Romione (pt.5)
Un raggio di sole accarezzò delle lenzuola rosse e gialle, donando una sensazione rilassante a colui che vi era raggomitolato.
Saliva pian piano che il pianeta girava su se stesso, solleticando prima il suo mento e poi le guance macchiate da piccolissime ma concentrate lentiggini. Infine illuminò i suoi grandi occhi, nascosti naturalmente dalle palpebre.
Egli sonnecchiava serenamente, come un bebè cullato dalla madre.
Respirava in intervalli regolari l'odore che la federa del cuscino emanava: profumo di pulito e ammorbidente.
Una sua mano era accasciata sul fianco. L'altra sosteneva la testa cosparsa da flessuose ciocche rosse, le quali per quanto fossero lunghe gli permettevano comunque di vedere senza problemi.
Qualcuno lassù decise che era ora di uscire dal mondo dei sogni. Il rintocco metallico di una campana risuonò nella stanza circolare, infilandosi nelle orecchie di Ron come una zanzara particolarmente invadente.
Strofinandosi l'occhio destro con fare fiacco, si mise a sedere.
Il suo sguardo vide dapprima una figura sbiadita, poi Harry che si abbottonava la camicia bianca della divisa.
"Quando si è svegliato?" pensò assonnato, passandosi le dita tra i ciuffi che gli ricadevano sul naso dritto con l'intenzione di spostarli ai lati del viso.
<< Giorno! >> esclamò Harry, sedendosi a sua volta sul letto a baldacchino.
Ron brontolò un buon giorno mentre egli trafficava nel baule tirando fuori un paio di calzini neri.
<< Sei di buon umore? Io non vedo l'ora di iniziare! >> dichiarò Harry in tono felice.
<< Chissà chi avremo alla prima ora... >> proruppe Ron alzandosi e levandosi la maglietta del pigiama.
<< La McGonagall ci darà l'orario, immagino >>
Però Ron smise di ascoltarlo. In quel preciso momento il ricordo della sera scorsa gli affiorò nella mente. Rimembrava l'improvvisa sparizione della sua fetta di ciambellone al cioccolato quando le duplici porte della Sala Grande si erano spalancate al rombo di un tuono.
Un uomo dall'aspetto raccapricciante si trovava sulla soglia.
Aveva il volto rovinato dalle cicatrici; gli mancava oltretutto un pezzo di naso, come se qualcuno glielo avesse staccato di proposito, e aveva una gamba di legno con una zampa di leone al posto di un piede finto. Ma la cosa più impressionante per Ron furono gli occhi. Ne aveva uno normale e uno blu elettrico che ruotava autonomamente dove gli pareva. Forse solo i capelli brizzolati potevano ritenersi nella norma.
Silente aveva detto loro che era il nuovo insegnate di Difesa Contro le Arti Oscure. Lo stesso che aveva fatto esplodere due bidoni dell'immondizia pensando fossero Mangiamorte intenti a rapinarlo o, peggio ancora, ucciderlo.
Difatti, come i gemelli gli avevano raccontato, Malocchio Moody era stato il miglior Auror del Ministero della Magia. Grazie a lui i più temibili Mangiamorte erano finiti nelle celle di Azkaban (la tremenda prigione dei maghi sorvegliata in lungo e in largo dai Dissenatori). Ma negli anni stava perdendo cilecca.
Uscirono dal dormitorio cercando di non disturbare i tre compagni che ancora dormivano, quando furono vestiti e pettinati.
Ron, dietro l'amico, strusciava un palmo sul muro in pietra della scala a chiocciola. L'idea della colazione stava abbattendo ogni pensiero pur di posizionarsi in cima a tutto.
Giunsero nella Sala Comune. Era una stanza dedicata ai Grifondoro, le quali tinte drappeggiavano il pavimento, le pareti e le comode poltrone messe davanti al caminetto, principalmente per svago. La fiamma si doveva essere spenta qualche ora fa, a giudicare dai carboni sepolti dalla cenere.
