Capitolo 65
Adrien si passò la cravatta attorno al collo, lasciando che i due lembi penzolassero e inclinò il capo, incastrando il cellulare contro la spalla e iniziando a finire di abbottonare i bottoni della camicia candida: «No, papà. Non importa. Possiamo prendere un taxi. Casomai passa a prendere Manon e Thomas» si fermò, ascoltando quello che il genitore stava dicendo e strinse le labbra, fino a farle diventare una linea unica: «Sì, ci sarà anche lei: a quanto pare le ha frantumate così tanto a Tho…Cosa? Il linguaggio? Andiamo! Ho…sì, sì. Ok, ok. Ti vorrei ricordare, però, che non ho ancora figli che potrebbero…sì, va bene. Ci vediamo nel covo del nemico, papà.»
Afferrò il cellulare, chiudendo la chiamata e posandolo sul marmo attorno al lavabo dando un’occhiata veloce al proprio riflesso e alzando una mano, sistemando appena il ciuffo della frangia: «Preoccupato?» domandò al voce di Plagg, mentre la figura del piccolo kwami entrava nel riflesso dello specchio, lo sguardo verde puntato insistente sul giovane.
Adrien rimase in silenzio, finendo di sistemarsi la camicia e passando ad annodarsi la cravatta: «Pensi che andrà tutto bene?» domandò di punto in bianco, scoccando un’occhiata veloce al proprio kwami e vedendolo, sospeso a mezz’aria, lo sguardo rivolto verso un punto lontano: «Plagg?»
«Non so dirti, moccioso.»
Il ragazzo annuì, socchiudendo gli occhi e dando un’ultima occhiata al proprio riflesso, prima di uscire dal bagno e dirigersi verso la camera da letto: la giacca scura, della stessa tipologia di stoffa dei pantaloni eleganti che indossava, era abbandonata sul letto e Marinette non era lì sebbene, prima di ritararsi in bagno, l’aveva lasciata lì a imprecare contro la cerniera del vestito.
S’infilò la giacca, afferrandola poi per il bavero e tirandola appena in modo da sentirsela meglio addosso, dirigendosi verso la cucina e fermandosi sulla soglia del corridoio che, dalla cucina, si allungava per il resto della casa e sul quale erano affacciate le porte delle camere, del bagno e dello studio di Marinette.
Si appoggiò allo stipite, incrociando le braccia e osservando la ragazza seduta al tavolo, impegnata a scrivere qualcosa su un bloc notes: Marinette aveva tirato su i capelli scuri, in uno chignon morbido che donava maggiore eleganza alla sua figura, carezzata dal vestito di pizzo bordeaux che, con la sua fantasie a rose, giocava con la sottoveste nera e lasciava scoperte le braccia toniche della giovane, assieme al collo che, secondo il suo parere, invocava solo di esser baciato.
«Stai scrivendo le tue ultime volontà?» le domandò, palesando così la sua presenza e sorridendo allo sguardo celeste che si era posato su di sé: «In effetti dovrei farlo anche io.»
«E’ la lista della spesa» dichiarò Marinette, alzando il blocco e mostrandoglielo mentre lui la raggiungeva e si chinava, baciandole lieve la parte di spalla lasciata nuda dal vestito: «Qualcuno mangia come un maiale in questa casa.»
«Io non mangio come un maiale» si difese Adrien, poggiandosi al bancone della cucina e incrociando le braccia, piegando poi le labbra in un broncio e notando il sorriso sereno sul volto di Marinette: «Che c’è?»
«E’ una vita che non ti vedevo pettinato così» dichiarò la giovane: «Ultimamente lasciavi sempre la frangia bassa.»
«Strano che nessuno mi abbia associato a Chat Noir, allora.»
«Già strano.»
Adrien la fissò, notando come lei stava tamburellando le dita sul tavolo e lo sguardo celeste ne seguiva i movimenti: «Sei veramente sicura?» domandò all’improvviso, avvicinandosi e piegandosi in avanti, poggiando il peso sugli avambracci e fissandola negli occhi: «Possiamo non andare e…»
«E cosa? Attendere che attacchi di nuovo?»
