Capitolo 4. "Sono anche qui"
"La vita è un mistero da vivere, non un problema da risolvere".
~Osho
Mia madre apre le finestre della mia camera che io tengo costantemente chiuse per non fare entrare la luce del sole. «Perché adesso?». Le chiedo mettendomi il cuscino sopra la testa.
Volevo riposarmi dopo aver passato tutte quelle ore tra le bestie chiamate comunemente "compagni di scuola". «In palestra su!». Dice togliendomi il cuscino.
Mi giro e metti il viso sul materasso, senza alzarlo. «Non si usa più "consultarmi" per vedere se mi andava? Adesso dalla psicologa devo andarci solo il martedì e tu mi occupi nuovamente il giovedì?». Chiedo infastidita.
Va ad aprire anche le altre due finestre facendo entrare l'aria gelida di dicembre dentro la mia stanza. «Questa camera è troppo tetra, ha bisogno di essere ridipinta con colori più vivaci». Dice ignorando i miei lamenti.
Alzo il mio viso guardandola. «Non toccatela!».
La mia camera è la mia camera!
Non possono pensare e fare ciò che vogliono, non sono più una bambina e poi stanno proprio esagerando con me. «Va bene, andrò in palestra! Ma non toccate la mia camera». Dico una seconda volta alzandomi dal letto.
Esco dalla stanza e vado a lavarmi, mi sistemo un po' ed esco con la mia macchina.
Non vedevo l'ora di poterla portare.
Metto la musica ad alto volume e mi dirigo nella palestra che mi aveva detto mia madre, è vicino casa mia, un po' come tutte le cose, ma sono andata con la macchina perché il tempo portava pioggia per oggi.
Parcheggio ed entro in palestra.
Dentro è strapieno.
Tutti vogliono mettersi in forma per dimagrire prima di mettere altri chili per Natale, mentre io vorrei solo tornare a casa e mettermi sul letto.
Mi guardo attorno per cercare gli allenatori.
Qualcuno dovrà pur seguirmi, no?
Il mio sguardo viene catturato dalla visione di Troy che alza dei pesi, con una canottiera bianca, davanti lo specchio e tutto sudato.
Wow!
È anche meglio di come l'avessi immaginato.
Jade, ma per favore!
Non l'avrei mica pensato?
Vado a cambiarmi nello spogliatoio e poi mi dirigo verso gli attrezzi trascinando quasi i piedi per terra.
È qui per me, oppure anche lui fa palestra?
L'unica cosa che so per certo è che non voglio trovarmi qui adesso. «Hai bisogno di un personal trainer?». Mi chiede facendomi quasi venire un colpo.
Avevo appena iniziato il tapirulan non riuscendo a trovare gli allenatori.
Lo guardo dalla testa ai piedi e mi tolgo le cuffiette dalle orecchie. «Lo chiami tu?». Gli chiedo fermando l'attrezzo.
Sorride come uno stupido. «Ce l'hai davanti». Dice con tono ovvio.
Mi metto a ridere. «Oh ma ti prego! Domani dove lavorerai invece? In un negozio di intimo? In un bar? Oppure diventerai il mio professore di matematica?». Gli chiedo riluttante scendendo dall'attrezzo.
Il suo comportamento mi irrita. «Non ti sto prendendo in giro». Risponde.
Sollevo gli occhi al cielo. «Non ho bisogno di nessuno, so che esercizi fare, tu vai da qualcun altro». Rispondo risalendo sul tapirulan.
Accende l'attrezzo e sistema la velocità e i minuti. «Finisci con questo e mi chiami».
Metto le cuffie e fingo di non averlo sentito.
Dopo un po' torna da me e mi porta davanti ad un grande specchio, prende due pesi e me li da. «Un po' di squat».
Non è divertente...
Comincio a farlo a modo mio e come immaginavo mi ferma. «Stai sbagliando tutto». Dice mettendosi dietro di me.
Non appena poggia le mani sui miei fianchi mi sposto guardandolo male. «Come osi?». Dico scioccata.
«Jade, sto facendo il mio lavoro di personal trainer, non sono un maniaco». Solleva gli occhi al cielo.
Inspiro profondamente e torno nella posizione di prima.
Quanto vorrei scappare in questo momento.
Soprattutto quando mi aiuta a trovare la giusta posizione per fare squat.
Sento gli occhi delle altre persone puntati su di noi. «Va bene, ho capito». Lo allontano.
È davvero rimbecillito questo poliziotto.
Ho solo fatto il mio primo giorno e lui mi ha letteralmente distrutta.
Adesso però sono a casa, e anche se ho i muscoli distrutti mi reggo ancora in piedi. «È simpatico, vero?». Mi chiede mia madre sorridendo.
La guardo male. «Quindi non è stata una coincidenza, l'hai fatto a posta!». Le dico infuriata incrociato le braccia al petto.
Come al solito è seduta in soggiorno davanti a dei documenti, perora se non sbaglio sta seguendo un caso di stupro. «Non ti senti più protetta con lui?». Mi chiede.
Protetta?
Sbatto una mano sul tavolo facendola spaventare. «Protetta? Mamma è un poliziotto. Puoi spiegarmi quando ci hanno protetti? Quando hanno protetto Charles? Cosa hanno fatto di buono?». Le chiedo con rabbia.
Sento i miei occhi pieni di lacrime, tiro su con il naso, cercando di non piangere e automaticamente un bruciore invade la mia gola.
Vedo lo sguardo di mia madre incupirsi, so che non è mai una buona mossa nominare mio fratello, ma non potevo evitare di farlo. «Jade, vai in camera tua». Dice guardandomi severa.
Ormai non mi sento capita da loro, non mi capisce nessuno in questa casa.
Vado in camera mia senza dire nulla.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top