Capitolo 5 - Brividi

Gli occhi sono lo specchio dell'anima...
cela i tuoi se non vuoi che ne scopra i segreti.
-Luigi Pirandello

Non riuscendo a prendere sonno, scosso dall'ennesima lite che lui e sua moglie avevano avuto al telefono, aveva passato la notte in bianco.
Aveva vagato un po' per l'appartamento, mettendo in ordine oggetti che già lo erano perfettamente. Dalla noia si era persino fatto la barba, tagliandosela del tutto e pentendosene un po' subito dopo.

E poi il sole aveva iniziato a colorare il cielo di mille sfumature calde e lui aveva ammirato quell'alba mentre si trovava seduto sul suo divano grigio, con il computer poggiato sulle cosce. Dopo qualche minuto, in cui la sua concentrazione si era persa in quei colori, era tornato con lo sguardo fisso sui file che i suoi studenti gli avevano inviato il giorno prima.

Non essendo una persona che amava perdere tempo e non avendo la minima ispirazione per continuare a scrivere il suo libro, aveva pensato di utilizzare quelle ore perse di sonno per correggere gli elaborati su Il Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde.

Era felice di ciò che aveva letto, ogni suo alunno sembrava averlo ascoltato con attenzione durante le lezioni. Erano passate ormai due settimane dal suo arrivo ad Harvard, non era molto tempo, però credeva di essersi integrato bene nella città e soprattutto nell'università.

Doveva ancora iniziare a realizzare i suoi buoni propositi, perché, per il momento, non aveva fatto conoscenza con altri suoi colleghi. Si era limitato solo a qualche saluto veloce nei corridoi e nelle sale insegnati. Ma nulla di più.

Controllò l'ora sul suo orologio da polso, convincendosi che era ormai arrivato il momento di chiudere quel computer e iniziare a prepararsi per andare a lezione.

Staccò, finalmente, gli occhi stanchi e arrossati da quello schermo. Abbandonando l'elaborato che più di tutti era riuscito a colpirlo, quello di Ember Cooper.

Non aveva ancora associato ogni nome dei suoi studenti alle loro facce, ma quella della ragazza se la ricordava perfettamente. Sin dal primo momento in cui l'aveva vista in quel pub, i lineamenti del suo volto non erano mai riusciti a cancellarsi dalla sua testa, così come le forme del suo corpo.

Ma non era più solo la sua bellezza tanto particolare ad attrarlo, aveva scoperto che anche la sua mente nascondeva parecchie sorprese. Da ciò che aveva scritto in quel testo, da come era stata in grado di comprendere e analizzare i passi di quell'opera, Damian aveva capito che dovesse essere, o molto appassionata di letteratura o parecchio intelligente.

Non avendola mai sentita intervenire durante le lezioni e avendola incontrata in quel particolare contesto fuori dal campus, aveva ipotizzato tutto il contrario sul suo andamento scolastico.

Anche qualche giorno prima, quando l'aveva trovava in quella caffetteria, era stato attratto dai suoi modi di fare. Sembrava sempre così sicura di sé, con quello sguardo furbo e quel sorrisetto dipinto sulle labbra carnose.

Era rimasto un po' confuso, o meglio, deluso, quando, dopo averle passato lo zucchero, lei era scappata fuori da quel bar. Credeva che, da come si era posta, avesse tutta l'intenzione di consumare quella bevanda calda accanto a lui. E invece, era corsa via come se qualcosa l'avesse turbata profondamente.

Non riusciva a darsi una spiegazione del perché. Ma la sua mente continuava a ripetergli che non doveva pensarci, ciò che quella ragazza faceva non era affar suo. Lui era solo il suo professore di letteratura, nulla di più.

Perciò cercava sempre di imporsi di non osservarla, a lezione, quando lei era impegnata a scrivere i suoi appunti. O in quei contesti extra scolastici, quando la incrociava e lei gli rivolgeva quei sorrisi enigmatici.

