Gli eroi di Parigi
«Mamma, mamma! Mi porti dai nonni?» domandò la bambina, rivolta alla genitrice, mentre dava l'ennesima leccata al suo gelato, che ormai le si era sciolto tutto in mano.
La donna sospirò, osservando la figlia tutta sporca, dopodiché rovistò un'attimo nella borsa e prese la busta delle salviette che si portava sempre dietro per evenienze come quella.
«Guardati Margot, ti sei zozzata tutta.» la rimproverò, anche se il tono della sua voce era molto addolcito per sembrare serio. Le passò la salvietta sulle labbra togliendole tutto il gelato dal viso, sotto le proteste della bambina. Dopodiché prese un'altra salvietta e le tolse il gelato dalla mano impiastricciata.
«Nooo, è mioooo!» protestò lei.
«Prima pulisciti la mano.» si raccomandò la donna, passandole il fazzoletto umido per pulirsi. La bambina ubbidì e mentre si toglieva il cioccolato dalla manina, lei leccò a sua volta il cono, nel tentativo di pulirlo un po' dal gelato sciolto.
«Ehi!» si lamentò la piccola, quando se ne accorse.
«Un assaggino la mamma se lo merita.» disse tranquillamente lei, per poi restituirle il gelato e prendersi in cambio la salviettina sporca.
«Ok, ma mi porti dai nonni?» insistette la piccola Margot, ricominciando a gustarsi il suo dolce.
«Sì, andiamo dai nonni.» le sorrise lei, non riusciva proprio a resistere alla figlia, quando le faceva quelle richieste.
«Gli portiamo anche dei fiori?» domandò ancora, con gli occhi che le brillavano dall'emozione.
«Come sempre, Margot.»
Le due proseguirono, quindi, la loro passeggiata e, quando arrivarono dal fioraio, la bambina aveva quasi finito il cono, mordicchiando a piccoli bocconi la cialda, ormai resa molle dal gelato che si era sciolto sopra.
«Due rose per favore.» disse la donna al fioraio, ma Margot ebbe da ridire.
«Una rossa e una nera, per favore.» aggiunse, facendo sorridere la madre che poi fece un cenno al fioraio in modo che assecondasse la figlia.
Non appena entrarono nel parco, Margot lasciò la mano della madre, correndo verso la scultura che vi era quasi nel mezzo. Era un'alta statua in bronzo, su un basamento di marmo verde e ritraeva due giovanissimi ragazzi in maschera. Lui, oltre a quella che sembrava una tuta molto attillata che si chiudeva sul davanti con una cerniera, concludendosi con quello che sembrava un campanello, aveva un paio di stivali e di guanti. Sui capelli scompigliati un paio di orecchie da gatto, si abbinavano alla coda a forma di cintura che gli scendeva dalla vita. Era chinato in avanti, poggiando il peso sul piede e sulla mano destri, mentre gamba e braccio sinistri erano protesi indietro. Sopra, vi era lei, nella posizione di quello che aveva tutta l'aria di essere un salto. Anche lei sembrava indossare un'attillata tuta, ma a parte i capelli separati in due basse codine e la maschera che le copriva il viso, non aveva nulla di particolare. Non fosse per il filo di quello che sembrava uno yo-yo che le si avvolgeva attorno a spirale.
«Ciao mamma, ciao papà.» disse Emma, poggiando le due rose ai piedi della statua, dove molte altre persone avevano accumulato ogni tipo di tributo.
«Dovevano essere fortissimi se ci hanno fatto una statua!» esclamò la bambina, estasiata.
La madre sollevò lo sguardo, scostandosi una ciocca di capelli scuri dal viso e mettendola dietro l'orecchio, puntando il suo sguardo di un verde brillante su quello dell'eroe gatto in bronzo. Se la statua fosse stata fatta a colori, Emma sapeva bene che avrebbe riconosciuto negli occhi felini di Chat Noir, lo stesso colore che caratterizzava i suoi. Salì ancora con lo sguardo, fermandosi sul meraviglioso sorriso entusiasta di Ladybug. Erano così giovani a quei tempi; eppure lei ricordava ancora quando era adolescente e i due genitori si assentavano per ore, senza dire né a lei, né ai suoi fratelli dove andassero. Solo quando non ebbero più le forze di utilizzare i Miraculous, perché troppo vecchi per correre sui tetti di Parigi, rivelarono ai figli il loro enorme segreto. Per ben quarantacinque anni, Ladybug e Chat Noir avevano protetto le strade della capitale francese e sotto le loro maschere si nascondevano Marinette Dupain e Adrien Agreste.
«Sì... – disse con un sospiro emozionato Emma – Erano proprio fortissimi.»
Angolo dell'autrice:
"Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it"
Prompt: Future fic
N° parole: 674
Ed eccomi qui con l'effettiva one-shot di oggi. Un'altra che mi sono divertita tantissimo a scrivere e che era nella mia testa da tantissimo tempo. Ho sempre immaginato la piccola Emma fan sfegata di Ladybug e Chat Noir, senza però sapere che i due eroi erano i suoi genitori e farla adulta che va con la figlia a vedere la statua la trovo una cosa davvero dolce e toccante. Spero di essere riuscita a trasmettere le stesse emozioni.
Ci vediamo domani per la prossima one-shot ;)
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