Capitolo 7

- Brillantini e ricerche -

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Avevamo appena iniziato a lavorare quando suonò il campanello. Katsuki che aveva ancora le mani sulla tastiera del portatile, sollevò lo sguardo. Era già arrabbiato.

Mi lanciò uno sguardo misto fra il nervoso e il nervosissimo e io captandolo come un segnale, sospirai e mi avviai alla porta. Il campanello suonò ancora, mi allarmai. Non aspettavamo visite, riflettei; chi poteva mai-

«Deeeeku! Apri questa diavolo di porta? Qui a Tokyo non si usa salutare i propri amici?»

Riconobbi il timbro prima ancora di sbirciare dallo spioncino. Mi accinsi a far scattare la serratura e mi preparai ad essere travolto dal suo entusiasmo. Non appena il suo profumo si mischiò all'aria, mi fu addosso. S'impegnò a stringermi al petto, soffocandomi col suo décolleté. Provai a farle capire che stavo morendo d'asfissia, ma lei interpretò il mio gesto solo come un atto di felicità e mi strinse più forte.

«Mina.» protestai. «Miiina!»

«Come sono felice di vederti!» esclamò, ignorandomi.

Riprese ad avvolgermi a sé e io mi rassegnai a morire. Poi un paio di braccia entrarono nella mia visuale, un petto gigante si fece largo sotto i miei occhi. Sorrisi nel riconoscere la voce dolce.

«Mina, amore.» le disse, con la sua solita praticità. «Stai uccidendo il nostro Number One

«Oh, hai ragione. Scusami, sono troppo felice.»

Si distaccò da me con un piccolo balzo e mi allacciò le mani alle spalle. Un sorriso raggiante le risaltava sulle labbra tinte di gloss.

«Sono felicissima di vederti!»

«S-sì, anch'io.» biascicai, riprendendo fiato. Le sorrisi di rimando e lei finalmente mi lasciò andare. Scoprii, sollevando lo sguardo che ciò che stava guardando ora, aveva un nome e un cognome. Ghignò, si mosse leggiadra come una ballerina e raggiunse un indignato Katsuki, che la guardava dall'ingresso della cucina, con le braccia incrociate al petto - i bicipiti sporgevano da sotto le maniche corte, sembravano organi vivi - e un cipiglio snervato tra le sopracciglia.

«Non ci provare.» sancì, prima ancora che lei potesse circondarlo con le sue braccia. Il top nero che indossava non copriva per nulla il seno prosperoso che minacciava di venirle fuori da un momento all'altro.

«Eddai, solo un abbraccio dalla tua amichetta del cuore!»

«No.» decretò, gettandole un'occhiataccia. «E non ci pensare neppure.»

«Ti prego!»

«No.»

«Eddai…»

«Ho detto di no

Ignorò le proteste di Katsuki. Si mosse furtivamente, si sporse in avanti, provò ad acciuffarlo. Iniziarono a rincorrersi. L'uno sfuggiva dalle braccia dall'altra, Mina ghignava e lo minacciava, Katsuki cercava di aggirarla. Saltarono il tavolo, rovesciarono il portafrutta.

«Mi dispiace, Mido-bro.» disse Eijirou. «Quando fanno così è impossibile gestirli.»

Si rammaricò, dicendomi che era un bel portafrutta. Annuii. Scoppiammo a ridere. Mi voltai verso di lui e lo abbracciai. Era diventato, se possibile, perfino più alto. Aveva spalle possenti, braccia piene, un tatuaggio. Risaltava lungo il bicipite protendendosi fino all'inizio del polso e rappresentava un gigante drago rosso, con una maschera nera attorno agli occhi. Ricambiò il saluto con la stessa irruenza e si complimentò con me per i miei ultimi progressi. C'eravamo visti poco. Mina lavorava all'agenzia con me, ma lui stava nel quartiere più avanti e condivideva l'appartamento con la sua love. Stavano insieme da quando ne avevo memoria. Avevano ufficializzato la loro relazione durante l'ultimo anno alla Yuei e giusto mesi prima, - all'anniversario del loro fidanzamento - Kirishima le aveva chiesto di sposarlo. Avevano dato una festa stupenda, piena di glitter e nastri rosa e argento, Mina era felicissima. Non faceva che mostrare a chiunque il suo diamante rosa antico da cinquanta carati.

