Capitolo 27
- Happy End -
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Nell’aprire gli occhi qualcosa s’era frammentato davanti a me. Dentro era come se non fossi ancora integro. Avevo percepito una mano accarezzarmi, un paio di dita aggrapparmi alle mie.
Avevo dormito senza sognare. Ero stato su una nuvola lontana.
Quando avevo schiuso gli occhi i colori m’erano entrati in testa tutti insieme.
«Izuku.»
La mano che teneva la mia si strinse. Un paio d'occhio si alzarono su di me. C’era qualcosa nel profumo che aveva addosso che mi fece sorridere. Ero stordito. Mi sentivo le ossa addormentate, la testa leggera.
«Ciao.» biascicai.
Katsuki era davanti a me. Avevo avuto paura. Avevo avuto paura di svegliarmi e scoprire che davvero era stato tutto un sogno, che ero in coma a vedere le cose e le persone dall’alto, ma nell’aprire gli occhi, avevo scoperto che non era così. Io ero vero. Katsuki era vero. Era verissimo. Stretto a me, con la testa sulla trapunta dell'ospedale e gli occhi stanchi.
«Ciao.» rispose lui, soffocando un singhiozzo. Mi prese la testa tra le mani, ci incollò contro la bocca.
Lo lasciai fare, rimasi spiazzato.
Lo sentivo addosso, sulla pelle. E avevo gli occhi sgranati, aperti come due lune piene. Non li avrei chiusi più. Volevo sentirlo reale, volevo che i lampi fossero solo ricordi lontani.
«Pensavo di non rivederti mai più.» soffiò, quando si staccò dalla mia bocca.
Sorrisi tristemente, gli feci scorrere una mano sulla guancia.
«Scusami se ho dubitato di tutto.»
Adesso m’era chiara una cosa; Hiroshi Han aveva un quirk. Un quirk diverso da quello che mi aspettavo. L'avevo sentito quando avevo finalmente ripreso il mio One For All.
«Lui… manipolava i ricordi, vero?»
«Sì.»
«Da quanto era nella mia testa?»
«Da quando sei arrivato a casa sua. Ti ho seguito. Non arrabbiarti, ero solo preoccupato.»
«Katsuki-»
«Non sono riuscito ad aprire quella fottuta porta prima di allora. Ero bloccato in quella casa, era come un labirinto. Quel pezzo di merda era un vero professionista.»
«Già.» annuii, debolmente. «Hanno chiamato i migliori, però, no?»
«Stavi per morire. Ti ha fatto credere che-»
Gli presi la mano, puntai lo sguardo nel suo. «Ma sono qui. Non importa cos’ho creduto.»
«A me importa.»
«Kacchan-»
«Hey, piccioncini, possiamo interrompervi?»
Scattammo. Lui s’irrigidì contro lo schienale della sedia, io mi misi a sedere ma ricaddi malamente. Katsuki si protese, mi afferrò prima che potessi farmi male con la flebo.
«Non sforzarti. Sei vivo per miracolo.»
Annuii. Perso nel rosso dei suoi occhi, così profondi, così rotondi da farmi tremare i polsi. Mi rimise con la schiena contro il materasso, gli presi la mano.
Coi ciuffi corvini che dondolavano avanti e indietro, Aizawa raggiunse il mio letto. Dietro di lui, rossissimo c’era Kirishima, con la divisa e i muscoli ancora più grossi di quanto li ricordassi, Mina, tutta preoccupata, ma bellissima. Shinsou che abbozzò un sorrisetto e si passò una mano tra i capelli, e infine, - e qui il mio cuore ero certo che avrebbe ceduto - All Might.
«Buongiorno, Midoriya-kun!» mi salutò, aggirando il letto per venire a sedersi dall'altra parte. Katsuki cacciò un latrato quando lui per poco non si sedette sulla mia gamba fasciata.
Mina venne a baciarmi la fronte, mi strinse al petto. Quasi mi soffocò col suo impeto. Ricambiai come potei e quando Kirishima si avvicinò, lei passò a stritolare Katsuki. Litigarono e si graffiarono finché Aizawa non gli intimò di farla finita. Shinsou mi salutò con un cenno, si avvicinò, mi chiese come stessi.