Non erano gli unici a essere in piedi. Alcuni studenti chiacchieravano tra loro, altri ricontrollavano le borse per accettarsi che avessero preso lo stretto necessario, altri ancora spingevano la tela di un quadro. Un atto stupido, giudicherebbe un Babbano. Però i maghi non erano dello stesso avviso. Quel quadro era il passaggio segreto che la Casa aveva progettato affinché solo i Grifondoro stessi avessero potuto accedervi. Era quindi un segreto la sua collocazione all'interno del castello, per loro eccezione. Ron aveva provato a immaginare dove fossero state le altre, ma non si chiamerebbe di certo un "segreto" se gli indiretti interessati lo avessero saputo.
<< C'è Hermione! >> disse Harry indicando verso la scala del dormitorio femminile.
Ron la vide aggiustarsi il nodo della cravatta con una precisione stomachevole, sembrava come se volesse che le singole fibre del tessuto fossero perfettamente uguali.
<< Vai a salutarla >> lo incitò Harry con una gomitata.
<< Eh? Tu non vieni? >> chiese agitato Ron, guardandolo stupito.
<< Ho dimenticato la bacchetta sul comodino. Tu intanto vai! >> rispose Harry facendo spallucce.
Ron guardò velocemente la ragazza tirare forte i lembi della cravatta, poi riguardò teso Harry.
<< Vengo con te! >>
<< No no, faccio subito! >> concluse Harry arretrando e puntando un indice in aria come per dire che glielo giurava.
Ron aprì bocca, ma non sapeva cosa dire per trattenerlo.
Harry si era volatizzato... lasciandolo completamente indeciso.
Non aveva dimenticato la scenata dell'amica, ne tantomeno l'occhiataccia che gli aveva serbato. Per lei doveva essere stato un argomento delicato. Per lui una banalità.
"Magari le sarà passata..." pensò stringendo le labbra.
Si avviò da lei compiendo piccoli passi. In cuor suo sperava che Harry si sbrigasse.
<< Giorno >> cominciò in tono titubante.
<< Anche a te >> disse Hermione, dando pace alla povera cravatta.
Si esaminarono attentamente negli occhi.
Ecco ciò che Ron non avrebbe voluto accadesse, lo stato di trance, o come lo soprannominava Bill: "Il bambolotto incantato".
Avveniva quando nessuno aveva niente da aggiungere, da osservare.
Qualcosa da osservare tuttavia, in quel momento, c'era.
Ron si perse nel marrone che le iridi di Hermione mostravano.
Gli ricordavano la cioccolata. E lui adorava la cioccolata.
Una scossa nel suo stomaco lo portò a deglutire. Riconosceva l'imbarazzo. Insomma, la stava... fissando.
"È da maleducati fissare le persone, non sono mica un pazzo!" riflettè leggermente sotto pressione.
Tentò di schiarirsi la gola, ma fu inutile comporre una scusa da sfruttare a suo favore sentendo gli occhi di Hermione incastrati nei suoi.
"Devo dire qualcosa... Devo fare qualcosa" pensò, abbassando lo sguardo sulle scarpe scollate (la madre le aveva acquistate nel più conveniente negozio di seconda mano).
<< Emh... Pensi ancora a ieri sera? >> sentì la bocca pronunciare.
Ma si pentì di ciò che ne era scaturito. Perché era così scemo da non controllarsi?
<< Ci ho pensato tutta la notte! >> scattò Hermione corrucciando il volto in un espressione aspra.
<< Nick-quasi-senza-testa ha detto che sono felici di quello che fanno, Hermione >> sussurò piano Ron, sperando vivamente di non farla esplodere dalla rabbia.
Hermione incrociò le braccia e sorridendo follemente ammise: << Da quando sono qui gli elfi domestici? >>
<< Dalla fondazione di Hogwarts... credo >>
<< E nessuno si è preoccupato di loro! >> esclamò stravolta Hermione, girando in tondo. << Nessuno, Ron! Come se la loro condizione di vita non fosse importante >>
Ron inspirò, scegliendo con cura la prossima frase da rivolgerle. << Se nessuno è intervenuto significa che non c'è ne era bisogno... Non credi? >>
<< Ti prego, dimmi che stai ragionando almeno su quello che ti sto dicendo >> commentò Hermione cinica.
Ron aggrottò la fronte, sbuffando.
Non è proprio capace ad accettare la verità, vero?
"Non ascolta... che ci posso fare?" rispose Ron a sé stesso.
Poi da quando tiene a delle Creature Magiche che non ha mai visto dal vivo?
