In difesa di Angelo

Un capitolo in difesa di Angelo, sì, giacché sono arcistufa di vederlo dipinto come il fratello che mai perdonò Francesco, quello vivente nell'ombra del padre, lo sconosciuto o addirittura fratellastro.

Angelo era suo fratello, il suo unico fratello, figlio totale e indiscusso di Pietro e Pica, non un figlio bastardo, non il figlio di un precedente matrimonio di Pica. È vero, negli archivi comunali è ricordato come m. Angelus Pice, Angelo di/della Pica, e Giovannetto, ad esempio, nei documenti è noto come Johannectus dim Angeli domine Pice, da alcuni interpretato come un voler dare risalto ai natali nobili della madre, oscurando quelli borghesi del padre. Ma ritengo che la nobiltà c'entri poco.

Angelo era entrato in rotta di collisione col padre esattamente come Francesco.

Qualcuno si provi a mettersi nei suoi panni, a vedere le cose dal suo punto di vista.

Sei il secondogenito, amato certo, ma porti in te la consapevolezza di essere sempre destinato al secondo posto, a vivere nell'ombra della luce emanata dal tuo esuberante, carismatico fratello maggiore, che ha un rapporto privilegiato e di evidente favoritismo con vostro madre, tuo fratello in cui tuo padre scorge il futuro compimento delle sue ambizioni, il primogenito su cui investe le sue speranze e i cui capricci asseconda, sempre e comunque, perché è Francesco che è il leader delle brigate, il re della gioventù. È Francesco che porterà lustro al nome della famiglia nel mondo, compiendo imprese cavalleresche. Non tu. Lo ami - è tuo fratello, il tuo compagno di giochi, e il suo carattere incanta, propenso all'allegria e alla ballate francesi com'è, come puoi non amarlo? - e gli vuoi bene, essendo il maggiore è il tuo appoggio sicuro, però... però la gelosia, un pochino, punge. Vorresti essere come lui, preferito come lui. Francesco avrà il mondo, tu che cosa? L'eterno secondo posto, una vita da mercante di provincia e via. Ma è a questo che sei chiamato, è a questa vita che sei stato educato. È giusta, deve esserlo.

Se non la segui, cos'altro rimane? Vostro padre ha faticato per voi e non sarai mai capace di ringraziarlo. È giusto così e così ti hanno insegnato.

Senza questa vita cosa sei? Con il tempo, magari, un giorno, potrà renderti qualcuno.

E all'improvviso l'incantesimo si spezza.

Tuo fratello abbandona tutto, abbandona questa vita, abbandona te. Ti ritrovi al centro delle attenzioni di tuo padre, a colmare il vuoto di Francesco. E provi rancore, non sai se odio - chissà se lo è, perché tuo fratello non è più tuo fratello e ti ha lasciato - ma la rabbia si mescola alla sofferenza. Hai finalmente quello che hai sempre desiderato, sei al posto di Francesco... ma ti manca Francesco. Vedi tua madre angosciarsi per la sua assenza e sai che non potrai mai consolarla veramente, perché non sei lui. Provi vergogna come tuo padre, perché ha oltraggiato il vostro buon nome e compromesso la vostra immagine, ma anche dolore come tua madre e rabbia, rabbia verso quel fratello che ha gettato alle ortiche la vostra vita insieme, i vostri ricordi, la vostra felicità. Cerchi sempre, ti sforzi almeno, di essere come tuo padre vuole che tu sia, il suo ideale di figlio, a metà strada tra consolazione e compimento dei suoi sogni, sebbene non ti abbandoni la sensazione di venire investito di nuove responsabilità e doveri solo perché, per lui, in parte, sei il sostituto di quel primogenito impazzito. Ma è sempre quello che hai tentato di fare, dopotutto, mostrarti all'altezza delle aspirazioni di tuo padre, uscire da quell'icona di docile, buono secondogenito e di affrancarti da questa reputazione e da questo destino.