Tutti quanti presero delle sedie, si misero accanto a me.
«Mi dispiace tanto per quello che è successo.» iniziò il nostro ex professore. Solo lui era rimasto in piedi, alla fine del letto. «La missione era pericolosa, ne sono consapevole. Avrei voluto darvi più dettagli, ma dai piani alti le indicazioni erano chiare. D’altronde un futuro Hero internazionale e uno che vuole insegnare alla Yuei, non possono che superare alcuni test. Questo è stato difficile, lo so.»
«Cosa? Hero internazionale?» mormorai. Mi voltai a guardare Katsuki, lui aveva lo sguardo puntato altrove, come se non fosse affatto sorpreso da quelle parole.
Mi girava la testa.
«Che intende?»
Aizawa ci guardò incuriosito. Passarono qualche secondo in cui si limitò a spostare lo sguardo da uno all'altro finché, con nostra grande sorpresa, non scoppiò a ridere.
Una risata che fece accigliare tutti.
«Non vi siete detti nulla?»
«Dirci cosa?» continuai, confuso.
«Ho richiesto un permesso internazionale. Tornerò in America e al tempo stesso sarò un Hero giapponese e americano.» presagì Katsuki, interrompendo quel silenzio angustioso.
«Ah.» avevo la gola secca. Sarebbe tornato in America. Ovviamente. Non potevo aspettarmi diversamente, lo sapevo da tempo, ma perché ora faceva così male? Proprio ora che aveva affrontato l'inferno insieme, Katsuki se ne andava. Di nuovo. E io che ero ancora turbato da Hiroshi, dalla testa, dai ricordi, stavolta non avrei avuto nessuno. Nessun Shoto Todoroki a distrarmi dal pensiero di lui.
Poi un altro ricordo si sovrappose agli altri e gli occhi mi si inumidirono. Mi voltai verso di lui, gli strinsi le dita.
«Hachiko è-»
Katsuki sbarrò gli occhi, annuì.
«Sì.»
«Oh, Kacchan. Mi dispiace tanto.»
Il fremito nella mia voce ebbe il potere di far voltare tutti. Mina e Kirishima staccarono in piedi, dissero che avrebbero preso qualcosa da bere per tutti. Shinsou li seguì.
«Midoriya.» la mano di All Might sfiorò la mia. Mi voltai verso di lui cercando di ricompormi. La morte mi pesava addosso come un macigno. Katsuki non disse nulla.
«All Might.»
«Izuku, mi dispiace così tanto. Avremmo dovuto essere lì con voi, ma il piano di Han era molto esteso. Non solo ha rinchiuso te, ma ha fatto credere a noi altri che lui fosse pronto a far esplodere un punto del paese col bottone nel suo laboratorio. Così abbiamo dato la priorità ai civili da salvare. Lo capisci, vero?»
Tirai su col naso, lo guardai. «Certo che capisco. Sono il Number… sono un eroe, queste scelte che avete compiuto, sono quello che avrei fatto anch'io, maestro.»
«Non è stato semplice per noi.» aggiunse Aizawa, con lo sguardo basso.
«Esatto. Abbiamo dovuto scegliere e l’abbiamo fatto in nome della-»
Le zampe della sedia di Katsuki strusciarono contro il pavimento creando un suono stridulo. Balzò in piedi, la mano ancora nella mia si contorse. «In nome di un cazzo. Quello che ordina il governo voi lo fate. Non avete pensato che Deku sarebbe potuto morire lì dentro? Che senza nessuno che mi aiutasse io avrei fatto la stessa fine? E se non fossi riuscito ad aprire quella cazzo di porta, eh? E se fossimo entrambi morti ora, per le vostre scelte del cazzo?»
«Bakugo-»
«Bakugo un cazzo! Lo sapete che se non fosse riuscito a recuperare i suoi ricordi, Izuku sarebbe impazzito? Avrebbe vissuto il resto della sua vita come un vegetale. Ammanettato a un letto. Come il precedente hero che ha provato a prendere Han. Perché non ci avete detto che i nostri predecessori sono tutti impazziti? Perché cazzo non ci avete preparato? E non voglio scuse da cacasotto. Con l’opinione del governo mi ci pulisco il culo.»