«Marinette…»
La ragazza abbassò lentamente le palpebre, lasciando andare contemporaneamente il respiro: «Non sono sicura di niente» bisbigliò, scuotendo il capo e rimanendo decisa con gli occhi chiusi: «Non lo sono mai stata, ora più che mai. Ma se non facciamo qualcosa, se non ci muoviamo in qualche direzione. Forse andare lì stasera non servirà a niente, ma sento che è quello che devo…no, quello che dobbiamo fare. Mi sbaglierò...» si fermò, aprendo la bocca e respirando con questa: «Sicuramente mi sto sbagliando e tutto ciò non servirà a niente…»
«Beh, sei tu la mente, my lady. Io sono sempre stato il braccio…» dichiarò Adrien, tirandosi su e lasciando andare il respiro: «Mi sono sempre fidato delle tue scelte, anche se alle volte erano parecchio azzardate, ma ci hai sempre portati alla vittoria.»
«Questo perché eravamo un duo fenomenale, così come ora siamo un gruppo…»
«Fenomenale» concluse per lei Adrien, annuendo con la testa: «Come desideri, my lady. Sai bene che ti seguirò in capo al mondo, quindi perché non farlo anche a casa del nostro cattivone preferito?»
«Quello non era tuo padre?»
«Beh, non è più cattivo, quindi dovevo sostituirlo, no?»
Xiang carezzò l’abito grigio, seguendo il disegno del pizzo e cercando di ricordare le parole che Bridgette aveva usato quando aveva commentato quell’indumento: non che le importasse poi molto, era semplicemente un pezzo di stoffa che serviva al suo scopo. Alzò la testa quando avvertì il rumore ritmico dei tacchi alti, segno che Bridgette si stava muovendo velocemente lungo il corridoio e sorrise, mentre il pensiero di come quel suono le fosse già così familiare le accarezzò la mente: «Non lo sopporto più» tuonò la donna, entrando come una furia nella sua camera e chiudendo la porta, contro cui si addossò.
Xiang rimase a osservarla, bellissima nell’abito rosa shocking che indossava e che esaltava le forme procaci della donna: «Che cosa ha fatto stavolta?» domandò, ben sapendo quale era il soggetto della conversazione e meravigliandosi, piuttosto, che non l’avesse seguita per continuare la schermaglia.
«Secondo lui non va bene il mio vestito» bofonchiò Bridgette, incrociando le braccia e piegando le labbra dipinte di rosa in un broncio, pestando poi stizzita un piede per terra e attirando l’attenzione di Xiang sulle scarpe: «Insomma, cosa dovrei indossare? Un sacco?»
«Penso che quello andrebbe bene per Felix.»
«Per Felix non andrebbe bene neanche un vestito da suora» Bridgette si avvicinò sul letto, lasciandosi cadere e rimbalzando appena, mentre posava lo sguardo sulla giovane al suo fianco: «Come ti senti?»
«Non lo so.»
«Bella risposta» dichiarò Bridgette, poggiando le mani indietro e lasciando che gran parte del peso del corpo gravitasse su queste: «Sinceramente non so dirti se stasera finirà tutto o se la battaglia continuerà…»
«Per tutto il tempo che sono stata a Parigi, ho lasciato che altri combattessero la mia battaglia. Mi sono messa in disparte…»
«Non hai i mezzi per combattere, Xiang, tranne quando Thomas ti akumatizza. E’ normale.»
«Io avevo giurato di vendicare Kang…»
«E lo farai, aiutata da persone che tengono a te e ti vogliono bene» decretò la donna, alzando la testa e sorridendo al rumore di passi che si avvicinavano, veloci e imperiosi, alla stanza: «Come quella piaga di uomo che sta arrivando. Cosa ci ho trovato in lui, io proprio non riesco a capirlo.»
«Forse perché, quando non è una spina nel fianco, sa essere una persona in gamba?»
«Forse» Bridgette annuì, sorridendo e chiudendo gli occhi, mentre un sospiro le sfuggiva dalle labbra piegate in un sorriso: «E’ un uomo leale e d’onore, sono fiera di essere la sua compagna…» si fermò, attendendo che Felix aprisse la porta e facesse la sua comparsa nella stanza: «Peccato che non s’intenda di moda.»
«Non è che non m’intendo di moda, tu così non esci.»
«Voglio sapere cosa hai contro questo tubino» decretò Bridgette, muovendo i fianchi e poggiandovici le mani, lo sguardo celeste che sfidava quello dell’uomo.
