13 - SCOPERTE

Nella foto: Daniel ♡

Quando la cena fu servita calò il silenzio. Arya si aspettava che lui iniziasse a parlare, ma evidentemente non sapeva da dove cominciare.
Fissava con i suoi occhi di ghiaccio il piatto, come se contenesse le risposte che cercava.
Alla fine Daniel si decise ad aprire il discorso.

- Da oggi in poi non potrai più avvicinarti al bosco, non senza protezione.

Ignorò le sue parole. - Sai chi era quello che mi ha aggredita? - chiese rivolgendogli uno sguardo incuriosito. Era il momento di fare chiarezza su tutta questa faccenda.

- Non esattamente.

- Che vuoi dire con "non esattamente"? - ripeté Arya inarcando le sopracciglia.

- Intendo dire, - disse posando il bicchiere sul tavolo - che suppongo che si tratti di un umano che è stato, come dire... costretto a fare quello che ha fatto. - per la prima volta le sembrò in difficoltà con le parole, e questo non le fece ben sperare.

- E perché tu eri lì? Con un coltello in mano, per giunta! - sbottò, agitando la forchetta.

- Io ero lì per te. - la sua espressione seria immobilizzò Arya, che tutto si aspettava meno che quella risposta.

Ancora più confusa di prima, cercò di fare chiarezza sulle cose che già sapeva, prima di chiederne delle altre. - Allora, fammi capire... tu quindi sapevi che avrebbero cercato di rapirmi? - spalancò gli occhi. Se lui era lì per lei, questo stava a significare che sapeva già che sarebbe stata in pericolo. Allora perché non l'aveva messa in guardia?

- No, non fraintendermi, io ero lì per te, esattamente come ogni giorno.

La forchetta che prima stava agitando le scivolò dalle mani, producendo un fragoroso rumore che interruppe il silenzio tombale che aleggiava nella stanza. Se possibile Arya ora si sentiva ancora peggio di prima.

Arya prese in considerazione e scartò parecchie risposte. Alla fine disse: - N-non capisco... sei tipo uno stalker o cosa?

Sembrò essere preso alla sprovvista.
- Sono il tuo Guardiano. - disse con sguardo serio, mangiando un boccone di quel cibo fantastico che aveva cucinato.
Dopo un po' continuò, dato che Arya sembrava aver perso l'uso della parola.
- Sono stato incaricato di proteggerti e vegliare su di te fino al giorno del tuo diciottesimo compleanno.

- Perché fino a diciotto anni? E perché non ti ho mai visto prima? - Stava sondando i recessi della sua mente, vagando nei ricordi, ma non riuscì a trovare niente che potesse ricondurre a lui.
Diamine, i tipi come lui non si dimenticano tanto facilmente!

- Non mi hai mai visto perché mi sono sempre tenuto a distanza, ma da quando ti sei trasferita qui, ho avvertito strane sensazioni e ho deciso di tenerti d'occhio più da vicino. Specialmente dal giorno in cui hai incontrato per la prima volta un Plagiato. - mise parecchia enfasi sull'ultima parola.

- Un plagiato è un uomo come quello che mi ha rapita? - chiese, sempre più curiosa.

- Sì, non so esattamente di che natura sia la sua costrizione, ma ne ho sentito parlare e credo che qui ci sia un loro insediamento. Suppongo nel bosco vicino alla chiesa dove sei andata a pattinare con il tuo ragazzo.

- Cosa? - sgranò gli occhi. - Eri lì? ma aspetta... Christian non è il mio ragazzo! - esclamò.

- Ah, no? E lui questo lo sa? - chiese con una faccia da schiaffi, alzando un sopracciglio. I suoi occhi di ghiaccio si stavano prendendo gioco di lei.

Cambiò tattica. - Mi dispiace tanto che ti abbiano affidato questo incarico. Immagino che gran noia sia vedere le persone divertirsi senza poter fare niente. - il suo tono ora era sprezzante, carico di tutta la cattiveria di cui era capace.

