RAIKO E LE SUE GUARDIE (PARTE 1)
-Leggenda giapponese-
Oltre ottomila lune or sono nella zona montuosa del Giappone viveva un giovane valoroso e abile arciere. Per il suo valore e abilità nell'uso dell'arco era stato chiamato a Kioto per fare la guardia al palazzo imperiale. A quel tempo il Mikado non riusciva a dormire di notte, poiché il suo riposo era disturbato da un orribile animale che terrorizzava perfino le sentinelle armate che facevano la guardia.
Questo orribile animale aveva ali di uccello, corpo e artigli di tigre, testa di scimmia, coda di serpente e le scaglie crepitanti di un drago. Una notte dopo l'altra si posava sul tetto del palazzo ululando e graffiando in modo così terribile che il povero imperatore aveva perduto il sonno, ed era diventato debole e fragile. Nessuna delle guardie osava affrontare il mostro a viso aperto e nessuna era abbastanza abile da colpirlo con una freccia nell'oscurità, malgrado molti degli arcieri dell'imperatore ci avessero provato più volte. Quando il giovane arciere ricevette l'incarico, decise di combattere il drago in ogni modo. Così tese bene la corda del suo arco, affilò le punte di ferro delle frecce e montò di guardia accompagnato solo dal più fidato dei suoi servitori.
Accadde che fosse una notte tempestosa. I fulmini erano molto luminosi, e il demone del tuono suonava tutti i suoi tamburi. Il vento vorticava gelido tutt'intorno, come se gli spiriti del vento stessero svuotando tutti i loro sacchi. Verso mezzanotte l'occhio vigile dell'arciere scorse alla luce di un lampo l'orribile animale seduto in cima alla trave di colmo all'estremità di nord-est del tetto. Ordinò al servitore di tenere pronta una torcia di paglia e sterpi per far luce in qualsiasi momento, di liberare la spada nel fodero e di inumidire l'elsa. Poi incoccò la sua freccia migliore nella corda di seta dell'arco.
Aguzzando la vita vedeva i bagliori ora di un occhio ora dell'altro mentre l'animale si muoveva lentamente dondolando la testa lungo il grande tetto fino al cornicione direttamente sulla camera da letto del Mikado. Qui si fermò.
Era l'occasione per l'arciere. Puntando una trentina di centimetri a destra rispetto a dove vedeva lampeggiare l'occhio, tese il lungo arco e scoccò. Un colpo sordo, un tremendo ululato, un tonfo pesante al suolo e il contorcersi di una creatura tra i sassi fece capire in un attimo che la freccia aveva colpito il bersaglio. L'istante successivo il servitore corse fuori con la torcia accesa e si unì alla battaglia con il suo pugnale. Seguì una lotta breve ma rabbiosa, finché la spada affilata del guerriero finì il mostro tagliandogli la cola. Poi lo scorticarono, e il mattino dopo la pelle fu esibita a sua maestà.
Tutti si congratularono con il valente arciere per il valore e l'abilità nella mira. Molti giovani figli di nobili e guerrieri lo pregarono di prenderli come discepoli nel tiro con l'arco. Il Mikado comandò a un nobile di altissimo lignaggio di presentarsi a lui con la famosa spada chiamata "Il Re dei Cinghiali Selvaggi" e gli concesse in moglie una splendida dama del suo seguito. Fu promosso al grado di capitano della guardia e gli fu attribuito un titolo altamente onorifico. Ma era anche chiamato Raiko, e con questo nome era molto conosciuto da tutti i giovani e le ragazze del Grande Giappone, che narravano molte storie sulla sua abilità e valore. Agli ordini del capitano Raiko c'erano tre coraggiosi soldati della guardia, uno dei quali si chiamava Tsuna. Compito di questi armati era vigilare sui cancelli che conducevano al palazzo.
Accadeva che la Capitale dei Fiori era caduta in una terribile condizione, perché la guardia agli altri cancelli era stata trascurata. I ladri erano numerosi e gli omicidi frequenti, cosicché molta gente onesta aveva paura a uscire per strada di notte. Ma la cosa peggiore di tutte erano le voci secondo cui demoni delle colline si aggiravano nell'oscurità per afferrare la gente per i capelli e trascinarla via verso le montagne, strapparle la carne dalle ossa e mangiarla.
Il luogo peggiore di Kioto in cui quei demoni con due corna si presentavano più spesso era il cancello di sudovest. Raiko, dunque, mandò i quel luogo Tsuna, la più valorosa delle sue guardie.
Era una notte buia, piovosa e lugubre, quando Tsuna, ben armato, partì per montare di guardia al cancello. Il suo fedele elmo era annodato sotto il mento, e ogni parte della sua armatura era ben legata. I sandali erano strettamente allacciati ai suoi piedi, e nella cintura era infilata l'inseparabile spada, appena affilata fino a farla diventare tagliente come un rasoio e con cui Tsuna era capace di tagliare in pezzi un capello che volava nell'aria.
