XVI
Katarina si era vestita in fretta, cercando di nascondere ogni traccia di ciò che era successo nella stanza di quell'insolito bordello. Aveva poggiato sul comodino di Lux molto più di quanto il tariffario fuori dalla porta indicasse e, una volta raggiunto l'uscio, con gli occhi della Fata aggrappati alla sua treccia, aveva alzato una mano e mostrato un numero con le dita. A voce le aveva spiegato che sarebbe tornata a reclamare ciò che le doveva in tre giorni, un lasso di tempo a suo avviso particolarmente sufficiente per racimolare informazioni preliminari.
Si era poi sistemata un'ultima volta la bombetta sulla testa e, senza aggiungere altro, era uscita dalla stanza pronta a tornare all'Istituto e dimenticare, in presenza d'altri, ciò che era accaduto tra loro. Perché sbagliato. Punibile. Fuori da qualsiasi morale l'avesse mai animata - eppure non riuscì a sentirsi totalmente in errore, nemmeno ora, con il senno del poi. Ma per quale motivo?
Miss Bahun avanzò, assorta nei propri pensieri, lungo il corridoio che l'aveva vista arrivare la sera prima. Ovattate per grazia dei muri, le voci di clienti e prostitute si mischiavano ai suoi pensieri che, al momento, comprendevano anche la redazione di una missiva per Padre Costantino. Nulla di particolarmente impegnativo, certo, ma avrebbe dovuto contenere qualche aneddoto intrigante che potesse rendere la sua richiesta finale più... giustificata. Inoltre, doveva essere quanto più simile alle precedenti, in modo da non destare alcun sospetto in merito al suo riprovevole comportamento. A grandi linee, Katarina se la immaginò così:
Sicuramente sarebbe servita un po' di rifinitura, magari qualche aggiustatina qua e là o aggiunta strategica, ma ci avrebbe tranquillamente pensato una volta rientrata nella propria cella, senza fretta. Sì, qualche finanziamento da parte del Clero le avrebbe fatto comodo vista l'inaspettata e non poco trascurabile spesa appena avuta, ma poteva ancora contare su qualche scellino nascosto tra le tasche del cappotto e i meandri della valigia - il problema che più l'assillava, in tutta onestà, era una possibile e alquanto probabile ricaduta. Non aveva mai negato che la sua caparbietà nel portare a termine i lavori assegnatile andasse di pari passo con una certa predisposizione al peccato. Dopotutto uccideva da anni, piegava la propria coscienza all'intontimento dell'alcol e non si faceva remore a preservare la propria innocenza fisica; ma tutto ciò era risaputo.
Con un sospiro Miss Bahun poggiò le dita sul pomolo del corrimano, preparata a riprendere il suo quieto vivere per i tre giorni a seguire, peccato che un suono di serratura richiusa le fece volgere il capo in direzione del corridoio che stava abbandonando. Il dubbio che Lux potesse aver dimenticato di dirle qualcosa o le stesse correndo dietro le sorse spontaneamente, sennonché, del tutto inaspettatamente, i suoi occhi scorsero qualcos'altro, una figura che lì stonava quanto, se non più, di lei.
Il cuore d'improvviso le si bloccò in petto. L'aria parve rarefarsi per un solo, breve istante nel momento in cui fu certa di riconoscere la silhouette slanciata, familiare in quella postura quasi goffa a cui veniva costretta dall'altezza. Dovette sbattere le palpebre diverse volte, ma quando anche l'altra persona si girò nella sua direzione, mostrando dettagli inconfondibili del volto e il suo medesimo stupore, misto a una più evidente preoccupazione, fu certa di non sbagliarsi.
«Voi?» le sfuggì in un sussurro che dubitò potesse essere udito da quella distanza, ma che di certo Julius doveva averle letto sulle labbra. La mascella gli si contrasse, la postura si fece meno timida rivelando la sua natura più seria - quella che non si sarebbe mai fatta sfuggire una frecciatina, che minacciava, che avrebbe sfilato lo spadino dal bastone e trafitto senza alcun rimorso le carni di un Maligno.