«Siamo venuti a portare i cellulari nuovi.» mi spiegò, «Però Mina voleva assolutamente vedervi. Dice che

«Deku.»

L'urlo dalla cucina ci fece sobbalzare. Feci un cenno di scuse a Kirishima e raggiungemmo Katsuki in cucina. Mi sorpresi di trovare ancora tutto intero, - a parte il portafrutta - più lui e Mina seduti vicini, a sorseggiare tè. Scossi la testa e dissi a Kirishima di sedersi dove preferiva. Gli portai da bere.

«Che c'è, Katsuki?»

Mi avvicinai. Lui teneva lo sguardo fisso sul portatile, le dita ancora a mezz'aria sulla tastiera. Quando mi sporsi, mi indicò qualcosa con un cenno della testa.

Scrutai il led. Sullo schermo c'erano le registrazioni di quelle che sapevo essere telecamere di sicurezza. C'erano due uomini sullo sfondo, una donna nel mezzo. Fumava, le sue unghie smaltate di rosso spiccavano sullo sfondo come luci. I due maschi le stavano attorno e scrutavano la strada. Bicipiti pieni, occhi infossati, sguardo sfuggente. Gettarono rapide occhiatacce in prossimità delle telecamere e si strinsero le braccia al petto.

«Be’?» mormorai, senza capire. Lui continuò a farmi cenno di osservare.
«Non vedo nulla, Katsuki.»

Uno sbuffo. Sentii le sedie vicino a noi muoversi, i piedini strusciare contro il parquet.

«Guarda sullo sfondo, oltre la donna.» mi disse. Lo feci. La strada era buia, oltre ai cassonetti non riuscivo a scorgere molto, ma mi sforzai. Intravidi un vicolo alla fine, uno sbocco. Ma era nascosto, quasi inaccessibile per via dei secchioni della spazzatura. Katsuki cliccò qualcosa sul pc, lo schermo si zoomò, l'immagine mi apparve più nitida. C'era una figura, la vedevo. Oltre i cassonetti, tra i due uomini.

«Quello sarebbe..?»

«L'uomo che stiamo cercando.» rispose, circondando la figura con la freccetta digitale. Ritagliò l'immagine, la spostò su un altro file. «Hiroshi Han. Noto trafficante e contrabbandiere. Cecchino dell'unità speciale della mafia.»

Sul pc apparve una schermata nera e subito dopo potei mettere a confronto l'immagine ritagliata, con quella dell'uomo - uno degli uomini - che eravamo stati incaricati di incastrare. L'immagine che avevamo era sfocata, del viso non si riusciva a scorgere granché. C'era il mento, lungo, le guance sottili, la punta del naso. Indossava un cappellino nero, niente loghi, niente scritte. Eppure, c'era un dettaglio inconfutabile che a Katsuki non sfuggì. Me lo fece vedere, indicandomelo.

«Non c'è modo che possa essere lui.»

«Guarda il suo braccio.»

La t-shirt a maniche corte ci permetteva di scorgere la parte di pelle scoperta. Riuscii a vedere il tatuaggio scuro che gli attraversava il bicipite, le forme contorte, l'inchiostro.

«L'uomo che cerchiamo ha un tatuaggio di un aquila sul braccio. Sotto un disegno di-»

«Sì. Sotto il disegno di un'aquila. Sono contrapposti.» confermò, indicando lo schermo con l'indice. «È lui.»

Lo studiai in silenzio. Mi chiesi come Katsuki avesse fatto ad accedere alle telecamere di sicurezza di quel locale, ben sapendo che erano private e che senza l'autorizzazione di un giudice ciò che stavamo facendo, era del tutto illegale, ma tenni quel pensiero per me.

«Quanto tempo avete?» chiese Mina, smangiucchiando un biscotto al burro. Katsuki sollevò lo sguardo dal portatile solo per gettarle un'occhiataccia.

«Due mesi, ma dobbiamo arrestarli prima che la missione scada.»

