V

   Katarina si morse il labbro provando a far mente locale il più in fretta possibile. Il fatto che non vi fosse alcun legame tra le vittime era qualcosa di inaspettato, doveva ammetterlo, e di fronte a quella nozione la sua mente non poté impedirsi di concepire due possibilità: o il colpevole era un essere fuori controllo, o qualcuno, da qualche parte nei Possedimenti di Britannia, stava mettendo a punto un piano per generare il caos e dare il via a una guerra a cui non erano pronti né i vânător né gli umani. Ma c'era un'altra cosa a farle dolere le meningi: la mancanza di punti d'estrazione del sangue. Come avevano fatto i vampiri a dissanguare, e trasformare ciò che restava dell'emoglobina in catrame, se le loro zanne non si erano conficcate in una vena? E per quale ragione avevano modificato il loro modus operandi? A cosa si stavano preparando?

Suzu si piegò con il busto nella sua direzione, quasi volesse confidarle un segreto: «Ora capite per quale ragione vi è tanto sgomento? Perché abbiamo chiesto aiuto a Roma? C'è qualcosa che non torna...» le disse, scrutandola con fin troppa intensità.
«Avete parlato con qualcuno di loro? Prigionieri o... Exilati?» se non si sapeva nulla più di quello che le era stato riferito bisognava ricorrere a nuove soluzioni e interrogare i diretti interessati era, forse, al primo posto sulla lista di cose da fare. Certo, la maggior parte dei succhia-sangue ancora fedeli a Dracul non avrebbe parlato spontaneamente con loro, e chissà se da quelle boccacce sarebbero riusciti a cavar fuori qualche informazione con altre maniere, ma nel frattempo invece, gli esuli che aveva rinnegato il legame con Vlad e chiesto clemenza, nonché rifugio alla Chiesa, avrebbero potuto essere loro d'aiuto - dopotutto avevano un debito da ripagare. Sì, la lealtà di quelle creature nei confronti di una o dell'altra fazione restava comunque dubbia, ma sapevano bene che mentire, nei loro panni, era una condanna a morte certa; quindi, seppur spiacevole, far loro visita appariva come l'opzione più logica.

Julius soffiò fuori dalle labbra una folata bianca: «Anche se avessimo dei prigionieri da interrogare, Miss, state certa che non parlerebbero. Piuttosto che tradire i loro popolo preferiscono un paletto del cuore.»

Prevedibile, pensò Katarina versando un ultimo goccio di tè nella tazza. Dracul non aveva alcun bisogno di usare sui suoi sudditi il putere del re per impedir loro di tradirlo, ciò che legava quei disgraziati a lui andava ben oltre a una semplice maledizione: loro lo veneravano al pari di un Dio - e per questa ragione, nemmeno con una punta di cipresso premuta al petto si sarebbero fatti sfuggire di bocca qualcosa. Quindi, che fosse opera sua o meno, scoprirlo sarebbe stata un'impresa tutt'altro che semplice.

«E se mi permettete, Miss» dall'altro capo del tavolo, Sorella Goldchild si intromise nel discorso catturando la sua attenzione: «non credo che i pochi Exilati presenti a Londinium possano esservi di aiuto. Fanno parte dei Patti da decenni ormai, non hanno alcun rapporto con i fratelli. È brava gente, solo un po' sfortunata.» Con un nuovo sorriso, stavolta più timido e al contempo intrigante, la suora provò ad ammaliare Katarina; e seppur all'apparenza innocente, si ritrovò a constatare la cacciatrice, quella donna doveva essere ben consapevole della propria bellezza, usandola quasi come un'arma. E come biasimarla? Nessun uomo, nemmeno di fede, avrebbe saputo resistere a quelle labbra tanto rosee. Sicuramente, in tempi di bisogno, doveva essere un ottimo mezzo per raggiungere qualsiasi fine - e al momento, anche lei desiderò possedere qualcosa che potesse attirare Sylvia a sé.

Alzando con una certa malizia il sopracciglio, Miss Bahun le si rivolse: «Perdonatemi, Sorella, ma non mi trovate d'accordo. Volenti o nolenti, ciò che siamo avrà sempre la meglio sulla nostra volontà.» Poi, con il cucchiaino d'argento, smosse il tè senza staccarle gli occhi di dosso: «E per quel che ho potuto vedere nel corso del mio lavoro, una volta corrotti dal Male lo si è per sempre. I vostri pentiti magari non parteciperanno alle cacce umane, ma dubito si siano estraniati da tutto ciò che hanno conosciuto prima.»
«Quanto scetticismo nelle vostre parole. Devo quindi dedurre che non crediate nella redenzione, Miss? Eppure siete una donna dell'Ordine, fatte parte del Culto.»