"Ma che ne so... Ne avevamo sentito parlare da Harry. Dobby, anche se serviva quei cretini dei Malfoy, lo aveva avvertito di non andare a Hogwarts nel secondo anno. Sai, per proteggerlo dal Basilisco... Alla fine lo ha liberato ma Harry non riceve sue notizie da tanto..." si disse nuovamente tra sé.
I due erano così impegnati nella discussione da non essersi curati di Harry, che li stava ascoltando da un po' in silenzio.
Hermione tacque e si fermò scontrosamente, vedendolo.
Ron rialzò rassicurato il capo sentendo da egli la parola "colazione" seguita dalle due "ci aspetta" che avrebbe voluto risentire ancora e ancora.
<< Devi mischiare due minuti in senso orario! >>
<< E io che sto facendo? >>
<< Antiorario, Ron >>
Harry e Ron erano riuniti allo stesso banco nell'aula di Pozioni, alle nove in punto. Il Professor Piton, un uomo alto, dal naso adunco, i lunghi capelli neri unti e il comportamento antipatico, aveva intimato loro di preparare la pozione Denti-Bianchi.
A Ron non era apparsa come novità studiare il primo giorno di scuola, conoscendo i suoi metodi di approccio.
Si erano avvolti entrambi nei mantelli. L'aula di Pozioni era situata nelle segrete, il luogo più gelido del castello.
Il calderone in peltro ribolliva al contatto del fornello accesso. Nell'aria si percepivano vari odori, che però era consigliabile non annusare per via degli effetti collaterali che avrebbero comportato.
I Grifondoro, infatti, sembravano quelli messi peggio rispetto ai Serpeverde.
Ron sbirciò il contenuto nel calderone di un biondo platinato li vicino. Peccato che lui e Draco Malfoy erano nemici sin dal primo momento in cui si erano incontrati, un odio condiviso appieno anche da Harry e Hermione.
Quest'ultima era seduta nel banco affianco, immersa sulla pergamena cui stava scrivendo con la penna d'oca.
<< La sua è verde >> ridacchiò Ron a Harry, individuando grosse bolle sollevarsi dal liquido che Malfoy stava mescolando sgraziatamente.
<< Sta a vedere se gli esplode in faccia >> sussurrò di rimando il corvino, sghignazzando.
Ron annuì, concentrando tutte le sue intenzioni su di lui.
Un sibilo minaccioso attorniò Malfoy, che smise di mescolare.
Poi, posando la paletta di legno, aggiunse con estrema cautela una foglia di menta all'intruglio che prese a tremare.
Ron trattenne a stento una risata al seguito del gran boato che fece saltare sul posto i presenti.
<< Signor Malfoy, si può sapere cosa stavate cercando di fare? Va da Madame Pomfrey se non gradisce avere la pelle del viso sbiancata >> esortò Piton, precipitandosi a bacchetta sguaiata dalla cattedra al pasticcio verde e, sicuramente, smacchiante che ricopriva il pavimento in lastre grige.
Madame Pomfrey era l'infermiera della scuola, qualsiasi malanno o incidente magico le era curabile.
Ron seguì divertito la corsa sfrenata di Draco al portone.
I compagni di Ron trasformarono gli indistinguibili risolini di scherno in attacchi di tosse parecchio convincenti, sapendo che Piton non li avrebbe tollerati nelle sue lezioni, a differenza di quelli di Draco (il professore, era dato per certo, aveva le sue preferenze).
<< Presto! Inserisci un bocciolo di Filiante se non vuoi fare la sua stessa fine... >> disse Hermione in tono sapiente, << Harry >> marcò guardandolo.
<< Oh, grazie >> rispose lui, abbassando lo sguardo e cercando nel kit l'ingrediente citato.
A Ron partì dai polmoni un incredibile sensazione di sbigottimento che avrebbe tanto voluto sputarle per chiarire che erano in due a preparare la pozione, e che avrebbe dovuto rivolgersi a entrambi... Ma, ricordando della colazione che Hermione non ebbe toccato e di come lui non le avesse detto niente perché non desiderava farla innervosire nuovamente, sospirò scocciato e lasciò fare le cose a Harry.
<< Senza tagliarlo, no? >> domandò Harry ruotando delicatamente tra le dita il piccolo bocciolo rosa pastello.
