The word of your body

Song-fic ispirata al brano "The word of your body" tratto dal musical "Spring Awakening"




Just too unreal, all this
Watching the words fall from my lips
Baiting some girl with hypotheses
Haven't you heard the word of your body?

Procedono entrambi, Chiara e Francesco, sulla cima della collina, tra i boccioli e i ciuffi d'erba e le ragnatele ingioiellanti e i pollini svolazzanti. Tra erbe di campo, papaveri, fiordalisi e bottondoro, foglie di quercia e bacche di sorbo

Procedono spediti, in una danza di avvicinamento e lontananza.

Come due poli che s'attirano. Come due pianeti che si rincorrono nella stessa orbita. Come due amanti clandestini, che adulterano la buona reputazione dei rispettivi nuclei familiari giocandosi tutto e per tutto per l'intensità ardente d'un istante.

Un singolo istante.

Un granello di presente nel deserto del Tempo.

La foresta è un deserto, è la sua versione folta e lussureggiante e ricca d'acqua, abbondantemente stordente, con le sue moltitudini di verdi e marroni che s'intrecciano in una trama inestricabile dove il sole non penetra, scansato dal fresco e dai manti di muschio imbevuto d'acqua e dal gorgoglio del torrente malmenante le rocce con il suo impetuoso accellerare. Sempre più veloce. Sempre più inarrestabile. Il corso della vita. La foresta è il rifugio dei segreti, è dove l'immaginazione si ripara dopo la diaspora dell'età adulta, coniugandosi di nuovo al bambino perduto.

Ma la vita cerca di scinderli, uomo e bambino. Non possono più incontrarsi in quella piazza in fondo al cuore e bighellonare assieme. È sfiorito il tempo dei contatti.

Delle mediazioni.

Delle avventure, dei viaggi, delle tragedie, dei drammi, dei trionfi.

Ma, a volte, succede che uomo e bambino si tocchino.

Allora capita come a Francesco. Si riscopre la verità. Ci si ingozza di vita. L'anima si alleggerisce da tutte le scorie che l'appesantivano. Si diventa selvatici.

Dolcemente selvatici.

E allora si scala la ripida montagna dell'io, ci si specchia in quel bambino ripudiato, in quella gioia negata - per Francesco la gioia è chiacchierare con gli uccelli o spalmare balsami sulle piaghe d'un lebbroso o saltare nelle pozzanghere, spruzzando in giro e ridendo a crepapelle - e ci si conosce e ama veramente.

Come sul Subasio.

Rocce su cui sono abbarbicate foreste intricate di abeti e faggi e lecci in trattenuta discesa verso il ripido degradare del monte. Da tempo immemorabile con le loro forti radici i faggi trattengono la terra molle, ne contengono le vene acquose che dissetano di linfa il grembo scuro e asprigno dei semi, affinché s'infittisca di fibre giovani e resti salda a sfidare l'abisso, intricata di geometrie vitali, radicate in essa.

Procedono entrambi, Francesco e Chiara.

Don't feel a thing, you wish
Grasping at pearls with my fingertips
Holding her hand like some little tease
Haven't you heard the word of my wanting?

S'interrogano spesso, Chiara e Francesco, su chi, tra di loro, sia il sole e chi la luna.

Chi personifica le lucerne di Dio?

Chiara è bionda, una colata abbagliante d'oro, sottile e rara come filigrana. La sua tunica, sinuosa e larga, che impaccia nelle corse sfrenate e va raccolta in grembo in fagotti spiegazzati, vira oggi su un rosa antico dalle guarnizioni azzurre, dalla camiciola sottostante che sbuffa, trinata di fili d'argento.

Francesco è scuro, taglio a scodella, arruffato. Ha i palmi escoriati dal lavoro, i polpastrelli ruvidi, la barba rada e solleticante al tatto, il saio stracciato e logoro, d'una stinta, indefinita tonalità tra il grigio e il marrone.