Katarina fece tintinnare l'argenteria sul bordo della tazzina, trovandosi in qualche strano modo compiaciuta. Non le capitava spesso che a un primo incontro le si rivolgessero simili domande, men che meno che fosse un'ecclesiastica a farlo. Donne dell'estrazione di Sylvia Goldchild non osavano rivolgersi ai vânător con tanta schiettezza; molte, a dire il vero, davano per scontato che i membri dell'Ordine degli esorcisti fossero fanatici pronti a immolare la propria vita, e quella dei propri cari, per adempiere al volere del Dio - peccato che la maggior parte di loro avesse altre ragioni per trovarsi a prendere i voti.

«Mi spiace, Sorella, ma non è questo il punto» le sorrise. «Non si tratta di redenzione, men che meno di fede. Vedete, io sono fermamente convinta del fatto che sia difficile abbandonare certi legami, soprattutto quando in gioco c'è qualcosa di così prezioso come la sopravvivenza.» Con la lingua si bagnò il labbro inferiore: «Lasciate quindi che vi ponga una domanda, se permettete» succube di un trasporto che raramente si permetteva di far trapelare, si protese con il corpo verso di lei, accorciando lo spazio tra di loro. «Mettete il caso che tutto ciò che avete, oltre a voi stessa è chiaro, siano dei compagni che seppur malvagi sono gli unici a potervi capire, a farvi sentire parte di qualcosa. Ebbene, solo loro possono amarvi, ma voi, forse mossa dalla paura o da una labile speranza, decidete di allontanarvi da questi individui per inseguire una... himeră» Katarina scosse la testa. Alle volte le capitava che di bocca le sfuggissero parole in rumeno, così doveva fermarsi per trovare la traduzione più appropriata: «aspettate, come dite voi? Chimera? Ecco.» Nuovamente si umettò le labbra: «Fingete quindi di dovervi allontanare da loro, di non poterli più vedere. Non li odiate, questo mi pare ovvio, in realtà nemmeno potete perché sono uguali a voi, quindi detestarli vorrebbe dire detestare voi stessa. Dovete star lontana dall'unica famiglia che avete per un bene che conoscete, ma che infondo non vi aggrada perché minaccia l'essenza stessa della vostra natura. Come potete, quindi, affermare con certezza di poterli evitare, in caso vi sia possibile raggiungerli?»

Lord Terry sobbalzò sulla propria sedia, rischiando di far cadere a terra la pipa in bilico tra pollice e indice. Di certo non si doveva essere aspettato una domanda così articolata e poco garbata; in fin dei conti chiedere a una donna come Sylvia Goldchild di immaginarsi nei panni di un mostro non doveva essere stata una mossa rispettosa ai suoi occhi, ma prima che questi potesse intromettersi, la Madre Superiora alzò una mano, zittendolo. Sul suo viso, a dispetto di quanto doveva aver pensato l'uomo, comparve un'espressione divertita e l'innocenza di poco prima sembrò dissiparsi.
«Oh, mia cara, non posso. Non potrei in alcun modo fermare il mio trasporto e correre loro incontro. Sarei ottenebrata dal bisogno di riabbracciare coloro che per me sono stati una famiglia... eppure il mio desiderio più grande sarebbe di poter dare anche a loro una parte della mia speranza, per questo mi batterei contro il male che li affligge, Miss Bahun» affermò in un soffio, imitando subito dopo il movimento compiuto dall'ospite. «Confido nell'amore e nella benedizione della Vergine più di quanto faccia con quello degli uomini.» Ora erano faccia a faccia, separate solo da un palmo - e a quella distanza Katarina poté ammirare tutta la bellezza del suo viso. Quanto sarebbe stato semplice afferrarle il viso, tirarla a sé e morderle il labbro carnoso, pensò in un momento di totale estromissione dalla realtà.

«Quindi visto che non abbiamo prigionieri e non vi fidate degli Exilati suppongo che il vostro suggerimento sia di andare a far visita a questi ultimi, giusto?» la domanda di Suzu arrivò senza preavviso, riportandola fin troppo presto coi piedi per terra.
Storcendo il naso, si volse verso di lui e per qualche secondo rimasero entrambi fermi a fissarsi: l'uomo in attesa di risposta, lei di capire in che modo sbarazzarsi di lui. Non potendo né ucciderlo né cucirgli la bocca, Miss Bahun si arrese, lasciandosi andare sullo schienale della sedia. Quanto avrebbe desiderato, in quel momento, un bicchiere di vodka.

«Quanti Exilati ci sono in questa città?»
Julius si mise a contare e ogni volta che il nome di uno di quei farabutti gli tornava alla mente alzava un dito. «Quattro. Tre uomini e una donna» concluse alla fine, osservando con fierezza la propria mano quasi quel conteggio fosse stato per lui un lavoro di grande impegno - e se tutti i vânător di Londinium in qualche modo erano al suo stesso livello, se non inferiore, si sarebbe spiegata la loro attuale situazione di disagio, pensò Katarina. 
Con un sospiro rassegnato, la donna provò a distogliere l'attenzione da quel dubbio. Se si fosse soffermata troppo avrebbe finito con il trovare quella missione ancor più fastidiosa di quanto già non fosse, soprattutto vista l'impossibilità di mettersi all'inseguimento di Dracul a proprio piacimento. Così, ancor più irritata, ripeté tra sé e sé l'informazione fornitale da Lord Terry.
Quattro era un numero pressoché irrisorio vista la grandezza di quella città, ma non per questo del tutto inutile; forse qualcuno di loro avrebbe saputo indirizzarli nella direzione giusta.