Ma lanciarle anche solo una fugace occhiata, era sempre più forte di lui. Persino in quella caffetteria non aveva resistito, guardandola da capo a piedi nel momento in cui gli aveva dato le spalle per andarsene.

Indossava una camicetta bianca, con le maniche larghe, coperta da una corta salopette a vestito nera. Nulla di provocante, come quella sera al pub, un semplice abbigliamento da tutti i giorni. Con quei capelli leggermente spettinati e quegli stivaletti neri firmati Prada. Eppure, come per la prima volta in cui l'aveva vista in classe, quel semplice abbigliamento era comunque stato in grado di attirare tutta la sua attenzione.

Scacciò via dalla testa ogni singolo pensiero riguardante quella ragazza e iniziò a vestirsi. Indossato un pullover nero e una giacca abbinata ai pantaloni, era pronto per uscire. Controllò, per l'ennesima volta, che nulla mancasse all'interno della sua valigetta e poi si richiuse la porta alle spalle.

Essendo in anticipo, iniziò la sua camminata verso l'università, godendosi appieno quella fresca aria mattutina. Come ogni volta, si prese il suo tempo per osservare ciò che lo circondava, notando con piacere che anche Cambridge riusciva a essere una città abitudinaria come Oxford.

Il negozio di stoffe, all'angolo, tirava su la sua serranda alle sette e dieci del mattino. Mentre il bar, infondo alla strada, iniziava ad apparecchiare i suoi tavoli per le colazioni.

Amava quella routine che tendeva a crearsi sempre nella sua vita, perché gli dava quel senso di falsa sicurezza che tutto andasse bene. Era stato così in Inghilterra, quando si appigliava alle sue abitudini per non pensare che a casa, ad attenderlo, ci fosse sua moglie. Ed era così anche lì in America, dove fingeva che tutto nella sua vita andasse bene.

Varcò i cancelli dell'università con parecchi minuti d'anticipo e ne approfittò per comprare una colazione veloce e poi consumarla nella sua aula ancora vuota.

Dall'altra parte del campus, Ember si era appena svegliata, rendendosi conto di non essere in camera sua. Quelle lenzuola verde scuro, i poster di alcuni giocatori di basket attaccati alle pareti e quei libri di meccanica quantistica aperti sulla scrivania, erano stati chiari indizi del fatto che non si trovasse nella sua stanza.

La conferma era poi arrivata quando Carter era uscito dal bagno, con solo un'asciugamano avvolto in vita e il petto bagnato da alcune goccioline d'acqua. Era una vera e propria visione. Mentre gli occhi della ragazza scorrevano su quel corpo statuario, si disse che probabilmente quella era decisamente la sua immagine preferita da vedere appena sveglia.

«Ti sei addormentata qui ieri sera e mi dispiaceva svegliarti» le spiegò il ragazzo, notando la sua espressione confusa.

La sera prima, Carter le aveva inviato una mail -dato che lei ancora si ostinava a non voler comprare un nuovo telefono- dicendole che il suo compagno di stanza avrebbe passato la notte dalla sua ragazza. Lei non ci aveva messo molto, prima di sgattaiolare fuori dalla sua camera e dirigersi in quella del ragazzo.

Come già detto, erano rare le volte in cui i due riuscivano a passare dei tranquilli momenti di intimità. E quella era un'occasione che non si sarebbero potuti far scappare.

«Cazzo... farò tardi» appurò Ember, guardando l'ora sulla sveglia digitale, posta sul comodino accanto a lei.

«Con la media che hai potresti anche saltarla la lezione di questa mattina» le propose Carter, slegando l'asciugamano bianco e facendolo ricadere sul pavimento. Rimase nudo davanti ai suoi occhi, che presero subito una sfumatura diversa.