<< Esatto >> fece Hermione risoluta, tornando a scrivere sulla pergamena.
Ron, però, credette di averla vista guardarlo fugacemente prima di accucciarsi.
Avanzarono nei corridoi del quarto piano, quando la lezione giunse al termine.
Dalla borsa di Ron penzolava un pezzo di pergamena, sul quale aveva appuntato frettolosanente all'ultimo minuto la relazione che avrebbe dovuto consegnare al professor Piton nel giovedì a venire.
Evitava di pensare che aveva a disposizione solo il martedì e il mercoledì.
Il percorso era illuminato dal sole, ormai quasi alto nel cielo limpido, che rifletteva dalle lunghe finestre rettangolari, ricamate da sottilissimi fili di ferro, sulla destra.
Camminava spalla spalla con Harry, Hermione li precedeva.
Salirono una rampa di scale, udendo i passi di coloro che uscivano dalle classi lontane. Poi davanti a loro si contrappose un bivio.
<< E qui vi lascio, devo andare ad Aritmanzia >> disse Hermione ai due, voltandosi.
<< Noi abbiamo Divinazione >> disse Harry, facendo un cenno al corridoio di destra.
Non era proprio piacevole la visione che si prospettava nelle due ore consecutive. Ron trovava quella materia ancor più noiosa di Storia della Magia, sebbene la professoressa Trelawney si sforzasse a mostrarsi teatrale e mistica tutte le volte che premoniva il loro futuro.
<< Dovevate fare come me. Aritmanzia è interessantissima e la professoressa Vector non ci carica mai di compiti >> civettuolò Hermione con aria altezzosa.
<< Mi sa che hai proprio ragione... >> mormorò Ron afflitto, battendo piano le mani sulle cosce.
A Hermione scappò un sorriso, che Ron catturò alla grande, poi con un gesto semplice li salutò e imbucò il corridoio di sinistra.
Ron rimase a guardarla confuso. Prima lo ignora... dopo sembra come se tutto fosse schiacciato sotto a una pietra. Il suo sorriso gli fece intuire che doveva averlo perdonato. O almeno lo sperava.
Il terzo richiamo di Harry lo allontanò dai pensieri.
Enunciando un "arrivo" poco convinto, dedicò un ultimo sguardo al corridoio vuoto dove Hermione era appena sparita.
Le narici di Ron vennero devastate dal torpore che l'aula della professoressa Trelawney esercitava in ogni angolo, ciascuno rivestito da scialli e tozze candele profumate.
Si accomodarono sui soliti pouf viola e poggiarono entrambi le proprie cose sul basso tavolino di quercia.
Le teste dei loro compagni affiorarono dalla botola, dove Harry e Ron si erano arrampicati, e lentamente presero posto.
<< Ben tornati, miei cari! Sono deliziata di rivedervi! Avrei creduto che qualcuno di voi non c'è l'avrebbe fatta... >> e con voce velata una figura si mostrò ai piedi del caminetto acceso.
La professoressa Trelawney, coperta da un abito verde acido sbrillucicante e da scialli altrettanto scintillanti sulle minute spalle, guardò tramite gli occhi - esageratamente ingranditi dalle lenti degli occhiali - gli alunni con estrema contentezza.
<< Signorina Patil, come sta il suo gatto? >> chiese a una ragazza dai capelli neri acconciati in una semplice treccia laterale.
<< Bene... >> rispose, dalla sua faccia preoccupata Ron capì che aveva il timore di ricevere una pessima rivelazione.
<< Non ne sarei tanto sicura >> ammise la professoressa abbassando la voce.
<< Faccia più attenzione la prossima volta alla sfera di cristallo, signor Longbottom >> aggiunse un istante dopo spostando i suoi occhioni su Neville.
Neville, indubbiamente agitato nel sentirsi nominato in causa per qualcosa che non aveva affatto compiuto, si drizzò scombussolato sul pouf ma, accidentalmente, diede una spinta con il dorso della mano all'oggetto sferico e trasparente.
La sfera rotolò inesorabilmente sul tavolino, per poi cadere giù di netto.
Il rumore che si udì, tuttavia, non fu di vetro rotto. La sfera era intera.
Neville, rosso dalla vergogna, si abbassò subito per recuperarla e rimetterla sul piccolo piedistallo di ferro.