Magari Chiara emana così tanto bagliore perché è un sole.

Magari Francesco offusca e annulla quel bagliore, se ne impregna, perché è la volta notturna in cui la sua luna deve sfolgorare, sprizzando i suoi raggi argentei, esprimendosi in totale, vittoriosa, esaltazione.

Chiara, come la luna, sente di non poter sorgere senza che il sole l'accompagni. Riflette e assorbe e distribuisce l'energia bruciante di Francesco, lo fa perché lui è qui, le arranca incontro, vicino eppur distante.

Uno strappo e una convergenza.

Che strana comunione tra anime!

Quando si fronteggeranno, assottigliando l'universo in una striscia di vaporoso, caldo arancione chiamata tramonto, i loro cuori esploderanno?

Oh, I'm gonna be wounded
Oh, I'm gonna be your wound

Chiara si strugge fino al momento in cui Francesco le taglierà i capelli.

Le ciocche, tentacoli delle vanità, catene ai vincoli e agli obblighi. I boccoli biondi, orgoglio d'una donna e sua rete di seduzione. Questi capelli, sì, proprio questi capelli che sono sipari dietro a cui inscenare la messinscena della remissione, dell'obbedienza, dietro cui vegetare, schermanti la tristezza, l'affanno, del profitto.

Perché un figlio è profitto, corrisponde a un guadagno d'uno scalino d'eternità. Un figlio è un appendice della tua anima e coltiverà la tua eredità, proietterà la tua memoria un decennio, un secolo, un millennio più in là. Ti fornisce un senso come tu hai dato senso ai genitori, compiendoli, compiendo il loro nome.

È così che funziona la vita.

Francesco, un giorno, ha smesso di attenersi alla vita.

Non ha capito più quest'insensatezza che fingono sia sensata.

Questa farsa.

Solo per non soccombere.

Ma è così bello lasciarsi trasportare!

Chiara lo sente. È stufa di capire. È stufa di assecondare. È stanca di ricevere. Vuole partecipare. Vuole infrangere, se infrangendo dilagherà il bene per ogni uomo. Vuole dare e dare e dare. Come quell'uomo crocefisso, che l'ha sedotta con tralci di fiori e promesse simili a gocce di miele spillate sulle labbra. Aprendo, spalancando, morendo per amore. Vuole dare fino a quel punto, fino allo stremo.

O tutto o niente.

Non si oltrepassa un limite e poi si ritira il piede.

No.

O tutto o niente.

La sensazione si attorciglia dentro di lei, si aggroviglia, le scortica i pensieri e trita le parole in balbettii sconclusionati. Francesco è una combustione d'amore e Chiara sa che quel fuoco si aizza anche dentro di lei.

Tumultuoso, irragionevole, irrazionale, immotivato.

Illogico.

Non possiede una logica l'amore gratuito, universale.

C'è.

È anormale.

Anche se l'uomo, per guarire i propri dubbi, per tentare di risolvere i propri misteri, deve relegarsi al normale.

Francesco per molti è pazzo, un indemoniato, un eretico, un enigma.

Chiara ne conosce la soluzione, ne custodisce la chiave. È una sensazione strana eppure antica, arcaica. L'ha sempre conosciuto anche prima che s'inoltrasse nella sua esistenza. Come se loro anime si appartenessero, si richiamassero, palpitanti, eteree, in costante deperimento e rinascita, in un esuberante, folle primavera.

Due pezzi destinati a incrociarsi.

Le anime risalgono a chissà quando, i corpi sono nuova scorza.

Corazzati dall'armatura della fede.

Oh, I'm gonna bruise you
Oh, you're gonna be my bruise

Ha sognato le sue nozze, la notte scorsa, Chiara.

Aspettava, avvolta in sete tempestate di rubini e smeraldi e zaffiri, aspettava lo sposo sul sagrato della chiesa, il parentado riunito, ammassato, in un gregge cieco e ottuso che belava felicitazioni a ripetizione ciclica.

