7. Suorina mascherata




La notte è stata inquieta. L'ho trascorsa in parte a sonnecchiare e a rivoltarmi tra le lenzuola e in parte nei pressi della pozza in attesa di qualche animale da contemplare. Ma siamo rimaste solo io e la luna a fissare lo specchio d'acqua: nessun essere vivente mi ha degnato della sua selvaggia presenza. A farmi compagnia solamente un paio di occhi blu e un grande senso di inquietudine.

Sensazione che mi opprime e mi blocca il respiro anche ora che sono seduta nell'ultima fila dell'aula sotterranea dalle pareti verde menta dell'UCT.

La mascherina ffp2 che indosso per tentare di rendermi invisibile peggiora il mio fiato corto e offusca un poco la vista. Ma non ho scelta: Samuel non deve riconoscermi, sarebbe davvero troppo imbarazzante.

Tra velo, mascherina e scaldacollo di lana dovrei riuscire nella mia impresa, anche se il rischio di collasso cardio circolatorio è davvero alto.

Suor Ilona è seduta accanto a me e ogni tanto mi lancia occhiate compassionevoli.

Suor Elisa, invece, alla mia sinistra, mi ignora e talvolta scuote la testa.

La sento borbottare:

«Cosa ho fatto di male, Signore, per meritare una croce simile, cosa? Guarda come si è conciata oggi! Ma non posso dirle niente altrimenti chissà cosa mi infila nel letto. Santa pace...» e sospira rumorosamente

Alla mia destra, invece, una voce sommessa sussurra:

«Mi dispiace che tu stia male, Mira! Ma cos'hai, una specie di allergia? Riesci a sentirmi sotto tutti quegli strati? O povera anima del Purgatorio!» sospira Ilona.

Io rimango in silenzio: sono invisibile, quindi non interagisco con nessuno.

Ma penso. E la prima cosa che mi viene in mente è: perché mai mi avrà messo d'ufficio in Purgatorio? Si vede che infondo fiducia, benissimo!

Il grande orologio sopra la porta dell'aula segna le 6:05.

E il mio cuore perde un battito quando quell'uscio si spalanca ed entra Dio in persona! Altro che Purgatorio! Mi doveva mettere all'Inferno con tutti questi pensieri impuri, blasfemi e peccaminosi che mi affollano la mente in questo momento. Ma non riesco a staccare gli occhi da quell'angelo che incede impacciato verso la cattedra. La camicia azzurra aderisce al suo torace muscoloso e i jeans sbiaditi incorniciano gambe toniche e un fondoschiena pennellato.

Ommiodio, è il demonio che mi sta tentando. Così scuoto la testa varie volte per scacciare Belzebù dalla mia mente e serro gli occhi per allontanare quella visione davanti a me.

«O santa pace, Mira, hai le convulsioni? Vuoi che chiami aiuto? Aiu...»

«Non osare!» sibilo girando la testa verso suor Ilona e incenerendola con lo sguardo.

«Lasciala perdere, oggi è più strana del solito! Prega per lei piuttosto... e per me che vivo con una così!»

Ruoto il viso verso sinistra e ringhio verso suor Elisa, che sussulta e finge di interessarsi agli appunti di inglese.

«Goodmorning everyone! How are you today

Un coro di voci femminili ribatte in un inglese scolastico:

«Fine! Thank you. And you

«Oh, I'm really fine and excited

"A chi lo dici!", penso ad alta voce

Alcune teste velate si girano verso di me, serie, e io sprofondo dietro il libro, imbarazzata.

«Alright! Today we start getting to know each other a little bit and I'd like to start with your names. When I call you, stand up and say "here", understood

Non ho capito nulla di ciò che ha detto, ma percepisco sia vitale che io comprenda le sue intenzioni. Così colpisco suor Elisa sulla gamba e la guardo con aria inquisitoria. Lei, sbuffando, sibila:

«Ha detto che fa l'appello e quando sentiamo il nostro nome dobbiamo alzarci e rispondere "presente".»

«No!» grido.

Di nuovo alcune teste si girano nella mia direzione accompagnando il movimento con uno sguardo feroce.

«No... » ripeto sommessamente «sono rovinata!»

«Questo è certo! Dietro al tuo assurdo travestimento di oggi potrebbe celarsi chiunque, anche un uomo...o uno scimmione... quando ti chiamerà, il nostro professor Montero rimarrà basito e ti rovinerà all'esame!»

Sorrido raggiante a quelle parole.

«Grazie! Non potevi dire parole più rassicuranti per me, grazie davvero!»

«Te sei proprio strana  oggi, lasciatelo dire.»

Samuel comincia a fare l'appello:

«Aiasco...»

«Presente!»

«Alvarez...»

«Presente!»

«Audini... Bemi... Bezzocchi... Burrelli...Buscarini...»

«Presente... presente... presente... presente... presente...»

