-non sono stata io-


La campana dell'abbazia suonava da appena cinque minuti, e già la chiesa era gremita di ascoltatori.

Cassandra si muoveva lenta e svogliata in direzione dell'ingresso decorato in stile gotico, guardandosi intorno e strattonando di tanto in tanto la mano della madre per farla camminare più lenta.

<<Deve ancora cominciare la messa. Sta tranquilla.>> -menefreghismo-

<<E tu come fai a saperlo?>> -accidia-

Cassandra non rispose, ormai erano entrate nella grande chiesa luminosa e avevano preso posto sulle panche decorate.

La funzione fu noiosa e insensata come il solito, l'unica cosa che riusciva a tenere sveglia la ragazza era trovare un obiettivo e poi passare minuti su minuti a supporre come e quale fosse la sua vita.

Finito di analizzare il suo corpo e i suoi comportamenti, semplicemente Cassandra cambiava obiettivo e si focalizzava solo su quella persona, lo chiamava "allenamento S" ogni qualvolta la madre si lamentava di quanto "non fosse presente" durante la messa.

Il reverendo pronunciò: "La messa è finita, andate in pace" e una marea di pecore fedeli si alzò e uscì dalla chiesa come l'acqua esce dalla diga appena aperta.

Cassandra e la madre si alzarono dopo pochi secondi e uscirono all'aria fredda e appuntita d'ottobre, finché la ragazza si metteva i guanti la madre cominciò a disquisire con una donna appuntita quasi quanto l'aria invernale.

<<Ahh, ciao cara. Da quanto tempo!>> -ipocrisia-

Un abbraccio ed un bacio sulla guancia, come Giuda il traditore.

<<Da troppo Lily. Veramente troppo... Senti –la donna prende sotto braccio l'amica- vuoi venire con me e le mie amiche a fare una pausa tea all'inglese? Oggi è un giorno importante no? Bisogna festeggiare!>> -falsità-

<<Mi piacerebbe molto, ma lascerei mia figlia e mio marito...>> -imbarazzo-

<<Non ti preoccupare!!! –trillò la donna appuntita- tua figlia può andare alla festa di mio figlio Bronislav Emil Schwarzenbergs!!>> -vanità-

<<Ahahaha, ma non so se...>> -menzogna-

<<Ma dai!!! –saltella- il mio Bronislav farà una festa di Halloween molto giovanile al castello Hlubokà –sottolinea la "a" finale come un guaito di chihuahua- con molti ragazzi e ragazze di ottima compagnia travestiti come la festa americana impone.>> -superbia-

<<Beh, se Cass è d'accordo –dice la madre, occhieggiando verso la figlia- verrei con molto piacere.>> -sottomissione-

Cassandra guarda sua madre Lilith con occhi vuoti, senza darle nessun appoggio, infilando le mani nelle tasche del cappotto e guardando il terreno grigio sotto di lei come in contemplazione.

Poi prende una decisone, alza la testa di scatto e, con un sorriso a trentadue denti da soddisfazione alle due donne, accettando l'invito alla festa.

Lilith si mise a urlare di felicità come una scolaretta l'ultimo giorno di scuola, non appena la donna appuntita si fu allontanata.

<<Che bello che la signora Schwarzenbergs mi abbia invitato al suo party all'inglese! E tu andrai alla festa del signorino Bronislav!! Sono così felice, bisogna che ti compri un costume stupendo per non far sfigurare la nostra famiglia in una festa piena di persone importanti!! Che colore ti sta meglio? Ma ovviamente il blu oltremare -snocciolò, parlando con se stessa durante il tragitto per il negozio di costumi migliore di Praga- Ma di cosa ti dovresti vestire? Da gattina sexy, da cameriera, da vampira o da maga?>> -ignoranza-

Il suo monologo si disperde nella mente di Cassandra che, dopo aver dato un'occhiata svogliata in giro mise a fuoco due capi che avevano catturato lo suo sguardo.

Uno era un vestito nobiliare, forse databile del 1800, con corpetto e gonna a campana di un nero pece talmente profondo che sembrava risucchiare la luce artificiale del negozio. L'altro, anch'esso nero, era però un costume da medico veneziano usato durante la peste, il becco della maschera era di un bianco sporco, quasi grigio e sugli occhi erano poste due pietre che sembravano rubini. Quegli occhi rossi sembravano aver visto le migliaia di vittime che vi erano state durante la peste e, nonostante tutta la morte, erano dei rubini bellissimi, fuoco vivo incastonato su una maschera demoniaca.

