Il tempo del sogno

"Amarsi non vuol dire guardarsi l'un l'altro, ma guardare insieme nella stessa direzione"
Antoine de Saint-Exupéry


Francesco vaga sulle colline d'Assisi.

Senza meta, guidato solamente dal Signore. Fratello Vento fischia, percuote i rami degli alberi. Gli ulivi s'incurvano, contorti, rattrappiti nei loro legni antichi, induriti dalle storie, brulicanti d'altre, invisibili storie.

Sono una piena d'argento, gli ulivi. La chioma scintillante della Madre Terra.

Sora nostra Madre Terra, che sostenta e governa. I solchi nei campi picchiati dal sole disegnano le sue rughe. I papaveri spruzzano di lentiggini. I fiumi che dilaniano il terreno in ferite lucenti cadono in cascate di lacrime. Il grano sibilante di brezza, un fruscio di spighe, il suo grembo gravido, maturo di vita generatrice.

Madre. Sorella. Fratello.

Francesco si stende nell'erba, Frate Lupo riposa il muso sul suo sterno. Chiude gli occhi, s'immerge nella pienezza che salta, vola, nuota, schiamazza, freme, galoppa, vive intorno a lui. Il palcoscenico del mondo.

Nostro Signore eccelso regista.

Socchiude gli occhi, una falce di luce. L'olmo è una vampata di foglie irte al cielo, il cipresso la punta di un pennello intinto nel verde. La quercia un vecchio custode di coriacea tempra e teneri frutti.

Nella spirale del guscio d'una chiocciola s'avvolge la vita. Nei bottondoro che ricamano il prato brillano scorci di paradiso. Margherite gremiscono le radici dinoccolate d'un ulivo. Fiordalisi abbracciano morbosi i papaveri infestanti le distese a perdita d'occhio di grano. I covoni s'ammucchiano sotto il sole crudele.

L'estate scoppietta, frizzante, briosa, allegra, esonda e investe, ti cava il fiato e sfoga la sua fantasia, il suo estro di colori e abbondanza.

Estate brillante, rubiconda, crapulona dalle fauci ardenti come una fornace.

Assisi boccheggia. La polvere vola nei vicoli tortuosi, il sudore ruscella e il fresco è anelato, le fontane prese d'assalto dalle anfore di Madonne accaldate.

Frate Leprotto non è per niente intezionato a separarsi da Francesco e gli balza in grembo, nonostante lui lo respinga gentilmente. Sorelle Tortore tubano.

L'universo canta. Danza, corre, turbina.

E lui, Francesco, nel cuore di questo turbinio incessante, un vortice d'entusiasmo, le note che s'incatenano, s'agganciano, s'annodano nella musica angelica del mondo.

L'universo canta, il torrente rimbomba torbido nella cavità dell'orecchio, il fogliame è effervescente di sfumature e riflessi.

Chiara si specchiava nelle acque del torrente, lo riassale la memoria, un salto nel passato. Veste diafana, orlata d'una trama d'argento, lacci alla scollatura castigata, intravedente la sottoveste in lino lavorato. Una veste da ragazzina, lo strascico arioso, travolto da una maestosità d'oro.

Bionda, eterea, a sperare nel refrigerio ai piedi sulla spiaggia sassosa. L'acqua limpida, così trasparente da poterci scorgere i guizzi dei pesci, il loro dorso squamoso e cangiante. Il librarsi tremulo d'una traslucida libellula ronzante su una canna.

Erano i loro primi incontri. I lebbrosi non gli provocavano più repulsioni. Gli scarti della società gli suscitavano pena, gli emarginati nutrivano il fuoco della carità.

E Chiara sostava lì, epiteto di giovinezza, bella e candida, un giglio fulgido, stelo forte, radici solide, profonde. Scintilla preludio dell'incendio.

Stava lì, a bagnarsi i piedini di giovinetta, il suo sorriso sbaragliante il sole.

Splendida, rubata da una miniatura.

«L'acqua è fresca!»

