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L'uomo che li fissava era alto, un po' tarchiato, con una lieve calvizie e, cosa più strana data la temperatura, era vestito tutto di nero, con una giacca di pelle.
Dentro Arya si fece strada una strana sensazione, così impalpabile che appena tentò di afferrarla, questa svanì, lasciando solo un senso di déjà vu. Si riscosse dai suoi pensieri appena in tempo per sentire l'ultima parte della frase di Christian.
–...non mi piace per niente – Chrisrtian la stava fissando con un cipiglio preoccupato in viso.
– Come scusa? Non ho capito cos'hai detto... – si scusò Arya.
– Ho detto che sarebbe meglio se ce ne andassimo da qui, quel tizio che ti fissa non mi piace per niente. Tutto bene?– chiese, perplesso mentre le afferrava la mano e si voltava per tornare verso il parcheggio.
Non era la prima volta che qualcuno la fissava, e non c'era da preoccuparsi così tanto, si disse.
–Tutto bene, tranquillo – gli sorrise e anche il suo viso si illuminò, scoprendo i denti bianchissimi e i particolari canini a punta che avevano sempre caratterizzato il suo sorriso, non per questo meno splendido.
Tornarono alla macchina senza staccarsi, le dita di lui intrecciate nelle sue. Arya non diede troppo peso alla cosa. Erano amici da sempre e questi piccoli gesti di affetto non la stupivano.
Mentre una folata di vento caldo le scompigliava i capelli, Christian le aprì la portiera.
–Prego, madame – un piccolo inchino e il solito sorriso smagliante.
Arya rimase a fissarlo, perplessa e divertita da questo gesto.
– Grazie, monsieur. A cosa devo cotanta gentilezza? – si scostò i capelli con fare regale, il tono ironico appena percepibile.
– Per esempio, – disse Christian tornando al suo tono di voce abituale – al fatto che te lo meriti perché mi hai stracciato oggi. Sono ridotto a un livido che cammina. Mi faranno male le gambe per giorni. – si lamentò.
– Non ti facevo così delicato. – lo derise Arya alzando le sopracciglia come a dire non credo a una parola di quello che dici. Dove vuoi arrivare?
– Prenditi le responsabilità delle tue azioni. Dovrai rimediare a questo – disse indicando il suo corpo – stando con me e curandomi le ferite. – il tono era quasi da cane bastonato, ma Arya non ci cascò; lo conosceva troppo bene per non notare la luce che gli illuminava gli occhi divertiti e provocatori.
Arya rispose alla provocazione, ma non come sperava Christian.
– Se sei una pappamolla, non puoi prendertela con nessun'altro se non te stesso. – gli fece una linguaccia. – E ora andiamo a casa che non vedo l'ora di entrare nella doccia... sempre che tu riesca ancora a guidare – si sedette e rinchiuse la portiera.
Mentre Christian metteva in moto, non poteva far altro che pensare che era stata una giornata semplicemente stupenda.
***
Arrivata sul vialetto di casa, frugò nella borsa per cercare le chiavi del portone e le trovò solo dopo alcuni sbuffi e varie ricerche nelle tasche laterali. Aprì il portone ed entrò nell'androne che, con suo piacere, aveva una temperatura più bassa dell'esterno. Mentre saliva la prima rampa di scale, sentì la porta dell'altro appartamento chiudersi di scatto.
Quindi è vero che abbiamo dei vicini.. aveva ragione papà.
Una volta a casa, si fece la doccia e lasciò che i capelli bagnati gocciolassero sul pavimento dell’ampio terrazzo, dove si era sdraiata a leggere.
Sentiva il sole caldo sulla pelle, il profumo dell'estate e il rumore dell'irrigatore della casa di Christian. Si mise le cuffie e impostò la riproduzione casuale, che fece partire "shake it off" di Taylor Swift. Chiuse gli occhi.
Forse troppo. Si risvegliò con un brivido. Il sole era ormai calato e si era alzato il vento.
Tornò in cucina e preparò la cena per suo padre, che sarebbe tornato di li a poco. Mentre il sugo per la pasta soffriggeva, Arya sentì la porta chiudersi e salutò il padre. –Ciao papà. Come è andata a lavoro? – disse mescolando il sugo nella padella.
–Tutto bene, anche se tra poco dovrò presentare il nuovo progetto al mio capo, e quindi ho molta fretta.. –disse apparecchiando la tavola.