Cassandra lì guardò a lungo, soppesando quale dei due fosse il migliore e poi provando a fare un discorso nella mente abbastanza convincente da far comprare il vestito prescelto da sua madre.

Rimase due minuti a fissare in contemplazione i due vestiti mentre la madre Lilith sproloquiava con i poveri manichini, poi si decise e raggiunse la madre nel reparto "trucchi di halloween".

<<Lilith, ho deciso che costume voglio indossare.>> -sicurezza-

<<Uhmmmm...>> -egoismo-

La prende per mano, constatando di avere ancora i guanti, e la guida come un cane guida le pecore al pascolo, la posiziona esattamente tra i due manichini e indica il medico veneziano alla madre. Il cuore le batte forte, vuole quel costume, se n'è innamorata, ma non può comprarlo da sola.

Lo sguardo scettico della madre, anzi scettico è di poco, disgustato, di quel disgusto che si prova quando passi per strada e calpesti una cacca di cane, fece malissimo a Cassandra che abbassò la testa e le spalle, tornando al fianco della madre in silenzio.

<<Guarda, quel vestito così cupo non ti starebbe proprio per niente bene, è troppo scuro e poi non si capirebbe nemmeno chi sei.>> -superficialità-

"Appunto" pensò la ragazza, incassando la testa tra le spalle.

Lilith la guardò impietosita e con aria contratta.

<<Facciamo che ti metti il vestito affianco okay? Mi sembra carino, all'antica e nero come piace a te.>> -pietà-

Cassandra guardò la madre confusa e annuì con un piccolo sorriso sul volto, non era poi così male.

Il velo di Arianna, nero e oscuro è il tocco finale che Cassandra indossa in macchina, sistemando il trucco che le imbianca il viso e l'ingombrate vestito nero che occupa tutti i tre posti a sedere presenti.

Arrivata davanti al castello Hlubokà l'emozione e l'eccitamento precedente di Cassandra si spegnono come una candela davanti ad un ventilatore, in fondo è solo una stupida festa piena di ragazzini stupidi e viziati dalle loro famiglie ricche, probabilmente sarebbe stata tutto il tempo vicina, come un lupo ad una carcassa, al buffet.

C'era la fila davanti alla splendida entrata del castello, una lunga coda di persone che volevano imbucarsi alla festa di halloween migliore dell'anno o che volevano fare i paparazzi ad un evento pieno di persone famose.

Nonostante il fastidio della fila di ficcanaso e del corsetto troppo stretto Cassandra aspettò pazientemente il proprio turno, cercando di non farsi riconoscere.

Arrivata davanti all'ingresso la guardia in giacca e cravatta piena di tatuaggi e piercing tese una mano verso di lei, dove Cassandra posò il biglietto per poi entrare senza guardarsi indietro.

Un'altra guardia donna, molto più elegante della prima stava aspettando dentro con altri quattro invitati.

<<Buona sera signorina, io accompagnerò voi invitati alla torre, dove si trova il signorino Bronislav e gli altri invitati.>> -servizievole-

La comitiva attraversò un piccolo corridoio alla sinistra e poi girò a destra, lungo una lunghissima ala di marmi colorati, con una cinquanta di ritratti alle pareti e con poltrone moderne e minimaliste nere su tutti e due i lati del corridoio.

Quando la comitiva arrivò alla torre il "Signorino" smise di parlare con un simpatico trio di scheletri multicolori e si diresse sorridente e sicuro verso i nuovi arrivati.

"Ciao ragazzi! Sylvie, incantevole come sempre –un bacio sulla mano ad una ragazza travestita da strega- Petr! Come te la passi in quel buco di culo di Omolouc? Ahahah Dominika che strano vestito che indossi, cosa dovrebbe essere. Un ghoul uhmmm... Ciao Anna cara –una carezza sulla guancia- come è stato il tuo soggiorno in Sardegna?" arriva a Cassandra e il suo comportamento si raffredda, le spalle si contraggono ma il "signorino" le rivolge comunque un sorriso. –Falsità-

La ragazza in nero sbuffa, mangia un involtino primavera, sorride per l'ironia di mangiare un involtino primavera in autunno per poi sospirare di nuovo e ricominciare il ciclo da capo.