«Tutto?»
«Felix, vai a sistemarti quei capelli, per l’amor del cielo!»
«Non cambiare argomento, Bri. Tu non…»
«Non uscirò solo questo? Ovviamente, ho una stola che è della stessa colore della cinta» dichiarò, indicando la striscia di rosa scuro che le fasciava il punto vita: «E’ perfetta.»
«Xiang, puoi dirle qualcosa?»
«Non mi mettete nel mezzo voi due.»
Marinette osservò la grande sala d’ingresso della villa di Kun Wong, facendo vagare lo sguardo dalla fontana che dominava il centro della stanza alle mura beige che riflettevano la luce dei vari applique di metallo dorato e cristallo: «Si tratta bene l’amico» commentò Adrien, prendendole le dita della mano e sistemandosela meglio nell’incavo del gomito: «Non si direbbe la casa del supercattivo del momento…»
«Neanche quella di tuo padre lo sembrava» dichiarò Lila, osservandosi intorno e piegando le labbra in un sorriso senza divertimento: «C’è veramente la créme de la créme.»
«Troppa gente perché faccia qualcosa, non credete?» domandò Wei, portandosi una mano al colletto della camicia e strattonandolo un poco: «Insomma, perché…»
«Qualcuno mi può spiegare perché lei è dovuta venire?» domandò Thomas, indicando la ragazzina al suo fianco e fissandola male: «Non è una Portatrice ed io non l’akumatizzo.»
«Io lo urlerei più forte, signor Lapierre» decretò lapidale Gabriel, affiancandolo e fissandolo da dietro le lenti, indicando con un cenno del capo un capannello di persone abbastanza distanti tra loro: «I signori laggiù non hanno afferrato le tue parole.»
«E’ pericoloso.»
«Non lo metto in dubbio, ma siamo in parecchi a proteggere la signorina Chamack» decretò Gabriel, spostando l’attenzione e sorridendo al vestito rosa confetto che la ragazzina indossava: «Quello è della mia collezione bambina, non è vero?»
«Esattamente» Manon afferrò i lembi della gonna ampia, piroettando su se stessa: «Quando la mamma ha saputo che sarei venuta qui con Marinette e lei, signor Agreste, è corsa a comprarmelo subito.»
«Ottima scelta.»
«Bene, adesso che abbiamo appurato che Manon starà con noi e che sua madre ha ottimi gusti in fatto di vestiti…» Lila si fermò, incrociando le braccia e sorridendo a tutti: «Che facciamo?»
«Andiamo a fare i barbari al buffet?» buttò lì Alex, sorridendo e sistemando gli occhiali che stavano scivolando sul naso: «Ho già visto le tartine. Vi prego, mangiamo le tartine e poi facciamo i finti agenti segreti…»
«Alex…» Sarah si portò una mano alla fronte, inspirando profondamente e mordendosi il labbro inferiore: «Siamo qui per…»
«Per mangiare le tartine!»
«Alex!»
«Apetta, ti prego, facciamogli mangiare quelle cavolo di tartine.»
«E qui abbiamo uno scorcio della futura vita matrimoniale del pennuto e di Sarah» decretò Adrien, indicando i due con il braccio libero e sorridendo alla ragazza appesa all’altro: «Interessante. Non è vero, my lady?»
«Parli proprio tu, gattaccio? Proprio tu?»
«Volpe, che vorresti…»
«Silenzio!» tuonò la voce di Fu, facendo voltare tutti verso di lui che, le mani sui fianchi e il respiro ansante, li fissava a sua volta: «Ora basta. Siamo qui con un uno scopo: Manon e Thomas rimarranno con me, voi altri dividetevi e andate. Non vi voglio più sentire, sono stato chiaro?» Un corale sì si levò dal gruppo che, in silenzio, si divise e iniziò a mimetizzarsi fra la folla che presenziava all’evento: «Pace per le mie orecchie…»
«Noi che facciamo, maestro?»
«Andiamo a sederci a un tavolino e mangiamo un po’: chissà quando ci ricapita un’occasione simile.»
«Lei è peggio di Alex, maestro.»
«Thomas, un antico proverbio cinese, dice che non va bene combattere a stomaco vuoto…»
«Che?»
«Mangia quando puoi.»