Un bagliore passò nelle iridi marroni della ragazza, mentre lui muoveva i suoi passi verso di lei. E quando le fu davanti, tenere le mani al proprio posto diventò impossibile. Le sue dita presero a scorrere lentamente sugli addominali perfettamente scolpiti di Carter, beandosi della vista di quel corpo che non aveva praticamente nulla fuori posto.

«E tu? Puoi permetterti di saltare una lezione?» lo schernì, con un sorriso furbo, quasi impercettibile. Gli lasciò un bacio poco sopra al pube e poi un altro e un altro ancora, tenendo lo sguardo fisso nel suo, che la osservava rapito.

«Ti sei svegliata simpatica oggi eh» commentò il ragazzo, non riuscendo più a trattenersi e piegandosi su di lei. Poggiò le labbra sulle sue, iniziando a baciarla in modo quasi famelico. Non ci volle molto prima che entrambi si stendessero nuovamente su quel letto, fin troppo piccolo per tutti e due.

Ma non ci volle molto neanche prima che ad Ember venisse in mente quale lezione stava per perdere.

«No, Carter. Scusa ma non posso proprio saltare il corso di oggi» gli disse, staccandosi da lui e alzandosi velocemente, sfuggendo alla sua presa. Recuperò i vestiti che indossava la sera prima, quei pantaloni larghi e rosa della tuta e quella maglietta blu scuro. Le prime cose che aveva trovato quando era sgattaiolata fuori dalla sua stanza.

«Dai, ma fai sul serio?» le chiese, riferendosi alle molteplici volte in cui aveva saltato qualche lezione per restare con lui a fare sesso. Spostò poi lo sguardo sulla sua erezione dolente, che lei gli aveva provocato e che ora stava lasciando lì, insoddisfatta.

«Ho letteratura» rispose semplicemente lei, dandosi una veloce occhiata allo specchio e cercando di sistemarsi i capelli.

«E da quando ti importa di saltare letteratura?» insistette ancora, mettendosi seduto.

"Da quando Damian Turner è diventato il mio professore."

Pensò, ma ovviamente non lo disse mai. Tutto ciò che uscì dalla sua bocca fu un veloce ciao, seguito da un'occhiolino, prima che la porta le si richiudesse alle spalle.

Si era detta di smetterla con le fantasie su quell'uomo e di togliersi dalla testa l'idea di provare a realizzare ciò che, fino a quel momento, aveva solamente immaginato. Per un po' ci era anche riuscita, ma poi, quando i genitori di Hailey erano venuti a trovarla e lei li aveva visti camminare assieme nel giardino del campus, per dirigersi a cena, si era sentita improvvisamente vuota.

Anche loro lavoravano molto, eppure erano sempre pronti ad andare a trovarla. Si erano sempre presi cura di lei, comportandosi in modo amorevole e responsabile. Si chiedeva perché i suoi fossero stati incapaci di farlo. E la scusa del lavoro, ormai, non le bastava più.

La sua mente era stata avvolta da una coltre di tristezza e tutti i buoni propositi di comportarsi bene ed evitare di combinare guai, erano andati a farsi fottere.

Corse nella sua stanza, per recuperare gli occhiali da vista, lo zaino e lavarsi i denti. Varcò poi l'ingresso di quell'aula con quindici minuti di ritardo, mentre gli occhi di ogni studente presente si posavano su di lei e il discorso del professore si interrompeva.

«Mi scusi, c'era più coda del previsto oggi in caffetteria» si giustificò, scegliendo apposta di usare quel luogo come scusa. E guadagnandosi uno sguardo poco convinto da parte della sua amica Hailey.

«Non si preoccupi, Signorina Cooper» le rispose Damian, voltandosi verso di lei.

"Si è tagliato la barba."

Appurò mentalmente, osservandolo senza il minimo riguardo di essere notata da qualcuno. I suoi occhi scorsero sul suo abbigliamento leggermente più casual, fino alla sua mandibola definita e ora anche completamente pulita. La pelle risultava essere ancora più chiara, senza quell'alone di peluria e ciò riusciva a far risaltare ulteriormente i suoi occhi di cristallo.

