IX (2)

Miss Bahun mosse i propri piedi velocemente, alzando un poco la gonna per facilitare le falcate sempre più lunghe e riuscire così a riportare nel proprio campo visivo il soprabito cipria o la piuma bianca che aveva incrociato in precedenza. Cercò di non andare eccessivamente di fretta, in modo da non insospettire i suoi colleghi che, sicuramente, la stavano ancora scrutando dallo spiazzo di fronte alla loro meta, ma comunque non rallentò per un solo momento: non poteva permettersi di perdere di vista l'obiettivo, il rischio di farsi sfuggire un'occasione tanto ghiotta era concreta, più di quello che si poteva immaginare.
Così schivò cittadini intenti a passeggiare, bambini presi a rincorrere i sassi e bagarini occupati a guadagnarsi qualche moneta vendendo giornali. Seguì il sentore fruttato fin dentro alle vie più anguste, dove i bolognini a terra alle volte si ritrovavano privi di un tassello, oppure dove le vetrine dei locali avevano iniziato a farsi meno pulite e ricercate a causa dei fumi che venivano dispersi al loro interno. I begli edifici dalle facciate pulite e da qualche vago metro quadrato di verde ad affiancare le entrate e renderle più signorili si sostituirono presto con palazzette di mattoni e tetti spioventi, dove non si parlava più di case unifamiliari, quanto più di stanze. Nonostante intorno a lei vi fossero ancora abbastanza persone dalle facce tranquille, la vânător si accorse subito del modo in cui i loro vestiti avevano preso a essere meno raffinati e di come, ora, potesse scorgere dietro alle tende qualche ombra poco rassicurante. Inoltre, il sole malato di Londinium aveva iniziato a sfiorare la strada solo di tanto in tanto, intrufolandosi tra i panni appesi a funi traballanti e grondaie malformi.
Sicuramente, si disse la cacciatrice muovendo qualche sguardo furtivo appena sopra alla propria testa, al di là di quelle tende fatiscenti e dietro al bucato steso alla bene e meglio, qualcuno aveva preso a osservare la sua corsa, forse domandandosi cosa ci facesse, una donna con la valigia, in quell'angolo di mondo.
Katarina infatti si sentiva osservata. Avvertiva sul feltro della propria bombetta gli occhi curiosi di qualche sconosciuto o possibile ladruncolo che l'aveva presa di mira, ma nonostante la possibile minaccia non arrestò per un solo momento la propria avanzata - nessun umano poteva farle paura, quanto più dovevano essere loro a temerla.

Ad ogni modo, se fino a qualche passo prima aveva faticato a identificare in una qualsiasi maniera quelle anonime viette, ora le venne naturale constatare di essere sopraggiunta in un'area adiacente ai primi, squallidi sobborghi. In un "quartiere" come quello, sempre se così si poteva definire, doveva prender forma la vita meno ligia della città: bordelli di bassa lega, bolere dalla musica suonata malamente e osterie piene di ubriaconi dovevano fare da padroni alla sera - o almeno fino a quando i mostri non si mettevano a terrorizzare la gente e diventare i sovrani delle tenebre, sempre se fosse successo. In un ambiente del genere la quantità di creature soprannaturali doveva essere maggiore di quanto ci si sarebbe aspettati e, purtroppo per l'etichetta e i costumi più canonici, Miss Bahun riuscì quasi a trovarsi a proprio agio di fronte a tale idea - posti così poco raffinati andavano a braccetto con qualsiasi perversione l'esorcista avesse preso a coltivare nel corso degli ultimi dieci anni, se doveva essere onesta. Certamente, dovette ammettere a malincuore, sia i rappresentanti della Santa Chiesa della Vergine Oscura, tra cui Padre Costantino e il Vescovo Wassily, sia il famigerato Emil Bahun e la società borghese a cui sarebbe dovuta appartenere, non avrebbero mai gradito saperla lì e, men che meno, conoscere i suoi momentanei pensieri, eppure eccola, sempre più confortata dall'ambiente malsano in cui si stava addentrando - e fu in quell'istante, mentre soppesava tutte quelle scomode considerazioni che, con la coda dell'occhio, riuscì nuovamente a scorgere il soprabito cipria che stava inseguendo, accompagnato inoltre da un lieve ticchettio di scarpe e una risata frizzante.

La preda si stava facendo sempre più vicina, si disse, avvertendo già il sapore della vittoria sulla punta della lingua. Così, con circospezione, si portò una mano al bavero del cappotto verde e, sapiente, sganciò la spilla dell'Ordine in un gesto di prevenzione e involontario rispetto - perchè seppur scettica nei riguardi della sua esistenza, Katarina conservava ancora una sorta di riverenza verso quella Santa a cui, forzatamente, aveva dovuto giurare fedeltà. A quel punto, lanciando un'ultima occhiata alle proprie spalle per essere certa di non essere seguita a propria volta e abbozzando un sorriso mefistofelico, si mosse svelta verso il vicolo in cui la sua preda era sparita, trovandola appoggiata alla parete di un anonimo edificio solo poche falcate dopo.