Adrien addentò la tartina, assaporando il sapore agro della salsa e osservando Kun Wong, il padrone di casa, mentre si avvicinava all’assistente di suo padre; studiò il comportamento dell’uomo, notando come ogni occasione fosse buona per sfiorare Nathalie e il sorriso che gli piegava le labbra: «E’ molto interessato a Nathalie» mormorò Rafael, portandosi il bicchiere alla bocca e bagnandosi le labbra con lo champagne: «Secondo te chi è? Hundun o Yi?»
«Spero proprio che non sia la Panterona» dichiarò Adrien, socchiudendo gli occhi e scuotendo la testa mentre le labbra si piegavano in una smorfia di profondo disgusto: «Ti rendi conto che avrei chiamato Nathalie panterona? Nathalie. La donna che conosco da quando ero ragazzino e che…» si fermò, scuotendo più vigorosamente la testa: «No, no, no. Avrei dei traumi profondi a vita.»
Rafael sorrise, buttando giù il resto del liquido dorato e facendo scivolare lo sguardo per la stanza: «Ho la sensazione di aver già visto questo posto» mormorò, poggiando il flûte vicino al vassoio di stuzzichini e lasciando andare un sospiro: «Ma non sono mai stato qui…»
«Magari nella tua visione?» buttò lì Adrien, afferrando un’altra tartina e cercando fra le persone la moglie: «Insomma, l’ultima che hai avuto.»
«Può darsi» Rafael annuì con la testa, sorridendo quando vide Sarah, bellissima nell’abito giallo e nero, che si avvicinava a loro: «La mia signora sta arrivando. Scusa, felino, ma devo andare…»
«Io sto cercando la mia.»
«L’ho vista con tuo padre.»
Adrien annuì, guardandosi ancora attorno e notando suo padre poco distante: Marinette era con lui e stava parlando animatamente, con la completa attenzione di Gabriel e di Sophie che, seduta su uno dei divanetti di velluto blu, ascoltava interessata tutto.
Afferrò un’altra tartina, addentandola e dirigendosi con passo calmo verso di loro, notando subito la madre accorgersi di lui: «Dovresti stare attento a non ingrassare» lo riprese subito suo padre, mentre lui deglutiva l’ultimo boccone e faceva passare una mano attorno alla vita di Marinette, accogliendo quelle parole con un sorriso.
«Kun Wong ha un certo feeling con Nathalie» decretò Adrien, indicando con un cenno del capo il punto in cui aveva visto i due: «Potrei quasi dire che ci sta provando con lei.»
«Interessante…»
«Già, il cattivo che ci prova con la tua assistente è veramente interessante...» Adrien si fermò, mordendosi l’interno del labbro inferiore e storcendo la bocca: «Spero veramente che non sia la panterona.»
«Sarebbe un incubo per te, mon minou?»
«Non ne hai idea, my lady. Avrei definito Nathalie panterona! Dovrei andare in psicoterapia per anni…»
Lila sospirò, tamburellando le dita laccate di nero sul flûte pieno, mentre lo sguardo vagava per la stanza senza soffermarsi su nessuno in particolare: «Sei in ansia» costatò Wei, osservando i lineamenti rigidi del volto di lei e posandole una mano sulla schiena, muovendola in senso circolare e massaggiandola: «Che cosa posso fare per tranquillizzarti?»
«Vorrei saperlo anche io, cucciolo» bisbigliò Lila, portandosi il bicchiere alle labbra e buttando giù il liquido in un sorso: «Mi sento come se stesse per accadere qualcosa di brutto e non posso far niente per impedirlo…»
«Lila.»
La ragazza sospirò, indicando con un cenno del capo l’anfitrione al compagno: «Wei, ci siamo gettati nelle sue fauci, è inutile negarlo. E lui lo sa. Sente le tracce addosso a noi e sicuramente sta gongolando perché sa di avere i Miraculous vicino» si portò una mano al collo, carezzando il ciondolo a forma di coda di volpe: «E Alex non pensa a far altro che ingozzarsi.»
«Che vuoi?» bofonchiò l’interessato, voltandosi verso di lei con la bocca sporca di briciole e le guance piene come quelle di un criceto: «Questi bignè salati sono buonissimi.»
«Invece di mangiare potresti fare qualcosa, no? Entrare nella rete privata di Wong, scaricare roba…» Lila poggiò il bicchiere sul tavolo, picchiando poi la mano sulla superficie piana: «Che ti abbiamo portato a fare con noi?»
