RAIKO E LE SUE GUARDIE (PARTE 2)

-Leggenda giapponese-

Per tutto il tempo la spalla sinistra della vecchia donna rimase coperta dal vestito, mentre la mano destra era fuori. Infine pregò ardentemente di poter vedere l'arto. Tsuna in un primo momento rifiutò educatamente, ma lei continuò a insistere fino a quando lui fece scivolare leggermente indietro il coperchio di pietra.

«Questo è il mio braccio!» esclamò la vecchia strega, trasformandosi in un demone, e trascinandolo fuori dalla cassa.
Volò su fino al soffitto e uscì attraverso il foro per il fumo sul tetto, scomparendo in un bagliore. Tsuna si precipitò fuori di casa per colpirlo con una freccia, ma vide solo un demone lontano tra le nuvole che sogghignava in modo orribile. Mentre guardava, vide il braccio troncato unirsi di nuovo con il corpo, e il demone agitò entrambi pugni contro di lui in segno di vittoria.
Mentre il demone volava lontano con il suo braccio, Tsuna notò che si dirigeva a nord-ovest. Riferì a Raiko dell'incidente, e furono subito elaborati piani per snidare e distruggere i demoni delle colline. Ma proprio allora Raiko si ammalò di una strana malattia e ogni giorno diventava sempre più debole e più pallido. Non appena i demoni vennero a saperlo, mandarono una creatura maligna con tre occhi per tormentarlo.
Questa creatura, che aveva un muso come un maiale, tre mostruosi occhi blu e una bocca piena di zanne, era contenta che il coraggioso soldato non potesse più combattere i demoni. Si avvicinò al malato nella sua camera, lo squadrò con malignità, gli tirò fuori la lingua e gli abbasso le palpebre, fino a quando la vista di Raiko divenne sempre più debole.
Ma Raiko, sano o malato che fosse, dormiva sempre con la sua fidata spada sotto il cuscino. Finse di essere molto spaventato e si nascose sotto le lenzuola. Allora la creatura si fece sempre più audace, ma quando fu vicino al letto, Raiko estrasse la lama e divise in due la testa del nemico attraverso il suo enorme muso suino. La creatura lanciò un urlo terribile e fuggì via lasciando una scia di sangue.
Quando Tsuna e i suoi udirono dell'impresa del loro maestro, si congratularono con lui e si offrirono di dare la caccia alla creatura maligna per distruggerla.
Seguirono le gocce rosse fino ad arrivare a una caverna nella montagna. Quando vi entrarono, videro nell'oscurità un ragno alto tre metri con le zampe come canne da pesca e grosso come un enorme ravanello. Due grandi occhi gialli brillavano come lampade. Notarono una grande ferita slabbrata, come se una spada gli fosse stata calata con forza sul muso.
Era una cosa pelosa orrenda e difficile da combattere con le spade, dal momento che per avvicinarsi abbastanza avrebbero potuto essere colpiti dagli artigli della creatura. Allora Tsuna andò ad abbattere un albero largo come la gamba di un uomo, lasciando le radici, mentre i suoi compagni preparavano una corda per legare il mostro come una mosca in una rete. Poi con un forte grido Tsuna si slanciò sul ragno, lo abbatté con un colpo, e lo tenne fermo a terra con l'albero e le radici in modo che non potesse mordere o usare gli artigli. Vedendo questo, i compagni di Tsuna si precipitarono e legarono strettamente le zampe del mostro al suo corpo in modo che non potesse muoversi. Estratte le spade, trafissero il corpo del ragno e lo finirono. Tornando trionfanti in città, trovarono il loro amato capitano guarito dalla malattia.
Raiko ringraziò i suoi coraggiosi guerrieri per le loro gesta, diede una festa in loro onore e li colmò di doni. Mentre mangiavano, disse loro che aveva ricevuto ordine dal Mikado di marciare contro la tana dei demoni, ucciderli tutti e salvare i prigionieri che vi avrebbero trovato. Poi mostrò loro l'ordine scritto a grandi lettere:
"Raiko, ti ordino di punire i demoni."
In quel tempo molte famiglie di Kioto erano in lutto per la perdita dei loro figli, e anche mentre Tsuna era stato lontano molte belle fanciulle erano state rapite e portate alla tana dei demoni.
Affinché i demoni non li udissero arrivare e fuggissero, i quattro fidi si travestirono da sacerdoti itineranti delle montagne. Coprirono gli elmi con enormi cappelli di paglia intrecciata così fitta che nessuno poteva vedere i loro volti. Poi coprirono l'armatura con abiti molto semplici e comuni e, dopo aver venerato i simulacri delle divinità, iniziarono il cammino.