Fissa le persone: un gruppetto sta in un angolo a fumare "cose" di non specificata origine, un altro gruppetto gioca a "obbligo o verità", altri pomiciano, altri fanno attività più "dinamiche", una decina di persone balla sulla pista o conversano mentre Cassandra sta in un angolino buio ad ingolfarsi di dolcetti alla crema, appena arrivati dalla cucina.

La ragazza infila una mano nella microscopica borsa nera, cercando il cellulare.

"Mi sono stufata di mangiare, ora mi guardo un film sul cellulare".

Tira fuori le cuffiette dalla borsa e, impedita dal velo e dai guanti, fa cadere l'oggetto a terra.

Sbuffa e si prepara mentalmente allo sforzo immane di chinarsi, ma prima che possa anche solo muoversi in avanti una mano verde sbuca da sotto il tavolo e prende lo strumento prima di lei.

Cassandra corruga le sopracciglia, confusa se fosse quello il modo in qui doveva morire, ma poi una figura maschile si svelò da sotto la tovaglia.

Era un Clark Kent verde quello che si presentava davanti ai suoi occhi annoiati.

<<Da cosa ti saresti travestito?>> -curiosità-

<<Da Frankenstein. Tu invece?>> -banalità-

<<Da dama dell'ottocento in nero>> -incomprensione-

<<Da femme fatale insomma.>> -comprensione-

<<...>> -inaspettato-

<<Comunque piacere, sono Frantisek Kien.>> -noia-

<<Ah, come il poeta.>> -interesse-

<<Già>> -imbarazzo-

Frantisek si gratta la nuca, coperta da lucidi capelli neri impomatati.

<<Ah, tieni il tuo cellulare>> glielo porge. –fuggire-

<<...Grazie Frantisek Kien.>> -freddezza-

Il sosia di Clark Kent se ne va a grandi falcate, lasciando sola Cassandra con il telefono in mano e la voglia di vedere un film scomparsa dalla mente.

"Forse è meglio se vado a fare una passeggiata nel giardino" pensa, una strana attrazione la spinge verso il freddo giardino.

Il castello è talmente grande che Cassandra decise di uscire sul prato ricoperto di neve dalla finestra, la spalanca e cade tra la neve, bagnandosi la faccia.

Cammina dritta davanti a sé, cercando una panchina, un qualcosa.

Vede una ragazza a terra, è distesa e quasi del tutto ricoperta di neve, ma la candida acqua non riesce a nascondere il lago di sangue che la circonda come l'aura dorata degli angeli. Cassandra ne studia i vestiti, il volto blu, la quantità di sangue talmente grande da essere finta, come nei film splatter, dove il sangue sembra non finire mai.

"È una decorazione carina" pensa Cassandra, per poi andare a vedere l'altra decorazione poco distante: un enorme ragno peloso che le ricorda Aragog di Harry Potter. Ammira la verosimiglianza dei molti occhi dell'aracnide e nota con sorpresa una zanzara sul suo braccio. La schiaccia senza esitazione e l'insetto le lascia una piccola macchia di sangue sulla pelle truccata.

Cassandra fa spallucce e dopo un giro nel giardino decide di tornare alla torre, così rientra dalla finestra lasciata aperta e sale i gradini ripidi per tornare alla festa.

Quando arriva la sala è quasi vuota e il buffet è stato portato via, Cassandra increspa leggermente le labbra e va in una stanza adibita agli invitati che vogliono fermarsi anche la notte invece di passare due ore in macchina per tornare a casa.

In corridoio incontra Bronislav, il festeggiato, che le augura una buona notte e le consegna una trousse con tutto ciò le può servire per lavarsi o altro, è seguito da Dominika, la ghoul che è arrivata insieme a lei.

<<Hai aggiunto dei bei dettagli al tuo costume Kafka.>> -impressione-

Cassandra non risponde, ringrazia solo Bronislav con un cenno e si chiude la porta alle spalle.

Le manette le stringono sui polsi, il carcerato prima di lei doveva essere una persona molto magra. La conducono alla tribuna del processo e la fanno sedere, dopo essersi accomodata la ragazza osserva attentamente i due avvocati davanti a lei e i ragazzi della festa.