E perciò il dolore si mescola alla rabbia e non sai più dove inizia uno e dove finisce l'altro, fusi in un'amalgama che ti ferisce il cuore al solo pensiero o alla sola apparizione di Francesco. Perché non puoi, non riesci, a libertarti di lui. Lo incontri a mendicare nelle vie, lo senti cantare, predicare nelle piazze, ballare con la stessa euforia di un tempo, solo dedicata ad altri fratelli. Lui, Francesco che perdona lupi e briganti, ma non l'eccessivo amore di un padre che aveva eretto su di lui grandi progetti - o proiettato? È una silente domanda che ti angustia, di recente, ma potresti condannare un padre che desiderava solo il meglio che questo mondo può offrire per il suo primo nato? - e, anzi, quel padre rigetta, abbracciando quello celeste.

Rimonta la gelosia.

Rimonta perché lo vedi felice, felice di quella nuova vita senza di voi, senza di te. Felice mentre tu stai soffrendo, benché ti ripeti di stare dalla parte giusta, dalla parte del figlio buono, del figlio che si preoccupa dei suoi genitori.

Negli occhi di Francesco leggi una felicità che non hai, non hai più o, forse, non hai mai avuto. Una nuova felicità. Una diversa felicità.

Sarà un pippone, devo avere seri problemi se mi addentro in questa maniera nell'introspezione psicologica di un personaggio storico di cui sappiamo praticamente niente, ma così io mi immagino Angelo e me lo sono ritratta mentalmente, o almeno Angelo prima della sua riconciliazione con Francesco, quando ancora lo strappo è lacerante e brucia.

Un essere umano prova queste e altre emozioni.

Ma, a mio parere, qual'è la prova inconfutabile della loro riconciliazione? Giovannetto.

Giovannetto, nomignolo di Giovanni. Francesco era stato battezzato Giovanni. Perché dare a tuo figlio il nome originario di tuo fratello? Vi era Pica, Giovanna Pica, ma per lei è probabilissimo che Piccardo fosse stato il nipote chiamato in suo onore. Si potrebbe anche vedere come un tentativo di Angelo di riappropriarsi dei giorni dorati dell'infanzia rispolverando il nome antico del compagno di giochi andato, ma mi puzza un pochino. Tutti sapevano che Francesco era nato Giovanni.

Giovannetto è Giovanni.

Angelo ha chiamato il suo secondo figlio in onore al fratello.

E Giovannetto, del ritrovamento tra suo zio e suo padre, ne è l'emblema.

Più tardi vi mostrerò alcune chicche scovate leggendo delle note tratte dagli scritti di Arnaldo Fortini, sindaco di Assisi e storico del secolo scorso, che, ricercando tra gli archivi comunali, ha riportato alla luce tante informazioni sul vero Francesco (quello reale, umano, con i suoi pregi e i suoi difetti, non il santo ieratico e modello perfetto e irraggiungibile che San Bonaventura, con la sua opera di epurazione delle variegate e precedenti biografie di Francesco nel 1266, in favore del predominio assoluto della sua Legenda Maior, aveva imposto al mondo occidentale e cattolico per secoli. Ringraziamo che, dall'ottocento in avanti, tantissime biografie e fonti su Francesco, nascoste alla distruzione di Bonaventura, stanno riemergendo dagli scaffali polverosi di biblioteche, conventi e non solo, Tommaso da Celano compreso).

C'è tantissima roba su Piccardo, Giovannetto e non solo!

Intanto vi lascio all'articolo "Angelo, una storia da raccontare", tratto dal sito ufficiale dei frati minori di Assisi, in modo da restituirvi appieno il suo quadro completo.

