tutte: la magia dell'amore.
Il giorno seguente ci svegliammo ancora abbracciati. Andammo a lavarci i denti, sgattagliolando dagli occhi curiosi di mia madre.
«Sei bellissimo anche appena sveglio, incredibile!».
Una volta tornati a letto, passai il mio indice sul suo corpo, prima lungo le bionda sopracciglia, poi sulle labbra morbide, lisce e carnose e infine sul petto robusto sul quale facevo con il dito delle spirali come per disegnarle. Gli piaceva farsi cullare dai miei sguardi e dalle mie toccanti attenzioni. Chiudeva, infatti, gli occhi, sorridendo e assaporando quel momento così dolce e delicato.
Eravamo sinceramente e pienamente ricoperti di gioia, la coperta della felicità, lontani dalla clinica, dove nessuno ci avrebbe potuto spiare e sgridare. Lì tutto era possibile, vivevamo nel mondo delle opportunità e delle magie.
«Chiedimi se sono felice, così che possa essere tutto più credibile e afferrabile» dissi.
«Sei felice, Liberta?» domandò lui con un'espressione sghemba
«Si, lo sono, molto e tu?»
«Mai stato meglio!» Mi diede un altro bacio poi fece scivolare la sua mano lungo la mia schiena, facendo su e giù per la spina dorsale, arrivando poi fino al sedere e alle cosce. Sospirai rabbrividendo; non ero immune al suo tocco. Annullò il piccolo spazio tra il mio seno e il suo petto, avvicinandosi tutto d'un tratto e tirandomi a sé. I nostri corpi erano distesi uno vicino all'altro e si adattarono tra loro. Il mio cuore cominciò a tamburellare e il suo sembrava andare al ritmo del mio; eravamo sulla stessa lunghezza d'onda. Nuovamente eccitati e desiderosi di approfondirci, di conoscerci meglio, di esplorare i nostri corpi così attratti, ma allo stesso tempo come sconosciuti; il desiderio ci rendeva ciechi. A pranzo, a cena e colazione ci lanciavamo sguardi perché ci desideravamo e così ci alzavamo dal tavolo per incontrarci, ridendo, in camera mia.
Quel giorno avrei dovuto affrontare James e questo m'impauriva perché non sapevo se ero pronta a chiudere definitivamente con il passato, mi tremavano le mani e il cuore mi batteva all'impazzata. Perché non posso avere entrambi? Non voglio scegliere e dire addio a uno dei due! Urlavo dentro di me. Decisi d'incontrarlo dopo colazione, in paese, per un secondo caffè. Gabriel avrebbe fatto nel frattempo una passeggiata sul lungolago. Quando incontrai James c'era del gelo tra noi e al tempo stesso la complicità di chi ha qualcosa da nascondere. In seguito all'incontro furtivo in bagno non c'era stato più modo di parlarne, ma lui aspettava una risposta. Lo raggiunsi alla caffetteria nella piazza principale del mio paese, lui stava seduto con gli occhiali da sole e stava leggendo un giornale, dal momento che un'edicola ne vendeva anche di stranieri.
«Ti amo ancora e me ne sono reso conto solo ora, forse troppo tardi» disse lui abbassando la testa e guardandosi i piedi.
«Ti ho aspettato a lungo e non sei mai voluto tornare con me» risposi innervosita, non ero ptonta a perdonarlo e forse non lo sarei mai stata.
Possibile se ne sia reso conto solo ora, che un altro uomo mi desidera? Ti odio, no, ti amo! Pensavo furiosa.
Ma è troppo tardi, scelgo Gabriel Mi autoconvincevo insicura.
Avevo bisogno di pensare....
Pensare troppo a volte è un bene, ma delle altre è un male.... ci fa fare cose stupide.
«Sto bene con Gabriel, sono felice con lui, mi da ciò che tu non mi hai mai dato» dissi unicamente per convincere anche me stessa.
«Scegli lui? Uno sconosciuto? Avete fatto almeno sesso?».
«Scelgo chi mi ha fatto meno male, chi conosco nel profondo anche se da meno tempo. Un giorno mi capirai, capirai la mia scelta, quando sarai adulto e sarà arrivato il momento per te di comprendere. Non sono affari tuoi, a chi mi conceda o meno»
Chi sei tu per dirmi chi amare? pensavo irritata.
«Ti fidi di lui? Ti ricordi almeno cosa abbiamo fatto in bagno?» chiese lui, sfrontato.
«Mi fido più di lui che di un James, che mi ha abbandonata quando avevo bisogno di lui, e certo che mi ricordo, è stato uno stupido errore, dettato dai sentimenti che provavo ancora per te.» risposi per provocarlo.
Ci fu un attimo di silenzio, poi continuai:
«Non sono la donna adatta a te, ero pronta ad avere un bambino mentre tu non lo eri affatto e forse non lo sarai mai. Dov'eri, tu, mentre io e il mio corpo soffrivamo per l'aborto del feto, ti stavi divertendo nelle feste estive con gli amici. Ed eri allegro e spensierato, d'altronde non era tuo l'utero e la gravidanza! Sei un ragazzino a cui piace tutt'ora giocare, devi crescere, vogliamo cose diverse». Desideravi abortissi, per lasciami poco dopo, non sono una stupida per averlo fatto, ma per essere stata tanto a lungo insieme a un egoista.»