Le montagne deserte erano quasi prive di sentieri, poiché nessuno si era mai inoltrato in esse tranne, di tanto in tanto, un povero taglialegna o un carbonaio; malgrado ciò Raiko e i suoi uomini si misero in marcia con cuore saldo. Non c'erano ponti sui torrenti, e dovunque si aprivano spaventosi precipizi. Una volta dovettero fermarsi per costruire un ponte abbattendo un albero e camminando su di esso su un pericoloso abisso. Un'altra volta arrivarono a una roccia ripida, per scendere dalla quale dovettero costruire una scala di viti rampicanti. Infine raggiunsero un fitto bosco sulla sommità di una rupe alta fino alle nuvole che sembravano racchiudere il castello dei demoni.
Avvicinandosi, trovarono una bella fanciulla che stava lavando alcuni vestiti macchiati di sangue. Le chiesero:
«Sorella, perché sei qui e cosa stai facendo?»
«Ah», disse lei con un sospiro profondo, «non dovete venire qui. Questo è il ritrovo dei demoni. Mangiano carne umana e mangeranno la vostra. Guardate là», proseguì indicando un mucchio di ossa bianche di uomini, donne e bambini, «dovete scendere dalla montagna il più velocemente possibile».
Dicendo questo scoppiò in lacrime.
Ma invece di essere spaventati o addolorati i guerrieri quasi danzavano per la gioia.
«Siamo venuti qui per ordine del Mikado, per distruggere i demoni», disse Raiko battendosi il petto, dove all'interno del suo vestito conservava l'ordine imperiale in una borsa ricamata.
Udendo questo la fanciulla asciugò le lacrime e sorrise così dolcemente che il cuore di Raiko fu colpito dalla sua bellezza.
«Ma come sei arrivata a vivere tra questi demoni cannibali?» chiese Raiko.
Arrossì profondamente rispondendo con tristezza:
«Anche se mangiano vecchi uomini e donne, tengono le giovani fanciulle per servirli».
«È una grande disgrazia», disse Raiko, «ma ora vendicheremo i nostri compagni sudditi del Mikado così come la vergogna e il trattamento crudele che subite, se ci mostrerai la strada che sale dalla rupe alla tana».
«Volentieri», rispose lei, «se non avete paura».
Cominciarono a scalare la montagna, ma non erano arrivati molto lontano che incontrarono un mostro che era un cuoco nella cucina del demone capo. Stava trasportando un arto umano per il pranzo del suo padrone. Gli uomini di Raiko digrignavano silenziosamente i denti, stringendo le spade sotto i mantelli, ma salutarono cortesemente il cuoco cannibale e chiesero di conferire con il capo. Il demone sorrise nella manica e li invitò ad andare avanti, pensando che buona cena avrebbe fatto il suo padrone con quei quattro uomini.
Pochi metri più in là una svolta nel sentiero li portò davanti alla facciata del castello del demone capo. Tra alti e possenti massi rocciosi che incombevano fino alle nuvole, nella fitta vegetazione c'era un'apertura ricoperta di rampicanti e muschio come una pergola. Da questo punto la vista sulla pianura sottostante dominava uno spazio di centinaia di chilometri. In lontananza erano visibili le pagode rosse, i templi bianchi e le torri del castello di Kioto.
All'interno della grotta c'era una sala per banchetti abbastanza grande da ospitare un centinaio di persone. Il pavimento era pressoché coperto di stuoie di paglia di riso verde mare nuove e pulite su cui poggiavano tavoli, cuscini di seta, appoggi per le braccia, tazze, bottiglie e molti altri oggetti per la comodità. Le pareti di pietra erano riccamente decorate con cortine e tendaggi di seta pregiata.
In fondo alla lunga sala, su una pedana sopraelevata, i nostri eroi videro, al sollevarsi di una cortina, il demone capo, di aspetto solenne ma spaventoso. Era seduto su un mucchio di cuscini lussuosi fatti di crespo blu e cremisi, imbottiti di piumino di cigno. Stava appoggiato su un bracciolo dorato. Il suo corpo era piuttosto rosso ed era rotondo e grasso come un bambino cresciuto. Aveva capelli nerissimi tagliati come quelli di un ragazzino, e sulla parte superiore della sua testa, appena sporgenti attraverso i capelli, c'erano due corna molto corte. Intorno a lui c'era una ventina di deliziose fanciulle, le più belle di Kioto, sui cui bei visi era impressa l'infelicità che non osavano mostrare completamente, ma non riuscivano a nascondere del tutto. Lungo il muro sedevano o erano completamente sdraiati altri demoni, ognuno con la sua ancella seduta accanto a lui in attesa per versare altro vino. Tutti i demoni avevano un aspetto orribile, il che rendeva ancora più evidente la bellezza delle fanciulle. Vedendo i nostri eroi avanzare nella sala guidati dal cuoco, ogni partecipante al banchetto era felice come un ragno, quando in agguato nel suo buco sente vibrare la tela in segno che una mosca è stata catturata. Ognuno di essi versò subito un piattino fresco di sakè e lo bevve.