«Bakugo, per favore, il linguaggio.» lo riprese Aizawa, sospirando. Non pareva turbato da quella reazione, al contrario di All Might. «Siediti e calmati. Pensi che Izuku sia felice di sentire queste cose? Mi dispiace per quello che è successo. Mi dispiace che non ti abbiamo mandato rinforzi, di non averti creduto. Mi dispiace che Hachiko sia morto.»
Katsuki non rispose. Spostò la sedia.
«Torno dopo.» mi disse, chinandosi sul mio viso.
Provai a fermarlo, ma lui mi lasciò la mano, imboccò la porta con rabbia. Lo guardai scomparire oltre il corridoio.
«Lascialo sfogarsi, Izuku. Non sa accettare questo tipo di dolore. Katsuki è il tipo di persona che preferisce subire su sé stesso che lasciarlo su chi ama.»
«Non è colpa sua se Hachiko… non è colpa sua.» mormorai.
All Might mi accarezzò la testa.
«Lo sappiamo.»
«Capiamo che tu possa essere ancora sotto shock e che la missione vi abbia turbati molto, ma l’avete superata. Ce l'avete fatta.» aggiunse Aizawa. Si spostò qualche ciuffo dal viso. Pareva più vecchio ora, più affilato nei tratti. «E la proposta che mi hai fatto è accolta. Puoi diventare un professore della Yuei se è quello che desideri, Midoriya.»
Da quanto tempo sognavo di sentire quelle parole? Per tutta la missione non avevo fatto che pensare a come finire, a come concludere tutto e m’ero scordato per che cosa avevo iniziato. Volevo diventare un insegnante, volevo trasmettere tutto quello che avevo io ad altri. Diventare un professore della Yuei come Aizawa, come All Might.
Eppure, ora avevo per la testa un’altra proposta.
Una che mi era stata fatta tempo prima, tra sorrisi e sospiri. Avevo in testa quegli occhi rossi, quella bocca maliziosa. Katsuki era il mio futuro.
Mi vedevo solo al suo fianco.
Non potevo fare altrimenti. Non volevo più andare contro il mio cuore, contro me stesso. Perché era stato proprio lui a salvarmi in quei momenti. Era stato me stesso a spingere, a tirare fuori la forza necessaria a salvare me e chi amavo da una vita. Ora avrei fatto tutto ciò che potevo per stare con lui.
«In realtà vorrei chiederti un altro favore, se possibile, Aizawa.»
Mi fece cenno di continuare.
«Vorrei avere anch'io un permesso internazionale da hero.»
Loro non dissero nulla. Si guardarono per qualche secondo, sorrisero.
«Lo avrai.» rispose un’altra voce.
Il mio cuore si bloccò. Sulla soglia della porta se ne stava fermo, con lo sguardo addolorato, una luce diversa in quelle iridi meravigliose.
«Shoto.» soffiai.
All Might si alzò, raggiunse Aizawa.
«Vi lasciamo un po' da soli.»
Shoto aspettò che uscissero, si richiuse la porta alle spalle. Venne a sedersi accanto a me. Era bellissimo, bruttissimo. Totalmente diverso dallo Shoto che conoscevo io, più profondo, più innamorato.
Vestito tutto firmato, tutto profumato.
«Mi dispiace tanto.» iniziò. Aveva lo sguardo basso, colpevole come un condannato a morte. «Per quello che ti ho fatto, per la storia con Momo, per non aver capito che stavi soffrendo. Mi dispiace così tanto, Izuku.»
Sospirai.
«Ti ho odiato, Shoto.» ammisi. Mi tremava la voce. «Ti ho odiato con tutte le mie forze. Poi ha fatto male, poi ho pianto, strillato, mi sono sentito sbagliato.»
«Izuku-»
Sollevai una mano, presi la sua. Mi guardò come se non fossi reale. Si ammorbidì, ricambiò la stretta, mi guardò. Avevamo entrambi il dolore negli occhi per quello che ci eravamo fatti e per quello che non sarebbe mai stato.
Perché io lo amavo Shoto.
