Posso dire amore a tutti
Canzone omonima tratta dal musical "Forza Venite Gente".
Posso dire amore a tutti
posso dire amore a Dio
ma non posso più
dire «amore mio»,
a te.
S'incrociano, la prima volta, quando lei è una bambina e lui un giovanotto.
Piccola, bionda Chiara, un ninnolo bello, docile e taciturno, come si conviene a una bimba di nobili natali. Aitante adolescente quel trambusto ambulante di Francesco, il rampollo viziato del mercante, cocco del babbo. Pietro di Bernardone cede a qualsiasi suo capriccio, non bada a spese per il primogenito, sicuro che inciderà il suo nome a caratteri cubitali nelle righe della Storia.
Le vie d'Assisi sono trafficate, mercati e carri e buoi intasano le stradine acciottolate, strette, soffocando i gerani ai balconi. Il ragazzo incrocia spade smussate, in legno, con il fratello, s'immagina cavaliere unto e riconosciuto, un baldo paladino.
Sogni focosi e irruenti di gioventù.
Chiara tiene la mano della madre, la bambola premuta al petto, e l'intreccio di sguardi è fugace, un balenio grigio dentro zaffiri.
Eppure, il volto di Francesco le si pianta dentro, un seme dormiente.
Il putiferio disumano della guerra non lo corrode.
Perché mio non è più niente
e un amore mio non c'è
e non posso più
dirti «amore mio».
Perché? Perché?
Il primogenito del mercante è mutato.
Mutato in un matto, berciano le comari. Socializzare con i lebbrosi e soccorrere quegli impestati dannati dal Signore in persona? Sconsiderato d'un giovane! La prigionia gli ha fuso il cervello! Codardo, per inasprire la sfilza di mancanze. Parte tutto bello impettito, in armatura nuova di zecca comprata a chissà quali sacrifici dal padre e nelle Puglie, al seguito di Gualtiero di Brienne, neanche ci arriva.
Guarda un po', l'ingratitudine oltraggiosa delle generazioni d'oggi!
Francesco è mutato, Chiara concorda. È maturato.
La benda dell'indifferenza è scivolata, smettendola d'accecarlo. Ora riscopre ciò che mai prima d'ora aveva ritenuto significativo. Il vero, segreto, valore delle cose. Del tutto. Dell'uomo. Gli ulivi annebbianti le colline. La soffice, mistica leggerezza del panorama umbro. L'oro nei campi. I papaveri, i fiordalisi, i girasoli cortigiani del sovrano del cielo diurno. La bellezza d'un sorriso. Il tepore caldo d'un abbraccio.
Chiara lo ammira, accompagnandolo, per quanto le riesca di sgattaiolare di nascosto o seminare il pollaio chiacchierone delle donne di casa, serve, sorelle e balia. Sarebbe disdicevole e sconveniente che una fanciulla appena fiorita nell'età fertile - l'età della compravendita nei talami, delle doti cospicue e alleanze suggellate a baci e membrane lacerate - apparisse in giro a fianco del rincitrullito di paese. Un danno all'immagine e alla rispettabilità del casato.
Ma Chiara, nelle sue scappatelle ai lebbrosari, ai bivacchi dei poveri assiepiati lungo le strade, ha affinato l'arte della fuga.
Per amor di carità si corrono dei rischi.
E per amore del prossimo?
«Come possono descrivere Dio quale giudice implacabile quando è autore della storia della Salvezza?» Il pomeriggio si spalanca lungo, terso e afoso e l'ulivo garantisce copertura e ristoro. Sul viso di Francesco è in atto un contenzioso tra luci e ombre. «E di una tale opera di bellezza?»
Francesco non la tratta come una ragazzina al primo rigoglio in donna. L'ascolta. Tiene in alta considerazione la sua opinione.
Un pazzo non lo farebbe mai.
Chiara lo studia, ponderando sulla risposta. Le balza lampante perché Francesco abbia falcidiato cuori nei suoi anni da lestofante incallito. Affascinante, lineamenti proporzionati, naso dritto, fronte liscia. Bellezza smorzata da un incarnato pallido, malsano, mal assortito con il nero corvino della chioma.