«A mangiare. Gli yankee non sanno fare altro.»
«Felix, per favore, lascialo perdere» sospirò Bridgette, massaggiandosi le tempie e fissando poi il compagno: «Almeno per stasera, puoi lasciarlo in pace?»
«Ti sembro il tipo?»
«No.»
Alex deglutì, sorridendo al gruppetto e tastandosi poi le tasche della giacca elegante che indossava, accentuando l’espressione che aveva in volto e tirando fuori il proprio cellulare: «Chi lo dice che io non stia lavorando? Questa simpatica app – di mia invenzione – sta lavorando per me.»
«E cosa sta facendo?»
«Beh, mia cara Lila, appena arrivato sono entrato nella rete di casa Wong e sto lavorando per superare le protezioni, magari scopro qualcosa di grosso» le spiegò velocemente Alex, riponendo il cellulare: «Quindi pazienta, Lila-san, e assaggia i bignè.»
«Sai dove te li infilo quei bignè?»
«Lila…» mormorò Wei, sorridendo quando lo sguardo battagliero della ragazza si posò su di lui: «Che cosa ti dico sempre?»
«Che non si infierisce su chi è più debole?»
«E a parte quello?»
«Che non devo minacciare le persone di infilargli cose per il didietro?»
«Esatto.»
«E’ sempre bello vedere come Wei ha addomesticato la volpe» decretò Alex, sorridendo quando Lila tornò a fissarlo, più arrabbiata di prima: «Wei caro, come si spegne?»
«Alex, seriamente, non mi rendi le cose facili…»
«Dunque, gli Agreste sono laggiù. Fu e i bambini sono vicino all’entrata…» Felix si fermò, posandosi le mani sui fianchi e ignorando i tre, guardando la sala e passandosi poi una mano fra i capelli, tirati indietro: «Qualcuno di voi ha visto Xiang e la coppia volante?»
«La coppia volante?» domandò Bridgette, sistemandosi meglio la stola attorno alle spalle e guardando l’uomo come se fosse affetto da un qualche tipo di problema.
«Il pavone e l’ape.»
«I pavoni non volano, Felix.»
«Ma fanno sempre parte della categoria uccelli.»
Rafael scivolò lungo le scale che portavano al piano superiore della villa, carezzando il marmo della balaustra delle scale e fermandosi poi in cima, guardando i corridoi che s’immergevano nel buio: «Che cosa hai intenzione di fare?» gli domandò Sarah, facendolo voltare indietro e osservare la giovane, pochi gradini sotto a lui.
«Non lo so» bisbigliò il ragazzo, socchiudendo gli occhi per un attimo e seguendo quello che gli diceva l’istinto: doveva andare, sentiva il bisogno di seguire la direzione che i suoi piedi avevano deciso. S’immerse nelle ombre del corridoio, camminando lento fino alla fine e fermandosi poi davanti a una porta, quasi sapendo che dietro quella c’era qualcosa che lui voleva vedere.
Che doveva vedere.
Inspirò, poggiando la mano sul freddo metallo della maniglia e stringendola un attimo, prima di abbassarla e aprire la porta: rimase immobile sulla soglia, ignorando i richiami della ragazza alle sue spalle e osservando ciò che era presente all’interno di quella camera: «Sarah, va a chiamare gli altri.»
«Cosa?»
«Va a chiamare gli altri. Subito.»
«Ma…»
«Sarah. Vai.» si voltò appena, vedendola annuire e poi correre lungo il corridoio nella direzione da cui erano venuti, leggermente impacciata sui tacchi alti: mentalmente pregò che nessuno lo raggiungesse lì finché non fossero arrivati i suoi compagni e, nel mentre, avanzò nella stanza, osservando i cristalli che emanavano una pallida luce ocra.
La sua visione.
Inspirò, mentre camminava fra i quattro monoliti, osservando le persone imprigionate al loro interno e riconoscendo le fattezze dei quattro generali che, nell’ultimo periodo, li avevano sfidati a suon di creature assurde e nate dal Quantum: «Che cosa sta succedendo qui?» mormorò, poggiando la mano su quello che si era presentato come Taotie e notando la posizione stoica in cui era stato imprigionato.
