8. Spiegazioni




La lezione è terminata senza altri scossoni. Ogni tanto gli occhi del professor Montero lampeggiavano nella mia direzione, ma niente che non potessi gestire. Anche perché ero alle prese con un dilemma ben più serio: scegliere di andare all'appuntamento con Samuel a dare spiegazioni o venire bocciata a ripetizione all'esame d'inglese, col rischio di essere rispedita in Italia per negligenza?

Visto che ora mi ritrovo nel corridoio al primo piano che affaccia sul grande atrio in cui sono posizionate le aule dei professori, evidentemente ho optato per le spiegazioni. Non posso rischiare di lasciare l'Africa: prima devo scoprire le mie origini e solo qui ho la possibilità di trovare qualche indizio.
Proprio sulla parete opposta al corridoio si trova la porta di metallo verde con la targhetta N53.La mia destinazione.

Mi guardo intorno: non sono sola. Il corridoio e l'atrio brulicano di decine di studentesse e professoresse che chiacchierano in gruppetti e lanciano occhiate e risatine verso la stessa direzione: l'aula N53. E davanti alla porta, Samuel è circondato da alcune esponenti del gentil sesso, giovani e mature, che lo importunano con occhi languidi, movenze seducenti e discorsi frivoli. Lui pare essere molto imbarazzato dalle attenzioni poco professionali che riceve da studentesse e colleghe. Si scompiglia spesso i capelli corvini, si sfrega le mani sudate e sorride impacciato. Aveva proprio ragione il direttore del centro linguistico quando, presentandocelo, aveva affermato che fosse molto popolare tra la popolazione femminile dell'UCT.

Alle mie spalle sento una serie di rumori lievi, secchi e frequenti: sono tacchi che colpiscono il pavimento in resina grigio perla e incedono rapidi e decisi nella mia direzione.
Mi giro: una ragazza di colore, alta e slanciata, dal fisico mozzafiato fasciato in un tailleur color pesca, ancheggia vistosamente lungo il corridoio, fissando un punto dinnanzi a sé. Mi supera e, oscillando la sua lunga coda di cavallo color ebano davanti al mio naso, sculetta vistosamente verso il gruppetto di donzelle che importuna il mio professore di inglese. Irrompe senza troppe smancerie tra le fanciulle, afferra Samuel per un braccio e, senza dire una parola, gli ficca la lingua in bocca in un bacio mozzafiato.
«Ma chi è?» chiedo a una ragazza che si è immobilizzata accanto a me, colpita dalla scena quasi pornografica che si sta consumando davanti all'ufficio N53.
«É la professoressa di lingue e culture orientali e africane, Miss Jenna Khumalo.»
«Ah, di lingue se ne intende parecchio, vedo... » dico sottovoce.
La giovane se ne va ridacchiando del mio commento inopportuno, ma sacrosanto.
Samuel viene trascinato dentro l'ufficio dalla collega intraprendente che chiude la porta alle loro spalle a colpi di tacco dodici.

Lentamente, la folla di signore riunite per importunare Samuel si disperde nei vari corridoi, in un brusio di commenti feroci e invidiosi.

