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Quando Arya si svegliò, fu sopraffatta dal caldo e dalla nausea. Il corpo di Christian attaccato al suo la soffocava, e l'aria afosa della camera era anche peggio. Il tutto in aggiunta ad una nausea tremenda.
Che ore sono?, pensò.
Scivolò via delicatamente dall'abbraccio bollente di Christian e prese il telefono che era sul comò, dalla parte opposta della stanza per vedere l'ora.
03:18. È passata solo un'ora, si disse. E insieme ai ricordi della serata passata a bere, venne anche la consapevolezza di quello che era successo dopo aver bevuto.
Cazzo! Ho baciato Christian!! Si insultò mentalmente e rimase in mezzo alla stanza, mentre era ancora semi ubriaca, a massaggiarsi le tempie in un gesto nervoso, cercando di capire cosa avrebbe dovuto fare ora.
Vado a dormire sul divano di sotto.
E mentre prendeva ai piedi del letto il plaid con cui si erano coperti per vedere il film, vide la bottiglia di tequila ancora sul comodino vicino al letto di Christian.
Come sempre quando è notte, ogni minimo suono è amplificato dal silenzio, e mentre Arya prendeva la bottiglia, il vetro strusciò lievemente sul legno del comodino.
Arya trattenne il fiato.
Se si sveglia è finita! Dormi ti prego!
E come era tipico del suo migliore amico, non si svegliò e continuò a respirare con lo stesso ritmo incessante.
Arya scese le scale e si accomodò sul divano ampio. Era un divano a cinque posti componibile e dotato di una fantastica penisola.
Non dovette nemmeno accucciarsi da quanto era ampio.
Prese la coperta e si sdraiò, e afferrò la bottiglia dal pavimento. Prese un lungo sorso.
Bleah, è caldo! Disse facendo una smorfia.
Ingoiò tutto d'un fiato, e chiuse gli occhi.
La testa le girava ancora, dato che non era passata più di un ora dal suo ultimo bicchiere, e le idee le si erano confuse ancora di più.
Decise che bere un altro po' forse le avrebbe schiarito la mente, ma così non fu. La aiutò solo a non pensarci. E ogni sorso amaro che le bruciava la gola la aiutava a non pensare a quello che era successo tra lei e Christian.
Tutto d'un tratto si rese conto che doveva essere molto tardi. La sua mente era annebbiata, ma decise comunque di tornare a casa.
Si tolse la coperta, attraversò l'ampio salone e uscì sul vialetto.
L'aria era afosa esattamente come all'interno, se non di più, e camminò il più velocemente possibile verso casa sua. La testa le girava, o forse era il mondo a girare intorno a lei. Mentre avanzava verso il portone di casa sua, le siepi che separavano la sua villetta bifamiliare con quella di Christian iniziarono a piegarsi sempre più verso destra. La testa le girava e considerò che forse non era stata una bella idea bere.
Mentre cercava di aprire il portone, si aggrappò per non cadere. La mano aveva trovato un appiglio stabile sul lato del portone, dove si trovavano i citofoni.
Arya cercò disperatamente di aprire la porta, ma era chiusa. Si tastò le tasche e si rese conto di indossare solo la maglietta da basket di Christian.
Si guardò intorno, cercando di vedere se qualcuno stesse passando per la strada, ma arrivò alla conclusione che nessuno girava alle quattro e mezza di notte in un quartiere residenziale.
Ad un tratto la porta che teneva Arya in piedi si aprì di scatto, e Arya rovinò a terra.
Chiuse gli occhi mentre la testa sbatteva contro la pietra dura del pavimento.
Dovette fare un bel botto, perché poco dopo, quando aprì gli occhi, vedeva tanta luce e si sentiva come se stesse fluttuando leggera. Solo un lieve dolore alla nuca la avvertì che forse non stava così bene. Le pulsazioni regolari alla testa erano dolorose, ma servirono a darle un po' di lucidità. E quando spostò lo sguardo si rese conto che la luce forte che vedeva era il neon che illuminava l'androne. E si sentiva fluttuare perché qualcuno la stava portando in braccio.
All'inizio pensò a suo padre, e un'ondata di panico la investì, ma era troppo magro e allo stesso tempo forte per essere duo padre. Mentre le sue palpebre si chiudevano, mise a fuoco un volto, i lineamenti perfetti, i capelli scuri spettinati ad arte, e gli occhi. Quegli occhi azzurro ghiaccio che non avrebbe mai dimenticato.
E fu buio, e dalla sua bocca uscì un ultima parola prima di crollare. Un ultimo sussurro, un alito di voce flebile.
- Daniel...
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