Il suo sorriso scomparve, e gli occhi azzurri la inchiodarono alla sedia, facendola pentire di quello che la sua boccaccia, come al solito, si era fatta sfuggire.

- Beh, hai ragione, non posso darti torto. È veramente noioso vedere ogni giorno quel cretino sbavare per te, cercando in ogni modo di accontentare la sua amata che nemmeno se lo fila. - si interruppe, gli occhi fissi su di lei. - Mi fa quasi pena. Quasi.

La rabbia la invase. Come poteva un ragazzo così carino essere tanto fastidioso e crudele? In quel momento Arya era già molto dispiaciuta per quello che era successo tra lei e Christian, e non aveva bisogno di qualcuno che girasse il dito nella piaga. - Mi vuoi spiegare cosa c'entra questo con te? E perché pensi che il covo di plagiati sia lì?

- Perché c'era un Plagiato nella casa vicino alla chiesa, e ti ha anche visto. Come tu hai visto lui. - il suo tono era freddo e distaccato. Sicuramente preferibile a quello di prima. Daniel si alzò da tavola e iniziò a sparecchiare la tavola.

Arya ebbe come un flash, il prato verde, la piccola radura, l'uomo vestito di nero. Ma questa non fu l'unica cosa che ricordò. Improvvisamente le vennero in mente tutte quelle volte che si era sentita seguita, e ora capiva la sensazione di déjà vu che ebbe quel giorno. - Ora ho capito. - disse quasi completamente assorta nelle sue riflessioni. - Ma cosa vogliono da me? Perché ho bisogno della tua protezione? Sei come una specie di Agente Segreto oppure lavori per qualcuno? - chiese dando voce ai suoi pensieri. Possibile che fosse ancora più confusa di prima?

- Con calma, - alzò le mani e si sedette di nuovo sulla sedia, questa volta proprio davanti a lei. Si passò una mano tra i capelli neri, arruffandoli con un gesto nervoso. - primo, non sono una specie di Agente Segreto, diciamo che lavoro per qualcuno. Sono stato mandato quì perché credo che tu sia coinvolta in qualcosa di importante, ma non so perché ti cercano,ed è proprio quello che volevo scoprire. Per un attimo ho pensato di catturare il bestione e fargli qualche domanda ma non credo che avresti apprezzato i miei metodi coercitivi. - disse, facendo un sorrisetto. Il suo splendido sorriso distrasse Arya, che pensò che non sarebbe stato poi così male avere una guardia del corpo come lui.

- Per chi lavori? - chiese Arya, insistente.

- Non so se dovrei dirtelo, ma ormai il bestione mi ha rovinato la sorpresa, quindi... Io sono un Guerriero dell'Ombra. - affermò come se questo risolvesse tutti gli enigmi che Arya si stava ponendo.

- Cosa diavolo è un Guerriero dell'Ombra? Non farai parte di una setta? - chiese un po impaurita. Questa situazione la stava mandando fuori di testa. Possibile che fosse uno scherzo? No, aveva visto morire quel plagiato davanti ai suoi occhi.

- Stai facendo troppe domande. Ti sarà spiegato tutto a tempo debito, se il Re lo riterrà necessario.

- io non ci rinuncio. Voglio sapere tutto quello che sta succedendo! Credo di meritarmi una spiegazione decente. - batté un pugno sul tavolo.

- E invece hai avuto più spiegazioni di quante avrei dovuto dartene. Non risponderò più a nessuna delle tue domande.

Si alzò dalla sedia, arrabbiata, ma rimase lì impalata, senza sapere dove andare.
- Hai un'altra camera per me? - chiese, voltandosi, continuando a guardarlo in cagnesco

- No, dormirai sul divano. A meno che tu non voglia condividere il mio spaziosissimo letto matrimoniale. - sorrise, un sorriso sghembo che gli illuminò gli occhi. Era così irresistibile!

- Ma che galantuomo! - esclamò con evidente sarcasmo.

- D'altronde devo prendermi cura di te in ogni momento. - sussurrò avvicinandosi pericolosamente ad Arya.