Gli volevo così bene che mi sarei strappato il cuore dal petto pur di vederlo felice e lui avrebbe fatto lo stesso per me, lo sapevo, ma non sarebbe mai stato quello che mi faceva stringere su me stesso. Con lui non sarei tornato bambino. Lui non aveva tatuata sul petto la mia figurina di All Might. Non aveva scritto “ti amo” negli occhi. Non sarebbe mai stato Katsuki. E mai come allora mi fu più chiaro.
Ci sorridemmo.
«Va bene così però. Ho capito.» aggiunsi. «Sei felice con lei?»
«Sì.» mormorò. Anche la sua voce era spezzata. «Non volevo ferirti, Izuku. Sei stato il mio primo amore. Non ti farei mai del male. Sei il mio migliore amico, hai la mia anima se la vuoi. È successo. Ho conosciuto la vera Yaoyorozu e non avrei mai pensato che mi sarei innamorato di lei. Eppure, ogni volta che la vedevo a lavoro, ogni volta che mi sorrideva, io mi sentivo morire. Era solo un’amica, te lo giuro. Poi un giorno l’ho accompagnata a casa, mi sono innamorato della sua cura, del suo amare me.»
Si prese qualche secondo, non lo interruppi.
«Tu non sei mai stato davvero mio, Izuku. Lo sapevo. Non hai mai tremato con me, non ti ho mai sentito strillare così tanto se non per Katsuki. Per difenderlo ogni volta che litigavamo, per levarmelo dalla bocca. Katsuki mio, hai detto una volta. Stavamo litigando perché tu avevi incorniciato un pezzo di giornale che lo raffigurava. Lo ritraeva assieme a dei bambini. Eri così felice quel giorno. Non sopportavo di vederti sorridere così per qualcuno che non ero lì. Ma ho capito quando tu hai sollevato lo sguardo e hai detto che Katsuki era solo un hero, niente più per te. Eri straziato, eri innamorato. Ti ho accusato di essere ancora un bambino. Ti ho detto che Katsuki era un hero di poco conto, che pensa solo a sé stesso. È stato lì. Quando ti sei arrabbiato e hai detto: Katsuki mio non è così. Forse non te ne sei neppure reso conto. Ma io sì. Io ho capito. E non eri più mio, Izuku.»
«Non ho mai pensato di ferirti.» mormorai.
Lui annuì. «Lo so.»
Mi accarezzò la mano. Ci sorridemmo.
«Tu sei felice con lui?» mi chiese.
«Sì.»
«Allora sono felice anch'io, Izu’.»
Lo tirai a me, lo strinsi con tutta la forza che mi era rimasta. Non m'importava neppure della flebo che avevo legata al gomito. Volevo solo essere felice, ora.
«Ho interrotto qualcosa?»
La voce di Katsuki mi fece sobbalzare. Shoto si allontanò lentamente, volse la testa gettandogli un'occhiataccia. Be', inutile pensare che lo avrebbe accettato mai. Ma sorrisi comunque. Mi voltai a guardarlo anch'io, gli feci cenno di entrare.
«Anche Yaoyorozu vorrebbe chiederti scusa.» mi riferì Shoto, sottovoce. «Ovviamente possiamo ripassare.»
«Te ne sarei grato.»
Lui annuì. Si alzò. Katsuki ci raggiunse, gli levò la sedia da dietro e ci si sbracciò sopra. Shoto mi salutò con un bacio sulla fronte, Katsuki cacciò un mugugno.
«Damerino.» lo richiamò poco prima che lui potesse uscire. «Forse Izuku può averti perdonato per ciò che gli hai fatto, ma io no. Né lo farò prossimamente, perciò stai bene attento a quello che fai con lui. Sai che si dice di quelli egoisti come me, vero? Pensano solo a sé stessi e Izuku è parte di me stesso.»
«Kacchan!»
«Sei un bullo dolce a modo tuo, Katsuki.» disse Shoto, mi gettò un ultima occhiata e se ne andò.
«Che c’è?»
Si era voltato a guardarmi. Aveva negli occhi qualcosa di più vivo, di incandescente.
«Ha provato a baciarti?»
«Ma Kacchan! Ma che dici?!» lo ripresi. «E poi secondo te, gliel’avrei permesso?»
Lui non rispose. Chinò la testa, scrutò fuori dalla finestra.
