17
Un'ondata di gelo invase il corpo di Arya. Non era possibile tutto ciò, andava oltre la sua immaginazione. Doveva essere tutto un grande scherzo.
– Ma che dici? Cosa le succede? – chiese Christian con il suo stesso terrore negli occhi. I suoi splendidi occhi color del miele erano devastati e scattavano da Arya a Daniel in cerca di risposte.
– Quello che ha sul collo è un marchio maledetto. Non ho idea di come abbiano fatto ad applicarglielo e perché, ma è seriamente in pericolo ora. – Anche Daniel era nervoso, si vedeva da come si passava nervosamente la mano tra i capelli corvini.
– Ma di che parlate? Chi ha fatto cosa? – chiese Christian, sconvolto.
– Senti Chrì, ne so esattamente quanto te e sono anche molto spaventata, ma credo che Daniel sappia quello che va fatto. Ti prego, non raccontare niente a nessuno. – la sua voce era decisa e non seppe bene da dove provenisse tutta quella fiducia nei confronti di Daniel, ma sentiva di potersi fidare di lui. O almeno ci sperava.
– Bene, ora prendi una valigia e riempila di cose utili per un viaggio con pochi comfort, come se stessi partendo per il campeggio. – ordinò Daniel, entrando nel suo appartamento. – Ci vediamo qui tra venti minuti, mi raccomando.
Arya vide la porta chiudersi di scatto, e poi girò lo sguardo verso Christian.
– Devi aiutarmi. Ho bisogno del mio migliore amico ora. – gli disse, abbracciandolo. Era tutto così familiare e Arya si sentì al sicuro per un momento tra le sue braccia.
Entrarono in casa e Arya iniziò a raccontare tutto quello che sapeva e tutto quello che le era successo in questi giorni, omettendo la parte dei sogni; era tutto già abbastanza strano e non c'era assolutamente bisogno che facesse anche la figura della pazza.
Christian la aiutò a prendere la valigia dal ripiano in alto dall'armadio e Arya ci buttò dentro cinque cambi di vestiti, cercando di far fronte a varie temperature. Mancavano solo paio di felpe e un paio di scarpe da trekking, e Arya aveva quasi finito di riempire il lato destro della valigia, mentre Christian stava mettendo tutto quello che aveva trovato nel frigo che potesse conservarsi a lungo sull'altro lato.
– Quando tornerai? – le chiese Christian, tenendo lo sguardo concentrato sulla tasca della valigia che stava riempiendo di medicinali.
– Non lo so, Christian. Non so niente a dire il vero. – fece un lungo sospiro, mettendosi a sedere sul pavimento accanto alla valigia.
– Voglio dire, tornerai? Come saprò che stai bene? Cosa dirò a Stephen quando tornerà e non sarai a casa? – le si sedette accanto, con gli occhi lucidi.
– Gli ho scritto un biglietto, gli ho detto che sono iniziati i corsi alla scuola d'arte e che starò lì per un po. Non so se reggerà come scusa, ma non ho trovato di meglio. – appoggiò la testa sulla spalla del suo migliore amico.
– Vedrai, andrà tutto bene. – Cercò di consolarla e le alzò il viso vicino al suo, guardandola negli occhi.
Arya sarebbe potuta rimanere ore a fissare i suoi occhi , senza provare nessun imbarazzo, le infondevano sicurezza, stabilità, fiducia. E doveva partire da lì e lasciare tutto questo per seguire uno sconosciuto. Ma d'altronde tutto quello che le stava accadendo era nuovo e sconosciuto e non poteva affrontarlo con i mezzi a lei disponibili. Avrebbe dovuto rischiare. Avrebbe dovuto abbandonare la sua casa e il suo migliore amico, senza nemmeno sapere quando sarebbe tornata.
– A che pensi? – le chiese Christian, scrutandola.
– Niente in particolare... – rispose Arya. I suoi pensieri erano confusi, sì, ma quasi tutti convergevano in un unico punto, Christian.
– Non ti azzardare a mentirmi, sei un libro aperto. Ora dimmi cosa ti sta torturando così tanto da non potermene parlare. – le accarezzò la guancia con il pollice. Un gesto sincero e affettuoso, le sarebbe mancato tutto questo. Abbassò gli occhi, cercando di trattenere le lacrime che da fin troppo tempo minacciavano di uscire.
Fece un respiro profondo, e confessò: – Io pensavo a te. – fece una piccola pausa. – Sono spaventata e non so quanto ci metterò a venire a capo della situazione, ma dentro di me so che ho ancora molto da scoprire, e ho paura. Ho paura di non rivederti per un bel po' di tempo, ho paura che senza di te non riuscirò ad andare avanti. – le lacrime che si era sforzata di trattenere le solcarono le guance.
Christian la abbracciò e la tenne stretta tra le sue braccia, in una presa solida. – Non dirlo neanche per scherzo. Sei la persona più forte e caparbia che conosco e se c'è qualcuno che può cavarsela da solo quella sei tu. E ora non piangere, sai l'effetto che mi fa vederti piangere. – I loro corpi erano incastrati alla perfezione, come se fossero stati creati per stare insieme.