–Sì, tanto anche io pensavo di uscire questa sera.
–Con Christian? –disse Stephen scolando la pasta. – Cioè, me lo diresti se ci fossero altri ragazzi.. vero?
–Ma certo, papà – rise sia perché era ironico come suo padre si preoccupasse per lei, sia perché non c'era nessun ragazzo di cui aver paura.
***
Arya citofonò a Christian, che scese dopo nemmeno mezzo minuto.
–wow, che velocità! – disse Arya stampandogli un bacio sulla guancia per salutarlo.
– Non faccio aspettare gli altri per mezz'ora io. – E mise particolare enfasi nell'ultima parola, così Arya pensò che sarebbe stato meglio cambiare discorso.
– Dove andiamo oggi? – chiese a Christian, che si prese qualche secondo per pensare, arricciando le labbra come se si stesse sforzando molto.
– Ho sentito da mia madre che hanno montato le giostre al parco vicino al centro. Se vuoi possiamo farci un giro. – sorrise, e Arya annuì.
– Va bene.
Arrivarono davanti al parco e li invase la musica e le luci forti che provenivano dalle attrazioni. Entrarono e Arya vide una specie di molla che letteralmente lanciava in aria due persone, e tirò il bordo della maglietta a maniche corte di Christian, che si girò verso di lei, dicendo – no, scordatelo, non lo farò mai.
Due minuti dopo, erano dentro una palla formata da tanti fili di metallo del diametro di cinque centimetri, imbracati fino ai denti e pronti a farsi lanciare verso il cielo.
– Questa me la paghi – disse Christian prendendole la mano, e chiuse gli occhi.
Arya stava ridendo da quando era riuscita a convincerlo, e lui aveva tentato di corromperla in tutti i modi per non chiedergli di farlo. Poi alla fine aveva ceduto e si era fatto trascinare in fila.
–Ok, la prossima la scegli tu – rise mentre il motore della grande molla si avviava rombando.
– Oh mio dio – scattò Christian. E le strinse la mano. – Se non dovessi sopravvivere, sappi che ti ho voluto bene. – aprì gli occhi per guardarla e Arya vide la paura nei suoi occhi, e si accorse che erano splendidi anche quando la pupilla era così dilatata da inghiottire quasi tutto l'iride color del miele. Arya fu letteralmente strappata via da queste riflessioni dalla molla che li stava lanciando a una velocità pazzesca verso il cielo nero. Arya gridò a squarcia gola, con le viscere schiacciate verso il basso. Nel momento in cui la molla raggiunse il massimo dell'altezza, ci fu un istante in cui si fermò prima di scendere in picchiata. Arya ebbe il tempo di vedere tutto il parco, illuminato dai lampioni e dai neon delle giostre, e ebbe anche il tempo di accorgersi dell'espressione di Christian. Era un misto di "oddio ora vomito" e "fatemi scendere, vi prego!". Arya si accorse ora della stretta-spacca-dita del suo migliore amico. Dopo un millisecondo, la molla iniziò a precipitare verso il suolo, e si sentì lo stomaco pericolosamente vicino alla gola. Quando la giostra si fermò, Arya guardò Christian con gli occhi pieni di adrenalina e divertimento.
–Non è stato fantastico? –esclamò eccitata Arya.
In risposta Christian emise un lamento, e aprì piano gli occhi. Alla fine disse: – ti odio.
Arya rise mentre le scioglievano l'imbracatura e li facevano scendere.
– Reggimi, non credo di essere molto saldo sulle gambe...
–io che reggo te? – rise all'idea di cadere insieme a Christian giù per le scalette di ferro che portavano a terra.
–Ok, forse è meglio se ci sediamo un attimo.. ho fame, ti va un po' di gelato? – chiese Arya mentre andavano verso il banchetto dell'Algida.
–Come fai ad avere fame dopo essere salita su quel mostro infernale? – strabuzzò gli occhi.
– Ok, ti dà fastidio anche guardare qualcuno che mangia o posso chiedere al tuo stomaco questo ultimo sforzo? – scherzò Arya.
Christian la abbracciò e le disse all'orecchio – ricordati che lo faccio solo per te. – scandì bene le ultime tre parole, e Arya si girò a dargli in bacio sulla guancia.
– ti voglio bene – disse seria. – ...ma ora ho fame.
Christian sbuffò e la accompagnò a prendere il gelato.
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