«Castillo... Castro...Clement... Cotabea...»

«Presente... presente... presente...presente...»

«Danon... Davalos...Degan...»

«Presente... presente... presente... »

«Degli Spiriti...»

Silenzio

«"C'è Degli Spiriti?»

«Mira, ti sta chiamando!» sibila suor Elisa alla mia sinistra.

In effetti Degli Spiriti era il cognome della madre generale della Congregazione a cui fui affidata quando mi trovarono abbandonata nella savana. E Degli Spiriti è il cognome che il giudice mi assegnò prima che le suore mi prendessero in affidamento a tempo indeterminato.

Quindi Degli Spiriti sono io.

«Miracle Degli Spiriti... ci sei?»

Suor Elisa mi prende il braccio e me lo tira su con forza, suor Ilona mi afferra per il bacino e mi fa alzare di peso.

Borbotto un "presente" incomprensibile e mi ributto sulla sedia come un sacco di patate.

«Non ho sentito e non ti ho individuata. Su, non essere timida... Miracle Degli Spiriti... fatti riconoscere.»

Così mi alzo di nuovo e rimango in piedi a fissarlo con odio per qualche secondo.

«Ah, eccoti lì. Scusa se ti ho disturbato, ma potresti abbassare un attimo la mascherina? Così memorizzo il tuo volto...»

Lo guardo stralunata.

«Forse non hai compreso...» e mima il gesto  di levare il dispositivo  medico dalla mia faccia.

Ma io mi risiedo di colpo, ignorandolo.

«Non ti senti bene, per caso? Vuol dire che ti memorizzerò la prossima volta... a meno che...» e abbassa il tono di voce con fare misterioso.

«A meno che non tu non stia evitando qualcuno e non voglia farti riconoscere...»

Un silenzio imbarazzato piomba nell'aula.

Ma lui, con una risatina di circostanza, ristabilisce l'equilibrio.

«Stavo scherzando...» e rimane incollato per alcuni istanti nei miei occhi con i suoi.

«Che figura, Mira! Ma cosa hai in quella testa!» la voce di suor Elisa mi ridesta dall'imbarazzo.

Sudo e sto davvero per avere un malore. Ma la lezione deve continuare... the show must go on.

«Alright! Ora conosco i vostri nomi... e i vostri volti... meno uno. Adesso vorrei fare un piccolo sondaggio per capire anche da quale parte del mondo venite. Alzate la mano quando nomino il vostro paese d'origine, d'accordo? Spagna? Cinque. Germania? Due. America Latina? Ah, una decina. Da Cuba? Nessuno. Peccato! Vi ho detto che mio papà ha sangue cubano e passaporto statunitense, vero? E la mia mamma è italiana. Quindi... vediamo un po': chi arriva dall'Italia?»

Accanto a me suor Ilona e suor Elisa si sbracciano. Io rimango immobile.

«Aspettate che vi conto... quattordici, siete in maggioranza! Magari ogni tanto parliamo un po' in italiano così ci capiamo bene. Però, se i miei conti non sbagliano, siete presenti in trenta ma hanno dichiarato la loro provenienza solo in ventinove. E credo proprio che la suorina mascherata non ci abbia ancora detto da dove viene. Provo a chiedertelo in italiano, forse non hai capito. Miracle Degli Spiriti: da dove vieni?» E mi fissa con aria di sfida e un sorriso sornione.

Non rispondo. Non voglio rispondere, accidenti a lui!

Ma suor Ilona, che anche con un'arancia in bocca è una gran chiacchierona mi precede:

«Viene dall'Italia! La suorina mascherata è  italiana. Solo che non sta bene oggi, quindi non ha tanta voglia di parlare, vero Mira?»

La uccido! Io la uccido! Ora, grazie a lei che ha svelato il mio soprannome, Samuel mi ha riconosciuta di sicuro!

E infatti sorride sempre più soddisfatto e mi fissa tra il divertito e l'incredulo.

«Bene, bene...» borbotta quasi tra sè.

Poi distoglie lo sguardo e posizione sulla gigantesca cattedra una grande busta di plastica bianca.

«Ora è il mio turno. Vorrei raccontarvi qualcos'altro di me e della mia vita.»

Man mano che Suor Elisa traduce parola per parola nel mio orecchio sinistro, la mia curiosità cresce e io allungo il collo per capire cosa bolle in pentola.

«Vorrei parlarvi della mia casa. Sono molto fortunato perché la mia famiglia abita in un bel casolare affacciato sulla baia.»

Me lo ricordo quel casale meraviglioso decorato da lucine bianche e immerso in un parco incantevole.

«Pensate che abbiamo anche una grande piscina, una piccola palestra e una grotta naturale adibita a cantina.»

Il brusio nell'aula dimostra lo stupore e la meraviglia della platea nell'immaginarsi la villa da sogno del professore.