<< Lo ha davvero predetto... >> bisbigliò un Grifondoro impressionato.
<< Cosa credi sia successo al gatto di Parvati? >> fece eco Lavanda a Seamus Finnigan.
<< Ci risiamo. Ecco che ricomincia >> obbiettò Ron stancamente a Harry, il quale annuì.
La Trelawney impiegò una buona mezz'ora nel proferire l'imminente futuro di tutti, mentre Ron trovò più avvincente contare gli anelli del tronco del tavolino.
Il pranzo venne servito a mezzogiorno esatto, permettendo ai studenti e ai professori di fare una pausa e dividendo, quindi, le ore di lezione con quelle pomeridiane.
Fortunatamente, nella prima settimana tutti facevano quattro ore.
La Sala Grande era affollata come la sera della Cerimonia dello Smistamento. I mozziconi fluttuanti delle numerose candele bianche erano consumati, tuttavia non c'era bisogno di luce dato che il sole, visibilmente giallo e vivo oltre il soffitto incantato, sbrigava il suo lavoro eccellentemente.
<< Hai provato il ragù? Bontà per il palato! >> disse Seamus, avvicinando il recipiente d'oro a Neville.
Ron alzò lo sguardo dalla pasta al tonno e distinse labbra tremolanti sul muso incupito del ragazzo.
<< C-come fa... ogni volta... >> balbettò Neville, ignorando il cucchiaio pieno di sugo che Seamus stava vuotando nel suo piatto, accanto alla sottile fetta di formaggio.
<< A farti fare brutte figure? Proprio non lo so >> ridacchiò Ron, inforchettando un po' di penne rigate.
<< Sì... e non mi piace >> commentò Neville in una vocina ansiosa. Sembrava terrorizzato da quella donna.
<< Dai, lo vuoi il prosciutto cotto? Me lo faccio passare da Katie... >> chiese Seamus, cercando la ragazza tra le tante sedute al tavolo di Grifondoro.
<< No... grazie >>.
Ron, mandando giù un altra forchettata di pasta, virò l'attenzione da Hermione, seduta di fronte a Harry.
Ma girò di nuovo la testa incontrando i suoi occhi.
Lo stava guardando.
"Cosa sono, un dipinto di Van Gogh?" ritenne, guardando distrattemente lo strano disegno che gli ultimi chicchi delle penne formavano sul fondo.
Rialzando piano lo sguardo, incontrò gli occhi di lei scattare subito verso il tavolo degli insegnanti, come se non volesse fargli credere quello che stava pensando.
Per smorzare il silenzio, Ron disse: << Non mangi nulla? >>
Infatti non aveva nemmeno le posate, solo il calice per bere.
Hermione, sussultando, picchiettò le dita delle mani sul tavolo. << Non ho fame >>
<< Sicura? >>
<< Sì >> confermò Hermione, rigida.
Ron si morse la lingua, doveva trattenersi se non voleva che la loro rinstaurata pace fosse lacerata dalla sua irrefrenabile insistenza.
<< Anzi, credo che andrò in biblioteca! >> esclamò Hermione, sollevandosi dalla panca e afferrando lesta la borsa a tracolla.
<< In biblioteca? >> fece Ron sbalordito.
Hermione però se ne andò dalla sala prima che lui potesse contestare.
Aggrottando le sopracciglia, Ron allora si rivolse a Harry: << Mi dici che ci va a fare in biblioteca? La scuola è iniziata oggi! >>
Harry però non fu molto utile, e la sua scrollata di spalle lo dimostrò.
I fratelli non gli diedero l'occasione di pensarci su, spingendolo per farsi spazio sulla sua stessa fila.
<< Ehi! >> strillò quando lo strizzarono contro Harry.
<< Voi avete frequentato la lezione di Malocchio? >> chiese Fred concitato, posando una mano sul gomito del gemello.
<< Non ancora. Com'è? >> rispose Harry, raddrizzandosi gli occhiali che Ron gli aveva mandato di traverso.
<< È suonato... >> disse George.
<< ...ma sa il fatto suo. Su questo non ci piove! >> completò Fred.
<< Accidenti >> replicò Ron, consultando a fatica l'orario che la professoressa McGonagall aveva distribuito nella colazione. << Non lo avremo fino a venerdì! >>
(Continua...)
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top