E la fanciulla se ne stava lì, sorridente. La fissava dal suo angolino con interesse e malizia, due aggettivi che, in tutta onestà, ben stonavano sul quel viso di porcellana: «Non ero certa veniste» l'apostrofò sbattendo le lunghe ciglia. Era bella, esattamente come Katarina si era aspettata che fosse, e gli occhioni viola con cui la fissava avevano qualcosa di magnetico e invitante, quasi stessero provando a farle una malia - e, per spezzare quella sorta di incanto, la cacciatrice alzò gli occhi sulla facciata dello stabile, riconoscendone alcuni dettagli familiari.
«È il tuo lavoro, far venire le persone, soprattutto qui. Sbaglio, forse?» Non che nei bordelli si facesse molto altro, dopotutto.

«E voi, Miss? Mi avete seguita per questo?» con un movimento del capo la prostituta indicò l'insegna all'angolo dell'ingresso, lì dove il tariffario stava bellamente appeso ad arrugginire. Grossi numeri seguivano piccole diciture che vergognosamente riportavano senza grandi giri di parole i servizi svolti e l'esorcista, lanciandovi uno sguardo fugace, fece finta di prestarvi attenzione - anche se era altro a interessarle veramente.

Katarina sorrise, piegando la testa da un lato. Ciocche vinaccia le scivolarono lungo il volto, schermandole in minima parte lo sguardo: «Avete altro da offrirmi?» domandò, avvicinandosi pericolosamente.

Quel profumo; quella lieve nota fruttata era stato il motivo per cui l'aveva seguita. Le aveva parlato più di quanto stessero facendo ora loro due e, per questo, senza alcuna pudicizia Miss Bahun si protese tanto da schiacciarsi contro la puttana e rubarle un bacio lento, intenso, e del tutto fuori luogo per una donna come lei - chi avrebbe perdonato a un'emissaria della Chiesa un simile gesto? Eppure lei non si fermò, premette sempre più, infilando la propria lingua oltre le labbra dell'altra.

C'era stato un tempo, quando i voti erano un ricordo fin troppo vivido nella sua memoria, in cui senza l'alcol ad annebbiarle i sensi non si sarebbe mai permessa un'azione tanto goliardica, dove l'idea di infilarsi tra le lenzuola di una signorina, una donzella del genere, era fonte d'imbarazzo e goffaggine - ma erano anni ora lontani, momenti che l'esperienza e la costrizione avevano finito con il farle apprezzare sempre più; perché i piaceri più riprovevoli, aveva imparato, colmano i vuoti più profondi e leniscono le ferite degli animi. E c'erano state stagioni in cui Katarina aveva creduto di non poter sopportare il peso delle sue colpe senza simili anestetici.

In risposta a tanto impeto, persino la giovane in cipria si lasciò andare e, afferrando il viso della vânător tra le proprie dita inguantate, la trascinò con sè oltre la porta del bordello, forse udendo già il tintinnio delle monete sul proprio piatto dei guadagni, vibrando all'idea di un ennesimo e occasionale piacere - in fin dei conti nessuna di loro bramava altro che il vile denaro unito a qualche tocco meno violento, avido, viscido del solito.

L'interno dell'edificio, Miss Bahun lo studiò con la coda dell'occhio, senza smettere di cercare il sapore della bocca altrui. Vide in controluce le sagome confuse di altre donne, qualcuna più attempata, che con il trucco spesso aveva cercato di nascondere i solchi di un tiranno impietoso: la vecchiaia. Aveva scorto poltrone in velluto sbiadito, tendaggi ornati da trame floreali, candele consumate fino all'ultimo centimetro di picciolo. Al suo naso era arrivato con sempre maggiore intensità il profumo fruttato, non più privilegio solo della preda che la stava conducendo verso l'ennesima camera intrisa di umori e spasmi, ma dote di molte e condanna di molteplici.
Eppure, nulla di ciò che i suoi sensi incontrarono lungo quel lussurioso percorso parve essere innocente - vi erano peccati nascosti dietro a ognuna delle strisce di carta da parati appesa alle pareti e lei lo sentiva, lo percepiva con quell'intuito che Emil le aveva dato in eredità, il lascito di ogni Bahun che si era bagnato del sangue del Demonio.

Katarina lasciò che i propri piedi salissero svelti lungo una scalinata malconcia, un gradino per volta, seguendo adesso, senza distrazioni, la mantellina cipria che copriva la schiena di una donna che avrebbe fatto meglio a non fidarsi né di lei né del suo argento - perchè un cacciatore resta tale, anche quando in apparenza non vi è nulla da braccare.