Katarina compì qualche passo titubante verso il collega. Era palese fosse lui, nessuno sano di mente si sarebbe mai fatto vedere in giro con baffi così lunghi e ben arricciati - ma cosa ci faceva lì? Beh, dal modo trasandato con cui si era sistemato la camicia nelle brache e il panciotto non era stato allacciato, vi era ben poco da supporre.
Lord Terry fece un cenno con il capo, mimando un saluto. Si muoveva in modo stanco, eppure rigido come era certa sarebbe capitato a lei. Per un breve istante i suoi occhi nocciola si socchiusero, quasi stesse incassando un colpo non propriamente inaspettato, poi li riportò sul viso di Miss Bahun con una nuova consapevolezza. Qualcuno lo aveva scoperto. Qualcuno poteva mettere a rischio la sua reputazione se non, addirittura, la vita. Il Codice degli Illustri Vânător di Transilvania, quello su cui si basavano tutti i rami dell'Ordine, dopotutto era abbastanza chiaro, anche se di certo non sarebbe stato il primo cacciatore per cui si sarebbe potuto fare uno strappo alla regola.
«Miss... che insolita sorpresa trovarvi qui. Posso domandarvi quali affari vi abbiano condotta in questo infimo luogo? Non credo si addica alla vostra persona.»
Katarina avvertì una strana sensazione sfiorarle il collo e la guancia, una carezza di cui volle dimenticare subito il contatto. Non era disagio, men che meno paura o preoccupazione, piuttosto una sorta di compatimento che conosceva bene - perché anche Julius doveva avere come lei demoni da combattere, altrimenti non sarebbe stato lì.
«E alla vostra?»
Lui lanciò un'occhiata oltre la spalla, quasi a controllare che nessuno fosse acquattato nell'ombra. Miss Bahun si accorse solo in quell'istante, mentre il suo collo si tendeva, che il collega non portava la spilla con la Voglia della Vergine sul colletto della giacca. Provò a cercarla in qualche altro dettaglio: sulla camicia, sui bottoni del panciotto, ai polsi come gemelli - ma non la vide. Ciò di cui si accorse però, oltre all'assenza di quel piccolo ornamento, fu che in nessuna delle mani stringeva l'elsa del proprio bastone.
«No, non dovrebbe nemmeno con la mia, eppure eccoci entrambi qui.» Tornò a fissarla, studiandola come lei aveva fatto con lui, poi tese un sorriso: «Permettetemi di scortarvi fuori da questo bordello e offrirvi una colazione ristoratrice. Ho il sospetto di non essere il solo a necessitarne.»
Stavolta, la sensazione provata da Katarina le solleticò lo stomaco, facendolo torcere. Non era certa d'essere pronta ad approfondire la conoscenza con Lord Julius Terry, eppure non riuscì a negargli il braccio quando lui le si fece accanto, invitandola come un vero gentiluomo.
«È stata una nottata impegnativa, credo abbiate ragione» si concesse di rispondere. In silenzio, poi, scesero lungo la scalinata che divideva i due ambienti del bordello. Uscirono da lì come se fosse un'attività commerciale qualunque e loro non avessero infranto una delle tante regole che il loro voto imponeva. Si confusero tra le case, le vie e le persone che già a quell'ora del mattino le animavano. Divennero sagome prive d'identità in mezzo alle strade di Londinium, mute e sfuggenti quasi fossero a caccia. Le loro falcate scoordinate batterono un tempo che sembrò infinito e in quell'istante Katarina si chiese se Julius avrebbe giocato sporco riferendo della sua scappatella a chi di dovere. Chissà se si rendeva conto che entrambi stavano tenendo il coltello dalla parte del manico, che dove periva lei, sarebbe caduto anche lui. A quel pensiero le sfuggì un sorriso. Sarebbe stata una sfida allettante, ne era certa, ma sapeva anche che in ballo c'era la sua possibilità di trovare Dracul. Se il Clero l'avesse giudicata colpevole di tradimento avrebbe anche potuto morire e, di conseguenza, non sarebbe più stata in grado di portare a compimento il proprio obiettivo. Con la coda dell'occhio scrutò il suo accompagnatore, il profilo reso strambo da quei baffi, basette e ciuffi rossi come un'albicocca troppo matura, lo sguardo imperturbabile rivolto verso una destinazione a lei sconosciuta. Avrebbe dovuto temere il peggio? Forse. Dopotutto sia l'incognita della loro meta, sia i cambi repentini di personalità di Lord Terry erano fattori a lei sfavorevoli.