Un grasso avvocato pelato le chiede dov'era la sera del 31 ottobre e lei risponde che era alla festa di Bronislav Schwarzenbergs. Dicono che verso le nove si sera nessuno l'aveva vista alla festa e lei risponde che era a fare una passeggiata.

<<Una passeggiata dove esattamente?>>

<<Nel giardino.>>

<<Eppure le guardie fuori da tutte le porte non l'hanno vista uscire o entrare.>>

<<Sono passata da una finestra.>>

<<Strano comportamento signorina Kafka>>

Scende dalla pedana e si siede vicino al suo avvocato ultra-pagato che le sussurra qualcosa all'orecchio cui lei non presta attenzione. Sale alla pedana Dominika, la tizia che era travestita da ghoul ma che ora sembrava una persona banale.

<<Signorina, è vero che l'imputata non era nella torre alle nove di sera?>>

<<Si.>>

<<Ed è vero che quando l'ha incontrata la seconda volta, era ricoperta di sangue?>>

<<Si, credevo fosse parte del costume e quindi le ho fatto i miei complimenti per la realisticità del sangue.>>

"Hai aggiunto dei bei dettagli al tuo costume Kafka." le balena nella mente.

Il sangue che la zanzara le aveva lasciato sul braccio non era solo un puntino, aveva tutti gli avambracci coperti di liquido caldo e rosso. Non c'era stata nemmeno una zanzara.

<<Signore, le vorrei mostrare il coltello che abbiamo trovato vicino alla vittima. La scientifica ha trovato le impronte digitali della signorina Kafka sul manico ed il sangue della vittima sulla lama.>>

Ah si... aveva un coltello tra le mani adesso e sotto di lei c'era questa ragazza rossa come un rubino che la guardava, l'aveva accoltellata, ripetute volte, sull'addome, sulle braccia, sul cuore, sul viso, voleva staccarle gli occhi ma aveva deciso piuttosto di infierire sulle sue gambe. La lama del coltello si era rivelata troppo corta, quindi aveva dovuto togliersi i guanti e infilare anche il manico dell'oggetto nel corpo. La sensazione del sangue caldo e fluido sulle mani gelide l'aveva resa felice, finalmente viva dopo tanto tempo.

<<Dichiariamo l'imputata colpevole di omicidio e la condanniamo a vent'anni in galera.>>

Cassandra ridacchia, valutando come il cognome della sua famiglia avesse mitigato la pena di molto.

"Sono troppo intelligente per voi miseri plebei." pensa Cassandra, intenta a guidare una moto Yamaha per le strade di Praga ed oltre, fino ad una piccola foresta di proprietà privata. Rallenta la marcia e scende, dirigendosi verso l'interno del bosco con la moto alla mano. Arriva al punto prefissato lasciando la moto vicino ad una scaletta di legno, per poi salirci sopra e arrivare alla casa sull'albero costruita rubando i soldi dei sui genitori.

La casa era bella, non una banale casa fatta a mano, ma una vera e propria residenza progettata da un architetto e realizzata da operai.

Cassandra prende un libro dalla libreria per passare il tempo finche si prepara il tè.

Legge: "Non l'ho mai conosciuta da viva. Lei, per me, esiste solo attraverso gli altri, nell'evidenza delle loro reazioni alla sua morte". E le ritornano alla mente le testimonianze di suo padre, un celebre notaio e di sua madre, una graziosa donnina dalle mani paffute e dolci come lo zucchero filato.

"Era una brava ragazza-brava ragazza, forse l'avrete già sentito un'infinità di volte, ma lei lo era-era davvero, faceva il quarto anno di superiori, lavorava-va come babysitter per una mia-mia collega del bookclub e aiutava suo padre nell'amministra-zione. Mi aiutava persino a prep-arare la cena dopo-dopo essere tornata a casa alle dieci e mezza."

"Ero spudoratamente innamorato di lei, la seguivo ovunque in giro per la scuola, un giorno l'ho anche seguita davanti all'entrata del bagno. I miei amici mi prendevano sempre in giro perché le chiedevo ogni giorno di uscire con me e lei puntualmente rifiutava."

"Era difficile da avere come amica, era sempre occupata, tipo la riuscivo a incontrare tipo solo a scuola o tipo alle letture per tipo i bambini nella biblioteca comunale."