"Sembra più giovane ed è sexy anche così."

Pensò poi, trattenendo un sorriso. «Vada pure a prendere posto» aggiunse lui, indicandole le sedute dell'aula. Ember annuì, regalandogli un sorriso e dirigendosi velocemente verso l'amica.

Il professore, con tutti gli occhi dei suoi alunni addosso, evitò di rivolgerle anche solo un singolo sguardo in più, ricominciando con la sua spiegazione.

«Sei una bugiarda» le disse Hailey, nell'esatto momento in cui prese posto accanto a lei.

«Buongiorno anche a te» commentò Ember, aggrottando le sopracciglia ed estraendo il suo computer dallo zaino.

«Non eri in caffetteria questa mattina e sai perché lo so?» continuò con quel discorso, poggiando il palmo della sua mano, dalle unghie fresche di manicure, sopra la superficie del laptop, impedendole di aprirlo. «Lo so perché ti ho aspettata come una deficiente per mezz'ora» concluse, guardandola con la testa leggermente inclinata.

Fu allora che Ember si ricordò.
Il giorno prima le aveva promesso che si sarebbero trovare in quel piccolo bar per fare colazione insieme. Ma a quanto pareva era bastata la mail di Carter per farle scordare tutto.

«Cazzo... mi dispiace. Ero con Carter e mi sono completamente dimenticata» mormorò, mordendosi poi l'interno guancia.

«È proprio da te» commentò Hailey, scuotendo la testa e tornando con lo sguardo sui suoi appunti.

«Cosa?» domandò l'altra.

«Preferire il sesso a qualsiasi altra cosa» ammise, non rivolgendole nemmeno uno sguardo. Ember si lasciò scappare una piccola risata, portandosi una mano davanti alla bocca, sinceramente divertita.

«E chi è che non lo preferisce, scusa?» rispose per tanto, facendo alzare gli occhi al cielo a Hailey, che però si stava impegnando per mantenere un'espressione seria.

«C'è qualcosa in particolare che vi diverte nella mia spiegazione?» la voce del professore Turner arrivò chiaramente alle orecchie di entrambe le ragazze, che erano ancora intente a ridere tra loro.

Ember alzò gli occhi da quel banco in legno chiaro, portandolo dritto su Damian, che se ne stava in piedi, con le braccia conserte, esattamente davanti alla cattedra massiccia.

"La vuoi smettere di fissarlo con quello sguardo eccitato? Ti sta riprendendo perché hai disturbato, per la seconda volta, la sua lezione, non ti sta facendo i complimenti!"

La sgridò la sua coscienza.
Ma lei sapeva bene cosa stava facendo lui e proprio perché aveva dipinta in volto quell'espressione seria e il suo tono era severo, che la cosa la eccitava oltre ogni dire.
Era inutile provare a darsi buoni propositi, ripromettersi di fare la brava. Infrangere le regole le piaceva troppo per smettere così, di punto in bianco, come aveva creduto di poter fare dopo quel pomeriggio in caffetteria.

«No, ci scusi professore» rispose prontamente Hailey. Per quanto non le importasse dell'università, dello studio e di tutto ciò che poteva aver spiegato fino a quel momento -perché per qualsiasi cosa ci sarebbero stati i soldi dei suoi genitori a salvarla- lei rimaneva sempre e comunque una persona molto educata e rispettosa.
Proprio per questo era sinceramente dispiaciuta di essersi fatta riprendere, a differenza di Ember, che sembrava divertirsi sempre di più a comportarsi in modo scorretto.

