Capitolo 23

- Verità oggettiva -

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«Che cosa ti ho fatto?» ripeté guardandomi con interesse. «Nulla. Assolutamente nulla.»

Si mosse. Stava trafficando con qualcosa che avevo attaccato al collo. Lo sentii premere più forte, strozzai un gemito. Mi sentivo più debole di prima.

«Questo è semplicemente quello che la tua mente ha immaginato.»

«Che stai dicendo?»

Avevo la voce roca, come se non la usassi da anni. Cercai di guardarmi attorno, ma c’erano troppe luci, troppi visi. L'immagine di Katsuki era gigante, la vedevo anche quando tenevo le palpebre abbassate.

«Tutto questo è quello che la tua mente ha immaginato, Izuku. Tu non sei mai stato in missione, non sei mai stato con Katsuki. Eri un corpo vuoto, l’anima è volata via. Capisci che ti sto dicendo?»

Scossi la testa. «No, no, no.» mormorai, frenetico. «Non capisco nulla.»

Hiroshi sorrise. Aveva in volto un’espressione soddisfatta, mi rese nervoso e stanco.

«Hai immaginato la missione. Hai immaginato la tua vita da hero. Sei rimasto bambino. A quando avevi sei anni e sei caduto nel ruscello dopo il litigio con Katsuki. Non ti sei più svegliato. Ti hanno trovato dopo sei ore di ricerche. Eri pallido come un fantasma, ti hanno portato in ospedale, Katsuki ti tiene la mano tutti i pomeriggi da allora.»

«No. Non può essere.»

Mi sfuggì una risata. Mi pareva una barzelletta. Una barzelletta di pessimo gusto. Avrei voluto avere le mani libere per schiaffeggiarlo in pieno volto. Che cazzo stai dicendo? Avrei voluto strillare. Fino a farmi uscire le corde vocali dalla bocca.

«Io non ho immaginato nulla. Nulla.» strillai. Avevo la voce di un pazzo, troppo acuta, troppo implorante.

Volevo chiudere gli occhi e tornare al mio mondo. A Katsuki. Al nostro letto.

«Pensaci. Quel giorno sei caduto giù nel fiume, dopo che Katsuki ti ha spinto. Non voleva farti male, voleva solo che tu la smettessi. Ma tu non ti sei più svegliato. Lui ha avuto paura. Da allora ti racconta storie. Ti racconta di chi è diventato. Un Hero. Un ragazzo buono. Come volevi tu. Coraggioso, attento, amorevole solo con chi ama. Non ti ricorda forse il Kacchan che hai conosciuto?»

La sua voce era un serpente strisciante che mi si infilava nelle orecchie e mi stordiva.

«Smettila!» urlai.

Lui rise ancora, mi mostrò i denti. Percepii di nuovo quel brivido ghiacciato, lo sentii attraversarmi.

«E la casa che avete insieme non è forse quella che tu hai sempre sognato? Ami Tokyo, ami la vita sociale, le persone gentili. Il signor Toru? Non è forse una tua illusione? Pensaci. Non ti ricordi come quella sera ti fosse sembrato trasparente, come la voce di quel bambino fosse diventata mostruosa? Era il tuo subconscio, Izuku. Il tuo io stava cercando di riportarti alla realtà. Ti stavi spingendo troppo oltre.»

Ti stavi spingendo troppo oltre.

Quelle parole presero a premere nella mia testa più forte della nausea che mi opprimeva la gola e lo stomaco. Mi sentii comprimere in mezzo alla bocca di Hiroshi. O quello che sapevo fosse Hiroshi. Non mi pareva più l’uomo che avevo conosciuto. All'improvviso mi fece paura, lo trovai diverso, meno umano.

, c’era in lui qualcosa di inumano che mi faceva girare la testa ogni volta che provavo a metterlo a fuoco. Nei tratti aveva come un mostro che gli deformava le parti composte della faccia, mi impediva di ricordarlo.

«Che cosa… no, non è così. Non può… stai… stai mentendo!»

Ghignò. Uno di quei sorrisi freddi, aspri.

«Mento? No, no, Izuku. Sei tu che non ricordi. Ma concentrati, puoi farcela, tesoro. Ricorda.»

Lo sentii accostarsi al mio collo, scalciai ma le gambe se ne stavano immobili, fermissime. Doveva avermi legato stretto perché non sentivo neppure la circolazione. Solo formicolio. Tracciò un arco col naso, mi fece venire i brividi. Volevo sottrarmi a quel tocco ma al tempo stesso ero assoggettato alle sue dita che si muovevano contro la mia vita, al suo respiro che mi sfiorava la gola. Proprio sulla gola premette qualcosa che mi fece sussultare. Non riuscii a trattenere un gemito. La mia voce si riversò dentro tutta la stanza, rimbombò sulle pareti nere.