I suoi occhi, ora tanto affranti - come se la sua anima gioviale fosse stata aggredita e mutilata da un male oscuro - tanto colmi di domande, ti scuotono nel profondo.
Una vampata le assale le guance e si rende conto di quanto banale suoni la sua risposta. «Per paura, credo.»
«La paura controlla gli uomini.» asserisce Francesco, annuendo con fare distante, il suo sguardo ramingo sulla pianura. «Per paura del tempo s'affannano a lavorare, schiavi della paura della morte accumulano il nulla.»
«Il nulla.» ripete Chiara, spostando la sua attenzione sulla valle verde, dorata, sulle colline tinte dai papaveri trillanti, sugli ulivi dai tronchi rugosi e dalle chiome argentate. «Respinto dal cielo.»
Francesco le prende la mano e un brivido l'attraversa.
Il cuore le freme, scalpitante.
«Dio accetta solo l'amore.» dice il suo amico. «Egli è amore.»
Chiara, Chiara, no
se ti avessi sarei ricco più di un re.
E tu lo sai
la ricchezza non è fatta più per me.
Francesco rinuncia a tutto, qualsiasi vincolo e prigionia di denaro, appartenendo soltanto a Dio e all'umanità.
Chiara scopre di amarlo.
Amarlo come lo ama Dio.
La lontananza, quella separazione tra loro - tra la normalità, la confortevole e asciutta convenienza cittadina e Francesco nella sua aborrita, beffeggiata e radicale scelta di vita - non affila la lama del dolore.
La recide, secca. Nel calco lasciato vuoto da Francesco, nel solco impresso in lei da anni, abbandonato, dilaga la felicità più assoluta. Una rilassata pace dei sensi. Francesco sta bene. È felice. Benché la sua felicità sia costata molto, tanto, una famiglia e rapporti incrinati in eterno, Chiara n'è lieta.
È felice della felicità di Francesco.
L'amore è quello. L'amore incontaminato. L'amore non rapisce per rinchiudere nel serraglio del proprio cuore. L'amore libera e aspira solo al bene dell'altro.
Qualunque sia il prezzo.
Con le mani accarezzare
di un lebbroso posso il viso
ma non posso più
carezzare il tuo.
Perché?
Ricamano il suo corredo, lei, Caterina e Beatrice, curve a macchinare sugli ingombranti telai rubanti mezza stanza. Un filo di sole cala dalla finestre arcuate, batte sul panciuto vaso in cristallo, coronato di fiori campestri.
Un mazzolino fragrante di fiordalisi, iris, gigli, papaveri e spighe colti dalle passeggiate raminghe in campagna, la scusa ufficiale. Colti, in verità, dagli incontri clandestini con Francesco, ai margini dei boschi, l'inselvatichito intrico fuori le mura d'Assisi. Pacifica e Bona di Guelfuccio la scortano. Vederlo rinvigorisce l'animo di Chiara, abbracciarlo, conversare, mettere a punto, con l'eccitazione taciuta di una masnada di ladruncoli architettanti un colpo grosso.
La fuga definitiva di Chiara. L'abbandono.
Lo sposalizio al più diletto degli sposi.
Chiara, Caterina e Beatrice ricamano il corredo per un previsto e pattuito matrimonio terreno. Mortale. Tra facoltose famiglie e rinsaldanti alleanze. Vogliono maritarla a vanagloriosi polletti di Perugia. Chiara, in quelle confidenze riservate con Francesco, ricama, nei suoi sogni, il corredo per un improvvisato matrimonio celeste.
Il nulla. L'aria fine. Orlato di fumo e fiamma.
Si perde, trasognata, a dipingersi la scena. L'aria ultraterrena, palpitante di luce, nel sacro recinto di Santa Maria degli Angeli. Le ciocche dorate recise, una nuvola di fili, un sudario trapunto d'oro e baluginii sulla vecchia Chiara, morta al mondo.