Damian annuì, lasciando perdere quella questione, deciso a concentrarsi nuovamente sul programma che aveva in mente di spiegare quel giorno.
In realtà, quelle due ragazze non lo stavano nemmeno disturbando, perché erano state ben attente a mantenere un tono di voce molto basso. Ma per quanto fosse una brava persona, un ottimo insegnante e amico dei suoi alunni, non accettava le mancanze di rispetto.

Perciò aveva deciso di intervenire, così che tutti potessero capire che era buono, sì, ma non fesso. Troppo spesso gli era capitato che alcuni suoi alunni scambiassero la sua gentilezza e disponibilità per stupidità. Quindi preferiva mettere le cose in chiaro sotto quel punto di vista.

«Allora, come stavo dicendo, sono molto entusiasta degli elaborati che mi avete inviato. Nel pomeriggio troverete una mail nella quale vi invierò nuovamente i vostri testi, con le correzioni e le mie considerazioni» continuò.

«Solo una curiosità, prima di passare a dedicarci completamente alle opere di Jane Austen e Charles Dickens» aggiunse, sedendosi sulla superficie di quella cattedra. «Quanti di voi avevano già visto il film di Dorian Gray prima di svolgere il compito?» domandò curioso.

Fu a quel punto che Ember decise, per la prima volta in quelle settimane di lezione, di intervenire e rispondere a una sua domanda.

«E chi non l'ha visto, professore? C'è Ben Barnes in quel film, lo si guarda a prescindere» non ci aveva pensato su due volte prima di dare quella risposta. Era stata una cosa completamente impulsiva.

Era appena stata sgridata per aver disturbato la lezione e lei si era sentita comunque in dovere di fare quell'intervento, che portò ad una risata di gruppo.
Aveva voluto, in un certo senso, sfidarlo. Come per dimostrargli che non era una che si lasciava intimorire da uno sguardo severo. Anzi, che erano proprio quelli sguardi severi ad eccitarla più di qualunque altra cosa.

E a Damian piacque quella risposta.

Il fatto di vederla così sicura di sé e con un carattere forte, non fece altro che intrigare ancora di più la sua mente. Nonostante si fosse ripromesso, fino a qualche ora prima, di lasciarla perdere e di evitare che i suoi pensieri vertessero su di lei.

Decise comunque di non reagire a quella provocazione, se non con un semplice sorriso divertito e di iniziare la lezione vera e propria.

Un'ora e mezza dopo, gli alunni stavano uscendo disordinatamente dall'aula. Hailey era scappata fuori per prima, non volendo arrivare tardi al ristorante che le sue amiche di Atalanta, venute a trovarla per la settimana, e i suoi genitori, le avevano prenotato. Lasciando così Ember indietro, ancora intenta a ritirare il computer nel suo zaino.

«Signorina Cooper» la voce di Damian attirò l'attenzione della ragazza, facendo arrestare i suoi passi proprio davanti alla soglia della porta. «Potrebbe fermarsi per qualche minuto, avrei bisogno di farle delle domande» le disse.

Inevitabilmente, Ember pensò all'arrivo di un'imminente ramanzina per il comportamento che aveva avuto durante quella lezione. Ma quando si voltò e notò l'espressione distesa del professore, capì di essersi sbagliata.

«Sono rimasto molto colpito dalla sua analisi dell'opera di Wilde» confessò, invitandola a prendere posto accanto a lui, dietro quella cattedra. La ragazza poggiò il suo zaino per terra, sedendosi sulla scomoda sedia, a pochi centimetri dal professore.

«Ho letto una quantità spropositata di saggi su Dorian Gray, ma mai nessuno era stato in grado di carpire così a fondo quello che è il vero significato del libro» spiegò, aprendo quel file sul suo portatile. Ember era felice di sentirsi dire quelle cose, anche se non era nulla di nuovo per lei.

«Non so come abbia fatto, ma la sua analisi sembrava la stessa che avrebbe compiuto Oscar Wilde in persona, se gli fosse stato richiesto di comporre un saggio sulla sua stessa opera» concluse, girando di poco il computer e permettendole di vedere il monitor.