Raiko e i suoi uomini si separarono e cominciarono a parlare liberamente con i demoni, fino a quando le pareti divisorie in un angolo scivolarono di lato, ed entrò un folto gruppo di piccoli demoni che fungevano da camerieri. Recarono molti piatti, e i mostri cominciarono a mangiare. Il rumore delle loro mascelle sembrava il martellamento delle risaie.
I nostri eroi stavano quasi per svenire alla vista di quel banchetto, perché consisteva principalmente di carne umana, mentre le tazze di vino erano fatte di teschi umani svuotati. Tuttavia risero e chiacchierarono, e si scusarono perché non mangiavano dicendo che avevano appena pranzato.
I demoni bevevano sempre di più e diventavano sempre più vivaci, risero fino a quando la grotta riecheggiò e cantarono canzoni chiassose. Ogni volta che sorridevano, mostravano le loro terribili zanne e i denti aguzzi. Tutti avevano corna, anche se la maggior parte di esse erano molto corte.
Il demone capo diventò particolarmente allegro e bevve la salute di ciascuno dei suoi quattro ospiti in un cranio pieno di vino. Per riempirlo c'era un tino pieno di sakè a portata di mano, e la sua coppa era una tazza che sembrava grande come una luna piena.
Raiko si offrì allora di ricambiare le cortesie esibendosi nella "danza di Kioto", per la quale era famoso. Portandosi al centro della sala con il ventaglio in una mano, danzò con grazia e con tanta abilità, che i demoni gridavano di gioia e battevano le mani, dicendo di non aver mai visto nulla di simile. Persino le fanciulle, perse nell'ammirazione dell'elegante uomo di corte, dimenticarono le loro pene e si sentirono come se stessero danzando nelle loro case.
Finita la danza, Raiko estrasse dal petto una bottiglia di sakè e ne offrì in dono al demone capo, dicendo che era il miglior vino di sakè. Il mostro bevve estasiato e diede un sorso a ciascuno degli altri dicendo:
«Questo è il miglior liquore che abbia mai assaggiato. Dovete berlo alla salute dei nostri amici».
Ora Raiko aveva comprato presso i più abili erboristi della capitale una potente pozione soporifera e l'aveva mescolata con il vino, rendendolo molto gradito al palato. In pochi minuti tutti i demoni si erano addormentati e il loro russare sembrava il tuono tra le montagne.
Allora Raiko si alzò e diede il segnale ai compagni. Sussurrando alle fanciulle di uscire in silenzio dalla sala, estrassero le spade e senza fare il minimo rumore uccisero i demoni addormentati uno dopo l'altro. Il capo che giaceva come un leone sui suoi cuscini era ancora addormentato, il russare gli usciva dal naso come un tuono da una nuvola. I quattro guerrieri gli si avvicinarono per ultimo e da fedeli sudditi prima di tutto volsero i visi in direzione di Kioto, resero onore al Mikado e pregarono benedicendo gli dei che avevano creato il Giappone. Poi Raiko si avvicinò e misurando con la spada la larghezza del collo del demone, capì che sarebbe stato facile. Poi sollevò l'arma, la calò con tutte le sue forze e tagliò di netto il collo da parte a parte.
In un attimo la testa volò in aria digrignando i denti e roteando gli occhi gialli, mentre le corna crebbero a una lunghezza orribile e le mascelle si aprirono e chiusero come bordi del cratere di un terremoto. Volò in alto e girò intorno alla sala per sette volte. Poi con uno slancio volò fino alla testa di Raiko e morse il cappello di paglia fino all'elmo di ferro sotto di esso. Ma questo sforzo finale aveva esaurito le sue energie. I movimenti cessarono e cadde pesantemente sul pavimento.
I compagni preoccupati aiutarono il loro capo caduto a rialzarsi e gli esaminarono la testa. Ma non era ferito, non aveva neanche un graffio. Gli eroi si congratulavano l'un l'altro e, dopo aver disperso i demoni più piccoli, s'impadronirono di tutto il tesoro e lo divisero in parti uguali. Poi incendiarono il castello e seppellirono le ossa delle vittime, innalzando una lapide per segnare il luogo. Tutte le fanciulle e i prigionieri furono riuniti e fecero ritorno a Kioto con grande pompa e fasto. Le fanciulle furono restituite ai genitori, e in molte case la gioia prese il posto della disperazione, e molti segni di lutto furono tolti. Raiko fu onorato dal Mikado con la nomina a nobile di corte e comandante di tutta la guarnigione di Kioto. Tutti furono riconoscenti per il suo valore. Anche i suoi tre luogotenenti ricevettero cariche onorifiche. E il paese fu libero per sempre da spiriti malvagi.

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