«Riguardo quello che diceva Aizawa prima-»
Non potevo più nasconderglielo, sorrisi, lo interruppi.
«Verrò in America con te.» annunciai, la voce mi vibrò. Fu difficile. Fu straziante. Fu bellissimo. «Se ancora mi vuoi.»
Quando alzammo lo sguardo per guardarci, capii che Katsuki per me non sarebbe stato l’ultimo amore, sarebbe stato l’amore. Era il primo e l’ultimo. Il primo e l’eterno. L’avrei amato finché avrei avuto respiro in petto. Era me. Era me come lui aveva detto che io ero sé stesso, parlando con Shoto.
E l’amavo.
L’amavo con tutto me stesso.
«Ti amo.» soffiai, abbassando gli occhi.
Katsuki non rispose. Sentii la sedia strusciare contro il pavimento, non osai sollevare lo sguardo.
Dovevo averlo offeso con le mie parole e-
Le sue mani mi afferrarono. Mi strinse a sé con un impeto che mi strappò il fiato dal corpo. La sua bocca si incollò alla mia, mi staccò ogni pensiero dalla testa. Mi stava baciando come se servisse a tenermi vivo.
Lo tirai a me dalla giacca, lui scavalcò le mie gambe, si issò sul letto.
Ci baciammo come due maledetti.
«Sì.» sussurrò mentre passava a baciarmi la gola. Con la testa reclinata e le mani tra i suoi capelli quasi mi persi.
«Sì, cosa?»
«Sì, certo che verrai con me. Non ti lascerò mai più, cazzo. Non posso rinunciare a te, a questo.»
M’infilò una mano sotto al camice, mi sfiorò una natica. Arrossii di botto, gli tirai uno schiaffetto.
«Kacchan!»
Poi rise. Rise di una risata che mi scaldò dentro a tutto il cuore. Mi riempì il petto, mi invase ogni osso. Lo guardai ridere, sgranare la bocca, riversare quel suono cristallino in ogni parte della stanza.
«Che c’è?»
«Ti amo da sempre.» ripetei.
«Ti amo anch'io, Nerd.»
Ci amammo come se stessimo per impazzire. Non mi lasciò finire la frase, s’impossessò della mia bocca, mi sciolse il camice. Si spinse dentro di me premendo un palmo contro la mia bocca, per non far sentire a tutti il mio gemito.
Era una rinascita.
Lo strinsi a me, gli piantai le unghie nella schiena. La sua bocca diventò un’isola. Lo amai, mi amò, disperatamente. Con la tastiera del letto che batteva contro il muro e le ventose del monitor per i battiti cardiaci che impazzivano. A un certo punto me li staccò dal petto con una delicatezza che non gli avevo mai visto.
Se non con me.
Era diverso il mio Katsuki, era mio. Era diventato il mio amore, era diventato parte di me.
«Io… devo…» mugolò.
«Sì! Anch'io… io… Katsuki. Kacchan.»
Mi venne dentro nello stesso istante.
Mi sciolsi contro di lui in un orgasmo doloroso e vitale. Fummo di nuovo noi e i ricordi vecchi svanirono in quei secondi come carta vecchia. Si stese accanto a me, mi parlò dell’America.
«Ti piaceranno da impazzire le giostre del parco.» disse, mentre me ne stavo steso con la testa sul suo bicipite. Lo guardavo con la testa alzata, gli occhi pieni della sua immagine.
Era bellissimo e mio.
«E la Fanta alla rosa. Le caramelle allo zucchero filato, i marshmallow alla ciliegia.»
«Alla ciliegia?»
Risi. Lui annuì.
«E quali sono i tuoi preferiti?»
Lui si fermò a pensarci. Era meraviglioso. Con la luce del Sole che gli sporcava il viso, le ciocche bionde scompigliate e la bocca gonfia di me.
«Penso i broccoli in agrodolce.»
Scoppiai in una risata contagiosa. Mi baciò sulla bocca, disse che mi amava ancora, ancora e ancora.
«E sei pronto a farmi incontrare Eri e il suo ragazzo?»
«Non scherzare, Deku. Non ha nessun fidanzato.»
«Se ne sei sicuro tu…» lo provocai con un sogghigno.
«Certo che ne sono sicuro.»