Il testo della ragazza era privo di correzioni, nulla sporcava le parole che aveva scritto con attenzione. Ma i suoi occhi rimasero ben poco fissi sullo schermo, perché catturati dalle mani di Damian, che poggiavano delicatamente su quella tastiera nera.

Mani sulle quali campeggiava ancora, in bella vista, quella sottile fede dorata.

«La ringrazio, Professore Turner» disse semplicemente, stringendosi nelle spalle, quasi imbarazzata da quelle parole. Le era sempre piaciuto essere al centro dell'attenzione e ricevere complimenti, ma quando essi riguardavano la sua intelligenza, si trovava un po' in difficoltà. «E comunque, per me, il segreto è leggere lasciando che i tuoi pensieri si aggiungano alle parole scritte su quelle pagine» aggiunse, recuperando dal suo zaino l'edizione del libro che aveva usato per scrivere quell'elaborato.

Lo poggiò sulla superficie della cattedra, facendolo scorrere verso di lui.
Quei pochi centimetri che li dividevano facevano sì che il forte profumo di Damian si infondesse avidamente nelle sue narici. E la sua concentrazione vacillò ulteriormente, quando il professore prese quel libro tra le mani, iniziando a sfogliarlo.

Tenne lo sguardo fisso su quelle dita affusolate e dal tocco gentile, che scorrevano sulle pagine piene di parole stampate, alternate, di tanto in tanto, a frasi scritte a matita, con una calligrafia ordinata. Osservò poi il modo composto con cui stava seduto su quella sedia, le gambe piegate facevano sì che i pantaloni scuri aderissero perfettamente alla pelle e quel maglioncino che indossava, gli dava un'aria così elegante, quasi d'altri tempi.

Avrebbe tanto voluto scrutare i suoi magnifici occhi chiari. Grazie a quella vicinanza e a quella prospettiva avrebbe potuto coglierne ogni particolare, ogni sfumatura. Ma sapeva di non potersi spingere oltre il suo collo con lo sguardo, perché sennò sarebbe stata colta in flagrante.

La concentrazione di Ember, comunque, non era la sola che stava venendo messa a dura prova, anche quella di Damian faticava a restare sulla retta via. Soprattutto quando, arrivando per caso sulla prima pagina, quella che riportava il titolo e il nome dell'autore, vide un particolare.

Un bacio marchiato su carta bianca.

Poco sotto quelle parole, del rossetto rosso, lasciato dalle sue labbra, che si erano adagiate su quella pagina, ne sporcavano il candido colore.
Gli sembrava fatto apposta, come un messaggio messo lì per lui. E allo stesso tempo gli sembrava dannatamente stupido credere che lei avesse lasciato lì quel bacio solo per comunicargli qualcosa.

Evitò di dare a vedere qualsiasi sua emozione, ma lei si era già accorta del fatto che Damian avesse notato quel particolare non tanto piccolo. Perché le mani avevano indugiato su quelle pagine e i suoi occhi erano rimasti fissi sulla sagoma delle sue labbra.
Sorrise di sottecchi, rendendosi conto che le piaceva parecchio metterlo in difficoltà.

Il professore si stava pentendo di averla fatta sedere accanto a lui.
Mentre la credeva impegnata a fissare il monitor, Damian, si era preso un momento per osservarla di nascosto.

Non un filo di trucco decorava il suo volto, niente accessori nel suo modo di vestire di quel giorno, una semplicità assoluta, capace, inspiegabilmente, di mandarlo fuori di testa.

Quegli occhiali dalla montatura fine e dal colore oro, che le si poggiavano delicatamente sul naso, le davano un'aria così innocente. Nettamente in contrasto con la corta maglietta aderente, dai bordi arricciati, che lasciava ben poco spazio all'immaginazione.