Non è mai esistita, pensa Francesco, la tentazione. Non con Chiara. Mai. La giovinezza di entrambi, in altri casi, avrebbe fomentato lo scatto, il rapimento di quell'avventato, irragionevole, sordo sentimento.

L'ardore. La pulsazione. Il desiderio.

Ma non quando c'è Chiara.

L'amore li rapisce, Francesco non mente a riguardo. Li avvinghia nella sua tela. Generoso, totalizzante, purificatore. Un balsamo. Una medicina. Francesco è attratto da lei e Chiara da lui, si sfiorano, si abbracciano.

Si fondono e compenetrano nei fondali dell'anima. Si scrutano, si leggono.

Sintomi d'amore, ma la carne appesantisce. Inutile carne dagli inutili istinti, cosa brama? Francesco e Chiara si baciano nel bacio delle anime, si ritrovano. Sempre. Ovunque. È un amore figlio del cielo il loro.

Un amore figlio d'amore.

Assisi, all'epoca, stilava una differente diagnosi, ne tracciava altri epiloghi, sulla loro sorte. Due giovani a zonzo nei boschi, da soli. Che combinavano quei mascalzoni? Aleggiava odor di cotta, l'infatuazione delle ballate!

Il ragazzo dei Bernardone aveva assordato a canticchiar serenate e sognare imprese da cavaliere e guarda ora se non gli veniva servita l'occasione, nell'incarnato luminoso della figlia dello Scifi! Nella tela della carne ci cascano tutti, la ragazza mica è scema! L'ha ammaliato nella rete dorata delle sue trecce, quella furbetta...

Scaltrezza di donne, ci mugugnava sopra Pietro di Bernardone. Che Francesco avesse perso la testa per amore? Alla sua età i richiami vanno sfogati, i bisogni ascoltati o il sangue arde nella testa, sbilancia gli umori e intontisce il senno.

Una preda del valore della minuta, graziosa Chiara gliel'avrebbe riattaccata di certo, quella testa perduta! Una donna riassetta l'ordine e una casa. Al bando il divario sociale, gongolava Pietro, se suo figlio ha puntato su di lei, ha gusti raffinati!

Mercanzia pregiata, una schiatta d'ascendenza rinomata! Costosa certo, ma quando mai il cuore si cura del costo? Imparentarsi con gli Scifi accrescerà il loro prestigio, li innalzerà dalla loro classe mercantile. Ne guadagneranno dal dispendio!

Bravo, bravo Francesco, nel suo senno sciolto dall'amore!

Macché amore, Angelo non si pasceva in interpretazioni idealizzate. Francesco non è innamorato di Chiara. Chissà dove spariscono, ma non certo per amoreggiare e assaporarsi all'ombra degli alberi, tra i letti di muschio e i tappeti di papaveri.

Li stanno fregando tutti, pensava, biondo quanto l'oro che tintinnava nelle mani di suo padre, assottigliando iridi verdi d'invidia.

Ladra di fratelli, ragazzina troppo espansiva.

«Vieni!» lo esorta Chiara nel ricordo, lo squillo della sua voce. «Immergi i piedi, lenirai la fatica della camminata.»

I piedi, adesso, quando chiunque accede al reame claustrale di San Damiano, Chiara esige che vengano sciacquati dal sudiciume e dalla palta della strada. Si entra a piedi puliti. Adora lavarli lei stessa, suo scomodo servizio. Irradia felicità mentre lo svolge, accarezzando, baciando la pianta piagata, punta dalle pietre.

Quasi il ricordo l'abbia evocata, la pioggia arriva.

Il cielo s'offusca, impallidisce. Nuvoloni s'addensano, minacciosi, scuri. Impalpabile, un velo di nebbia si solleva dalla terra, il petricore s'inasprisce, umido, ristagna nelle narici. La pioggia batte sui tetti, rimbalza, stria e infanga.

La pioggia s'insinua nel saio di Francesco, striscia lungo la pelle, spilla dalle ciglia. Si raccoglie nei bacini delle foglie e gocciola. Gocciola e gocciola, la foglia cede e si rovescia e rivoli incidono vene argentine nella terra. Il fragore d'un tuono lontano squarcia la scialba, spenta indolenza in cui navigava il mondo.