Io sono allibita. Da uno così non mi faccio minacciare, la sua immoralità non merita le mie spiegazioni. Preferisco venire bocciata per l'eternità piuttosto che perdere anche un minuto della mia vita a chiarirmi con lui.
Imbarazzante, scandaloso e osceno è ciò a cui ho appena assistito!
Così, rossa in volto per la delusione e il disgusto, mi incammino rapidamente verso le scale per raggiungere il piano terra. Esco dalla prima porta che incontro e, a testa bassa e passo sostenuto, imbocco il marciapiede che costeggia l'edificio.
Giro l'angolo e, all'improvviso, inciampo su un materassino di gomma piuma azzurra abbandonato accanto al muro.
«Ma che... !»
Questa è inciviltà allo stato puro!
Mi rialzo e mi pulisco la tunica impolverata. Faccio un passo sul tappeto imbottito per continuare il
mio percorso verso casa, ma vengo travolta da qualcosa di imponente che precipita dalla finestra del primo piano. Dalla stazza sembra un grosso animale. Il colpo mi fa schiantare a pancia in giù sul materassino. Sulla mia schiena un grosso peso mi blocca il respiro.
«Che cazzo...!» ringhia una voce sopra di me.
Poi, due braccia muscolose mi sollevano per le ascelle e mi rimettono in piedi.
«Mi scusi tanto, non l'avevo proprio vista... si è fatta male?»
Quella voce!
Mi giro adagio e trovo Samuel in piedi davanti a me in evidente stato confusionale.
«Tu?» sibila stringendo gli occhi e guardandomi imbarazzato.
«Le tue prestazioni sono così eccellenti che sei stato buttato giù dalla finestra?» ringhio acida.
«É la mia via di fuga quando mi sfiniscono, come oggi» risponde sollevando lo sguardo verso la finestra del suo ufficio al primo piano.
«Mi sono organizzato con questo tappetino imbottito per attutire la caduta. Non immaginavo di trovare te come ammortizzatore.»
«Quindi, tu ti butti dalla finestra tutte le volte che le signore di sopra ti accerchiano? Ma sei serio? Non sei normale, lo sai, vero?»
«Io sono normalissimo, invece! Siete voi donne che avete dei grossi problemi a gestire le vostre voglie e le vostre tentazioni. Ah, scusa, tu non puoi capire: non sei una donna, sei una suora» dice sprezzante, mettendo l'accento sull'ultima parola.
«E tu non sei un uomo, sei uno stronzo!»
«Ullallà! E questo linguaggio così volgare dove l'hai imparato... in convento?»
«Ho le mie fonti.»
«Già... da una suora che bacia in quel modo mi aspetto di tutto!»
Arrossisco.
«Sei tu che mi hai baciato.»
«E tu hai ricambiato.»
«Non meriti nessuna risposta da parte mia! Dopo quello che ho visto prima, sei una totale delusione!»
«Senti chi parla? Mi hai ingannato in un modo così meschino che non hai nessun diritto di giudicarmi, suorina mascherata!»
«Vai a farti fottere dalla tua collega di lingue e culture africane, professore!»
Mi giro per andarmene, ma Samuel mi afferra per un braccio.
«Vedo che sei bene informata circa le mie frequentazioni, Mira la meravigliosa! Cos'è, sei gelosa per caso?»
«Lasciami subito il braccio!» ringhio tra i denti.
«Come vuoi, ma devi seguirmi. Avevamo un appuntamento, non ricordi?»
«Non me ne frega niente! E non voglio avere niente a che fare con te, pervertito di un professore! Mollami il braccio immediatamente!»
«Solo se vieni con me.»
«Cosa vuoi?»
«Spiegazioni in cambio di promozione.»
«Altrimenti?»
«Non passerai mai l'esame d'inglese.»
«E quindi?»
«E quindi non potrai esercitare la tua missione qui in Sud Africa. Sai che serve almeno il livello B1 per ottenere un visto non turistico.»
Abbasso gli occhi e faccio un lungo respiro per calmarmi.
Ha ragione: senza certificazione in inglese devo tornare in Italia, per forza.
Ha vinto lui, maledizione!
Alzo le sguardo e lo incenerisco.
Poi, seria, rispondo:
«Non ho scelta, mi pare... ti seguo.»
«Bene, risposta giusta. Per di là!»
Mi lascia il braccio e mi fa strada con un sorriso trionfante sul volto.

Ci inoltriamo nell'immenso parco dell'Università che si allarga a perdita d'occhio alle spalle degli edifici verso la collina. Samuel si districa bene nella fitta ragnatela di sentieri e non incontriamo nessuno sul nostro cammino. Dopo alcuni minuti mi fa segno di aspettarlo accanto a una panchina di legno. Lui si avvicina a una porticina sbiadita, suona un campanello e, in pochi secondi, viene inghiottito nell'ufficio. Riemerge poco dopo.
Mi sventola un mazzo di chiavi davanti agli occhi.
«Dietro a questo padiglione azzurro c'è la serra. Miss Benson è la custode ed è molto difficile estorcerle le chiavi d'accesso.»
«Ma il tuo sex appeal le ha ottenute con facilità, immagino.»
«Immagini bene: Miss Benson ha un debole per me.»
«Una della tante.»
«Anche a me piace molto.»
«Che strano, non l'avrei mai detto.»
«É una così dolce vecchietta di ottant'anni, premurosa e simpaticissima.»
«Basta che respirino, eh Samuel?»
Sorride malizioso e sussurra:
«Gelosa e vendicativa, un mix letale!»
Fingo di non aver sentito per non assecondare il suo ego smisurato.