Erano ombre confuse, indistinte, rarefatti spettri, gli invitati. Espletavano cortesie e le dame si profondevano in inchini e la riempivano di moine e complimenti sulla sua bellezza radiosa, sulla nobiltà del casato dello sposo, sulla magnificenza dei suoi doni. Un corredo immenso, spropositato. Un assembramento di vanità. Gemme preziose, scrigni intarsiati, cofanetti, gingilli, ampolle di essenze, bauli traboccanti di metri e metri di stoffe pregiate, damaschi e rasi che sembravano risucchiare la luce con l'avidità delle sabbie orientali, splendidi libriccini miniati, fermagli, spille d'oro e d'argento, ornamenti per il corpo, lozioni e creme, romanzi cavallereschi, tomi e volumi antichi, fili di perle, abiti, arazzi arrotolati e tappezzerie, il tema di una delle quali rievocava il ratto dell'unicorno e il tranello della fanciulla illibata. Lenzuola dagli orli ricamati, servizi, suppellettili e stoviglie, ninnoli per i pupi che seguiranno.

Persino una scimmietta ammaestrata con un guinzaglio d'oro.

Una fiera delle vanità.

La muraglia per sbarrare fuori la paura.

La paura dell'altrove, la paura della dispersione nel nulla. È agghiacciante il nulla e il suo pensiero ti inibisce le meningi e ti instupidisce. Nel nulla il tuo nome non ha valore, mentre, se vuoi galleggiare in questo mondo perverso e maligno, che travia e corrompe, che schiaccia e impoverisce, se vuoi davvero galleggiare, devi far valere il tuo nome, inciderlo, valorizzarlo, salvaguardarlo.

Con l'integrità, l'onore, il rispetto.

Accumulando e barricandoti nella tua fortuna.

Perché non sorride a tutti la fortuna.

Basta guardare gli accattoni, indegni di onore e rispetto.

Che il tuo nome sia un tonfo fragoroso, perlina nell'abaco dei giorni, ma che il suono del suo schianto rimbombi in eterno.

Così sarai preservato dal nulla che ottenebra la vita.

Perpetua la tua discendenza, assicurala, protrai lo sguardo oltre, sempre più oltre, in quell'indeterminato, vago, nebbioso altrove. Potresti assoggettarlo. Controllarlo. Battere il tempo in astuzia se prepari già un capitello saldo. Ci ergerai sopra la tua colonna - il pilastro della tua famiglia, della tua continuità, una parvenza di immortalità tra i mortali - e quella s'innalzerà, solida, indistruttibile, a forare la volta celeste, ineluttabilmente eterna, e attraverserà i secoli.

Siglata dagli accordi, suggellata dai sacrifici.

Da donne immolate ai talami e sogni soffocati, da passioni consumate e speranze trucidate. La speranza è dei sognatori.

Il contagio dei sognatori è pericoloso. È uno scricchiolio, una lama di luce, sufficiente a spazzare via le granitiche certezze.

I sognatori drappeggiano il mondo d'un impalpabile velo di diversità.

Insinuano che esista sempre qualcosa di diverso, di migliore.

Scemenze.

Cosa c'è di meglio di convolare a nozze con un buon partito, galante e cortese e, soprattutto, ricco?

Chiara s'è svegliata, balzando tra le sorelle dormienti, con la sensazione di venire condotta al macello, un'oppressione stroncante il respiro sul diaframma, il cuore infuriante. Boccheggiava e, nell'oscurità coagulata tra i mobili raffinati della camera, nicchie buie che tra non molto sarebbero perite, appassendo all'aurora che, dalle fessure delle imposte, avrebbe irrorato di perlaceo lucore il pavimento, crede d'avere scorto gli occhi vitrei d'un lebbroso brillare.

O forse erano i granati ruscellanti dal costato del crocifisso.

Just too unreal, all this
Watching his world slip though my fist
Playing with her in your fantasies
Haven't you heard a word, how I want you?