«Ma ciò che più amo di casa mia è la piantagione di alberi da frutto che occupa la collina su cui sorge il casolare. Mi occupo personalmente delle piante. Certo, un giardiniere fa il lavoro grosso. Solo che ultimamente me ne sono occupato io perché circa un mesetto fa lui si è ferito scivolando nel frutteto tropicale.»

Il mormorio in sottofondo interrompe la narrazione di Samuel.

«State tranquille, ora sta meglio ed è già tornato al lavoro. Una banale frattura alla caviglia.»

Un sospiro di sollievo collettivo rasserena l'atmosfera.

«In questa grande piantagione mi reco spesso a contemplare le mie amate stelle...»

Mi si forma un groppo in gola e fatico a respirare.

«E ogni tanto mi rifugio lì per sfuggire a impegni gravosi e a fanciulle sfacciate...»

Sudo. Come una lumaca.  Intorno a me invece si levano risolini maliziosi e occhiate sarcastiche.

«Il mio albero preferito è un grande sicomoro...»

Ho la salivazione azzerata.

«Guai a chi me lo tocca! Pensate che una sera ho sorpreso una ladruncola proprio accanto al suo tronco!»

Un boato di sgomento risuona tra le pareti scrostate dell'aula.

Io sono pietrificata.

«E sapete cosa cercava di rubare?»

Pausa.

Sto avendo un malore.

«Questi!» e con un gesto rapido estrae dalla borsa bianca un grande cesto di vimini ricolmo di fichi panciuti. E tra di essi spicca un fiore rosa di ibisco.

Con le mani mi cingo la gola come se uno di quei succosi frutti mi fosse andato di traverso soffocandomi.

Sbarro gli occhi e lo fisso incredula.

Lui ha sulle labbra un sorriso malizioso e sul volto un'espressione trionfante.

Con lo sguardo perlustra l'aula in cerca di qualcosa.

O di qualcuno.

Poi, trovando i miei occhi disperati e terrorizzati fissi su di lui, li aggancia e li sequestra. Mantenendo il controllo delle sue iridi nelle mie, afferra un fico, lo solleva come un trofeo e sentenzia.

«La ladruncola aveva ragione: questi sono i fichi migliori dell'intero globo. Provare per credere. Suorina mascherata, vuoi favorire?»

Tutte le studentesse si girano verso di me.

Io non riesco a muovere un muscolo e anche la lingua sembra rigida come un battiscopa di marmo.

«Ma visto che non ti senti bene, rimani seduta. Vengo io da te!»

Vengo io da te, ha detto?

Cerco di sparire incassando la testa tra le spalle e appallottolandomi sulla sedia: assomiglio a una di quelle colorate poltrone a sacco.

Con orrore vedo che Samuel scende dal palchetto di legno su cui svetta la grande cattedra e a passi decisi si dirige verso l'ultima fila di banchi: la mia.

Mi raggiunge come se avesse viaggiato su un tappeto volante e si piazza davanti alla mia postazione con le gambe divaricate e le mani sui fianchi. Gli manca solo il mantello svolazzante e una S stampata sul torace e poi è tale e quale a Superman.

Io non mi muovo, alzo solo gli occhi verso di lui.

E succede.

Una scintilla guizza come una scarica elettrica dal celeste delle sue iridi al verde delle mie e ripercorriamo in un istante i momenti trascorsi insieme.

Per qualche secondo rimaniamo come sospesi in una dimensione onirica in cui tutto ciò che ci circonda sparisce e ci siamo solo noi: Mira e Samuel.

Per fortuna lui distoglie lo sguardo e scuote leggermente la testa per riprendere il controllo.

Un sorriso accattivante, quasi illegale, compare sulle sue labbra.

Come un predatore che studia la preda, accosta adagio il suo viso al mio e racchiude una mia mano nelle sue.

«Mi devi delle spiegazioni, altrimenti non passerai mai l'esame d'inglese...» sussurra a voce così bassa che fatico anch'io a comprendere.

Poi si scosta di colpo da me e dice con enfasi, rivolgendosi alla platea di studentesse:

«Spero sia di tuo gradimento e sono sicuro che ti guarirà da tutti i tuoi malanni!»

E torna verso la cattedra con fare così arrogante e deciso che sembra quasi sculettare. Mentre si muove, attira gli sguardi di tutte le presenti su di sé che si girano seguendolo. E così finalmente si spengono i riflettori su di me. Rimango in un angolino oscuro, sola col mio disagio e ricoperta da un doppio strato di imbarazzo.

Mi accorgo però che tengo qualcosa nella mano che poco prima Samuel aveva circondato con le sue.
La apro.

Un fico verde smeraldo, polposo e liscio spicca sul mio palmo aperto.
E un piccolo pezzetto di carta spunta a ridosso del frutto: un minuscolo biglietto.
Lo apro.

Dopo la lezione aula N53, primo piano.

Samuel.











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