Un mondo stinto, come un saio, rattoppato dalle nubi.

Assisi levita in un mare di foschia, sospesa distorta e scolorita dalla pioggia, ma i barlumi rosati della pietra nativa del Subasio riverberano anche attraverso l'insipienza del grigiore.

Insipienza? Quale? Sorella Pioggia rinnova, battezza la terra, la disseta e accende il suo rigoglio. Appende perle ai rami, soffia con Fratello Vento, ingemma e lava, lava dai detriti dell'ipocrisia, monda dalle scorie dell'egoismo.

Sorella Pioggia nella sua gonna d'argento, il ticchettio delle sue lacrime!

Oh, beata Sorella Pioggia!

Francesco e fratellini sfrecciano a valle, lordandosi nelle pozzanghere. La Porziuncola è troppo lontana, i tuoni rullano come tamburi celesti.

San Damiano è una sosta gradita.

Fradicio, membra ghiacciate, il cappuccio appiccicato in fronte, Francesco bussa al convento delle Povere Dame.

Chi gli apre, se non lei?

«Francesco! Per l'amor del cielo, entra!» Chiara non maschera il suo stupore. «Sei tutto bagnato! Starai congelando!»

Lo fa accomodare in cucina, il fuoco schioccante nel forno, una panno energicamente sfregato ad asciugarlo. Chiara l'avvolge in una coperta e lui l'osserva incantato trafficare nel preparargli una scodella di brodo fumante, la pentola rimestata in uno sferragliare di ganci e metalli.

«Ti riscalderà.» mormora quando lo travasa, il mestolo riappeso sopra la piccola cappa fuligginosa.

Effluvi bollenti lambiscono il viso, l'odore appare squisito. Francesco non ha fame - sebbene se ne esca adesso da un digiuno e non si senta molto bene - ma lo ingolla a sorsate leggere per accontentarla. Il sorriso rinasce sul viso radioso di Chiara.

«Buono?»

«Caldo.» commenta, consapevole d'essersi lasciato deviare da una piccola tentazione. Mai quanto i mostaccioli, deliziosi peccatucci di gola! Frate Jacopa li cucina con solerzia divina e anche Chiara non scherza. «E sì, anche buono.»

Il fiume era limpido, quella mattina lontana, chiaro e nitido. Puro come pura è l'anima di Chiara. Una foresta incontaminata e vergine, germogliata dal suo seme.

Gorgogliava in fiori di spuma. Boccioli candidi e petali sospinti dalla brezza galleggiavano sulle increspature impercettibili. Un propagarsi di cerchi. I piedi di Chiara tremavano in uno sfocato e distorto miraggio sott'acqua.

Accecante candore. Come lei. Bianco giglio.

Il cuore di Francesco batteva e batte ancora, l'amore incalza. L'amore che si sveste e si spoglia dell'affanno terreno. L'amore non è affanno.

L'amore è più profondo della carne, più intenso del piacere effimero della carne.

L'amore è libertà.

Libero come Sorella Pioggia, Frate Sole e Sora Luna. Come Frate Lupo che ulula al cielo folto di stelle e fitto di costellazioni. Come Frate Leprotto che rimbalza spensierato. Come Sorelle Tortore che si corteggiano in uno svolazzo di piume.

Libero... come loro.



Francesco è stato poeta. Poeta possente, valicante i secoli, la polvere del tempo. Laudato sii risuona ancora. Poeta dell'amore, catturante l'essenza della vita. L'affinità con Chiara - quest'amore sopra l'amore, incrocio di anime, legame paterno e filiale, amicizia salda, vera e immortale - andrebbe, a parer mio, comparato all'amore di Dante per Beatrice, Petrarca per Laura, Abelardo per Eloisa e così via.

Donna angelo, profumata di cielo, coperta di luce.

Chiara "clarita et pretiosa et bella"

Chiara "utile et humile et pretiosa et casta"

Chiara, sua pianticella.

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