«Uhm.»
«Izuku.»
«Non ho detto niente.»
«Izuku.»
«Va bene, va bene. Sicuramente non fa quello che facciamo io e te, nudi-»
«Izuku!»
Mi sovrastò col suo corpo, riprese a baciarmi con una foga che mi strappò il respiro e l’anima. Quando finimmo lo strinsi a me, gli baciai la bocca, gli sussurrai che l’amavo finché non si addormentò.
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«Izuku.»
Stavo facendo un bel sogno. Sognavo io e Katsuki stesi in riva al mare, stavamo bevendo e-
La voce mi ridestò. Sobbalzai, attivai il One For All per rispegnerlo subito dopo quando mi accorsi di chi fosse quel tono. Mia madre era entrata nella stanza di corsa, con la borsa di tela attaccata al gomito, il vestito che gli aveva regalato Shoto addosso. A seguirla dietro di lei c’erano Masaru e Mitsuki.
Nel vederci stesi nel letto, senza nulla addosso per poco non ebbero un mancamento.
«Mamma!» strillai. Scossi Katsuki, si svegliò con un gemito mentre io agguantavo un lembo del lenzuolo per coprirci.
«Ma ragazzi! In ospedale..!» biascicò Masaru, sbiancato di due tonalità.
Mia madre si afflosciò contro una imperscrutabile Mitsuki.
«Tale madre, tale figlio.» sentenziò lei con un sogghigno.
«E non rompere ma’!»
«Zitto, figlio ingrato!»
«Vecchia stregaccia, figlia di una-»
«Katsuki!»
«Kacchan!»
Non potei fare a meno di sciogliermi in un sorriso. Gli presi la mano, incastrai le nostre dita.
Ero felice.
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«Quindi sei felice?»
«Sì, mamma.»
«E mangi abbastanza?»
«Sì, mamma.»
«E lui ti fa quelle cose… per te va bene?»
«Sì, mamma.»
Era ancora pallida per ciò che aveva visto, se ne stava sulla sedia tutta tremolante, con il bicchiere di acqua e limone ancora stretto nella mano. Cercai di rassicurarla. Katsuki s'era rivestito imprecando contro i suoi genitori. Ero stato felice di vedere Masaru meglio, era ancora in ristabilimento ma stava decisamente meglio.
«E Shoto?»
«Mamma…» lasciai uscire un sospiro. «Shoto e io ci vogliamo molto bene, ma non ce la sentiamo di continuare. Non lo amo.»
«Uhm.» fece lei. Prese un sorso dal suo bicchiere di plastica, mandò giù. «E Katsuki lo ami?»
«Sì.»
«Quanto?»
«Quanto tu amavi il tuo primo amore.»
Lei sbarrò gli occhi. Non si aspettava questa risposta, guardò altrove. Si mosse a disagio sulla sedia. «Capisco. È una questione seria, allora.»
«È il mio Kacchan, mamma.»
Allungai una mano, lei ci strinse contro la sua. Era comunque mia madre, il suo consenso significava più di quanto volessi ammettere per me. Quando m’ero messo con Shoto lei ne era stata felice. Diceva che era un bravo ragazzo, che mi voleva bene. Si vede, diceva, si vede che ti ama. Ma su Katsuki aveva opinioni contrastanti. Non lo amava, non lo odiava. Forse un po' ne era innamorata anche lei. Diceva sempre che un figlio come Katsuki l'avrebbe potuto tirar su solo Mitsuki.
In quel momento però, non era l'unica confessione che dovevo farle.
«Ma’.»
«Dimmi.»
«Vado a vivere in America con Katsuki.»
Stavolta mia madre scoppiò a piangere e ridere insieme. Mi allarmai, cercai di farla smettere, cercai di rassicurarla. Pianse e rise per un tempo interminabile. Mi strinse la mano, gli porsi in fazzoletti che avevo sul comodino d'ospedale. Solo quando ebbe smesso sollevò di nuovo lo sguardo su di me.
«Aspettami qui.» mi disse. E si alzò.
Come se potessi andare da qualunque altra parte, pensai.
Quando rientrò portava con sé un confuso e diffidente Katsuki.
«Che succede?» domandai.