«Che… che mi stai facendo?»

«Sssh.» mosse le mani, riconobbi, scrutandolo di sfuggita un ago. Una flebo. Una flebo al collo, ma che succhiava via qualcosa. Sangue? Ma cosa avrebbe potuto farci? Non avevo il mio quirk nel sangue, non avevo particolari abilità. «Ricorda, Izuku. Chiudi gli occhi, ricorda

La sua voce mi stava in testa, premeva agli angoli per sfuggire ma ritornava subito dopo, si ripeteva, si storceva. Chiusi gli occhi. Un riflesso involontario, volevo che smettesse di fare male. Me ne pentii subito. Aveva preso il controllo della mia mente, non l’avrei più fermato. Lo sentii insinuarsi tra la miriade di ricordi che stavano lì, che scalciavano, che cambiavano forma ogni volta che le sue dita li sfioravano. Riuscì ad agguantarne uno, lo scagliò lontano. Ne prese un altro, me lo pose davanti agli occhi. Era tutto nero attorno, un salotto tutto fatto di tenebre.

«Ricorda, Izuku. Ricorda.»

Il fiume. Il Sole. Fa caldo, caldissimo. C’è un bambino, no, che ne sono due. Siamo io e Katsuki. Lui sta dicendo qualcosa, io piango. Cerco di prendergli la mano, gli indico la farfalla ma non c’è verso. È uno di quei suoi momenti, non vuole essere disturbato da qualcuno all’esterno.

Kacchan, dico.

Lui non si volta, mi dice di stare zitto, che non vuole sentire la mia voce mai più. Piango più forte, cerco di trattenerlo con me. Ho paura del bosco, ho paura di litigare con lui. Poi si volta. Ha in volto un’espressione che gli ho visto centinaia di volte nella mia vita, è arrabbiato, è tanto arrabbiato.

Non ricordo, non riesco a ricordare.

Il mio corpo si oppose. Hiroshi fece pressione, premette e premette. Non voleva lasciarci in pace. Gridai, urlai qualcosa che si liberò in aria e fermentò lì, finché non morì.

Ancora.

C’è di nuovo Katsuki bambino. Mi sta spingendo via. Le dita sono serrate attorno al suo polso, ma non mi vuole. Spinge via le dita, mi spinge via. Dico qualcosa. Dico qualcosa con le labbra, mentre piango, Katsuki sbarra gli occhi. È sconvolto. È impaurito. È terrorizzato. Su quel volto pallido passano mille emozioni in un nanosecondo. La botta sul petto è forte. Ci sono prima i piedi che incespicano, le braccia che si sollevano, cercano un appiglio, gli occhi si sgranano. Lo rivedo. Visualizzò quell'attimo che mi trattiene a sé. È come tornare indietro. Tutto il mio corpo si tende, i muscoli guizzano. Cado. Cado giù dalla collina, ruzzolò fino a valle.

Basta. Basta, lasciami stare.

Di più.

Hiroshi premette le mani più a fondo. Il suo respiro ora mi solleticava la parte bassa del collo. La flebo penetrò più dentro.

Ora c’è il fiume.
Ci finisco dentro.
Mi inzuppa anche l’anima.

È fresco. Gelido dopo la discussione. Ma prima di toccare riva mi dimeno. Mi dimeno troppo, finisco per sbattere la testa. Qualcosa di acuminato mi taglia. Apro gli occhi. Un rivolo rosso si disperde davanti a me come una pozione. Cerco di afferrarlo, mi portò le mani alla testa. Ho paura di questo sangue, ho paura che… mia mamma. Vorrei che ci fosse mia mamma. Vorrei che ci fosse Katsuki. Mio padre. Inizio a vedere sfocato. È un attimo nel quale schiudo la bocca, ci entra acqua. Brucia. Brucia tutto. Le onde mi tartassano, la testa si fa pesante. Sto morendo? Sto morendo davvero?

No.

Mi trascinano fuori. Il corpo sbatte contro il terreno, le mani non si muovono. Non si muovono. Eppure io sto provando a… devo riuscire a…

Ricorda, ricorda, Izuku.

Katsuki. Katsuki sta chiamando il mio nome. Mi stringe i polsi. Gocce bollenti mi finiscono sulla bocca, sulle guance. Non sono le mie. I miei occhi sono chiusi, il petto pieno d'acqua. Mamma anche parla. La riconosco mentre strilla qualcosa. Zio Masaru mi afferra, parla, mi parla. Zia Mitsuki fa lo stesso. Non mi muovo. Vorrei aprire gli occhi, ma il corpo non mi obbedisce. È pesante il mio corpo.