Cautamente si sfiorò la coscia, dove si assicurò esserci la propria pistola a ruota pronta per l'uso. Per quanto un vânător potesse apparire come una persona rispettabile, di buone maniere, famiglia o aspetto, fidarsi di loro era l'errore peggiore che si potesse commettere - e Miss Bahun lo sapeva per esperienza diretta, ovviamente. E Julius non doveva essere da meno, nemmeno se quel suo fare da tonto lo rendeva innocuo per la maggior parte del tempo. Di certo, anche senza il suo pregiato bastone da passeggio, o spadino da battaglia che dir si voglia, avrebbe potuto rivelarsi un avversario temibile.
Con la mano del braccio libero picchiettò su quella di lei, facendola sussultare: «Ancora un po' di pazienza, mia cara, ci siamo quasi.»
Un nodo le si formò in gola. L'incertezza di aver preso la scelta più saggia le stuzzicò nuovamente lo stomaco. E se in realtà la stesse portando direttamente alla sede dell'Ordine di Londinium per essere giudicata? Lei nemmeno sapeva dove o come fosse quel luogo... spiò ancora la porzione di viso del collega. Le avrebbe davvero fatto uno sgarro di quel tipo senza prima un confronto?
«Pare quasi mi vogliate riportare alla Santa Sede, Lord Terry» si fece sfuggire, cercando di scorgere una qualsiasi reazione traditrice nell'espressione di lui - una smorfia che però non arrivò. Le sue labbra si tesero appena, serene: «Lasciatemi dubitare servano un porridge degno di quello che voglio offrirvi, Miss. E ve lo dico perché sono molto esigente a riguardo. Mangio lo stesso ogni settimana da almeno una decina d'anni.»
«Siete un uomo abitudinario, quindi.»
«Mi è sfortunatamente capitato di diventarlo, devo essere onesto.» Il sorriso di Lord Terry si fece un po' meno pacifico, ricordandole quell'aura insolita che aveva scorto intorno a lui poco prima, quando si erano incontrati. Qualcosa certamente lo turbava e, nonostante faticasse a immaginare cosa potesse essere, Katarina si scoprì incuriosita. «E voi, Miss, siete una donna abitudinaria?»
«Per certi versi. Sicuramente si tratta di abitudini reprensibili.»
E lui annuì in quel modo particolare, proprio solo di chi comprende veramente.
«Bene,» disse dopo qualche secondo, rallentando il passo fino a fermarsi: «allora mi auguro che il porridge della Old Auntie Penny diventi la vostra tappa preferita qui a Londinium!»
Quando Miss Bahun si volse verso l'insegna gialla e rosa al di sopra di enormi vetrine oltre cui svettavano torte e dolci di ogni tipo, quasi le uscì di bocca un verso inorridito. Quel luogo pareva letteralmente fatto di zucchero e, per un istante, ebbe il dubbio che il collega la stesse prendendo in giro. Non poteva averla davvero condotta in un posto di quel tipo per parlare di qualsiasi cosa riguardasse il loro incontro e ciò che avevano fatto fino a poco prima, ma quando si volse verso di lui, certa di trovarlo intento a soffocare l'ilarità data dallo scherzo riuscito, dovette fare i conti con un sorriso a trentadue denti perfettamente bianchi e l'espressione di un bimbo a Natale.