"Si, la mia adorata figlia mi aiutava assiduamente e alacremente con il mio lavoro, mi era rimasta affianco durante molti lavori... e...e... aveva imparato a...a... fare un buon bilancio, così le avevo assegnato dei lavoretti che poi io controllavo."

"Si, ha fatto la babysitter per mia figlia Anna un paio di volte, ogni venerdì pomeriggio, appena finita la scuola."

Il bollitore ha cominciato ha fischiare insistentemente, ma Cassandra non lo sente, sta pensando ai particolari della ragazza senza nome nella neve.

Era coperta di neve, quindi il suo corpo doveva essere li prima del suo arrivo, nessun'invitato la conosceva, quindi non era un'ospite della festa, ma il suo sangue era ancora caldo nelle sue mani.

"È entrata prima dell'inizio della festa nel giardino, ma perché?" si alza, spegne il fuoco del bollitore e sente freddo ai piedi, li guarda e nota di essere scalza.

Lascia improvvisamente il bollitore, che le scivola tra le dita come un pesce scivola tra l'acqua. L'acqua bollente si allarga dal bollitore nello stesso modo in cui il sangue sgorgava dalla ragazza, e d'improvviso Cassandra si trova nella casa sull'albero, immersa fino alle caviglie da una pozza di sangue bollente, l'unica cosa che riesce a fare è guardarsi i piedi scalzi.

Muove un passo indietro.

Scivola.

I piedi le bruciano da morire, come se avesse camminato sui carboni ardenti, sul lava viva, come se avesse attraversato l'inferno cristiano a piedi scalzi come una pellegrina. La pelle sulle piante dei piedi è sparita, carbonizzata, ora c'è solo carne viva che pulsa e si contorce al posto dei suoi piedi. L'acqua si è raffreddata e le inzuppa i polpacci, dandole fastidio.

Cassandra annusa l'aria attorno a lei e sente uno strano odore metallizzato vicino a lei.

"Forse è il bollitore di ferro."

Cerca di alzarsi, sforzando gli addominali ma un capogiro la fa ridistendere, sposta la testa verso sinistra e l'odore si acutizza, confusa, Cassandra passa i polpastrelli vicino alla sua testa e vede che sono sporchi di sangue.

"Ah ecco cos'era quell'odore famigliare."

Cerca di muovere il collo ma i muscoli non ne vogliono sapere, Cassandra sa che ha sbattuto la testa su l'angolo del tavolo e sa che sta perdendo conoscenza.

<<No, no, maledizione, maledizione, maledizione! Devo uscire di qui! Devo, devo trovare il vero assassino di quella ragazza. Aveva i piedi scalzi! Aveva i piedi scalzi e blu! Significa che –deglutisce con la gola secca- significa che non sono stata io ad ucciderla. –cerca di trascinarsi al registratore caduto dal tavolo, lo attiva- Non sono stata io. Era scalza, scalza e con i piedi blu. In "I segreti di Wind River" la vittima è morta perché –deglutisce sangue- ha corso al freddo scalza e... e ha respirato aria gelata che ha rotto gli alveoli e –tossisce e la testa le comincia a girare come nelle montagne russe- alveoli ed è affogata nel suo stesso sangue.>>

Toglie il dito dal tasto di registrazione e prova a riascoltare quello che ha detto ma si accorge che il registratore è solo un pacchetto di cracker sbriciolato sotto le sue dita.

Cassandra comincia a piangere e singhiozzare come non ha mai fatto in vita sua, ormai la forza sulle dita comincia a scemare, così come il tremendo calore dei piedi che diventa gelo ed insensiblità.

<<NO, NO. NON VOGLIO FARE LA FINE DI SOCRATE!>> piange come una bambina ed urla cose insensate ed incomprensibili. <<NON VOGLIO, NON Voglio, Non voglio, non voglio, non...>>.

Il respiro ed il calore lestanno scivolando via dal corpo come il bollitore le è scivolato dalle dita,come il sangue della ragazza senza nome le è scivolato tra le dita, come lei èscivolata dalla sorveglianza della galera, come era scivolata sull'acqua, comela vita era scivolata via dalla brava figlia che aveva accoltellato.    


Nota: sono 3187 parole.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top