È come un mattone.

Katsuki sta parlando.

Kacchan, chiamo. Kacchan, non piangere. Ma dalla bocca non mi esce nulla. Sono sopra. Sopra al mio corpo. Li vedo. Li sento. Non sono più dentro. Me ne sto sospeso su di loro, su di me. A terra sono bianco, cianotico. Non respiro più, capisco. Non respiro più. Katsuki mi prende la mano, ma non sento nulla. Solo formicolio. Vorrei accarezzargli il viso.

Non è colpa tua. Non è colpa tua, Kacchan, non è-

Basta. Basta. Esci.

Il balzo fu così violento che mi sentii privato delle mie emozioni. Qualcosa si strappò da me, mi fece male.

«Lasciami! Lasciami in pace!» strillai. Avevo il sangue in gola, non capivo da dove venisse fuori.

Hiroshi traballò sulle gambe. Era stato spinto lontano da me, dalla mia testa. Mi sentivo svuotato, come se fosse stato per ore a rovistare nel mio cervello. Con le dita. Ma lui aveva in volto un'espressione isterica, qualcosa di simile alla follia. Gli storceva i tratti, mi faceva paura.

«Ora ricordi. Ricorda, Izuku. Ricorda.»

«Lasciami in pace! Lasciami in pace, maledetto!»

«Ricorda

Fu come se mi avesse attraversato la corrente. Gli occhi mi si rovesciarono all'indietro, la testa prese a storcersi. Non c’erano odori, sapori.

C’erano solo immagini.
Suoni.

Capelli biondi, lacrime, sangue. Una flebo. Un braccio con una flebo infilata dentro. Vene che si gonfiavano ritmicamente. Il battito del cuore al monitor scuro. Un vestito bianco. Un’infermeria. Anni. Finestra. Una finestra da dove entra il Sole. Il corpo steso sul lettino è il mio.

Katsuki mi tiene la mano. È un bambino, lo vedo da sopra il letto. Il corpo si è sciso dall’anima. Ho paura, ma al tempo stesso non ce l’ho. È normale. So che è normale anche se mia madre piange in un angolo e ha gli occhi scavati nella pelle come quelli di uno zombie. Katsuki sta parlando di scuola. È così piccolo. Quanti anni deve avere? Io sono bloccato su quel letto, divento più lungo, più sottile.

Lo scenario cambia.

Vengo gettato via, il letto traballa, mia madre sta prendendo a pugni il ferro. Gli tira calci, si fa male, perde sangue contro il muro. Entrano infermieri vestiti di bianco, la portano via mentre lei piange. La guardo rammaricato.

Non piangere mamma, io sto bene.

È di nuovo giorno. Sto sospeso sul mio corpo, attendo. Katsuki passa tutti i giorni a trovarmi. Si è fatto grande, è più bello di me, ha gli occhi seri, la mascella affilata. Fa girare la testa a tutte le ragazze della scuola. Mitsuki mi dice di sbrigarmi ad aprire gli occhi. Mamma non parla più. Sprofonda nella poltrona all'angolo della stanza, parla solo con gli infermieri. Katsuki mi prende la mano, quando nessuno ci guarda mi promette che diventerà il più grande degli eroi, che mi aspetterà.

Poi piange, si scusa, piange ancora.

Se ne sta inginocchiato notti intere al mio fianco, mi chiede perdono. Non volevo, dice, sono un vigliacco. Mi afferra la mano, la stringe piano come se avesse paura di rompermi. Gli accarezzo i capelli dall'alto.

Gli sorrido.

Una sera viene a trovarmi anche Masaru. Mitsuki dice qualcosa riguardo quel ragazzo che insegue sempre Katsuki, dice che gli ricorda un po' me. Sorrido, vorrei che Katsuki facesse lo stesso. Ma lui la riprende, le grida che non potrà mai comprendere questo dolore, che per lui nessuno mai significherà quanto significo io. Strilla che lei non può capire, che deve stare zitta. Masaru cerca di farli riappacificare, Katsuki gli tira un pugno. Mitsuki interviene, strilla, strilla così forte che entrano gli infermieri.

Mamma si alza, prende Katsuki per il braccio, lo porta fuori. Non so cosa gli dice, non so dove vanno. Prima di andarsene Masaru mi accarezza la gamba, lo vedo, ma non sento il suo tocco.

Sii paziente con lui, Izuku. Ti ama tanto, mi sussurra.