Dopo pochi passi eccoci davanti a un edificio più lungo che largo, simile a un gigantesco prisma, con i muri trasparenti e la struttura di legno. I vetri delle pareti sono appannati e bagnati.
«Eccoci arrivati, vieni!»

Apre la stretta porticina con le chiavi ed entriamo.

Un calore umido, ma gradevole, ci accoglie. Lo spettacolo è stupefacente. Su infinite file di tavoli sono presenti vasi contenenti piante alimentari, produttrici di spezie, ornamentali o medicinali, di ogni dimensione, forma e colore. L'impatto cromatico è splendido e avvolgente è il profumo che emanano. Sui tre lati della costruzione, veri e propri alberi sostengono la struttura con le loro immense chiome. Riconosco la papaia, il caffè, il mango, la palma da datteri, la vaniglia o il cacao; tra gli arbusti meno noti, ma ugualmente interessanti, spicca l'albero del Neem, ovvero l'albero del sapone. Davanti alle piante più maestose ci sono le dracene, i filodendri, i ficus. Una parte dei bancali è infine dedicata alla coltivazione di felci tropicali.

Per una come me che è cresciuta a pane, serpenti e piante selvatiche e officinali, questo posto è qualcosa di simile al Paradiso!
Samuel si accorge della mia espressione beata e rapita.
«La tua faccia parla e mi dice che questo luogo ti abbia colpito parecchio.»
«Vero! Adoro questa serra, è come tornare a casa!»
«Ecco, appunto: proprio di questo volevo parlarti.»
«Di cosa?»
«Di chi sei davvero e soprattutto che storia hai. Vieni, accomodiamoci là in fondo, sotto quell'ibiscus.»
Mi trascina letteralmente verso due poltroncine di rattan mentre io mi guardo intorno, stupita e felice.

Ci sediamo e Samuel mi prende le mani per cercare di ottenere la mia attenzione che è totalmente rivolta al luogo magico e incantato in cui mi trovo.
«Mira, sei con me?»
Mi ridesto dallo stato di estasi e pianto i miei occhi verdi laguna nei suoi frammenti di cielo.
«Cosa vuoi sapere esattamente?»
«Chi sei, Miracle, da dove vieni... la tua famiglia...»
«La risposta alle tre domande è una sola: non lo so.»
«Tutti sanno dove sono nati, chi sono i propri genitori... a meno che...» e fa una pausa.
Ne approfitto per rispondere al suo posto:
«A meno che non ti abbiano trovato una notte d'estate nel bel mezzo della savana, sotto un sicomoro, abbandonata e sola.»
Sgrana gli occhi per la sorpresa, ma mantiene il controllo.
«Ecco svelato il primo mistero: la tua passione per il mio sicomoro... un ritorno alle origini, diciamo.»
«Già. Lo consideravo come un padre. Avevo poco più di un anno quando mi hanno trovata. Nessuno è mai venuto a rivendicarmi come legittima figlia... e nemmeno come illegittima.»
«E chi ti ha trovato?»
Samuel pende dalle mie labbra.
«Un cacciatore di uccelli. Passava casualmente nei pressi del sicomoro e ha sentito dei lamenti, i miei. Così mi ha presa e mi ha portato nel suo villaggio. I primi giorni, alcune famiglie che abitavano lì si sono presi cura di me: mi hanno nutrito, lavato e vestito. Ma il mio aspetto incuteva timore agli abitanti più anziani: io, così chiara di carnagione e con capelli talmente biondi da sembrare quasi bianchi, ero considerata uno scherzo della natura, una creatura magica e potenzialmente pericolosa. Così, il capo villaggio mi ha portato in una missione di suore a parecchi giorni di distanza. E loro mi hanno cresciuta, sono diventate la mia famiglia. Mi hanno chiamato Miracle perché il mio ritrovamento è stato considerato un vero miracolo: nessun bambino sarebbe sopravvissuto da solo nella savana africana, soprattutto di notte quando i grandi predatori vanno a caccia.»

L' espressione di Samuel è concentrata e allibita allo stesso tempo. Spalanca e chiude la bocca a intermittenza man mano che proseguo nel racconto.