Lui annuì scoraggiato, non c'era più niente che potesse dire.
Quando tornai in macchina, fu impossibile nascondere la mia aria affranta. Appoggiai la testa sulle mani e, sconvolta, impedii ai miei occhi di far uscire un'unica lacrima, non volevo. Non se la meritava. Lui non doveva più avere potere su di me. Era finita, ero salva.
«Cosa ti è successo?» chiese mia madre.
«Ho chiuso con James» dissi piangendo, lasciando, finalmente esplodere i miei sentimenti; ero dispiaciuta nel profondo. Già mi manca! No! Non devo pensarlo assolutamente, altrimenti non lo dimenticherò mai!
E chi dice debba farlo? Si pensa continuamente che non avere più i ricordi di una relazione sia una soluzione, ma non è così, il tempo guarisce le ferite e permette di lasciar andare una persona, che, d'altronde, significa permettergli di vivere la vita senza di te e ti dà la possibilità di andare avanti. Intanto alla radio passava Goodbye di Apparat, una canzone che non conosceva quasi nessuno e che mi faceva venire i brividi ogni volta che l'ascoltavo.
"Don't tell me why
Kiss me goodbye
For neither ever, nor never,
Goodbye".
Non dirmi perché
Baciami, addio
Per né mai, né mai
Addio
«Era ora! Vedrai, chiusa una porta si apre un portone che hai già spalancato e ti aspetta con grande speranza al chiosco del lago per un aperitivo»
Annuii e la ringraziai non solo per aver portato il mio sogno accanto a me, ma per avermi dato anche l'opportunità di scegliere tra lui e James. Una scelta che non sarei mai stata capace di fare da sola, perché ancora troppo legata al passato.
«È solo che non so se sia la scelta giusta, è veramente Gabriel l'uomo che mi renderà felice? Io amo James ancora nel profondo» dissi esasperata.
«Prima di tutto devi esserlo tu, con o senza uomo e se non ci provi, non lo saprai mai. In ogni caso devi prima tornare a essere indipendente e Gabriel ti darà una grande mano in questo. Lui ti accende come una candela nel buio. James era un'ossessione, non era amore.» Rispose mia madre. «Sei ancora così giovane, fare una scelta sbagliata è umano e puoi sempre cambiare idea e strada e tornare sui tuoi passi»
Raggiunsi il bar dove si trovava Gabriel, percorrendo un lungo viale alberato con platani. Intanto canticchiavo Visions of Gideon di Sufjan Stevens, pensando a James che avevo appena lasciato andare e al quale avevo appena detto per sempre addio:
"I have loved you for the last time
Is it a video? Is it a video?
I have touched you for the last time
Is it a video? Is it a video?".
Ti ho amato per l'ultima volta
È un video? È un video?
Ti ho toccato per l'ultima volta
È un video? È un video?
Lui era seduto a un tavolo tondo piccolo di metallo in spiaggia con occhiali da sole Rayban e grandi cuffie sulla testa; aveva ordinato un cappuccino e un cornetto al cioccolato, il cui ultimo pezzo era stato appena infilato in bocca, mentre sorseggiava con movimenti lenti ed eleganti la bevanda calda.
«Eccomi, ho finito» gli dissi con tono informativo sorridendo in maniera impacciata, una volta giunta al chiosco. Non vedevo l'ora di vederlo ed essere stretta tra le sue braccia. Si abbassò le cuffie sul collo.
«E com'è andata?» domandò lui con voce insicura per la risposta che avrebbe ricevuto a breve.
«È finita» affermai guardandolo fisso negli occhi; fece un sospiro di sollievo.
Mi venne da piangere e lui offrì la sua spalla e mi accarezzò la testa, perché ne avevo chiaramente bisogno. Voleva essere prima un amico e poi un amante perché sapeva che non mi avrebbe potuta conquistare se non avesse acquisito anche quel ruolo, in parte scomodo. Era intelligente, sapeva perfettamente come farmi stare bene.
«Ti capisco» disse lui sinceramente, «fa male, ma io sono qui per te, fatti coraggio, andiamo a casa, mangiamo, poi ti riempio di baci e di coccole» concluse. Cavolo, quanto mi piaceva! Lo amavo? Come si fa a capirlo? Quando hai infinitamente bisogno di quella persona, quando desideri essere abbracciata da lei più di ogni altra cosa o essere stretta dal suo cuore. Quando ti rende infinitamente felice. Questo vuol dire amare. pensavo assorta tra i miei pensieri, tirando su con il naso. Amare un partner significa avere bisogno di respirare l'odore della sua pelle ogni giorno e io ero completamente dipendente dal suo.
Gabriel non chiese più nulla e io non dissi niente. Rimanemmo in un pacifico silenzio profumato di libertà.
Parlammo del più e del meno bevendo uno spritz e un crodino mentre mangiavamo dei salatini. Mi prese la mano e me la baciò poi strinse le sue dita alle mie, Avevo molta fame, è questo che succede quando si sta bene, lo si fa più volentieri, era così che avevo messo su i chili che avevo perso in clinica; e io in quel momento, guardandolo accanto a me mano nella mano, lo ero più di ogni altra persona sulla faccia della Terra.
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