Il viso di Daniel era così vicino che poteva sentire il suo respiro caldo sulla pelle. - D-declino l'invito. - disse, cercando di non arrossire.

- Se la smettessi di balbettare sembreresti quasi convincente. - disse freddo, allontanandosi così di colpo. - ti porto un cuscino. - affermò di spalle, senza degnarla nemmeno di uno sguardo.

Perfetto, ora quell'odioso pallone gonfiato era convinto che Arya fosse attratta da lui. Era proprio una giornata da dimenticare.
Arya sbuffò e si accomodò sul divano nel grande open space. Sperò che le avrebbe portato almeno una coperta, ma non fece in tempo a chiederlselo che questa le fu lanciata addosso, insieme al cuscino.
Daniel stava appoggiato allo stipite della porta della sua camera, godendosi il momento.

- E questo dovrebbe essere il mio protettore? - disse tra sé e sé, a un volume troppo basso perché lui potesse udirla.

Daniel scosse la testa ed entrò nella camera, facendo credere per un secondo ad Arya che forse l'avesse sentita.

Approfittò della solitudine per cambiarsi e mettersi il pigiama. Prima indossò i pantaloncini corti e poi si sfilò la maglietta e prese la canotta per dormire. Stava per infilarsela quando la voce di Daniel la spaventò, costringendola a coprirsi velocemente il petto. Indossava solo il reggiseno e, per fortuna, era di spalle.

- Sei piena di lividi! - sbraitò dirigendosi con lunghe falcate verso di lei. Le afferrò il braccio con cui si copriva e la costrinse a farsi vedere.

- Ma che fai? Lasciami subito! - Arrossì violentemente, ma lui non la guardava, aveva lo sguardo fisso sui lividi violacei che le ricoprivano il busto.

- Come te li sei procurati? - le chiese allungando la mano e sfiorandone uno particolarmente grande sul lato sinistro del suo corpo, in corrispondenza delle costole.

- Ahia. - si fece sfuggire, e Daniel ritirò subito la mano, come se si fosse scottato, pur non riuscendo a staccare gli occhi dal suo corpo malridotto.

- Credo sia stato il plagiato che mi ha attaccata. Sentivo molto dolore mentre mi trasportava nel bosco. - confessò, coprendosi nuovamente con le mani.

Finalmente Daniel alzò lo sguardo, e Arya si accorse che era triste, dispiaciuto. - È tutta colpa mia. - si mise una mano sulla fronte, sospirando. Arya aggrottò la fronte e lui si spiegò meglio. - Ho voluto aspettare un po' prima di liberarti. Volevo vedere da che parte si dirigeva. Mi ero dimenticato di quanto fossi fragile. - quasi sussurrò pronunciando l'ultima frase, come una carezza. I suoi occhi di solito di ghiaccio sembrarono sciogliersi per un attimo in uno sguardo dolce e premuroso. Ma in che senso "mi ero dimenticato di quanto fossi fragile"? Come poteva saperlo? Arya non dava la colpa a lui per i suoi lividi, ma lui si. Forse non era così male come pensava, si stava prendendo cura di lei e l'aveva salvata.

- Non è colpa tua, non fanno neanche tanto male, domani sarà tutto quanto passato. - Cercò di consolarlo, e gli poggiò una mano sulla spalla. Sembrava stesse peggio di lei. Si chiese perché lei gli stesse così a cuore, ma alle sue domande venne data subito una risposta quando lui si scostò dal suo tocco, dicendo: - Se sapessero che ti ho provocato queste ferite probabilmente sarei declassato e riceverei una multa. - il suo sguardo tornò di ghiaccio, come se quel piccolo momento di tenerezza non fosse mai accaduto. Ma certo, come aveva potuto pensare che lui tenesse ad una come lei? Era solo di lavoro che stava parlando.
E io non sono altro che uno stupido imprevisto, pensò.

- Domani penseremo a mettere qualcosa su quei lividi, - continuò alzandosi. - per ora vai a dormire che ne hai bisogno.

- Buonanotte. - disse Arya, mentre Daniel si stava già allontanando, senza degnarla di una risposta.

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