«Ah, bene. E qual è la prossima mossa?»

Non seppi cosa rispondere. Lei ci guardava dal suo posto, seduta con i gomiti sul tavolo e le gambe accavallate, un'espressione felina in volto. Pensai che una come Mina avrebbe saputo come muoversi per avere l'attenzione di quel criminale addosso. Lei lo avrebbe incastrato in un secondo. Una serata, qualche shot e lo avrebbe tenuto in pugno. Ma io no. Io e Katsuki ci muovevamo su un fondale pieno di vetri scheggiati, di sassi, di crepe. Non facevamo che aggrapparci sempre più all'orlo, convinti che ci avrebbe portato alla salvezza. Gli gettai uno sguardo distratto, quasi speravo rispondesse, ma lui non fece né disse nulla. Si limitò a lanciare un laconico “fatti i cazzi tuoi”, tornando a cliccare sulla tastiera.

Sospirai.

«Penso che dovremmo organizzare un incontro. Ci avete portato i telefoni con le nuove sim

Mi rivolsi a Kirishima visto il viso nero di Mina, che stava ancora cercando di scagliare il pacchetto di biscotti contro Katsuki. Il rosso che stava inutilmente tentando di fermare la fidanzata, mi fece un cenno.

«Sì, ce li abbiamo.» confermò, bloccando il polso sottile della ragazza. Si beccò un mezzo schiaffo sull'orecchio e dovette massaggiarsi la parte lesa - Mina lo aveva visto e si era sentita immediatamente in colpa - per indurre la ragazza a calmarsi. «Tesoro, puoi prendere i cellulari?»

Mina annuì, mostrò la lingua a Katsuki e si alzò per raggiungere la sua borsetta.

«Che cazzo ha?» chiese Katsuki non appena la ragazza fu fuori portata d'orecchio.

Kirishima sospirò, portandosi due dita a massaggiarsi il ponte del naso. Sembrava stanco.

«Si tratta di-»

«Ecco i cellulari.»

Rientrò nella stanza come un uragano e ci porse due dispositivi uguali. Avevano cover diverse e mi sfuggì un sorrisetto nel constatare i colori. Verde la mia, arancione la sua. Li afferrammo, ringraziai per entrambi mentre Katsuki si lamentava della tintura.

«Che cazzo di colore è questo?»

«Non ti piace, stronzetto? È quello che hai sulla divisa.» precisò la ragazza, un'espressione gongolante stampata in viso.

«Non mi piace no. È-»

«Guarda.»

Gli scrollai la spalla, interrompendo il loro battibecco. Mostrai loro il portatile, lui assottigliò gli occhi per guardare. Kirishima e Mina si avvicinarono incuriositi. Non mi sentivo così eccitato da un bel po'.

«Che?»

«Guarda lì vicino ai cassonetti.»
«Non vedo un cazzo.»

«Eh, in effetti anch'io.» mormorò Eijirou, sporgendosi oltre la mia spalla.

«È proprio lì, guardate l'ombra!» insistetti, ma entrambi si scambiarono un'occhiata perplessa e non capirono.

«C'è un-»

«Un ombra!» sentenziò Mina, allungando le sue belle dita affusolate e indicando la parete scura. Sgranò gli occhi, tutta eccitata, indicò il punto che avevo individuato. Si rivolse ai due maschi, indirizzando i loro sguardi.

«Izuku ha ragione. Guardate lì, proprio sulla sinistra.»

«Merda. Sì, sembra proprio un'ombra.» confermò Eijirou. Aveva una voce sorpresa, come se non si aspettasse di vederla davvero. «Mido-bro sei proprio il migliore!»

«Non a caso è il Number One.»

Mina mi batté una mano sulla spalla, facendomi l'occhiolino. Sorrisi, arrossii.

«E basta con ‘ste cazzo di lodi. Non è Dio sceso in terra.»

«Sempre più raffinato, stronzetto

Mina e Katsuki ricominciarono a battibeccare, ma stranamente si zittirono in fretta. Lui si alzò e si diresse al frigo, Mina lo seguì. Presero altro tè freddo, ci portarono due bicchieri puliti.