«Siediti, Katsuki.» disse mamma, indicandogli la sedia.
Katsuki, ignorando le regole di galanteria si mise a sedere accanto a me sul materasso. Mamma al contrario delle mie aspettative, si limitò a sospirare.
«Tu ami mio figlio?»
«Cosa? Sì.»
«E lo rispetterai davanti a tutti e tutto?»
«Sì, ovvio.»
«E lo farai piangere?»
Katsuki guardò altrove. Se fino ad allora non aveva vacillato neppure un secondo, ora era esitante, addolorato. Quando riportò lo sguardo su mia mamma, mi aveva preso una mano. Lo vidi scoprirsi la parte alta della maglietta.
«Che cosa stai-»
Mia madre non finì la frase. «Vede questo?» le indicò il tatuaggio, mia madre sgranò gli occhi, arrossì come un peperone. «Questa è la figurina di suo figlio. Pensa che uno scemo si tatuerebbe una figurina sotto la giugulare per nulla?»
Mamma non rispose, provai a intervenire ma Katsuki strinse la mia mano.
Abbi fiducia, sembrava dirmi. E ne ebbi.
«Lei mi chiede se lo farò piangere, zia Inko. Probabilmente sì. Piangerà ogni volta che litigheremo e sappiamo tutti e tre che litigheremo. Ci ammazzeremo, ce ne diremmo di ogni colore. Perché siamo così. Piangerà ogni volta che starà da solo, ogni volta che penserà che sta con me. Perciò sì, Izuku piangerà fiumi, ma le giuro che sarò sempre lì ad asciugare quelle lacrime con la mia stessa lingua. Lo amo come amo mia madre e mio padre. Non lo lascerò mai da solo.»
Mamma aveva in viso un’espressione dolce. Qualcosa che le sguazzava nei tratti, e la rendeva più giovane. Forse rivide in noi qualcosa della sua giovinezza, fatto sta che sorrise.
«E lo sposerai?»
«Mamma!»
«È una domanda lecita, Izuku!»
«Ma-»
«Se Izuku volesse, lo sposerei anche ora.»
Le sue parole furono un dardo. Mi si incoccarono sul cuore. Gli strinsi più forte la mano, poggiai la testa alla sua spalla. Mamma pareva soddisfatta. E dal nulla riprese a piangere.
«Mamma…»
«Sto bene, Izuku. Sono felice, tanto felice che voi due stiate insieme. Ti ama. Ti ama come Shoto non sarebbe riuscito ad amarti. Perché tu ami lui. E va bene così, tesoro. Katsuki.»
Si guardarono, uno sguardo dal quale mi esclusero, era una cosa loro, era un accettarsi. Lo compresi, li lasciai fare.
«Sei anche mio figlio ora.»
«Be’, buona fortuna, Inko cara, è un figlio difficile da crescere.»
Mitsuki fece il suo ingresso assieme a Masaru. Posò una mano sulla spalla di mia madre, si sorrisero come due vecchie amiche. Sapevo che si conoscevano da una vita ormai. Erano come sorelle.
«Chi vuole un po' di cioccolata?» esclamò Masaru, spezzando quel momento.
Le due donne lo guardarono male, io risi e Katsuki si voltò a guardarmi.
«Che c’è?»
«Sei pronto alla prossima missione?»
Mi accarezzò la guancia con il dorso di due dita. Sorrise.
«Sono sempre pronto.» ammisi. «Ma questa missione mi ha permesso di innamorarmi di nuovo di te, perciò tu sei stata la mia missione, Kacchan.»
Lui si sciolse. Posò la fronte contro la mia. «La nostra missione, Number One.»
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Angolo autrice:
Che posso dire? Questo è stato un viaggio. Un parto. Un'ancora. Questa è la storia a cui mi sono aggrappata durante un periodo duro, mi ha fatta sorridere, mi ha fatto credere nell'amore, mi ha fatta innamorare. Questi Izuku e Katsuki hanno significato così tanto per me. Spero di essere riuscita anche in minima parte a trasmettere a voi quello che io ho provato.
E voi? Che ne pensate? Sono curiosa di leggere la vostra su questo finale! Se vi va lasciate un commento❤️
A domani per l'epilogo!
-Lilla
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