Mistero nella valle dei templi Parte 3


Basta sognare! Entrò dentro e stupita si rese conto che qualcosa non andava. L'interno del tempio le si presentava davanti agli occhi non come era adesso ma come era esattamente millenni fa, ai tempi del suo massimo splendore. Non poteva crederci! Un enorme vestibolo si presentava ai suoi occhi in tutta la sua magnificenza, con ai lati le colonne dipinte superbamente con un intonaco bianco. La navata centrale era illuminata dai raggi del sole, era ampia e in fondo c'era la statua della divinità. Strizzò gli occhi e vide delle figure muoversi attorno al naos, la stanza dove si trovava la statua della divinità. I raggi del sole si riflettevano negli occhi della statua, che sembrava così accendersi di un palpito di vita. Elena vide quelli che dovevano essere i sacerdoti. Erano calvi ed indossavano una tunica bianca. C'era un religioso silenzio, come è normale in tutti i luoghi di culto. Là in fondo brillava l'altare bianco nel suo colore spettrale d'oltretomba. In mezzo a quel bianco spiccava qualcosa di scuro, una chiazza che dapprima incerta si rivelò poi essere in espansione. Era di un rosso vermiglio e gocciolava sul pavimento, impeccabile nel suo candore. Il sangue gocciolava e a lato una carcassa di un animale appena sgozzato. I sacerdoti si davano un gran daffare tutto intorno, sventrando il povero agnello e prendendo le interiora e quelle piccole parti che le persone lì raccolte avrebbero mangiato dopo. Vasi capienti erano appoggiati vicino all'altare ed avrebbero contenuto quelle interiora. Quello era il sacrificio offerto per la loro divinità e che avrebbe portato alla città fortuna, prosperità e ricchezza. Le persone che assistevano sembravano ipnotizzate, il loro sguardo era assente. Forse si trovavano sotto qualche forma di trance.

Elena guardava terrorizzata. I sacerdoti agivano con gesti lenti e precisi, ad un certo punto uno di loro la individuò, le puntò il dito contro, le si avvicinò insieme all'altro, parlando in una lingua per lei sconosciuta. Si stupì di vedere sé stessa indossare una tunica bianca uguale alle loro, ma nella versione femminile. La trascinarono di peso davanti all'altare. Quindi le fecero cenno di sdraiarvisi sopra. Elena ubbidiva terrorizzata, a nessuno importava quello che le sarebbe successo e lei era vittima di un ingranaggio antico a cui sarebbe andata inevitabilmente incontro. Le immobilizzarono gli arti con delle corde, quindi le fecero respirare qualcosa che la stordì e le tolse un po' di quella capacità di ragionare. Successivamente la denudarono. Sentiva freddo, brividi le scorrevano addosso, aveva perso la cognizione del tempo, si sentiva un animale in trappola. Ad un tratto vide una faccia familiare: Giovanni, si era lui. Ma cosa ci faceva lì? Fece per aprire bocca per farsi aiutare, ma Giovanni indossava l'antica tunica dei sacerdoti e non mostrava segno di conoscerla. Le fece solo una lieve carezza sulla guancia. I sacerdoti insieme cominciarono a recitare una litania, che pareva non avesse mai fine, al termine della quale i fedeli si inginocchiarono e iniziarono a cantilenare una nenia insopportabile. Tutti gli occhi erano assenti, ad eccezione di quelli dei sacerdoti, nei quali si leggeva una consapevolezza fiera e maligna. Uno di questi tirò fuori un coltellaccio. Elena non riusciva a credere ai suoi occhi. Eppure non le risultava che in Sicilia si compissero sacrifici umani, ma quello che stava avvenendo lì in quel momento sembrava dimostrare il contrario.

Secondo il rituale una giovane donna era destinata ad essere sacrificata, dopo essere stata deflorata dinanzi a tutti i fedeli.

Le viscere dell'inferno l'avrebbero inghiottita, già ne sentiva le fiamme infuocate lambirle la pelle lattea.

Fuoco cammina con me! Il fuoco le lambiva il corpo. Il sacerdote passò il coltellaccio a Giovanni. Oh no, proprio a lui, pensò. Perché? Cercò di implorarlo con gli occhi, ma lui era un'altra persona e stava solo facendo il suo dovere. A quel punto Giovanni i cui occhi erano ormai spiritati ed erano accecati da un desiderio malevolo, posò il coltellaccio e iniziò ad accarezzarla piano piano.

Lei era bella, pensò Giovanni e voleva divertirsi un po' prima di compiere il rito.

Con il coltello veniva fatto un taglio netto e profondo nell'addome, quindi con degli strumenti chirurgici di precisione avrebbe praticato delle incisioni.

A quel punto gli organi interni della ragazza si sarebbero rivelati a lui in tutta la loro bellezza.

Avrebbe visto il suo cuore, rosso come una fragola matura, sottoposto ad un battere ritmico incessante.

Avrebbe avvicinato le sue mani a quel cuore e poi lo avrebbe tolto dal suo corpo ancora palpitante e avrebbe grondato sangue, di cui poi si sarebbe cibato, bevendolo avidamente.

Si sarebbe purificato, attraverso la ragazza. I suoi peccati sarebbero stati lavati.

Avrebbe raggiunto la purezza.

La carne vergine di lei lo avrebbe rinvigorito.

I suoi organi offerti in devozione alla Dea, che li avrebbe accettati con gratitudine. 

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