Sappiamo che Francesco non era figlio unico. La cosiddetta Legenda dei tre compagni afferma che «in assenza del padre, quando Francesco rimaneva in casa, anche se prendeva i pasti solo con la madre, riempiva la mensa di pani, come se apparecchiasse per tutta la famiglia. La madre lo interrogava perché mai ammucchiasse tutti quei pani, e lui rispondeva ch'era per fare elemosina ai poveri, poiché aveva deciso di dare aiuto a chiunque chiedesse per amore di Dio. E la madre, che lo amava con più tenerezza che gli altri figli (prae ceteris filiis diligebat), non si intrometteva, pur interessandosi a quanto egli veniva facendo e provandone stupore in cuor suo» (FF 1404).
Sembrerebbe che Francesco avesse più di un fratello; in questo caso, si «aprirebbe la via alle ricerche sui familiari dei rami collaterali aventi come capostipiti gli altri figli di Pietro. Ma anche qui è da ritenere che si tratti di una espressione generica... perché non è possibile pensare che se altri fratelli (di Francesco) fossero esistiti non ne sarebbe rimasta qualche traccia o in relazione ad essi stessi o alla loro discendenza» almeno nei molteplici documenti assisani (Arnaldo Fortini, Vita Nova di San Francesco, 95 – d'ora in poi, F). Ma c'è di più. Tommaso da Celano, ricordando un episodio occorso tra Francesco e il suo fratello, «indica quest'ultimo con l'espressione 'il suo fratello carnale' (frater eius carnalis): lasciando così comprendere come non si potesse parlare che del solo fratello che il Santo aveva, e cioè Angelo» (F 95).
Che Francesco avesse un fratello è dunque noto alle biografie primitive, ma il nome Angelo ci viene rivelato solo da alcuni documenti degli archivi assisani, che più di una volta, in atti pubbilci, parlano di "Angelo figlio di Pica" (F 95), e da frate Arnaldo da Sarrant: «Francesco di Pietro di Bernardone di Assisi, ebbe un fratello di nome Angelo e una madre di nome Pica» (SF p. 2998).

Pare che Angelo sia il più piccolo dei due fratelli, forse di due-tre-quattro anni: non lo sappiamo. Nelle biografie la sua presenza balza per la prima volta nel momento in cui lui si fa beffe delle scelte di Francesco: «Un mattino d'inverno, mentre Francesco pregava coperto di miseri indumenti, il suo fratello carnale, passandogli vicino, osservò con ironia rivolgendosi a un concittadino: "Di' a Francesco che ti venda almeno un soldo del suo sudore!". L'uomo di Dio, sentite le parole beffarde, fu preso da gioia sovrumana e rispose in francese: "Venderò questo sudore, e molto caro, al mio Signore"» (FF 1424). In questo momento Angelo, che forse ha 18-20 anni, sta dalla parte del padre. C'è da domandarsi da dove gli viene questa ironia. Si potrebbe sentire il dottor Freud!
Immaginiamo che i due fratelli si volessero bene nella loro infanzia e fanciullezza, che giocassero insieme, studiassero insieme, felici. Ora in Angelo, in seguito alle gravi decisioni del fratello, si sta rompendo l'incantesimo: da qui la sua rabbia. Eppure dovrebbe essere contento se Francesco se ne va da casa e abbandona tutto: almeno lui, Angelo, rimarrebbe il solo erede del ricchissimo patrimonio paterno e materno. Che volere di più? Questa ironia sembra manifestare la profonda sofferenza di chi si sente tradito. Ma Francesco per seguire Cristo, deve fare, è il caso di dirlo, "l'orecchio da mercante' con il babbo, con la mamma, con il fratello.