La vânător si fece condurre per un corridoio oltre le cui porte, di tanto in tanto, si udivano gemiti e grugniti, gli spasmi di vecchi porci incapaci di conquistare una qualsiasi donzella senza sfruttare le monete nascoste nelle proprie saccocce. Hidos, pensò lei allontanando lo sguardo dal legno smunto, doar o grămadă de idioți, aggiunse poi con un sorriso beffardo stampato sulle labbra arrossate, avanzando e pregustando già il piacere che di lì a poco l'avrebbe colmata. Seppur ad una prima occhiata uguale, Katarina era diversa da qualsiasi cliente l'avesse preceduta in quell'angolo di mondo, peccato che nessuno, a parte lei medesima, ne fosse a conoscenza - ciò che l'attendeva era ben più interessante di ciò che stava accadendo in ognuna di quelle cabine.
Così, dopo qualche inutile metro, Miss Bahun si ritrovò a oltrepassare la soglia di una delle ultime stanze lungo quel rumoroso cunicolo di assi scricchiolanti e letti cigolanti, giungendo infine alla meta tanto desiderata. Era dentro, al sicuro da qualsiasi occhio non volesse su di sè, ma soprattutto pronta a ottenere un premio assai succulento.

Appena i suoi piedi furono nuovamente posizionati di fronte a quelli della fanciulla, la porta alle sue spalle si chiuse con un lieve tonfo e la valigia che aveva con sé cadde a terra facendo tintinnare la ferraglia e il vetro che vi si nascondevano all'interno. Con le mani ora libere si avventò sui lacci della mantellina cipria, iniziando a slacciare i fiocchetti di seta mentre, con un finto fiato corto, si avventava sulle labbra e il collo dell'altra. Aveva premuta, voleva togliere quanta più stoffa possibile per scoprire ciò che ancora le era negato; dopotutto le ore diurne a sua disposizione erano assai limitate e i suoi colleghi si sarebbero presto insospettiti se non l'avessero vista tornare.

«Co-cosa ave-avete... lì den-ntro?»
«Nulla di cui ti debba importate» Katarina pareva tutto tranne che interessata a concludere la sua momentanea fuga con una chiacchierata di quel tipo, così, un bottone e una carezza alla volta, le camicette di entrambe finirono con l'aprirsi su bustini e canotte in raso. Miss Bahun afferrò ancora il viso della giovane, rubò altri baci e si schiacciò a lei assaporando appieno quel sentore fruttato che tanto l'aveva intrigata, delineando nella propria memoria una sequenza di ricordi che le strapparono un sorriso sinistro.
Lenta fece scendere i propri polpastrelli lungo le spalle, accompagnando le maniche fino alla fine degli arti superiori. Lasciò cadere la camicetta, finendo poi con l'arrivare fino all'allacciatura della gonna a ruota che, lesta, con quell'esperienza tipica solo delle donne, sganciò; e in meno di pochi minuti, la prostituta fu svestita dei propri indumenti. Nell'esatto istante in cui accadde, gli occhi della cacciatrice scorsero ciò che fino a quel momento aveva solo supposto, allargandole così il sorriso.
La pelle della ragazza che aveva di fronte pareva essere una membrana. Con una sfumatura quasi lattiginosa rifletteva la luce che filtrava da oltre le imposte socchiuse e le vene che vi stavano sotto apparvero come un intricato dedalo di linee verdastre.

Una zână, ecco cosa era in realtà.
Una stupida e lussuriosa zână che si sarebbe presto pentita di aver cercato di fregare una donna come lei.

Forse a Londinium non vi era poi tanta rettitudine; forse in una città tanto avanguardistica le creature che avevano firmato i Patti del Mundus Umbrae non erano visti con gli stessi occhi di Roma; forse a quei luridi vecchi incapaci di avere un'erezione, troppo offuscati dalle loro riprovevoli perversioni per riuscire a soddisfare le proprie mogli, piaceva deflorare i corpi diafani delle Fate pensando quasi di poterle spezzare con un colpo d'anca un po' più veemente del solito, chissà. Ma mentre loro cercavano di arrivare al culmine del piacere con le figlie di Titania, molto più pericolose di quello che le loro menti limitate avrebbero mai potuto immaginare, elle incantavano le loro membra, assopendone i sensi e permettendo a quegli stupidi Fauni nascosti dietro ai paraventi di uscire e fregarsi tutte le loro monete.

