Mistero nella valle dei templi Parte 5
Elena era disperata, stava per svenire dall'orrore. Giovanni la guardò come un leone osserva la sua preda e preso da un impulso irrefrenabile del suo membro che era diventato duro come un blocco di marmo si avvicinò alle labbra di lei per permetterle di accoglierlo nella sua bocca. Le labbra di lei erano morbide e iniziarono a succhiare, baciare, assaporare, leccare, mentre lui continuava a baciarla dentro, assaporandola lentamente e mordicchiandola fino allo sfinimento. E quando fu soddisfatto e la fame di lei si fu un po' placata sentì l'urgenza di congiungersi alla ragazza a formare una sola entità. La penetrò in modo brutale ed animalesco, dandole dei colpi violenti, ripetuti, vigorosi. Fusi in un corpo solo si muovevano a ritmo lento e poi sempre più frenetico. Lentamente e poi sempre più veloce in un crescendo. Elena adorava i crescendi, soprattutto nella musica, quel lento movimento seguito poi dalle note sempre più forti ed intense. Aspettavano il raggiungimento di un qualcosa che li avrebbe portati all'appagamento. Per lei un'esperienza nuova di sofferenza e di piacere insieme. Pensava di essere una ragazza normale, ma dopo quello che aveva provato quella sera cominciava a dubitarne. Pensava di avere un animo perverso. Come poteva godere in una situazione simile, nella quale non sapeva nemmeno quale sarebbe stata la sua sorte, se sarebbe stata uccisa o meno? La sensazione di avere mille occhi puntati addosso accrebbe ancora di più la sua eccitazione. Che cosa vergognosa stavano facendo, il massimo della trasgressione. E poi dopo cosa sarebbe successo? Anche questo creava in lei una sensazione di incertezza che la faceva tremare e al tempo stesso desiderare che quella cosa non finisse mai. Sembrava che tutte le sue remore fossero crollate e che non si vergognasse più di nulla. Il soddisfacimento di piaceri corporali copriva di gran lunga tutto.
La passione li avrebbe condannati, la passione li aveva travolti. L'inferno sulla terra, lo scontrarsi di angeli e demoni, qual era la colpa che doveva espiare?
Giovanni era irriconoscibile, un espressione stravolta gli deturpava il viso, gli occhi erano accesi da un bagliore malefico. Eppure era lui. Gli antichi riti eseguiti al sopraggiungere del cambio di stagioni, antichi voti con il plenilunio, compiuti sotto una quercia secolare. Tutto era collegato in un ciclo eterno, ecco perché in quel momento si trovava lì a dimostrazione del fatto che la vita era un cerchio e che gli avvenimenti passati e presenti potevano fondersi e convivere insieme.
Giovanni che si muoveva dentro di lei, che continuava a toccarle i seni, il cui viso era deformato dall'eccitazione e dal desiderio lanciò infine l'urlo gutturale dell'orgasmo raggiunto, quindi si gettò a terra. Elena terrorizzata e tremante, aspettava il compiersi del suo destino. Un destino crudele dal momento che il suo fidanzato si era trasformato nel suo carnefice e questo le arrecava un dolore tremendo, un dolore che la dilaniava internamente e che la faceva sentire impotente e disperata.
La statua della Dea si mosse, pronta a scagliare il suo dardo.
Giovanni si alzò, prese un recipiente all'interno del quale c'era un unguento con il quale cominciò a cospargerla. L'unguento era arancione scuro ed aveva un odore pungente, che le aumentò la nausea, che già provava. Ci mise tutta la cura a compiere questa azione. Dopo averle dato un bacio leggero sulle labbra, afferrò il coltellaccio, lo alzò su in alto all'altezza degli occhi. Elena gridò con quanto più fiato aveva in gola. A quel punto la freccia infuocata scagliata dalla Dea infiammò i vasi sotto all'altare e fece allontanare i sacerdoti. Anche Giovanni fu pronto a fuggire. Rifulgente in tutto il suo splendore la Dea le si avvicinò in una nuvola celeste abbagliante, la guardò negli occhi e poi con uno schiocco delle dita la liberò dalle corde. Le disse: " Vai, sei libera... presto fuggi via."
Elena aveva dolore dappertutto, ma si alzò ben eretta e pronta alla fuga raggiunse la soglia del tempio, strinse gli occhi e quando lentamente li riaprì lì per lì non si rese conto di dove fosse. Ma poi vide le tapparelle della finestra, dalle quali entrava la luce soffusa dei lampioni. Una chiazza di luce della luna splendeva sulle coperte. Era nella sua stanza. Era stato tutto un brutto sogno. Accidenti che incubo, pensò e si addormentò di nuovo. Questa volta cadde in un sonno senza sogni.
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