Da questo momento Angelo scompare dalle biografie di Francesco. Altre informazioni seguitano a pervenirci però sia dalla Cronaca di Tommaso da Eccleston, sia dagli archivi assisani. L'Eccleston parlando della promozione dei predicatori francescani nella Provincia e nelle Custodie d'Inghilterra ci dice: «Venne in Inghilterra in quel tempo anche frate Martino da Barton, che ebbe la fortuna di vedere spesso san Francesco. In seguito egli fu eletto vicario del ministro di Inghilterra e si comportò in modo lodevole anche in altre cariche. Frate Martino raccontò che al Capitolo generale in cui san Francesco aveva ordinato di abbattere la casa che era stata costruita proprio per il Capitolo, erano presenti circa cinquemila frati e che il suo fratello di sangue era il procuratore del Capitolo e ne proibì la demolizione in nome della città. Il beato Francesco, stando all'aperto e sotto la pioggia, ma senza bagnarsi, scrisse una lettera, redatta di suo pugno e la inviò per mezzo di lui al ministro e ai frati di Francia, che si rallegrarono vedendo questa lettera e ne lodarono la Santissima Trinità, dicendo: "Benediciamo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo"» (FF 2460).
Non c'è nessuna difficoltà a individuare nel Capitolo generale cui questa notizia allude, il ben noto Capitolo delle stuoie del 1221 così fotografato dalla Compilazione di Assisi (FF 1579). "Quanto segue, accadde all'avvicinarsi di un Capitolo; a quei tempi ne veniva celebrato uno all'anno, presso Santa Maria della Porziuncola. Il popolo di Assisi, considerando che i frati per grazia di Dio si erano moltiplicati e crescevano di giorno in giorno, notò che specialmente quando si riunivano tutti per l'assemblea capitolare, non avevano colà che una angusta misera casetta, coperta di paglia e dalle pareti fatte con vimini e fango: era la capanna che i frati si erano approntata quando erano venuti a stabilirsi in quel luogo. Allora gli assisani, per delibera dell'arengo, in pochi giorni, con gran fretta e devozione murarono ivi una grande casa in pietra e calce, senza però il consenso di Francesco, che era assente. Quando egli fu di ritorno da una provincia per partecipare al Capitolo, nel vedere quella casa rimase attonito.
Pensando che con il pretesto di quella costruzione, i frati avrebbero eretto o avrebbero fatto edificare case del genere nei luoghi dove già dimoravano o dove si sarebbero stabiliti più tardi, – poiché era sua volontà che la Porziuncola fosse sempre il modello e l'esempio di tutta la fraternità –, un giorno, prima che il Capitolo avesse fine, salì sul tetto di quella casa e ordinò ai frati di raggiungerlo, poi cominciò insieme con loro a buttare giù le tegole, nell'intento di demolirla. Alcuni cavalieri di Assisi e altri cittadini erano presenti in rappresentanza del comune per il servizio d'ordine, al fine di proteggere quel luogo da secolari e forestieri affluiti da ogni parte e che si assiepavano fuori per vedere l'assemblea dei frati. Notando che Francesco con altri frati avevano l'intenzione di diroccare l'edificio, subito si fecero avanti e dissero al Santo: «Fratello, questa casa è proprietà del comune di Assisi, e noi siamo qui in rappresentanza del comune. Ti ordiniamo quindi di non distruggere la nostra casa». Rispose Francesco: «Va bene, se la casa è di vostra proprietà non voglio abbatterla». E subito scese dal tetto, seguito dai frati che vi erano saliti con lui. Per questo motivo, il popolo di Assisi stabilì, e mantenne per lungo tempo tale decisione, che ogni anno il podestà in carica fosse obbligato alla manutenzione ed eventualmente ad eseguire lavori di riparazione di quell'edificio".
Quello che l'Eccleston ha voluto dirci è che proprio Angelo «il fratello di sangue (di Francesco) era il procuratore del Capitolo e proibì la demolizione (della casa) in nome della città». In questo testo Angelo è un personaggio privilegiato: sia perché è il fratello dell'ormai famoso Francesco, sia perché occupa un posto di riguardo nella città (è infatti un rappresentante del Comune, forse è uno dei cavalieri), sia perché è il procuratore-siniscalco-maggiordomo del Capitolo. Questa alta posizione indica che Angelo gode ormai la stima di tutti e che, superato il primo smarrimento del 1205-1206-1207 (al momento della conversione di Francesco), ha avuto modo di riconciliarsi con il fratello frate (tanto che lo stesso Francesco scende dal tetto della casa, in obbedienza all'ordinanza del Comune). Anzi Angelo, dal testo della Compilazione di Assisi, sembra ora proteggere il fratello e i frati stessi: provvedendo ad essi come loro procuratore e organizzatore della logistica di cinquemila persone, oltre a tenere a bada tutta l'immensa folla lì convenuta per vedere i frati, per visitare la Porziuncola e soprattutto per avere un contatto diretto con Francesco appena ritornato sano e salvo dall'Oriente. Angelo, forse sui trentacinque anni, risulta qui un uomo maturo, che agisce con grande autorevolezza e senso di responsabilità.