Niente reggiseno sotto di essa, lo si poteva vedere chiaramente, soprattutto dal momento in cui, grazie ad un pensiero che le era balenato in testa, i suoi capezzoli si erano fatti turgidi, sporgendo da quel tessuto.

"È un piercing quello..."

Appurò mentalmente Damian, mordendosi l'interno guancia, dopo aver notato quel piccolo ed eccitante particolare che sembrava adornare il suo capezzolo destro.

"Datti un contegno!"

Lo rimproverò la sua coscienza.
Si schiarì la voce, riportando il suo sguardo su quel computer e prendendo un lungo respiro.
Tutte le domande che si era prefissato di farle, era come se si fossero totalmente cancellate dal suo cervello. Non ricordava nulla, completamente stordito dalla vicinanza di quella ragazza.

"Che cosa ti sta succedendo?"

Gli domandò il suo inconscio, mettendogli ancora più confusione in mente, quando i suoi occhi ricaddero su una delle frasi del libro, che lei aveva riportato nel suo elaborato.

"Chi è fedele conosce solo il lato frivolo dell'amore, è l'infedele che ne conosce le tragedie."

Un pensiero, decisamente poco razionale, balenò nella sua mente, all'improvviso. Ma non ebbe il tempo di svilupparsi, perché la voce di Ember lo richiamò alla realtà. «Professore Turner.»

«Si?» disse semplicemente, non essendosi reso conto che ormai erano minuti che il silenzio era calato tra loro.

«Se abbiamo finito, io andrei a pranzo» lo informò, aprendo le labbra, perfettamente definite, in un sorriso. Fu grato di udire quella frase, perché in quel momento era spaventato. Spaventato dalla reazione che il suo corpo aveva avuto, trovandosi così vicino a quello della ragazza.

E dal momento in cui quelle scariche di eccitazione erano arrivate nel suo basso ventre e gli occhi si erano posati sulla fede che portava al dito, aveva avvertito un forte bisogno di allontanarsi il più possibile da lei.

«Oh, sì, certamente. Vada pure, Signorina Cooper» le porse il libro.

«Lo tenga, se vuole, ne ho almeno altre tre copie» gli disse, sorprendendolo per l'ennesima volta. Lui annuì, forse con un po' troppa veemenza, riponendo quel libro nella sua valigetta.

Nella fretta di chiudere il computer e ritirarlo, Damian, senza volerlo, sfiorò la mano di Ember, che si trovava poggiata a quella cattedra.
Dei brividi percorsero tutta la spina dorsale della ragazza, mentre un nuovo calore si infondeva nel corpo del professore.
Si ritrovarono a guardarsi negli occhi, senza dire una parola.

Solo iridi che si scontravano, colori opposti che si mescolavano.
Ma quella volta fu lui a scappare come se avesse visto un fantasma. Troppe emozioni da sopportare, troppa tensione a spaventarlo.

Damian afferrò la sua valigetta e uscì da quell'aula, senza dire una parola di più.

🌟🌟🌟

Non dimenticate di lasciare una stellina🙏🏻

Eccomi qui con il nuovo capitolo!

Bene, a quanto pare i buoni propositi di Ember sono durati ben poco. Ve lo aspettavate? Sì che ve lo aspettavate dai😏

Intanto Damian sembra essere stato colpito anche dalla mente della nostra protagonista e non solo dal suo aspetto fisico. Ciò sembra avergli incasinato ancora di più i pensieri. Povero il nostro professore😈

Ma parliamo un po' dell'ultima parte del capitolo, credete che quel bacio fosse stato lasciato lì apposta da lei? In attesa di poterlo usare a suo favore?
Come si suol dire: "I guess we'll never know"

Ma per scoprire davvero come si svilupperà la loro storia, non dovrete fare altro che continuare a leggere.

Commentate facendomi sapere cosa ne pensate e per qualsiasi cosa non esitate a scrivermi.

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XOXO, Allison 💕

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