Così Katarina, fingendo di non star facendo altro che godere della compagnia di quell'essere, riportò la propria mano sul suo collo, ne accarezzò la pelle con infinita dolcezza, quasi stesse sfiorando del cristallo e poi, lentamente, strinse tanto da mozzarle il fiato. E il piacere dell'altra si trasformò presto in rigidezza. Sentì il suo corpo reagire, diventare un blocco di nervi e muscoli tesi e, così, rallentò la foga dei baci fino a fermarsi - peccato che in viso Katarina continuasse ad avere quel sorriso appagato, malato.

E come darle torto? Vi era forse immagine più eccitante della paura disegnata su un volto tanto abominevole? Quale sensazione poteva farla sentire viva e potente, se non la consapevolezza di avere il controllo?

Miss Bahun aveva ereditato anche quello da Emil: un feticismo che più volte aveva preso il nome di sadismo - e purtroppo aveva smesso sin da subito di reprimerlo.

Gli occhi della Fata si fecero grandi di stupore e spavento, rivelando, oltre al naturale color ametista, anche il riflesso della creatura caprina alle loro spalle, nascosta nell'ombra e altrettanto impreparata a una simile evenienza. Aveva udito il suo respiro mozzarsi nel momento in cui la valigia era caduta inaspettatamente a terra, così come, nel corridoio percorso poco prima, dagli piccoli spazi sotto le porte delle altre stanze aveva scorto ombre inusuali muoversi  con una certa premura.

A quel punto, le unghie della cacciatrice si premettero nella carne della prostituta, creando mezzelune bluastre sui lati della giugulare e, svelta, dalla propria crocchia malferma estrasse uno stiletto di legno che puntò al ventre di lei. Poi sbuffò.

«Tanto belle quanto ingenue, le Fate... non pensi, Fauno?»

Il figlio di Pan, forse sentendosi preso in causa più del dovuto, provò a muovere un passo nella loro direzione, ma appena Katarina ne intravide il movimento con la coda dell'occhio, premette la punta dell'arma improvvisata sul grembo della giovane, facendo passare la punta in mezzo alle allacciature allentate del bustino: «Ah-ah! Stai lì e fai il bravo, sennò la trapasso.»

Lanciando un'occhiata oltre la spalla, la cacciatrice fece sfoggio del mix febbrile di eccitamento e ingiustificata malignità che le stava trasformando la smorfia.
Ciò che il suo sguardo incontrò a quel punto, fu l'aberrante volto glabro di un ragazzo dagli occhi di capra, dai cui ricci spuntavano lunghe corna ricurve.

«Non vi ha fatto nulla, stava solo cercando di...»
«Oh, ma non è lei il problema.» Lo interruppe: «Non del tutto, quantomeno. Tu, al contrario però, hai provato a derubare un emissario della Santa Chiesa della Vergine Oscura, per non parlare del fatto che avresti guardato per tutto il tempo, o sbaglio? Non so, cosa credi sia più grave tra queste due azioni? Il fatto che stavi per infrangere i Patti, oppure che avresti leso la mia intimità di donna?» il tono di Katarina prese un'intonazione infastidita e, il Fauno, si ritrovò a spalancare la bocca. Non doveva capitargli spesso di essere scoperto e messo in simili situazioni.

«I-io... io...»
«Non sprecare fiato inutilmente, non ho tempo per simili sciocchezze, inoltre le vostre parole preferisco vengano spese per altro» nuovamente, lo sguardo della donna tornò sulla Fata. La osservò con velato interesse, schifando la sua natura ora tanto evidente. Chissà come aveva ancorato le sue fragili ali... Forse il bustino le stava trattenendo con forza alla schiena, impedendo loro di dispiegarsi nell'aria e tradirne la copertura, oppure in qualche modo era riuscita a incollarsele alla pelle. Nel più roseo dei casi, pensò Katarina, dovevano esserle state amputate.

«C-cosa volete da... noi, esorcista?» La voce del ragazzo tremò nella sua direzione, provando a capire per quale terribile scherzo del destino, quel giorno, nel loro bordello avesse messo piede un'assassina del genere - perché in fin dei conti Miss Bahun dubitava che quelli della sua specie potessero definirla in altri modi.
«Informazioni, Fauno» bagnandosi le labbra, Katarina continuò a osservare ogni lembo di pelle nuda che l'essere davanti a lei le metteva a disposizione: «e magari un piccolo accordo... in onore dei Patti, s'intende».

Ania:

Dopo EONI eccomi di ritorno con la seconda parte del capitolo. Non sono pienamente convinta della sua resa, ma mi auguro che possiate darmi i vostri pareri a riguardo, in modo da perfezionarlo al punto giusto e proseguire con quella che credo farò diventare la terza parte.

Spero inoltre di aggiornare presto il capitolo con un'illustrazione iniziale a tema, visto che sono rimasta un po' indietro con questo progetto. Inoltre, prima o poi, mi deciderò a postare anche gli artwork e le fanart create per questa mia amata anti-eroina <3

A presto!

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