«Oh.» Avrebbe preferito dire qualcosa di più sagace, completo, eppure non ci riuscì. Lo stupore e la consapevolezza furono tali da renderla inoffensiva.
«Sapevo vi sarebbe piaciuto!» L'ennesimo cambio di personalità rese Lord Terry l'uomo più soddisfatto in tutta la città, facendolo allungare verso la maniglia del locale. Quando aprì, il profumo dolce investì Katarina come il fiato di un Troll, facendole socchiudere gli occhi e chiedere se anche quel giorno sarebbe finita bene. «Prego, mia cara, dopo di voi.»
Lei deglutì.
Un passo titubante davanti all'altro si fece strada nel locale, ancora più pomposo di quanto le era parso all'esterno. Non si trattava di un posto particolarmente grande, eppure i soffitti erano alti, di ciliegio che scendeva anche lungo le pareti. Vasi posizionati strategicamente facevano cadere lungo il legno diascia e coda d'asino e dalle vetrine frontali entrava abbastanza luce per permettere loro di crescere rigogliose. Un bancone centrale, tondo, curava tutta la sala mettendo in mostra leccornie e un sistema di tubi e beute attraverso cui passava quella che a Katarina parve acqua calda. I tavoli erano disposti con cura e rigore, lasciando sufficiente spazio per evitare che i commensali potessero origliare le confessioni altrui - certo, le confessioni dette sottovoce!
Un cameriere vestito di tutto punto, coi capelli cosparsi di brillantina e un panciotto giallo gessato, li fece accomodare in una zona vagamente più appartata. Non chiese nulla, lasciò parlare Julius come se fosse abituato a prendere ordini da lui. Il vânător fece portare due porridge con frutta fresca tagliata sopra, poi una teiera da condividere. Il profumo del tè nero alla rosa carezzò le narici di Katarina con una morbidezza che la stupì, sovrastando ogni altro sentore. Non fu difficile riconoscerne la qualità pregiata, degna della collezione del Vescovo Wassily.
«Non fatevi scrupoli a iniziare» la sollecitò Julius sedutole di fronte. Aveva le gambe elegantemente accavallate a lato del tavolo, perché sotto avrebbero faticato a stare, e le mani poggiate in grembo. Non sembrava particolarmente intenzionato a mangiare, quanto più a godersi l'apprezzamento dell'ospite; ma Katarina aveva altro per la mente, così con astuzia prese l'invito di Lord Terry in un altro modo.
«Non sono tipa da farsene, statene certo.» Miss Bahun afferrò la tazza in porcellana: «Ma visto che me lo chiedete... cosa ci facevate, voi, uomo all'apparenza tanto elegante e di buoni costumi, in un un luogo del genere?»
L'espressione di Julius mutò ancora: «Dritta alla questione... siete sicura di non voler prima assaggiare il porridge?» Fu lui ad afferrare per primo il cucchiaio e affondarlo nella terrina: «Una persona a me molto cara tendeva a dire che per affrontare discorsi di una certa importanza bisognerebbe sempre avere lo stomaco pieno.» Eppure Katarina notò l'esitazione nel prendere l'assaggio. Il cucchiaio continuò a mischiare le fragole, le rondelle di banana e i mirtilli nella poltiglia che Lord Terry aveva di fronte. Sembrò volercela affogare dentro, farla sparire insieme ad altri pensieri.
«E come mai?»
«Affermava che la cosa rendesse meno nervosi, più propensi al confronto pacifico e all'ascolto.»
Miss Bahun assaggiò il tè e come previsto lo trovò squisito nel retrogusto amaro: «Probabilmente a causa della sonnolenza che ne deriva.»
Lui annuì ancora, stavolta distrattamente. Il suo sguardo restò impigliato nell'impasto con cui stava giocando e lei cercò di capire cosa volesse nascondervi dentro.
«Io tendo a essere particolarmente irascibile quando non mangio» affermò d'un tratto, interrompendo il gioco col cucchiaio: «penso lo abbiate notato il giorno del nostro primo incontro, così come l'altra mattina sulla carrozza per Scotland Yard.»