«Non c'è molto da fare, sembra che ci sia un altro oltre ad Han.» decretò Katsuki, sbatttendo il bicchiere a pochi centimetri dalla tastiera. Sollevai lo sguardo, gettandogli un'occhiata.

«Che intendi?»

«Esattamente quello che ho detto, Number One.» fu il modo in cui sottolineò quell'epiteto, la ruvidezza ed il sarcasmo nella voce che mi colsero di sorpresa, mi fecero male. «Dobbiamo studiare le cartelle e vedere altre telecamere, giri, sim

«E poi?» chiesi, la testa ancora voltata in sua direzione. Lui se ne stava in piedi a pochi metri da me, entrambe le mani sullo schienale della mia sedia. «Questo è il tuo modo di agire, non il mio, Katsuki.»

I suoi occhi si fecero più sottili, la sua espressione più pungente. La intravidi nelle sue iridi la risposta tagliente che stava per darmi.

«E quindi? Dobbiamo usare il tuo? Solo perché sei il Number One, non faremo ciò che vuoi tu. Non sono uno dei tuoi burattini da manovrare a tuo piacimento.»

«Katsuki-bro-» fece Eijioru provando a difendermi, ma sollevai la mano e senza spostare lo sguardo dal volto indurito di Katsuki, proruppi:

«Io non ho burattini al mio comando. Non sono io che sono scappato di fronte alle responsabilità, ma se intendi dire che il tuo metodo è migliore del mio, devo dissentire-»

«Non parlarmi come se fossi un tuo cazzo di sottoposto-»

«E come dovrei parlarti? Perché ogni cosa che dico sembra restarti sullo stomaco-»

Lui corrucciò la fronte. «Perché dici solo cazzate!»

Mi sbracciai, mostrando un sorrisetto per nulla divertito. «Oh! Ma senti da quale pulpito viene la predica!»

«Che intendi dire, Deku? Io non dico-»

«Bauuu

Lo vidi balzare nella stanza come un fulmine. Raggiunse i piedi del tavolo, le orecchie alte, lo sguardo preoccupato. Il suo folto manto bianco come neve mi comparve sotto gli occhi prima ancora del suo ululato.

Doveva averci sentito urlare, perché alternava lo sguardo da me a Katsuki. Era sul punto di decidersi da che parte stare quando Kirishima si alzò dal suo posto e lo raggiunse.

«Hachiko!»

Si chinò sulle ginocchia, sorrise, allungò il braccio. Restai a bocca aperta quando scoprii che Hachiko non solo non si era ritratto, ma si strusciava perfino contro i pantaloni di Eijirou e abbassava il capo per farsi accarezzare.

«Lo conosci?» mormorai, incredulo.

«Certo che lo conosce.» mi fece notare Katsuki, picato. «Te l'ho detto; Hachiko capisce chi gli vuole bene e chi no.»

Mentre lo diceva mi gettò un'occhiata agghiacciante. Sembrava volermi forare con la sola forza dello sguardo e credetti che ci sarebbe riuscito, che sarei finito ad essere un'immagine bucata, senza più cotone dentro, perché la forza che aveva dentro di sé era così travolgente, così irruente da farmi tornare alla mente quello che era un tempo. Il ragazzo scontroso, sempre sulle sue, che andava alla Yuei. Anzi, prima ancora, alle medie, quando era stato attaccato dal mostro di fango e io mi ero gettato a salvarlo. Senza pensare. Era sempre così quando si trattava di Katsuki. Io non pensavo. Forse era per quello che rivolgendomi a Mina e Kirishima, dissi:

«Be’ allora perché stasera non restate? Possiamo divertirci un po’.»

E solo alla fine rivolsi il sorrisetto che mi era spuntato sulle labbra a Katsuki.

Vediamo come te la cavi ora.





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Spazio autrice:

Entrano in scena anche Kirishima e Mina. Ho voluto dare un po' di glitter e brillantini prima di tornare ai loro frequenti litigi - e flirt -

Che ne pensate? Fatemelo sapere nei commenti, se vi va💛

Ci vediamo domani per il prossimo capitolo!

-Lilla


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