Quando torna da me, Katsuki è stanco. Ha le occhiaie, i capelli fuori posto. Si siede, mi prende le dita. Dice che gli manco, piange. Singhiozza aggrappato al mio petto, mi tira contro di sé. Si aggrappa al mio viso.

Mi bacia sulla bocca.

Diventerò bravo, diventerò chi vuoi che io sia, promette.

E torna a trovarmi.

Lo vedo il giorno del diploma, mi fa vedere un video, mi sfiora la guancia, mi sistema i capelli, fa le foto ad All Might per me. Va alla Yuei. Mi parla di Shoto, dice che lo odia ma quando parla di lui la voce diventa diversa. Capisco che sono amici. Capisco che Kirishima gli vuole bene, capisco che Mina lo vuole proteggere. Imparo a conoscere gli orari in cui viene a farmi visita. Lo guardo dall'alto. A volte mi porta dei fiori, altre delle figurine. Li nasconde nel cassetto perché si vergogna, ma gli infermieri parlano di lui di notte. Dicono che è diventato un hero fuori dal comune, che sta superando anche All Might, che Shigaraki è stato sconfitto grazie a lui. Dicono che vorrebbe avere un innamorato come lui.

Una notte viene a trovarmi qualcuno che non è lui.

È Hiroshi.

Hiroshi Han.

Non lo conosco, lui parla piano. Non vuole svegliare mamma, dice. Lo guardo dall'alto, vorrei che Katsuki fosse qui. Non voglio che loro soffrano ancora per me. Ma stasera Katsuki non c'è. Hiroshi mi infila qualcosa in gola, preleva sangue dal mio corpo pallido, sorride, mi accarezza e va via.

Quando Katsuki arriva non si accorge di nulla.

Va così per altre notti. Non so cosa sta facendo col mio sangue. Non lo scopro finché una notte non contraggo un dito. Lui se ne accorge, si siede accanto a me.

Ti racconterò una storia, Izuku. Una bella storia. Vedi, iniziò tutto quando nacqui io. Mio padre era un uomo burbero, ambizioso. Voleva un mondo dove non esistessero hero e comuni. Voleva un mondo dove le persone diverse come me e te fossero tutte uguali. Mia madre era una donna debole, poco coscienziosa. Mi lasciò a lui. Crebbi da solo. Mio padre mi insegnò cos’era la strada, cos’era il rispetto. Poi la cosa divenne più grande. Scoprii il mio quirk. O meglio, me lo diede mio padre. Ero così bravo a destreggiarlo che non faceva che lodarmi. Mi portava con sé, mi proponeva di aiutarlo. E lo feci. Creai migliaia di ricordi per migliaia di persone, Izuku. Creai e creai, finché un giorno tutti quei ricordi non smisero di funzionare e tutto tornò a com’era in origine. Io smisi di funzionare. Temevo il mio quirk. Prendeva il sopravvento su di me, mi portava alla follia. Sognavo scenari dove morivo, dove venivo trasportato in mille universi diversi, sognavo di vedere mio padre morire. E quando mi svegliavo, era così. Ho vagato per anni alla ricerca della realtà attuale, per tornare al mio mondo e quando finalmente ci sono riuscito, qualcuno di piccolo e insignificante come te ha rovinato tutto.

Temo la sua storia, temo la fine.

Io ti maledico, Izuku. Ti maledico giorno e notte da quando sono tornato in questa realtà. Tu sei debole, non sei degno di essere il successore di All Might, non sei degno di giacere, qui, su questo letto. Dovevi essere tu a fermare chi mi ha fatto ciò, dovevi essere tu l’eroe migliore di tutti.

Mi stringe così forte la mano che le sue vene saltano fuori, sgusciano su e giù.

Ora, chiudi gli occhi e sogna, avrai il mio stesso destino, Izuku Midoriya.

All’improvviso mi sento trascinare indietro. Me ne sto sospeso sul mio corpo e quando lui tocca il mio collo e ci attacca quella strana flebo, io cado giù. Torno nella carcassa che sta sul lettino. Torno in me. Sogno. Chiudo gli occhi, li riapro in questo mondo. Sogno.

Sogno.

Di nuovo qualcosa mi trascinò via. Di nuovo mi sentii cadere contro il muro. La schiena sussultò, si piegò. Ebbi paura di spezzarmi, di finire in mille pezzi sul pavimento, ma non accadde.

Quando riaprii gli occhi, davanti a me c’era Hiroshi. Fuori dalla mia testa, perfettamente davanti a me.

«Che cosa… mi hai fatto?»

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Angolo autrice:

E questo racchiude principalmente la persona che sono.

Per gli insulti, nei commenti️❤️

A domani per il prossimo,

-Lilla

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