«Ma non hai mai saputo niente delle tue origini, di come mai fossi stata abbandonata nel bel mezzo della savana?»
«Nella missione c'era una suora, l'unica che considerassi come una madre. Con lei trascorrevo quasi tutto il mio tempo. Lei mi ha insegnato tante cose, come maneggiare serpenti e bestioline velenose e riconoscere e utilizzare le piante medicinali. Suor Morgana, questo il suo nome, si era molto affezionata a me e ha fatto alcune ricerche sul mio conto.»
«E...?»
«E ha scoperto che, dopo qualche mese dal mio ritrovamento, sono stati rinvenuti i resti di una jeep a pochi metri dal luogo in cui mi avevano abbandonato. E accanto al veicolo, i cadaveri di un uomo e di una donna, ormai resi irriconoscibili dalla ferocia delle belve selvatiche e dal caldo africano.
«I tuoi genitori?»
«Non biologici. Il test del DNA è stato determinante e inequivocabile: nelle mie vene non scorreva nemmeno una goccia di sangue di quei due e di tutta la loro stirpe. Ulteriori ricerche hanno dimostrato che la coppia aveva noleggiato la jeep pochi giorni prima dell'incidente che li aveva uccisi e che viaggiavano con documenti falsi.
«Che storia, Mira, potresti scrivere un libro! E quindi questi due tipi non avevano nulla a che fare con te, giusto?»
«Sì e no. Si ipotizza che i due fossero coinvolti in un giro di adozioni illegali e che fossero venuti a comprare un bambino in zona, verosimilmente me.»
«Che bastardi! Hanno fatto la fine che meritavano, maledetti stronzi!» ringhia inferocito.

La sua reazione mi spiazza, la trovo un tantino eccessiva e fuori luogo.
«Come mai ti fanno così arrabbiare questi due?»
«Perché sono dei farabutti! Ma lascia perdere...ora mi passa.»
«Sono rimasta nella missione fino al compimento dei dieci anni, poi mi hanno mandato in Italia in un istituto dove ho ricevuto la mia istruzione culturale e religiosa.»

Samuel sembra essersi calmato anche se ha il viso tirato e si sfrega in continuazione le mani.

«Ma non è venuto mai nessuno a cercarti in questi anni?»
«No, nessuno. È per questo motivo che devo rimanere in Africa. Voglio continuare le ricerche di suor Morgana e sapere chi sono.»
«Suor Morgana... il suon nome sarebbe più adatto a una fattucchiera che a una religiosa.»
«In effetti era una strana creatura, una sorta di guaritrice pagana vestita da suora. Ma le devo tutto ciò che sono ora. Lei non si capacitava del fatto che una bimba dalla pelle candida come la luna potesse essersi smarrita in un'area geografica abitata esclusivamente da popolazioni bantu dalla carnagione di colore bruno scuro. Poi, un giorno, mentre mi applicava un unguento contro un eritema inguinale, l'ha trovata...»
«Che cosa?»
«La voglia!»
«La voglia di fare cosa?»
«La voglia che ho io.»
«Mio Dio, Mira, mi sto eccitando!»
«Per cosa?»
«Perché hai una voglia... e forse io posso fartela passare» dice ammiccando.
«Ma piantala! Ho una piccola voglia sulla pelle e suor Morgana ne era ossessionata: secondo lei la chiave di tutto era quel minuscolo segno scuro sulla mia cute. Si era messa a indagare e a fare ricerche, ma se n'è andata prima di trovare le risposte.»
«Mostrami la voglia, magari mi viene in mente qualcosa e posso aiutarti. Questa volta sono serio, Mira.»
«Impossibile!»
«Perché?»
«É in un punto, diciamo, delicato. Nessuno l'ha mai vista, a parte suor Morgana... nemmeno io!»
«E dove sarà mai nascosta?»
Arrossisco.
Arrossisce.
«Te lo dicevo che la mi stavo eccitando!»
Poi sdrammatizza:
«Una foto?»
Lo guardo torva.
«Ok, ho capito... purtroppo non possiamo contare nemmeno sulle esplorazioni di un potenziale marito o fidanzato, visto la scelta di vita che hai fatto.»
«Esatto! Ma ho intenzione di riprendere le ricerche di suor Morgana ora che sono qui, costi quel che costi!»
«Se vuoi io mi offro volontario per fornirti una descrizione dettagliata, magari accompagnata da un disegno, della tua preziosissima voglia... »
«Scordatelo! Troverò il modo...»
«Se ci ripensi, la mia offerta è sempre valida!» esclama insolente.