Infilando le dita nel taschino del cappotto, Miss Bahun ne tirò fuori l'orologio d'argento.
Mezzogiorno era passato da poco e, a un orario del genere, nessun vampiro avrebbe avuto il piacere d'ospitare in casa propria un gruppo di vânător. Era quindi il momento perfetto per agire.
«Quale di loro abita più vicino all'Istituto?»
Le sopracciglia pallide di Sylvia Goldchild si alzarono: «Pardon
«Mi serve sapere quale degli Exilati si trova nelle vicinanze più immediate così da metterci all'opera.»
«Certo, capisco benissimo, ma non credete che sia un momento della giornata... inadeguato? I vampiri tendono a essere suscettibili e nervosi a quest'ora.»
Katarina sorrise, facendo stridere le gambe della sedia lungo il pavimento di pietra. Sapeva bene che, proprio perché nervosi, i vampiri avrebbero cercato di liberarsi degli esorcisti il prima possibile e, non potendo ucciderli o attaccarli – in quanto emissari della Chiesa –, avrebbero piuttosto optato per dar loro le informazioni di cui avevano tanto bisogno.
«Affatto, il dì è sempre un buon momento per un colloquio con le creature del Male» con la mano inguantata afferrò la propria valigia: «Inoltre se non ci muoviamo ora dubito saremmo liberi per la metà del pomeriggio. Non so i miei colleghi, ma io tendo a riposare almeno un paio d'ore prima della ronda notturna.»

«No, avete ragione, ma uscire dopo il tramonto è pericoloso in questi giorni» si affrettò a dire Julius alzandosi in piedi, quasi temesse di vederla sgattaiolare via da un momento all'altro.
Sul suo viso fece capolino un'espressione dura, tradendo la così poca propensione a partecipare a quell'attività serale e, men che meno, a lasciare che lei stessa ne prendesse parte.
Quasi le venne da ridere, notandolo. Un vânător non aveva ragione di temere le ombre o di muovercisi nel mezzo, sin dalla nascita veniva addestrato ad affrontare tutto ciò che potevano nascondere. Tutto ciò che il sangue dei Maligni aveva generato, lui avrebbe dovuto sopprimerlo.

«Avete per caso paura, Lord?» domandò, piegando appena la testa da un lato. Più fissava l'uomo, meno trovava in lui le doti necessarie per portare a termine quel lavoro – o qualsiasi altro, a dire il vero. Julius, ai suoi occhi verdi, sembrava proprio stonare in quel contesto.
Contraendo la mandibola, l'uomo osservò dapprima il proprio compagno, poi lei. Sembrava sempre più teso, scettico nel confidarle ciò che sapeva, ma perché?
«Ne avreste anche voi, Miss, se aveste visto ciò a cui abbiamo avuto lo sventurato dispiacere di assistere noi.»
«E di grazia, in cosa avete avuto "il dispiacere" d'imbattervi? Perché vorrei farvi presente che siamo cacciatori del Male e a prescindere dalle nostre paure abbiamo un lavoro da portare a termine, o quantomeno io, visto che sono stata inviata dalla Santa Sede. E lo farò con o senza di voi» il petto di Katarina si gonfiò sotto alla coltre di vestiti e nonostante non potesse vantare un gran seno sentì tirare la stoffa lì intorno: «Quindi, miei cari, stanotte uscirò per le strade di questa città e andrò a dare un'occhiata nei dintorni anche contro il vostro volere. A differenza vostra, forse, ricordo con più chiarezza il giuramento fatto all'Ordine» sbottò, sentendosi più temeraria di qualsiasi persona lì presente – cosa assai insolita visto che, per quel che aveva potuto sperimentare negli anni, i cacciatori di sesso maschile tendevano a voler dimostrare con fin troppo ardore il proprio valore.

«Voi non capite...»
«E voi non me ne date modo se vi ostinate a tacere, ma ciò non cambierà i miei piani per questa notte.» Compiendo un movimento brusco, la donna si rimise in testa la bombetta: «Ora, di grazia, potremmo andare da un dannatissimo succhia-sangue e fare ciò che in due non siete ancora riusciti a portare a termine? Non avete nemmeno una pista affidabile e pretendete di dire a me come comportarmi, mossa assai altezzosa da parte vostra, ma vi svelerò un segreto: non temo nulla di ciò che vi là fuori» e con veemenza il suo tacco picchiò al suolo, facendo sussultare Julius Terry.
Cosa poteva esserci di tanto spaventoso da far titubare a quel modo due vânător grandi e grossi come loro?

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