Mistero nella valle dei templi Parte 4
Iniziò dalla punta dei piedi fino a salire su. Sotto quel tocco che lei conosceva così bene rabbrividì dalla paura, le sembrava che di lì a poco avrebbe perso i sensi e che il suo corpo sarebbe stato in balia di quegli individui deplorevoli. Giovanni le accarezzò lentamente le gambe fino a salire su, era così lento che sentiva che non ce l'avrebbe fatta a resistere. Cercò di gridare, ma ne uscì solo il vuoto, un grido soffocato. Aveva perduto la voce. Una lacrima scese a bagnarle il viso, ne sentì il sapore salato, volle assaporare quella piccola particella di sé. Perché quel rito tribale e perché era stata scelta lei? Quale significato si celava dietro? Il terrore le correva addosso, il sangue tamburellava forte nelle sue vene, il cuore batteva all'impazzata. Ogni singola parte del suo corpo vibrava come se fosse attraversata da una piccola corrente elettrica. Elena era stordita, i colori del luogo sacro le danzavano davanti agli occhi che bruciavano.
La statua della Dea sembrò essere invasa da linfa vitale e sotto gli occhi increduli della ragazza si mosse. Sulla spalla teneva l'arco e una faretra marrone contenente le frecce. Nessuno si accorse di niente. Nel frattempo Giovanni le accarezzò le cosce, poi il pube, i seni con movimenti lenti e circolari. Quindi le dette un bacio, mordendo le sue labbra, fino a farle sanguinare. Ne sentì il sapore ferroso in bocca. A Giovanni all'odore del sangue si scatenò qualcosa dentro e perse tutti i suoi freni inibitori. Tutto questo sotto lo sguardo in trance degli astanti, che parevano non rendersi conto di ciò che succedeva. Alla fine le salì sopra come un animale e con la sua lingua iniziò a perlustrarla dappertutto. Quella lingua era infuocata e le provocò brividi di paura ed eccitazione insieme. Se ne vergognava, ma non poteva farci niente.
Sarebbe morta forse lì. Eccitazione e paura, due cose all'apparenza antitetiche eppure così vicine, dal significato intrinseco emotivo evidente. La sua lingua era calda, incandescente, ruvida, ma anche dolce e le baciò lentamente i capezzoli che diventarono turgidi all'istante, mentre con la mano la toccava lì avanti e indietro sottraendole gemiti involontari e scorrevano le acque dei fiumi e bagnavano la mano e il braccio di lui. Le agguantò il sedere, glielo strinse in una morsa e continuò a sfiorarla dietro e davanti, mentre la libidine aumentava. Quanto le piaceva. Ma era al tempo stesso spaventata. Stava per svenire, doveva essere scema, per provare quelle sensazioni. Si sentì trafiggere da mille aghi che la punzecchiavano torturandola in varie parti del corpo. L'altare di marmo era freddo e le ghiacciava gli arti, provocandole un contrasto fuoco ghiaccio che la stravolgeva. Era succube di lui. Quando le sfiorò il pube pensò di morire.
Temeva la morte, aveva sempre avuto paura del nulla, del vuoto e della signora con la falce. Le provocava un'angoscia senza fine, più che altro la spaventava l'idea di non esistere più. Sentiva di essere vicina all'ora fatale e un sudore freddo le si diffuse per tutto il corpo. Non poteva sfuggire al suo destino. Lui ficcò la lingua dentro di lei, nei suoi anfratti e baciò avidamente e così a fondo con una meticolosità che la faceva impazzire. Eccitazione e paura insieme. Una scarica di adrenalina a mille. Era bello? Era terrificante e tremendo insieme, ma lui la stava anche baciando dentro e questo sì le piaceva da matti. Provava un piacere parossistico. Piaceva anche a lui perché lo sentiva mugugnare in modo lento e soddisfatto. Vedeva la sua testa con i capelli neri intento a fare quella cosa, ondate di piacere la investivano e bagnavano come il mare sulla spiaggia, finché sentì come lava incandescente attraversare le sue viscere, fino a stravolgerla completamente in echi concentrici di gioia che la sconquassarono tutta. Gridò e il suo urlo attraversò tutta la navata.
Lui alzò la testa soddisfatto e la baciò sulle labbra, questa volta con più passione e aveva il sapore di lei, lo avvertiva in modo così forte che ne era eccitata. Tuttavia i brividi di paura non l'abbandonarono. Il suo corpo fremeva, non ce la faceva più dalla vergogna, dal timore di quello che sarebbe successo dopo. Ormai sapeva che non avrebbe avuto scampo, lo sapeva, ne era consapevole e spaventata. Chiuse gli occhi mentre lui continuava e il sudore gocciolava dal suo corpo, piccole goccioline che cadevano per terra come al rallentatore e gli ultimi raggi del sole morente si disperdevano in mille ghirigori dorati intorno, facendo brillare ancora una volta la statua della divinità. Era Atena, la Dea della caccia, com'era bella e anche invincibile.
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