Un rumore di passi gli provocò un brivido lungo la schiena, si voltò lentamente incrociando lo sguardo vacuo di Nathalie: «Signor Fabre» mormorò la donna, incurante di ciò che la circondava: «Che ci fa qui?»
«Che ci faccio qui? Veramente mi domanda questo?» Rafael sorrise, allargando le braccia e scuotendo il capo: «Non dice niente riguardo a tutto questo?»
«Sono solo…» Nathalie si fermò, voltandosi al rumore di passi concitati che si avvicinavano veloci: Rafael sorrise, notando i propri compagni entrare nella stanza e fermarsi sull’ingresso, gli sguardi di tutti che vagavano sui quattro monoliti di cristallo che occupavano gran parte dello spazio: «…decorazioni.» concluse la donna, riportando l’attenzione su di lui e venendo poi avvolta da tentacoli color ocra, nati dal pavimento e che si avvolsero attorno a lei, chiudendola in un piccolo bozzolo luminoso, che pulsò per una buona manciata di minuti prima di scoppiare e rivelare ciò che era diventata Nathalie.
«La panterona!» sbottò Adrien, picchiandosi una mano sulla coscia: «Bene. Avrò dei traumi a vita adesso!»
«Adrien…» Marinette sospirò, scuotendo il capo e fissando la nemica, cercando di capire il da farsi e come avrebbero dovuto agire da quel momento in poi: «Dobbiamo trasformarci e…»
«Oh. Sì, trasformatevi» la voce maschile fece sobbalzare la ragazza, mentre una voluta di fumo ocra si materializzò in un angolo della stanza, rivelando poi le figure di Kun Wong e Xiang, tenuta per il collo dall’uomo che, con un sorriso in volto, fissava tutti i presenti: «Sono stato uno sciocco, mia cara Xiang, avrei dovuto seguire te fin dall’inizio…» bisbigliò, accentuando la stretta e sorridendo alla vista della smorfia di dolore che contorse il volto della ragazza: «Dovevo immaginarlo che mi avresti portato ai Miraculous. Beh, devo dire che non sono poi andato così lontano…» Kun Wong schioccò le labbra, sorridendo: «Marinette e Adrien Agreste, Rafael Fabre e la sua fidanzatina, se non erro. Oh, poi l’adorabile figlia di Ada, Lila e il suo compagno. E…» si fermò, battendo la lingua sul palato: «Vediamo. Chi potrebbe essere l’ultimo? Willhelmina Hart? Il signor Blanchet? Gabriel Agreste? Oppure…» un sorriso più accentuato piegò le labbra, mentre gli occhi scuri e freddi come una pietra si posarono sul componente più giovane: «Oppure quel simpatico signorino che sta proteggendo la sua bella. Oh sì, penso di aver trovato tutti i Miraculous. E ora, gentilmente, datemeli. Sono miei di diritto.»
«Non sono tuoi» biascicò Xiang, muovendosi e assestando una gomitata nello sterno a Kun Wong, sgusciando poi via dalla sua stretta e balzando all’indietro, avvicinandosi di qualche passo ai suoi amici: «Kang non voleva che tu li avessi…»
«Kang avrebbe dovuto stare al suo posto: io sono tutto ciò che rimane di un antico impero, i Miraculous sono ciò che mi è stato promesso! I Miraculous appartengono a me!»
«E allora perché non te li vieni a prendere?» domandò Marinette, aprendo la pochette e liberando così Tikki, che svolazzò davanti a lei: «Tikki, trasformarmi.»
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E con questo capitolo si va a meno due dal finale e ci siamo...le pedine si sono mosse e gli schieramenti ormai sono in procinto di combattersi. E sinceramente non ho molto altro da dire e non posso far altro che lasciarvi alla lettura di questo capitolo, dandovi appuntamento al prossimo e a tutti gli altri aggiornamenti che farò.
Detto questo, come sempre, vi ricordo la pagina facebookdove essere sempre aggiornati su capitoli, anteprime e coming soon, senza contare i miei disagi. E vi ricordo anche il gruppo facebook Two Miraculous Writers, gestito assieme a kiaretta_scrittrice92.
Come sempre, voglio ringraziarvi tantissimo per il fatto che mi leggete, commentate (lo so, sono un mostro perché non rispondo mai!) e inserite le mie storie nelle vostre liste.
Grazie di tutto cuore!
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