Arrivato alla colonna rossa del cancello, Tsuna percorse avanti e indietro il sentiero sassoso con occhi e orecchi bene aperti. Il vento soffiava gelido, la tempesta ululava e la pioggia cadeva torrenziale, tanto che ben presto i lacci dell'armatura di Tsuna e i suoi vestiti furono completamente fradici.
La grande campana di bronzo del tempio sulla collina batteva le ore una dopo l'altra, finché un unico rintocco comunicò a Tsuna che era giunta mezzanotte.
Trascorsero due ore e Tsuna era ancora sveglio. La tempesta si era calmata, ma le tenebre erano ancora fitte. Suonarono le ore, e le note calde e morbide della campana del tempio si affievolirono come una ninnananna che invitava a dormire, nonostante la volontà e il giuramento.
Il guerriero, quasi senza accorgersene, divenne sempre più assonnato e cadde addormentato. Si destò con un sussulto. Si scosse, fece tintinnare l'armatura, si pizzicò e addirittura, estratto il suo piccolo coltello dal fodero di legno, si punzecchiò la gamba con la punta per tenersi sveglio, ma tutto fu inutile. Sopraffatto dalla sonnolenza, si piegò contro il pilastro del cancello e si addormentò.
Questo era proprio ciò che il demone desiderava. Per tutto il tempo era stato nascosto sulla traversa in cima al cancello aspettando la sua occasione. Ora scivolò dolcemente come una scimmia e con i suoi artigli di ferro afferrò Tsuna per l'elmo e cominciò a trascinarlo in aria.
In un attimo Tsuna fu sveglio. Afferrando il polso peloso della creatura malefica con la mano sinistra, con la destra estrasse la spada, la roteò intorno alla testa e troncò il braccio del demone. Terrorizzata e urlando dal dolore, la creatura saltò via dal pilastro e scomparve tra le nuvole.
Tsuna attese con la spada affilata in mano, nel caso il demone potesse tornare, ma dopo poche ore spuntò l'alba. Il sole sorse sulle pagode, sui giardini e i templi della capitale e sui nove cerchi delle Colline Fiorite. Era tutto bello e luminoso. Tsuna tornò per fare rapporto al capitano, portando trionfalmente il braccio del demone. Raiko lo esaminò e lodò ad alta voce Tsuna per il suo coraggio e lo ricompensò con una fascia di seta.
Ora si dice che se il braccio di un demone viene troncato non può essere nuovamente unito al corpo, se è tenuto lontano da esso per una settimana. Così Raiko avvertì Tsuna di rinchiuderlo e sorvegliarlo giorno e notte, per evitare che il demone lo rubasse.
Tsuna si recò dai tagliapietre che scolpivano le immagini di Buddha, mortai per macinare il riso e casse per seppellire il denaro e acquistò una cassa robusta intagliata da solida pietra. Aveva un pesante coperchio, che scivolava in un solco e usciva solo toccando una molla segreta. In essa mise il braccio troncato. Poi la sistemò nella sua camera da letto, dove la custodiva giorno e notte, tenendo il cancello e tutte le porte chiuse a chiave. Non permetteva a nessuno che non conoscesse di vedere il trofeo.
Trascorsero sei giorni e Tsuna cominciò a pensare che il suo premio fosse sicuro: forse che le porte non erano tutte ben chiuse? Così tirò fuori la cassa e la mise nel centro della stanza, e intrecciando con gioia qualche frangia di paglia di riso in segno di vittoria sicura, sedette a suo agio davanti a essa. Si tolse l'armatura e indossò le vesti di corte. Durante la sera, ma piuttosto tardi, si udì al cancello esterno un colpo debole, come quello di una vecchia.
Tsuna gridò:
«Chi è"?»
La voce stridula di sua zia (come sembrava), che era una donna molto anziana, rispose:
«Voglio vedere mio nipote e lodarlo per il suo coraggio nel troncare il braccio del demone».
Così Tsuna la fece entrare e chiudendo con attenzione la porta dietro di lei, aiutò la vecchia a entrare nella stanza, dove sedette sulle stuoie davanti alla cassa e molto vicino a essa. Poi diventò sempre più loquace e lodò l'impresa del nipote, fino a quando Tsuna si sentì molto orgoglioso.
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!Siccome ci sono leggende molto lunghe, credo che dividerle sia la cosa migliore!
*Ditemi se la seconda parte la volete entro stasera, oppure la settimana prossima*
*Come sempre se la leggenda vi è piaciuta, commentate se la conoscevate, votate se vi è piaciuta*
*In arrivo altre storie e revisione di alcune di esse*
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