Katarina soffocò una sorta di risata: «Ed io che pensavo fosse per l'agitazione di mettere piede nel covo della polizia! Tutti quegli uomini, tronfi con i loro manganelli in mano, pronti a farvene saggiare la durezza.»
«Non temo dei semplici uomini, Miss, quelli posso affrontarli. Per quanto l'essere umano sia infimo, ciò che mi spaventa è altro.»
«Eppure vi ho trovato in un luogo dove quell'altro è padrone e dove con grande probabilità la paura era l'ultima delle sensazioni che stavate provando.» Miss Bahun strinse la presa sulla tazza, assottigliando lo sguardo: «Perché?»
Julius portò gli occhi nocciola su di lei. La fissò con così tanta intensità che Katarina quasi si sentì un portone durante un assedio. Lui era l'armata nemica che con l'ariete stava provando a farsi strada nel castello.
«Perché sono un uomo.»
Katarina avrebbe voluto scoppiare in una fragorosa risata, ma si contenne. Tra tutte le stronzate che aveva sentito nella sua vita, quella di certo si piazzava tra le migliori. «Vi prego, Julius, ogni tanto mi date l'idea di essere più intelligente di quel che sembrate, quindi dimostratemelo. Se la vostra necessità era solo quella di svuotarvi le palle non sareste andato lì.»
Lui non fece una piega. A malapena diede l'idea di averla ascoltata. Riprese come se semplicemente avesse fatto una pausa per schiarirsi la gola: «E sono un vânător. Quelli come me e voi vivono al limite, siamo mostri mossi da buoni ideali, per parafrasare concetti che avete espresso nei giorni addietro.» Tese un angolo della bocca, il ricciolo del baffo destro si alzò: «Vedete, Katarina, io ero in quel luogo, tra le cosce di quella fae che ormai mi è quasi amica, perché non ho più nulla da perdere.» E dall'espressione che seguì quell'ultima frase, Katarina fu sopraffatta. Il dubbio che la resistenza fatta stesse per venir meno, permettendo così al nemico di oltrepassare la soglia e penetrare nella sua persona divenne quasi una certezza. Il cuore quindi rallentò al punto da farle pensare che volesse fermarsi e sentì il sangue defluire dalle estremità del corpo. Julius riprese il cucchiaio: «E come voi anestetizzo ciò che ho dentro attraverso altri peccati, in un circolo vizioso che non dovrei assecondare.»
«Chi vi dice che siamo simili?»
Lord Terry scosse il capo: «La maggior parte di noi lo è.» Girò il porridge alla stessa maniera di un bambino senza fame: «Per quanto possiamo essere fedeli all'Ordine e alle sue regole, siamo umani. Tutti noi abbiamo subìto un trauma a causa di questa vita e rispondiamo al colpo come meglio crediamo. C'è chi dimentica, chi si butta a capofitto nel lavoro, chi trasgredisce e chi impazzisce. Il fatto che entrambi fossimo in quel bordello testimonia che per quanto voi siate diversa da me avete una ferita da guarire.»
A Katarina quelle parole diedero fastidio. Le sentì grattare sul legno intorno a sé come le unghie del nemico.
«Ma onestamente,» il tono di Julius cambiò ancora, prendendola alla sprovvista e facendola allontanare: «potreste solamente essere una deviata qualsiasi, non ve ne farei una colpa. Mio padre aveva un feticcio per i piedi delle signore, sapete? Può capitare, soprattutto quando si ha a che fare con così tanto logorìo dovuto a questa vita.» Finalmente prese un boccone, mimando l'estasi con tutto il corpo: «La prossima volta che ci incroceremo durante una delle nostre "passeggiate" mattutine vi offrirò ancora la colazione, se vi aggrada.»
Le labbra di Miss Bahun si schiusero. Non riusciva a capire. Più guardava quell'uomo, più le sue parole la turbavano.
«Su!» la incitò Julius a bocca piena: «Che aspettate? È una delizia a questa temperatura!»
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top