Le perle e i rubini, le trine e i veli, le babbucce e i bracciali tintinnati.
Sepolti dalla forza stravolgente dell'amore.
La tua sposa, la Rinuncia,
forse è bella più di me.
Tu dai tutto a lei
a me nulla dai.
Perché, perché?
Francesco viaggia e Chiara, nel pensiero, nelle preghiere, viaggia al suo fianco.
In Oriente o sui promontori spagnoli, lungo la cerniera degli Appennini o nell'entroterra saturo di canicola abbrustolente senni e crani. Nelle selve fitte, lungo rotte precise o dovunque lo scaraventi il vento, schegge impazzite nel lancio di Dio. Francesco ama girare in tondo e, a seconda della direzione in cui è cascato di testa, percorrere quella strada, indicata dalla Divina Volontà. Un bimbo assicurato nel girotondo del padre. Così ha insegnato ai suoi frati.
A San Damiano, nella quiete sospesa, affogata nel pianto e nelle lacrime tributate al crocefisso, nei canti e nel silenzio edificante, nei malati e nei lebbrosi, negli afflitti da cui si recano in visita o che si palesano alla loro porta e ai quali mai viene negato sostegno, Chiara pensa a lui. Sempre.
Francesco è con lei, in lei, e lei con lui e in lui.
Coniugati nel dono reciproco.
Innaffia e pota il suo orticello, in tripudio di piante e fiori, rammentando di tenere curato il fazzoletto incolto anelato da Francesco. Anche le api e gli insetti ronzanti devono sfamarsi e i fiori esprimono la colorata tenerezza di Dio.
Amore. Dovunque Chiara si volti. N'è schiacciata, sopraffatta. Amore nella spirale della chiocciola. Nel bottone sul fondo del papavero. Nella carezza del vento.
Amore e amore e amore.
Chiara, Chiara no
se ti avessi sarei ricco più di un re.
E tu lo sai
la ricchezza non è fatta per me.
«Dai Francesco sollevati.» lo sprona delicata. «Ti ho preparato del brodo.»
L'alletato si profonde in uno sforzo troppo impegnativo per la sua scarsa, debole riserva di energia. Chiara l'aiuta a sostenersi sui guanciali, la sonnolenza mattutina che gli impasta ancora il viso. Gli prova la fronte. Fresca e asciutta.
La febbre s'è dissipata.
«Brodo?» biascica insonnolito, raggi insinuanti tra le frasche della capanna che gli si sparpagliano in faccia, sui capelli aderenti alle tempie dal sudore, sulle palpebre arrossate. «Non me la sento...»
«È caldo.» Chiara lo rimesta, soffia sulla cucchiaiata. «Ti gioverà, fidati.»
Testardo com'è, i primi tempi s'era ostinato a volersi nutrire lui, ma le ferite ai palmi rendono dolorosi i movimenti, le dita che si serravano rattrappite e insensibili, contratte nei crampi, intorno al cucchiaio, la zuppa o il brodo o la pappa spillante. La cecità quasi totale non l'agevolava. Chiara ha preso in mano la situazione.
«Forza.» Gli porge la prima sorsata di brodo e il broncio di Francesco si scioglie. Si lascia imboccare, ingolla lento. A ognuno il suo tempo. «Bravo, così.»
Si sta dissolvendo, più abitante del cielo che della terra. Lui, che con la serenata della libertà l'ha convinta a una rocambolesca fuga da innamorata. Lui, che come un terzo incomodo ritroso s'è manifestato poco, evanescente negli ultimi tempi, quasi avesse il terrore d'infrangere la sacralità di quelle nozze mistiche. Lui, che l'ha amata.
Riamato. Ogni accortezza, ogni premura di Chiara glielo comunica. Trapela quest'amore, come un rosario di gocce luminose.
Chiara ama Francesco.
Francesco ama Chiara.
E la carne è per chi si accontenta della copertina.
Quell'amore non è più per noi.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top