Lavorando un po' con il pensiero, forse si può parlare di una riconciliazione, oltre che tra Francesco e il fratello Angelo, anche tra Francesco e i suoi genitori. Nei documenti a prima vista non vi è nulla di esplicito, ma alcune considerazioni ci possono spingere in questa direzione. Innanzitutto, c'è la preveggenza della madre che, quando Francesco era ancora in fasce (secondo il Celano) o nella sua giovinezza (secondo i Tre Compagni), profeticamente diceva ai vicini: «che ne pensate che diverrà questo mio figlio? Sappiate che per i suoi meriti diverrà figlio di Dio» (FF 583. 1396). La mamma, come sarà anche confermato dal suo atteggiamento materno durante la conversione di Francesco, aveva già intuito il futuro del proprio figlio e, pur tra le lacrime, lo aveva lasciato andare (FF 1418).
Ma c'è da prendere in considerazione anche un altro elemento. Il Fortini fa vedere quanto «il ricostruire il patrimonio terriero della famiglia di lui (Francesco) è assai utile, non soltanto per trovare una conferma alle notizie che i biografi ci tramandarono intorno alla condizione di agiatezza in cui Francesco crebbe e fu educato, ma altresì per meglio comprendere tanti fatti notevoli della vita sua» (F 112). Ora dagli archivi e dalle biografie si vede abbastanza bene come Francesco, sia durante la sua crisi vocazionale, sia dopo le sue scelte definitive, si muove con grande libertà attraverso i territori di proprietà del padre, che poi diventeranno proprietà del fratello Angelo.
Questo fatto può significare che dopo la spogliazione davanti al Vescovo, anche per la pressione e «l'indignazione della gente» (FF 1419), e soprattutto della moglie, Pietro di Bernardone abbia interiorizzato meglio la situazione: permettendo al figlio di seguitare a sopravvivere e gironzolare, anche con i frati, sui suoi terreni. A modo di esempio, citiamo il caso della zona detta la Campagna, nei pressi di Collestrada: era proprietà di Pietro di Bernardone (F 104); vi si era svolta in gran parte la guerra tra Perugia e Assisi, in cui Francesco era stato fatto prigioniero, ma fu anche il luogo dove Francesco pernotterà al momento della concessione dell'Indulgenza della Porziuncola (FF 2706/10-11).
Un altro elemento che suggerisce una riconciliazione familiare è che Angelo e i suoi figli di si impegnarono generosamente e lungamente per favorire la costruzione della Basilica del Santo, e restarono completamente devoti ai frati francescani: questo non poteva avvenire senza la stima e la devozione di tutto il casato di Angelo. Non conosciamo le date di morte dei genitori di Francesco. Sappiamo invece da frate Arnaldo da Serrant che Angelo, sposato, ebbe due figli (Giovanni e Piccardo, nipoti pertanto del santo di Assisi; SF 2998), e che sarebbe morto intorno al 1229 (F 101).

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top