Gli rifilo una linguaccia. Poi mi rattristo al ricordo del mio amato angelo custode che non c'è più.
«Quando suor Morgana è morta, un pezzo del mio cuore se n'è andato con lei.»
«Morta? Credevo se ne fosse andata, ma non in quel senso! Maiunagioia, però! Scusa, ma la tua storia è davvero incredibile! Se magari suor Morgana fosse stata uccisa dalle stesse creature che amava e curava, direi che siamo proprio oltre ogni logica umana... e forse faticherei anche a crederti...»
«Quindi non mi credi?»
«Cazzo, è stata davvero uccisa da un animale?»
«Morsicata da un serpente uscito da una teca nella sua capanna.»
Sgrana gli occhi allibito
«No! Dai! Non è possibile!»
«Non dico bugie, sono una suora.»
«Però baci gli sconosciuti, e questo è forse peggio!» e ammicca divertito.
Arrossisco per l'imbarazzo e per il ricordo del calore con cui quel bacio mi ha infiammato il basso ventre.

Lui si fa serio e mormora:
«Perché hai preso i voti, Mira?»
«Perché era il mio destino.»
«Questo significa che hai sentito la chiamata del Signore, la vocazione a diventare tutta sua, escludendo ogni altro pretendente?»
«E chi, per esempio?»
«Beh... per esempio... me!»
Arrossisco di nuovo.
«Ti metti in competizione con Dio?»
«Sono le donne che scelgono, sempre.»
«E io ho scelto, mi pare.»
«Non sei convinta.»
«Da cosa lo deduci, sentiamo?»
«Hai ricambiato il bacio. Come se la tua anima avesse trovato la sua via d'uscita in quell'incontro di labbra e lingue.»
Cerco di restare impassibile, ma un fuoco arde dentro di me.
«Ormai ho preso i voti, non si torna indietro.»
«Hai detto un'altra bugia.»
«Quale?»
«Che non si torna indietro.»
«E tu cosa ne sai?»
«Mi sono informato. Quelli che hai preso tu sono i voti temporanei che anticipano di tre anni quelli definitivi. Puoi ancora seguire la tua anima se hai il coraggio di farlo.»
«Questa conversazione sta prendendo una piega pericolosa.»
Si avvicina con fare sensuale e sussurra a pochi centimetri dal mio viso.
«È quello che voglio.»
«Io no!»
«Sei sicura, Mira?»
Pianto gli occhi nei suoi e fatico a reggere il suo sguardo infuocato.
Ma dico con voce ferma:
«Hai detto poco fa che è sempre la donna che sceglie... e io ho scelto. Fattene una ragione.»
Lui non arretra di un millimetro e, sostenendo il mio sguardo, ribatte con voce roca:
«Lo vedremo, Mira, lo vedremo.»

Poi si alza di scatto e raggiunge la porta della serra. Senza girarsi verso di me, dice:
«Comunque, per tua informazione, l'esame di inglese lo passerai solo con tanto studio... io non scendo mai a compromessi.»
«Sei un vero stronzo!»
«Lo so! E tu sei una bugiarda.»
«E tu? Sei così innocente e integro come vuoi far credere? Tutti abbiamo degli scheletri nell'armadio e prima o poi vengono fuori!»
Gira la testa. I suoi occhi sono diventati scuri e lo sguardo è minaccioso.
Sibila:
«Lo vedremo, Mira, lo vedremo» e se ne va sbattendo la porta che, nell'urto, fa vibrare i vetri della serra.
Samuel non me la racconta giusta, la sua reazione dimostra che ho colpito nel segno.
Un giorno sarà lui a dover dare delle spiegazioni, ne sono certa.











fonte immagine:  https://www.google.it/url?sa=i&url=http%3A%2F%2Flaforestaincantata.blogspot.com%2F2008%2F04%2Fle-serre-dauteuil.html&psig=AOvVaw2wzc_knj5lzGQRR2sGLEF0&ust=1714317045719000&source=images&cd=vfe&opi=89978449&ved=0CBIQjhxqFwoTCOi3zcnX4oUDFQAAAAAdAAAAABAQ

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top