L'amore, secondo i ragionamenti obsoleti del mondo, è come una bilancia, messa alla prova ogni momento, che sempre minaccia di rompersi, inceppata, arrugginita dagli avvicendamenti e dai lamenti e dai pianti e dai vizi, se non la si riequilibra.

Rischia di scombinare i calcoli umani.

La storia la olia.

È una storia fatta di contrappesi e dunque, tra gli uomini, viandanti, di avvicinamenti, di spiegazioni, di insuccessi e successi, di contralti e voci, di sguardi che convergono nel tempo, e si adattano, si conformano, accontentandosi, tra slancio e discriminazione, come il tempo e la saggezza insegnano.

L'amore avvicina mentre Francesco ha preferito allontanarsi, ma, quel giorno, sull'agone della piazza, imputato nella contesa con il padre, non si è potuto nemmeno concepire dove volesse andare, lontano dove, perché, da quando.

Intemperanze di un pazzo, farneticazioni d'un ribelle, berciava Assisi.

Chiara ha decifrato il suo sguardo, ascoltato l'appello del suo cuore.

Come, non lo sa nemmeno lei.

Ma ha assistito alla sua spregiudicata rivendicazione di libertà.

Francesco ha strappato i viluppi del passato, ha sbaragliato la paura.

S'è denudato della paura.

E ora sogna pure lei di librarsi, dispiegando le ali e alzarsi nello stesso cielo.

Oh, I'm gonna be wounded
Oh, I'm gonna be your wound

Solo una volta ha osato sognare come debba essere baciarlo.

Baciare Francesco.

Cosa si debba provare, quale scarica d'adrenalina e irruenza, a riposare le labbra su quelle di un uomo e unificare i loro respiri, trangugiandone l'impeto e la spinta calorosa della carne. A comprimere le loro anime, straziati eppur saziati, inondando le membra frementi di un uragano d'emozioni.

È stato solo uno sbandamento. Solo uno.

Chiara, adesso, vede Francesco come il fratello perduto e ritrovato.

Perché forse l'amore inespresso è più puro e duraturo, persiste nei secoli, li cavalca, e non ostacola e, anzi, permette all'amore per gli altri di fluire senza intoppi.

L'amore casto è una brezza epuratrice, ristorante il corpo fiacco.

L'amore innocente è un castello d'avorio.

È l'amore elargito a tutto il mondo.

Come l'incomprensibile abbraccio d'un crocefisso.

Non sei più al bivio dell'adolescenza, dove devi scegliere.

Calzo le maschere della rettitudine, come mi hanno tramandato, oppure no? Mi dicono che in me risiede la fiducia del cambiamento eppure parlano di soldi, di guadagni, mi raccomandano di radicare sicurezze per il futuro. Di rassegnarmi. Di uniformarmi.

Ma se mi oppongo che succede?

Chi sarò? Chi diventerò?

Oh, I'm gonna bruise you
Oh, you're gonna be my bruise

Sono giunti in cima alla collina, Francesco e Chiara.

I loro sguardi si sfiorano, titillano le corde dell'anima. Amore dolceamaro, estasi e condanna. Completano il tutto, rivitalizzano ciò che era morto. Orchestrano mille suoni, si scambiano mille parole.

Nella loquacità del silenzio.

Lo fanno da quel giorno di rivolta e caligine e sommossa popolare, da quel giorno di fughe, quando, durante i dissensi sfociati in insurrezioni, le rivolte sfregianti il bel volto d'Assisi, i loro sguardi si sono congiunti, immettendosi sulla stessa linea, per non abbandonarsi mai più. Un gioco di sguardi. Un dialogo ininterrotto.

Francesco le tende la mano. Chiara l'accetta.

Un baluardo di sguardi.

Loro, poveri in Terra, ma ricchi in Cielo.

Forse... forse sono stelle cadenti, brucianti di desideri silenti e per questo destinati a incenerirsi d'amore.

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