La ferita al collo le pulsava ma la ignorò, concentrandosi sul suo migliore amico, accantonando per un po' la paura che la invadeva.
Arya si asciugò le lacrime col dorso della mano e avvicinò la bocca all'orecchio di Christian, sussurrandogli un "grazie" a fil di voce.
Il suono del campanello interruppe il loro abbraccio, facendoli staccare controvoglia. Era il segnale che era ora di andare, così Christian chiuse la valigia.
A opera ultimata, presero lo zaino con la tenda e nell'altro zaino ci misero varie bottiglie d'acqua e tutti i soldi che erano riusciti a racimolare in pochi minuti. Insieme si incamminarono verso la porta e trovarono Daniel ad aspettarli.
– È tutto pronto? – chiese, mentre indossava anche lui lo zaino. Arya notò la differenza tra i loro bagagli. Dallo zaino di Daniel spuntavano armi e corde, invece il suo era decorato con dei fiorellini colorati che aveva dipinto Arya prima dell'inizio dell'ultimo anno di scuola.
– S-si... dovrei aver preso tutto. – rispose, continuando a guardare Christian. Non voleva lasciarlo lì da solo, non voleva separarsi da lui.
– Ho il SUV qui sotto, se volete posso accompagnarvi io per un po'. – propose Christian.
– Arya gli fece un sorriso, entusiasta di non doverlo salutare subito.
Entrambi si votarono verso Daniel, aspettando un suo commento, ma lui fece solo un cenno verso il portone, invitandoli ad uscire.
Lo seguirono fino al SUV nero di Christian e i due migliori amici si scambiarono uno sguardo d'intesa, come facevano in classe quando qualche loro compagno faceva qualcosa di strano. Effettivamente Arya non poté dargli torto, Daniel si stava comportando in modo molto bizzarro, era tutto sulle sue e sembrava più scorbutico che mai, con i suoi occhi di ghiaccio che li gela vano ad ogni passo.
Christian sbloccò le portiere e Daniel sistemò la valigia davanti, nel posto del passeggero, tornando ad accomodarsi accanto ad Arya nei sedili posteriori.
C'era uno strano silenzio ed era dovuto alla presenza di Daniel, perché Arya e Christian non stavano mai in silenzio insieme; erano sempre stati la tortura di tutti gli insegnanti, partendo dall'asilo fino al liceo.
L'orologio segnava le 11:24 e nel display era accesa la spia dell'aria condizionata. Nonostante ciò, c'era un clima afoso e pesante dentro l'auto, così Arya si decise a parlare.
– Quindi, dove stiamo andando?- chiese a Daniel, notando che le spalle di Christian si rilassarono per la prima volta da quando erano entrati in macchina.
– Ho già dato istruzioni, quindi la faccenda non ti riguarda.
Arya cercò lo sguardo di Christian attraverso lo specchietto retrovisore, e lo vide concentrato sulla strada. Ma Christian non aveva bisogno di farselo chiedere, notò Arya, quando lui le rispose.
– Fuori città, poi da lì proseguirete voi due con un altro veicolo. – fece una pausa. – quello che mi chiedo è perché tu abbia lasciato la tua macchina tanto lontano. – disse rivolgendosi a Daniel.
– Non è la mia macchina, per questo non volevo dare nessun tipo di spiegazione. – alzò gli occhi al cielo, appoggiandosi con il gomito sul bordo del finestrino.
– Vuoi dire che ruberai una macchina? – chiese Arya sconvolta, sgranando gli occhi.
– Ecco perché non ti metto al corrente dei miei piani, ragazzina. – la fulminò con uno sguardo tagliente.
– Ma come ti permetti... – iniziò a dire Arya, prima che un'esplosione fece tremare l'abitacolo.
Christian inchiodò e tutti si votarono indietro, cercando di vedere cosa fosse successo.
Una colonna di fumo nero si stagliava contro il cielo azzurro.
– Viene da... – iniziò Arya , incapace di finire la frase. Casa mia? Non poteva dirlo ad alta voce, non poteva credere che la sua nuova casa fosse esplosa. E suo padre? Cosa avrebbe pensato una volta tornato a casa? Tornato a casa... ma una casa non esisteva più.
Arya girò di nuovo lo sguardo verso la strada, abbandonando quei pensieri terribili.
– Lasciaci qui, Christian. – ordinò Arya. La voce fredda, lo sguardo perso.
– No. – replicò Daniel. – non può tornare a casa, è pericoloso. Non vedi quello che hanno fatto? Lo condanneresti a morte. Verrà con noi.
Sia Arya che Christian fissarono lo sguardo su Daniel, incapaci di formulare un'idea migliore.
– Ma non ho niente! Non posso andarmene così, mia madre... – disse, mettendosi una mano nei capelli biondi, evidentemente nervoso.
– Ci penseremo una volta arrivati all'Impero. Ora spostati, guido io.
E così partirono, senza guardarsi indietro.
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